ARMODIO e ARISTOGITONE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

ARMODIO E ASTOGITONE (v. vol. I, p. 667)

Ch. Landwehr

Le ultime ricerche sui Tirannicidi hanno aggiunto numerose informazioni, sia sul piano delle fonti letterarie che su quello delle testimonianze figurative. Particolarmente importanti sono i frammenti di calchi rinvenuti a Baia, in una officina artistica di età romana.

L'assemblaggio di alcuni di questi gessi ha permesso di riconoscere parti relative al gruppo dei Tirannicidi: frammenti del volto, del mantello, del braccio destro e del piede sinistro di Aristogitone, l'attacco del braccio destro e il braccio sinistro di Armodio.

Sia i calchi di Baia, sia le copie di età romana del gruppo, mostrano la dipendenza da uno stesso tipo statuario. Ciò si desume anche dal confronto stilistico fra il trattamento dei riccioli della barba nel frammento di gesso del volto di Aristogitone e la resa della barba nelle tre copie marmoree conservate. Tuttavia il modello dei frammenti dei calchi, più semplice, ma anche di esecuzione più antica rispetto alle copie, evidenzia un accentuato carattere convenzionale e decorativo impresso ai singoli dettagli, p. es. le vene del braccio di Aristogitone che sono modellate in maniera rigida. Il confronto tra la copia tardorepubblicana dell'Aristogitone di Roma e il gruppo adrianeo-antoniniano di Napoli, con i calchi in gesso provenienti da Baia, rende chiare alcune varianti che entrambe le copie assumono nei confronti dell'originale dal quale sono tratti i calchi. Nella caratterizzazione complessiva del soggetto, la copia di Napoli è più vicina all'originale, mentre la statua di Roma mostra una più convenzionale fedeltà nei dettagli. Da ciò risulta evidente che le copie non riproducono l'originale in maniera pedissequa, ma ne tramandano l'iconografia con diverse accezioni e secondo un particolare gusto artistico.

I calchi provenienti da Baia forniscono anche importanti spunti per la ricostruzione delle statue originali: il frammento relativo al braccio destro di Aristogitone mostra che l'avambraccio non era rilassato, ma flesso ad angolo e portato alla coscia. In questo punto, perciò, la copia di Napoli va corretta. L'attaccatura del braccio che si conserva nella copia di Roma ci fa conoscere invece l'esatta posizione del braccio sinistro. Da ciò consegue che il braccio integrato con un restauro moderno nella copia di Napoli, risulta troppo rialzato, come aveva già osservato Brunnsåker (ν. la ricostruzione proposta nella Gipsoteca di Bonn). Tenendo poi conto dei puntelli presenti sulla copia della testa di Armodio, conservata a New York, l'avambraccio destro deve essere ricostruito più vicino al capo, come aveva già proposto (1928) G. M. A. Richter. Il frammento di calco del braccio sinistro e il puntello rilavorato sulla coscia sinistra della copia di Napoli, dimostrano che l'avambraccio sinistro di Armodio aveva una posizione analoga a quella del braccio destro di Aristogitone. Entrambe le statue, perciò, erano state concepite secondo uno schema nel quale la posizione della testa, del busto e di un braccio risultavano speculari.

Le caratteristiche compositive e stilistiche dei frammenti di calco e delle copie ci consentono di ricostruire un modello iconografico che non può essere ascritto allo stile severo, ma risulta più antico. Nuove ricerche di carattere storico hanno portato ad affermare che, in base alle circostanze politiche, sarebbe stato possibile innalzare il gruppo statuario più antico soltanto dopo il 490 a.C., cioè dopo la battaglia di Maratona. A sostenere questa cronologia interverrebbero, inoltre, i frammenti epigrafici trovati nell'agorà di Atene, pertinenti alla base di una delle due versioni del gruppo dei Tirannicidi. Durante l'età imperiale romana il gruppo originario di Antenor e quello sostitutivo di Kritios e Nesiotes si trovavano entrambi nell'agorà di Atene. Molto probabilmente fu il gruppo di Antenor - poiché svolgeva un ruolo più carico di significato - a essere copiato. Comunque, dato che le rappresentazioni che abbiamo del gruppo nelle arti plastiche minori, nel periodo successivo al 477 a.C., ci restituiscono la stessa iconografia tramandata dalle copie, possiamo ritenere che gli artisti del secondo gruppo crearono una riproduzione pressoché fedele dell'opera di Antenor.

Bibl.: S. Brunnsåker, The Tyrant-Slayer of Kritios and Nesiotes (OpAth, II, 2), Lund 1957, 19712; A. E. Raubitschek, Die Inschrift als Denkmal. Bemerkungen zur Methodologie der Inschriftfunde, in Studium Generale, XVII, 1964, p. 220 ss.; F. Coarelli, Le Tyrannoctone du Capitole et la mort de Tiberius Gracchus, in MEFRA, LXXXI, 1969, pp. 137-160; G. Μ. Α. Richter, An Aristogeiton from Baiae, in AJA, LXXIV, 1970, pp. 296-297; M. Moggi, In merito alla datazione dei «Tirannicidi» di Antenor, in AnnPisa, s. III, I, 1971, pp. 17-63; id., I furti di statue attribuiti a Serse e le relative restituzioni, ibid., III, 1973, pp. 1-42; id., Lo statere di Cizico con i «Tirannicidi», ibid., IV, 1974, pp. 753-763; P. Suter, Das Harmodiosmotiv (diss.), Basilea 1975; Ch. Landwehr, Die antiken Gipsabgüsse aus Baiae (Archäologische Forschungen, 14), Berlino 1985, p. 27 ss.; W. H. Schuchhardt, Ch. Landwehr, Statuenkopien der Tyrannenmörder-Gruppe, in Jdl, CI, 1986, pp. 85-126; Β. Servais-Soyez, Harmodios et Aristogeiton. Contribution à une histoire populaire d'Athènes, in Mélanges offerts à J. Labarbe, Liegi 1987, pp. 251-257.