Armamenti
sommario: 1. Disarmo e riarmo nel ‛terzo dopoguerra'. 2. L'eliminazione degli
1. Disarmo e riarmo nel ‛terzo dopoguerra'
Pur senza lutti e distruzioni, anche la guerra fredda - come le due guerre mondiali del XX secolo - si è conclusa con una schiacciante vittoria e con la cancellazione del sistema geopolitico antagonista. Non è dunque sorprendente che sotto vari aspetti gli anni novanta ricordino un ‛dopoguerra' e che una delle maggiori analogie con i decenni successivi alle due guerre mondiali riguardi proprio gli armamenti.
In una prima fase, caratterizzata dall'enfasi sui ‛dividendi della pace', cioè sulla riconversione delle spese e dell'industria militari a scopi sociali e civili, l'Occidente ha consolidato la vittoria attraverso il disarmo selettivo, ottenuto per via negoziale e spesso in cambio di aiuti economici, al duplice scopo di controllare la propria coesione interna e prevenire nuovi potenziali antagonismi militari; né ha mancato - con la guerra per la liberazione del
Il fallimento dell'intervento di pace in Somalia (1992-1994) ha rapidamente archiviato i progetti ‛globalisti' di governo mondiale nel quadro dell'ONU e la teoria del dovere di intervento umanitario. Già nel 1993 si contavano nel mondo 42 conflitti armati (12 fra Stati, 17 civili e 13 guerriglie alimentate da movimenti indipendentisti), con milioni di profughi e 150.000 morti.
L'incertezza e la relativa anarchia del mondo post-bipolare hanno ‛ri-nazionalizzato' la sicurezza internazionale e avviato un nuovo processo di riarmo, basato sull'acquisizione di tecnologie avanzate più che di sistemi d'arma: un riarmo, dunque, meno vistoso e sovente dissimulato attraverso misure di disarmo e riduzione quantitativa delle forze. Oggi una sola missione del caccia F-117 con una sola bomba può raggiungere un risultato equivalente a 4.500 missioni e 9.000 bombe della
In particolare l'IRSTA ha sostituito la potenza di fuoco e la manovra delle forze, consentendo di condurre operazioni simultanee su tutta la profondità dei teatri operativi. La capacità di fuoco preciso a grande distanza e la drastica riduzione della vulnerabilità attribuiranno alla battaglia terrestre le stesse caratteristiche della battaglia navale. Strumento essenziale dell'IRSTA sarà il ‛sistema di sistemi', basato sull'integrazione sinergica fra sistemi informativi e di sorveglianza, di comando e controllo e di fuoco di precisione in profondità, in grado di coprire un'area di 300 km2 e di operare modularmente anche in coalizioni multinazionali ‛a geometria variabile'.
Peraltro il trasferimento della tecnologia informatica dovrà essere strettamente controllato dall'Occidente per evitare il rischio di una ‛Pearl Harbour informatica'. Come il dominio marittimo e il controllo della guerra nucleare hanno fondato rispettivamente la pax britannica del XIX secolo e la pax americana del XX, così sarà il dominio dello spazio informatico ad assicurare la pax americana del XXI secolo.
2. L'eliminazione degli euromissili e la riduzione degli armamenti strategici
Gli Accordi di
Inserito in un più ampio processo negoziale di riduzione bilanciata delle forze nucleari strategiche (START, Strategic Arms Reduction Talks) e convenzionali, l'accordo INF produsse conseguenze analoghe a quelle prodotte dalle grandi battaglie dell'era prenucleare. Esso fu, infatti, preludio e concausa della catena di grandi mutamenti geopolitici del biennio 1989-1991: caduta del muro di
La stretta connessione tra disarmo e mutamento geopolitico è sottolineata dal fatto che l'Unione Sovietica sopravvisse appena tre settimane al primo accordo per la riduzione degli armamenti strategici (START I) - firmato a Mosca il 30 e 31 luglio 1991 dai presidenti Bush e Gorbačëv -, concludendo bruscamente il complesso negoziato avviato alla fine degli anni settanta. Lo START I ratificava la superiorità americana impegnando Stati Uniti e Russia a ridurre le testate rispettivamente a 8.500 e 6.150 entro il 2001. Un secondo accordo (START II), concluso a Washington il 16 giugno 1992 in cambio di consistenti aiuti economici americani e firmato il 2 gennaio 1993 da George Bush e Boris El′cin, le ridusse ulteriormente a 3.500 e 3.000 (cifre da raggiungere entro il 2003); l'accordo prevedeva inoltre l'eliminazione delle armi più pericolose per gli Stati Uniti, cioè i missili balistici intercontinentali (
Tabella 1
Tabella 2
3. La riduzione delle forze convenzionali e nucleari in Europa
Ovviamente, al disarmo eurostrategico e strategico si accompagnò, in Europa, anche quello convenzionale. Il 18 aprile 1986 Michail Gorbačëv annunciò a Berlino Est le linee generali di un piano per uscire dal vicolo cieco in cui si era giunti nelle trattative per la riduzione bilanciata delle forze (MBFR, Mutual and Balanced Force Reduction), avviate nell'ottobre 1973. Nel giugno 1986, con l'‛appello di
Il negoziato sulle misure per il rafforzamento della fiducia e della sicurezza (CSBM, Confidence and Security Building Measures) e sul disarmo in Europa (CDE, Conference on Disarmament in Europe ), avviato nel 1983 nel quadro della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (
Nel gennaio 1989 gli Stati Uniti misero in orbita il primo dei 5 supersatelliti spia Lacrosse (costo 1 miliardo di dollari) in grado di effettuare il telerilevamento fotografico permanente (consentito dal Trattato del 1967 sullo spazio extra-atmosferico) dell'Europa orientale e dell'80% del territorio dell'URSS. In febbraio il negoziato MBFR venne sostituito da quello più vasto sulle forze convenzionali in Europa (CFE, Conventional Forces in Europe), e la prima bozza del relativo trattato fu approvata il 10 novembre 1989. Il 1° giugno 1990 fu completato il ritiro degli euromissili. Con il riconoscimento internazionale dell'unificazione tedesca e con la firma a Mosca dei documenti scaturiti dal negoziato tra la BRD, la DDR e le quattro potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale (12 settembre 1990), la Germania rinunciò unilateralmente alle armi nucleari e si impegnò a limitare le
Il 24 marzo 1992 i 31 paesi NATO ed ex Patto di Varsavia firmarono a
Seguirono il 10 luglio 1992 - sempre a Helsinki, nel quadro CSCE - gli accordi complementari al Trattato CFE, sull'entrata in vigore e sulla riduzione delle forze convenzionali (CFE 1A) nella zona dall'Atlantico agli
Il colpo di Stato di Mosca (19 agosto 1991) affrettò l'annuncio (28 settembre 1991) della decisione americana di ritirare unilateralmente 1'80% delle testate nucleari tattiche dislocate nelle basi terrestri e aeree in Europa. La decisione fu poi ratificata dalla sessione di
Conclusa la fase della ‛riconversione', l'industria militare è attualmente in netta ripresa. Nel giugno 1996 Italia e Gran Bretagna hanno aderito all'Agenzia europea degli armamenti - fondata nel 1992 sull'asse franco-tedesco - che coordina attualmente ben 27 programmi militari.
4. I costi del disarmo e il futuro delle armi nucleari
Secondo la Brookings Institution di Washington, in oltre mezzo secolo (1940-1995) gli Stati Uniti hanno speso almeno 4.000 miliardi di dollari (1996) per i soli armamenti nucleari (70.000 testate, 6.000 missili e 5.000 bombardieri), una cifra relativamente bassa se confrontata con il costo militare, economico e commerciale della partecipazione alle due guerre mondiali, stimato nel 1948 in 22.000 miliardi attuali (durante la seconda guerra mondiale gli Stati Uniti produssero 6 milioni di armi automatiche leggere, 300.000 aerei, 100.000 carri armati, 71.000 imbarcazioni e 41 miliardi di proiettili).
Ma la drastica riduzione degli armamenti nucleari ha semplicemente riconvertito e non smantellato l'industria nucleare militare, mentre ha imposto nuovi oneri per disarmo, verifica, controllo, informazione e sicurezza. Oltre ai costi di deposito, custodia e disattivazione delle testate, ciascuna delle quali ha in media circa 6.000 componenti, la decontaminazione dei siti e dei poligoni americani comporta un onere decennale di 230 miliardi di dollari (poco meno del bilancio annuale della difesa: 265 miliardi nel 1996), più altri 2 per eliminare (vetrificandole) oltre metà delle riserve americane di plutonio a uso militare (52 tonnellate su un totale di 98). Ma l'arsenale americano include anche 994 tonnellate di uranio arricchito, e quello ex sovietico altre 130-200 tonnellate di plutonio e 1.200 di uranio. Nell'ultimo quinquennio gli Stati Uniti hanno concesso 1,6 miliardi di dollari alla Russia per consentirle di recuperare migliaia di testate nucleari esosamente cedute da
Nel triennio 1993-1996 gli Stati Uniti hanno smantellato 4.000 testate, riducendone il totale a 9.000, ma hanno minacciato di sospendere le ulteriori riduzioni in programma fino alla ratifica dello START II da parte del Parlamento russo, ostacolata dai partiti nazionalisti e postcomunisti.
Di conseguenza è possibile che entrambe le superpotenze entrino nel nuovo secolo mantenendo in servizio un numero di testate superiore al fabbisogno previsto dalle rispettive strategie. Infatti, contrariamente alle speranze e ai pronostici, le armi nucleari non sono divenute strategicamente ‛obsolete' e l'‛era nucleare' non è stata archiviata assieme alla guerra fredda. Gli immensi arsenali delle superpotenze hanno subito una drastica riduzione quantitativa, ma la loro efficacia militare è stata notevolmente potenziata dai miglioramenti tecnologici già raggiunti prima degli accordi relativi alle armi nucleari. Anzi, questi accordi mirano proprio a consolidare l'assoluta superiorità tecnologica dell'attuale arsenale americano, vietando agli altri paesi nucleari di colmare il differenziale di potenza.
Tuttavia, la scomparsa dell'antagonista sovietico ha posto in questione la funzione politico-strategica delle forze nucleari occidentali dell'epoca bipolare. L'Occidente assegnava loro un unico compito: impedire a un ben identificato aggressore potenziale (l'URSS) di sfruttare la propria superiorità convenzionale per rompere l'isolamento economico e tecnologico e staccare l'Europa occidentale dall'influenza americana (analoga funzione, nei confronti della Cina, avevano le forze nucleari americane nella Corea del Sud). Nella strategia sovietica, al contrario, le forze nucleari dovevano consentire una guerra limitata in Europa, neutralizzando di sorpresa le forze nucleari tattiche presenti in Europa occidentale e dissuadendo gli Stati Uniti dall'impiegare quelle strategiche contro il territorio sovietico. Nell'ottobre 1993 Bruce Blair, ricercatore della Brookings Institution, accertò che da 10 anni le forze nucleari sovietiche erano integrate in un sistema informatico programmato per scatenare una rappresaglia automatica in caso di distruzione dei centri di comando, quasi come nel famoso film di
Di conseguenza, la pianificazione degli obiettivi delle forze nucleari riguardava esclusivamente i paesi dei due blocchi. Anzi, erano proprio questi obiettivi a tracciare la frontiera geostrategica tra le regioni paradossalmente ‛santuarizzate' dalla dissuasione nucleare e il resto del mondo, soggetto alle sole armi convenzionali e perciò anche alla vecchia razionalità prenucleare e al rischio concreto della guerra ‛calda'. Ma nel mondo post-bipolare una tale frontiera non ha più senso. Ciò significa che il Nord farà a meno della dissuasione nucleare, oppure che la dissuasione (o magari l'aggressione) nucleare verrà estesa e adattata al Sud?
Nel gennaio 1992 Boris El′cin propose un accordo per puntare i missili strategici verso zone remote degli oceani Atlantico e Pacifico, allo scopo di evitare il rischio della ‛guerra per errore'; invece, secondo l'agenzia giapponese Kyodo, il Pentagono stava pensando di ‛puntarli' contro Germania e Giappone. Nel 1993 le importazioni giapponesi di plutonio suscitarono allarme, mentre il settimanale tedesco ‟Der
Fin dal 1992 il nuovo Comando strategico unificato di
Nel 1996 la Commissione di
5. Il controllo sui programmi e il bando degli esperimenti nucleari
A partire dalla IV Conferenza di revisione di
Nel 1992 Cina e
Il disarmo Est-Ovest sembrò rivitalizzare anche la Conferenza per il disarmo di Ginevra, istituita nel 1978 su raccomandazione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ma indipendente dall'ONU, col mandato di ‟promuovere il disarmo generale e completo sotto controllo internazionale". Formata da 38 membri effettivi e 49 osservatori, la Conferenza colse il suo primo successo soltanto nel 1993, con la Convenzione sul bando totale delle armi chimiche (CWTB, Chemical Weapon Total Ban) e con l'avvio del negoziato per la messa al bando degli esperimenti nucleari (CTBT, Comprehensive Test Ban Treaty). Nonostante il parere contrario del Pentagono, il 30 giugno 1993 il presidente Clinton dichiarò la moratoria unilaterale degli esperimenti e nel successivo vertice di
6. La non proliferazione nucleare e il bando delle armi biologiche e chimiche
Soltanto in America Latina, grazie all'influenza degli Stati Uniti, è stato possibile creare una zona denuclearizzata (Trattato di
Paradossalmente il disarmo nucleare ha favorito la proliferazione. Nel 1992 esistevano 11 potenze nucleari dichiarate, incluse 4 repubbliche della ex URSS (Russia, Ucraina, Bielorussia e Kazakistan), e 3 non dichiarate (India, Pakistan e Israele). Altri 6 paesi avevano in corso programmi nucleari (Algeria, Corea del Nord,
Gli Stati Uniti hanno sostenuto i programmi nucleari pakistani. La Cina ha venduto reattori e missili all'Iran, tecnologia alla Corea, reattori all'Algeria, armi chimiche alla Libia e missili alla Siria. Ma il maggior contributo alla proliferazione deriva dagli Stati nati dalla dissoluzione dell'URSS. Nel 1996 un rapporto del Centro americano per la scienza e gli affari internazionali (CSIA, Center for
Secondo la CIA, alla fine del 1990 il confronto strategico tra India e Pakistan giunse alle soglie del conflitto con impiego di armi nucleari. In seguito l'India respinse la proposta pakistana per un accordo regionale di denuclearizzazione dell'Asia meridionale, mentre l'ambasciatore indiano all'ONU denunciò la proposta libica di pagare tutto il debito estero dell'India in cambio di tecnologia nucleare.
Nel 1992 si diffuse
Ancor più temibili sono gli armamenti biologici e chimici, la cosiddetta ‛atomica dei poveri'. Dopo Stati Uniti e URSS, l'Iraq è finora il terzo paese formalmente accusato (1995) di aver violato il bando del 1972, dotandosi di armi batteriologiche in grado di diffondere peste, colera, carbonchio e tifo addominale. Altre armi biologiche impiegano rickettsie (tifo petecchiale), virus (febbre gialla, vaiolo, influenza), tossine (botulismo) e funghi (coccidiomicosi); esse possono anche aggredire vegetali e quindi la catena alimentare.
In contrasto con il Protocollo di Ginevra del 1925, le armi chimiche furono largamente impiegate in Vietnam,
L'11 gennaio 1989 la Conferenza di Parigi dette mandato alla Conferenza per il disarmo di predisporre la Convenzione per la messa al bando delle armi chimiche, che veniva approvata il 13 gennaio 1993 da 130 paesi, e che entrò in vigore nel 1995. Tale convenzione impone la distruzione sotto verifica degli arsenali esistenti, proibisce la produzione, la ricerca, lo sviluppo, la detenzione, il trasferimento e l'uso di armi chimiche e regola, inoltre, le ispezioni da parte di un'apposita organizzazione internazionale (OPCW, Organization for the Prohibition of Chemical Weapons) con sede all'Aia. Tuttavia, la maggior parte dei paesi arabi - ad eccezione di Mauritania,
7. La proliferazione missilistica
La proliferazione nucleare, biologica e chimica è resa ancor più rischiosa da quella dei vettori missilistici (da crociera e balistici), finora impiegati unicamente dall'Iraq in una fase della guerra con l'Iran (1987-1988) e durante la guerra del Golfo (1991). Versione migliorata degli SCUD sovietici, i missili terrestri Al Hussein furono impiegati, con testata convenzionale, per rappresaglie indiscriminate contro le capitali nemiche. Le vittime civili iraniane furono 2.000 in sei mesi; poche decine, invece, quelle israeliane e saudite, grazie all'efficace difesa passiva, aerea e antimissilistica.
Ma l'efficacia strategica dei missili non dipende dal numero di vittime, bensì dalle ripercussioni politiche del loro impiego o della semplice minaccia. L'attacco contro
Nel 1993 un rapporto della Organizzazione americana per la difesa strategica (SDIO, Strategic Defense Initiative Organization) elencava 7 paesi (Germania, Giappone, Italia,
Nel 1996 i paesi dotati di missili da crociera, spesso più precisi, meno vulnerabili e assai meno costosi di quelli balistici, erano 67. I tipi prodotti in India, Cina, Iran e Corea del Nord hanno gittata di circa 600 km. I paesi non appartenenti alla NATO dotati di missili balistici - tra cui Algeria, Bielorussia, Kazakistan, Egitto, India, Israele, Pakistan e
8. L'Accordo MTCR e la difesa contro i missili balistici (BMD)
Come
Nell'aprile 1987 fu siglato l'Accordo sul regime di controllo della tecnologia missilistica (MTCR, Missile Technology Control Regime), già operante dal 1980, cui hanno aderito 28 paesi tra cui la Russia (ma non ancora la Cina). Inoltre, nel 1996 il vertice di Mosca del G7 ha approvato un elenco di risoluzioni per una più efficace cooperazione contro la proliferazione degli armamenti nucleari, chimici e missilistici.
Negli ultimi 13 anni gli Stati Uniti hanno speso 50 miliardi di dollari per lo sviluppo di sistemi antimissile, ma, conclusa la guerra fredda, il bilancio annuale è sceso a 3,5 miliardi. Il vasto programma di ricerca per la difesa strategica (SDI, Strategic Defense Initiative) avviato nel 1983 (col discorso del presidente Reagan sulle ‛guerre stellari') fu progressivamente ridimensionato a partire dal 1987. Nel gennaio 1991 il presidente Bush sostituì la difesa strategica del continente nordamericano con la semplice protezione globale contro attacchi limitati (GPALS, Global Protection Against Limited Strikes), composta da 3 ‛strati' di intercettori, uno con base nello spazio e due a terra per la difesa d'area e locale. Il 13 maggio 1993 il presidente Clinton abbandonò anche la protezione globale per la semplice difesa contro missili balistici (BMD, Ballistic Missile Defense) delle forze navali e terrestri, dando priorità alla difesa d'area (o di teatro operativo).
Gli attuali sistemi antimissile - HAWK (Homing All the Way Killer), Patriot II, NADS (North Atlantic Defense System) -, che hanno dimostrato una relativa efficacia (60%) contro i missili Al Hussein, consentono l'intercettazione del missile nella sola fase di arrivo - e non in quella intermedia, né tanto meno di lancio - e dunque solo una difesa locale. Sono ancora in fase di sviluppo nuovi sistemi navali e terrestri di difesa di teatro ad alta quota, non idonei contro missili di raggio intercontinentale e di conseguenza compatibili (finora solo a giudizio unilaterale degli Stati Uniti) col divieto fissato dal Trattato ABM (Anti-Ballistic Missiles) del 1972.
I sistemi americani Patriot sono stati acquistati sino a oggi da Germania, Olanda, Israele, Arabia Saudita, Kuwait, Giappone e, in versione modificata, da Taiwan. Il Giappone sta potenziando i propri sistemi a corto raggio e negoziando l'acquisto di sistemi di teatro. Nel 1996 la Francia si è ritirata dal progetto congiunto con Germania e Italia per lo sviluppo di un sistema di difesa aerea di media estensione (MEADS, Medium Extension Air Defence System) analogo al Patriot, ma dotato di maggiore mobilità e potenza. La continuazione del progetto dipende dall'eventuale ingresso della Gran Bretagna, attualmente sollecitato dagli Stati Uniti. Direttamente minacciato dai programmi missilistici di vari paesi arabi, Israele è il primo paese che abbia già spiegato un sistema nazionale di difesa antimissile (Arrow), sviluppato col sostegno finanziario americano.
La nuova amministrazione Clinton ha inoltre avviato lo sviluppo di sistemi di difesa antimissile del territorio nazionale (ed eventualmente delle
9. La Convenzione sulle mine, le armi non letali e la guerra genetica e ambientale
Malgrado i limiti stabiliti dalla Convenzione ONU sulle armi convenzionali (1980), sottoscritta da 57 paesi, attualmente 50 paesi (tra cui l'Italia) producono 350 tipi di mine terrestri antiuomo. Si tratta di armi persistenti, non rilevabili alla bonifica e resistenti al bombardamento: installarne una costa 10 dollari, rimuoverla 1.000 e la bonifica è normalmente effettuata dalle stesse ditte produttrici. Si calcola che attualmente ne siano disseminate in 64 paesi ben 85-100 milioni (3-7 in Europa, 17-24 in Medio Oriente, 15-23 nell'Asia orientale, 13-25 nell'Asia meridionale, 18-30 in Africa, 0,3-1 in Sudamerica), con un bilancio annuo di 10.000 morti e 20.000 mutilati (al 90% civili). Ogni anno si installano 2 milioni di nuove mine e ne vengono rimosse appena 100.000.
Nel 1993 Francia, Belgio e Stati Uniti hanno decretato una moratoria unilaterale delle vendite, ma la campagna internazionale per la messa al bando delle mine terrestri, condotta da 450 organizzazioni di 30 paesi, ha conseguito solo modesti risultati. La Conferenza per la revisione della Convenzione sulle armi inumane (Ginevra, 3 maggio 1996) ha registrato la rinuncia unilaterale di soli 28 paesi e ha vietato le sole mine ‛fantasma' (non rilevabili), mentre ha legittimato le mine ‛intelligenti' (a efficacia temporanea e scoppio selettivo) prodotte dai paesi occidentali a costo decuplo rispetto a quelle ordinarie. È del resto innegabile che, sotto il velo dell'iniziativa umanitaria, il bando totale delle mine accorderebbe un ulteriore vantaggio militare all'Occidente, limitando la vulnerabilità delle sue forze d'intervento.
Proprio per accrescere la capacità di intervento globale, gli Stati Uniti stanno finanziando la ricerca sulle armi ‛non letali', che includono munizioni a basso danno collaterale e misure disattivanti. Generatori di ultrasuoni, laser abbaglianti, gas paralizzanti, agenti sedativi e soporiferi, lubrificanti antitrazione, polimeri adesivi, alteratori della viscosità dei carburanti, agenti per l'indebolimento chimico dei metalli consentono infatti di neutralizzare temporaneamente uomini, veicoli e infrastrutture con ridotto tasso di perdite sia nella popolazione civile che fra gli stessi soldati nemici. Il vantaggio sarebbe di attenuare l'eventuale avversione dell'opinione pubblica occidentale contro l'intervento militare, nonché il risentimento e i propositi di vendetta delle popolazioni nemiche favorendo una più rapida, duratura e vantaggiosa pacificazione.
Stanno tuttavia emergendo nuovi rischi connessi con gli sviluppi scientifici. L'ingegneria genetica potrebbe consentire lo sviluppo di armamenti a obiettivo razziale e la clonazione di ‛mastini della guerra', mentre si ampliano le possibilità di guerra ambientale. Durante la guerra del Golfo l'Iraq produsse vasti inquinamenti mediante il semplice incendio dei pozzi petroliferi. Ma armi laser potrebbero essere impiegate per bucare la fascia d'ozono sovrastante il territorio nemico, onde elettromagnetiche per provocare terremoti, deviare correnti dei venti e alterare le condizioni atmosferiche, vettori missilistici per seminare insetti geneticamente alterati in grado di devastare determinati raccolti.
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