ARISTEO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

Vedi ARISTEO dell'anno: 1958 - 1994

ARISTEO (v. vol. I, p. 643)

F. Nicosia

Le conoscenze sull'iconografia di questa divinità benefica della Grecia pre-omerica sono state a lungo limitate ai dati della tradizione scritta, integrati da pochi frammenti di statue ellenistiche e romane.

Ferma restando l'iconografia tradizionale di Α., sembra ipotizzabile che fra i doni fluidi egli portasse il caglio piuttosto che il latte. Talvolta egli reca un'anforetta a bocca larga (da intendersi destinata al trasporto del miele), tenuta sospesa mediante un manico di corda che collega le anse.

Dopo che L. Marangou ha identificato con A. il personaggio barbuto scolpito a rilievo nella faccia inferiore di una «base» (più probabilmente un sigillo) d'avorio di fattura laconica, databile alla metà del VII sec. a.C. e conservata al British Museum, diventa assai probabile che si debba riconoscere A. anche nel «signore degli animali» di molti altri avori laconici.

A. è stato inoltre riconosciuto nella raffigurazione incisa sul rivestimento osseo di una pisside o situla (di sughero?) dalla Tomba della Montagnola di Quinto Fiorentino, databile allo scorcio del VII sec. a.C.: il personaggio imberbe, alato, con chioma a caschetto, si dirige - in corsa inginocchiata a sinistra, protendendo con la destra uno strumento che può essere interpretato come un torchio (l'invenzione di tale strumento gli è attribuita da Plinio), mentre con l'altra mano trae a sé per la zampa anteriore un cervo (Α., secondo Nonno, avrebbe inventato anche l'attrezzatura per la cattura di animali vivi). La raffigurazione presente nell'intaglio fiorentino sembra dipendere dalla tradizione orale e letteraria della saga, piuttosto che dalla coeva iconografia ellenica. Con qualche incertezza è stata proposta (G. Camporeale, 1984) l'identificazione di A. in una placchetta eburnea del Louvre, di produzione tarquiniese arcaica, nella quale è raffigurata la cattura di un cervo da parte di un personaggio alato, con calzari alati, munito di un giavellotto (?) desinente in un fiore di loto e seguito da una cagna.

Infine A. sembra riconoscibile in quattro bronzetti sardi nuragici di stile geometrico, databili ancora nell'VIII sec. a.C. e la cui provenienza, nota solo in due casi, è da santuario: in tre casi, il personaggio giovanile imberbe è senza ali (ma non è nota alcuna figura antropomorfa alata nella bronzistica nuragica) e reca come attributi un'olla sferoidale, una kìbisis con tre contenitori (zucche o vasetti), una kìbisis con due uccelli acquatici (prede catturate?); del quarto esemplare è conservata solo l'anfora, le cui anse sono collegate da un manico di corda.

Queste attestazioni occidentali dimostrano la diffusione della saga (e del culto) di A. fuori dal mondo propriamente greco e, almeno per gli esempi sardi, in epoca nettamente anteriore alla tradizione iconografica greca oggi nota. Va segnalato che la tradizione riferita da Solino, secondo la quale A. avrebbe anche civilizzato la Sardegna e regnato «a Cagliari», ha trovato una straordinaria corrispondenza in una recente scoperta nel golfo di Cagliari: un vano all'interno della cinta muraria del nuraghe Antigori di Sarrok ha restituito vasellame e segni di culto religioso miceneo.

Sembra, dunque, che la tradizione sulle peregrinazioni di A. adombri il ricordo della diffusione, durante l'Età del Bronzo, in tutta l'area mediterranea, di importanti scoperte e innovazioni nel campo agricolo-pastorale e cinegetico. La persistenza in età ellenistico-romana del culto di A. in Sardegna sembra suffragata da un bronzetto rinvenuto presso Oliena nel 1843 e noto grazie ai disegni che ne pubblicò lo Spano: raffigura un giovinetto nudo, sul cui corpo sono posati (in corrispondenza delle clavicole, dello sterno e dell'addome) cinque grandi insetti, che lo Spano definisce api.

L'estrema attestazione a NO del culto di A. è costituita dal rinvenimento a Olbia presso Marsiglia di un santuario, che ha restituito centinaia di frammenti fittili (II-I sec. a.C.) con graffiti dedicatorî.

Bibl.: G. Spano, Statua d'Aristeo in bronzo, in Bullettino Archeologico Sardo, I, 5, 1S55, p. 65 ss.; M. Pallottino, Scrigno tarquiniese con rilievi d'avorio arcaici, in RIA, V, 1935, p. 37 ss., tav. I, 2; L. Marangou, Aristaios, in AM, LXXXVII, 1972, p. 77 ss.; J. Coupry, M. Giffaut, Le sanctuaire d'Aristée, in DossAParis, 56, 1981, p. 33 ss.; B. F. Cook, in LIMO, II, 1984, p. 603 ss., s. v. Aristaios, G. Camporeale, La caccia in Etruria, Roma 1984, p. 103; F. Nicosia, La Sardegna nel mondo classico, in G. Pugliese Carratelli (ed.), Ichnussa, Milano 19852, p. 425 ss.