ARGENTINA

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

ARGENTINA (IV, p. 184; App. I, p. 145; App. II, 1, p. 242; III,1, p. 126)

Pier Luigi Beretta
Daniela Primicerio
Renato Piccinini
Ruggero Jacobbi
Federico Brook
Federico Brook - *

Divisione amministrativa. - Il territorio della repubblica federale argentina è attualmente suddiviso in 22 province, ciascuna con un governatore e un'assemblea elettivi, più la capitale federale e un Territorio nazionale comprendente la Terra del Fuoco, l'Antartide argentina e le isole dell'Atlantico del sud, come risulta dalla tabella. Tra le isole sono comprese le Malvine o Falkland, dipendenti dalla Gran Bretagna (km2 11.718, con 2098 abitanti nel 1970), Picton (km2 103), Nueva (109 km2), Lennox (136 km2), Luff e Augusto (rivendicate dal Cile), Georgias del Sur (3850 km2), Orcadas del Sur (1064 km2), Sandwich del Sur (300 km2). L'isola Martín Garcia è compresa nella capitale federale.

Popolazione. - I risultati del censimento eseguito nel 1970, dal quale sono tratte le cifre esposte nella tabella, permettono di porre in evidenza le seguenti caratteristiche più significative dell'attuale popolazione argentina: 1) un basso tasso d'incremento annuo (15,4‰ nel periodo 1960-70) soprattutto se messo a confronto con quello della maggior parte dei paesi dell'America latina e tendente alla diminuzione (1914-47, 20,4‰; 1947-60, 17,2‰); 2) una notevole concentrazione della popolazione nelle zone urbane industrializzate, preferibilmente nell'area della Grande Buenos Aires (0,1% della superficie totale del paese con circa il 36% della popolazione), conseguenza dei movimenti di migrazione interna provenienti dalle aree di basso sviluppo socio-economico; 3) esistenza di vaste aree del territorio argentino, soprattutto rurali o che hanno subìto crisi economiche regionali, che espellono la popolazione, neutralizzando il loro incremento naturale, registrando saldi intercensuali negativi. Il tasso di natalità, anch'esso in netta diminuzione, è stato del 20,9‰ nel 1970 (1960, 22,7‰); quello di mortalità è stato del 8,4‰ (mortalità infantile 59,6‰ nel 1968). Secondo una stima eseguita a metà del 1973, la popolazione argentina era salita a 24.800.000 abitanti. Le città argentine, non capoluoghi di provincia, con una popolazione superiore ai 50.000 abitanti, erano, nel 1970, le seguenti: Concordia (72.136), Comodoro Rivadavia (72.906), Río Cuarto (88.852), Guaymallén (112.081), Godoy Cruz (112.481), Bahía Blanca (182.158), Mar del Plata (302.282), Rosario (750.455).

Condizioni economiche. - L'agricoltura ha ancora una notevole importanza nell'economia argentina anche se attualmente rappresenta soltanto il 15% del prodotto nazionale lordo. La grande importanza di questo settore risiede soprattutto nel contributo che fornisce al commercio estero: le esportazioni sono in maggioranza costituite dai prodotti delle coltivazioni e degli allevamenti.

Dei circa 280 milioni di ettari dell'Argentina continentale solo il 9,4% è attualmente destinato alle colture; i prati e i pascoli permanenti occupano circa 145 milioni di ettari, pari al 52,2% del territorio, le foreste e i boschi il 22,6% e il terreno incolto o improduttivo il 15,8%. La zona pampeana, che si estende per oltre 60 milioni di ettari (1/5 dell'intera superficie del paese) è quella più importante perché contribuisce al 60% della complessiva produzione agricola argentina. Tra le colture cerealicole prevalgono quelle del frumento (5 milioni di ha e 81 milioni di q nel 1972) e del granoturco (3 milioni di ha e 59 milioni di q), della segale (750.000 ha e 7 milioni di q), dell'avena (400.000 ha e 6 milioni di q), del riso (83.000 ha e 25 milioni di q). Notevole importanza hanno anche le colture del sorgo (1,5 milioni di ha e 25 milioni di q), del lino (441.000 ha e 3,3 milioni di q di semi, particolarmente nelle province di Buenos Aires, Entre Ríos e Santa Fe), del girasole (1,3 milioni di ha e oltre 8 milioni di q), delle arachidi (2,9 milioni di ha e 2,5 milioni di q), delle patate (147.000 ha e 13,5 milioni di q) e della batata (36.000 ha e 3,3 milioni di q). Nelle province settentrionali di Misiones, Corrientes, Chaco e Formosa si è sviluppata la coltivazione della manioca (24.000 ha e 2,5 milioni di q nel 1972). Le coltivazioni industriali sono effettuate in modo intensivo, fuori dalla zona cerealicola: la canna da zucchero (230.000 ha e 103 milioni di q di canna nel 1972) è coltivata in tre regioni: la settentrionale (prov. di Jujuy e Salta), la tucumana e quella rivierasca del Río Paraná (prov. di Santa Fe e Misiones). La produzione del cotone (467.000 ha e 4 milioni di q di semi e 1,2 milioni di q di fibra nel 1972) caratterizza l'agricoltura della zona del Chaco; la colutra della yerba mate, per la preparazione della nota bevanda (1,3 milioni di q nel 1973), è tipica della provincia di Misiones e il tabacco (64.000 ha e 650.000 q) è coltivato soprattutto nella parte settentrionale del Noroeste e nel sud della Mesopotamia. Le coltivazioni di alberi da frutta, sparse in tutto il paese, si sono particolarmente sviluppate nell'ultimo ventennio, rivolgendosi al mercato interno e con buone prospettive anche per l'esportazione; la produzione di agrumi è stata nel 1972 di 7,5 milioni di q di arance, 2,5 milioni di q di mandarini, 2 milioni di q di limoni. La vite è coltivata per il 90% nella zona cuyana (prov. di Mendoza e San Juan); complessivamente 319.000 ha e 2,6 milioni di q di uva e 20 milioni di ettolitri di vino nel 1972.

Per quanto riguarda l'allevamento del bestiame, l'Argentina mantiene un posto preminente nel mondo sia per il commercio, sia per la qualità e quantità esportabile. Nel 1972 il patrimonio zootecnico ammontava a 54 milioni di bovini, 42 milioni di ovini, 3,5 milioni di equini e 4,3 milioni di suini. Nonostante l'elevato consumo interno, poco meno della metà delle esportazioni argentine è costituito dal prodotto degli allevamenti. Comunque le cospicue prospettive di sviluppo del settore agricolo e dell'allevamento sono ancora notevolmente ostacolate dall'alta concentrazione della proprietà, con latifondi immensi, dalla psicologia della maggior parte dei proprietari che vede nella terra una fonte di reddito che non richiede investimenti né cure, dalla mancanza di una politica creditizia per l'ammodernamento e la meccanizzazione dell'agricoltura e infine dalla deficienza dei trasporti, specialmente di quelli ferroviari.

Le notevoli risorse forestali sono sfruttate ancora solo in minima parte; l'essenza più importante è il quebracho (120.000 t nel 1972).

La pesca ha registrato in questi ultimi anni un buon sviluppo, favorita dai ricchi fondali della piattaforma continentale; nel 1972 sono state sbarcate 250.000 t di pesce costituite per circa la metà da merluzzi.

Le attività estrattive non hanno importanza rilevante, concorrendo solo per circa il 2% alla formazione del prodotto nazionale. Il carbone estratto ha raggiunto le 700.000 t nel 1972, il minerale di ferro 107.000 t. Seguono il piombo (36.000 t), lo stagno, lo zinco. Ma il prodotto più importante per il settore energetico è il petrolio (22 milioni di t nel 1973) estratto dai pozzi delle province del Chubut e di Santa Cruz; in aumento è anche la produzione di gas naturale (6.200 milioni di m3 nel 1972), trasportato con una moderna rete di gasdotti dai giacimenti di Comodoro Rivadavia, di Plaza Huincul e Pico Truncado a Buenos Aires. La produzione di energia elettrica ha superato nel 1971 i 25 miliardi di kWh, con una potenza installata di oltre 7 milioni di kW. Nel 1974 è entrato in funzione il grande impianto di El Chocón-Cerros Colorados, con oltre 1 milione di kW installati.

L'industria argentina è tuttora fondamentalmente basata sulla trasformazione e lavorazione dei prodotti agricoli (industria molitoria, olearia, saccarifera, conserviera, distillerie) e dell'allevamento (industria delle carni conservate, frigorificos, dei latticini, industria conciaria). L'industria siderurgica annovera diversi impianti lungo il Río Paraná (Palpalá, San Nicolás) con una produzione di oltre 2 milioni di t di acciaio (1972); l'industria meccanica ha il suo centro in Córdoba dove si producono soprattutto autovetture, veicoli industriali (294.000 nel 1973) e trattori (21.300). Notevole sviluppo ha avuto anche l'industria tessile, laniera, del cotone (94.000 t) e delle fibre tessili artificiali: nel suo complesso essa rappresenta circa il 15% dell'industria manifatturiera argentina. Nel settore chimica è rimarchevole la produzione dei fertilizzanti azotati (40.000 t), mentre sta assumento sempre maggiore importanza l'industria petrolchimica e delle materie plastiche. Tra le industrie varie hanno avuto particolare sviluppo quella del cemento (6 milioni di t), delle calzature e dell'abbigliamento.

Comunicazioni. - Benché siano tra le più sviluppate dell'America meridionale, risentono di una distribuzione molto disuguale: la rete ferroviaria (40.000 km circa nel 1970) è concentrata per almeno i due terzi nella sola provincia di Buenos Aires e lo stesso dicasi per quella stradale (126.000 km) di cui solo un decimo è a fondo artificiale e praticabile per tutto l'anno. Il traffico marittimo e fluviale, che presenta notevoli possibilità di sviluppo, è però ostacolato da deficienze strutturali e dalla scarsità di naviglio moderno; nel 1973 la marina mercantile argentina comprendeva 351 navi con una stazza lorda di 1,5 milioni di t. Il traffico aereo si è sempre più sviluppato, con una fitta rete di collegamenti interni e internazionali.

Commercio estero. - La bilancia commerciale, che aveva registrato saldi negativi fino al 1962, è ritornata positiva a partire dal 1963 ed è stata particolarmente favorevole nel 1973, con un saldo positivo di 1030 milioni di dollari USA (vedi oltre), soprattutto per le esportazioni di cereali (10 milioni di t di cui 2,5 di frumento, 4 di granoturco, 2 di sorgo) per un valore di 954 milioni di dollari e di carne per oltre 800 milioni. Anche le esportazioni di oli vegetali (138 milioni di dollari), di pellame (152 milioni) e di fibre tessili (213 milioni) hanno concorso a questo favorevole risultato. Le voci di importazione più importanti sono costituite dai metalli e manufatti (548 milioni di dollari nel 1973), dalle macchine e dal materiale elettrico 475 milioni) e dei combustibili (211 milioni). Le esportazioni sono soprattutto dirette verso l'Italia (15,2%), i Paesi Bassi (10,2%), gli Stati Uniti (8,9%), il Brasile (7,9%) e la Gran Bretagna (6,9%); le importazioni provengono principalmente dagli Stati Uniti (24,8%), dalla Rep. Fed. di Germania (11%), dal Brasile (10,9%) e dall'Italia (7,2%).

Bibl.: H. Wilhelmy, W. Rohmeder, Die La Plata Länder, Braunchweig 1963; J. Touchard, La République Argentine, Parigi 1966; P. Kalfon, Argentine, Parigi 1967; A. Ferrer, Argentina, New York 1969.

Economia. - L'economia dell'A., negli anni 1950-70, è stata dominata da un elevato tasso d'inflazione. Tra il 1950 e il 1966 i prezzi crebbero a un tasso medio annuo superiore al 25%, di rado il tasso di aumento fu inferiore al 10% l'anno, nel 1958 fu del 50% nell'anno successivo toccò il 100%. Per lo stesso periodo lo sviluppo economico è stato lento e il prodotto nazionale lordo (PNL) pro capite è cresciuto solo dell'1,3% l'anno, nonostante uno sviluppo della popolazione relativamente lento (1,6% annuo), e malgrado i vari tentativi di stabilizzazione posti in essere specie nel periodo 1962-63, sorretti dagli aiuti forniti dal Fondo Monetario Internazionale (FMI). Il governo militare che assunse il potere nel 1966 lanciò nel 1967 un nuovo piano di stabilizzazione che ebbe un notevole successo iniziale, in assenza di interventi del FMI. La politica economica realizzata, che fu imperniata sul controllo di breve periodo della politica monetaria, creditizia e salariale, portò a una riduzione del tasso d'inflazione da circa il 30% del biennio 1965-66 a meno del 10% nel 1969; contemporaneamente il tasso di sviluppo dell'economia si accelerò intorno a una media del 5,5% annuo. Il governo, inoltre, riuscì a ridurre il disavanzo statale dal 33% delle spese complessive nel 1966 a circa il 14% nel 1969. Nel corso del 1970 però il tasso d'inflazione si è accelerato di nuovo, il costo della vita è cresciuto a un tasso del 20% nel 1970, e del 30% nel 1971.

Una delle cause principali del fallimento della politica di stabilizzazione suddetta è da attribuirsi alle variazioni del prezzo della carne, il quale iniziò ad aumentare fortemente alla fine del 1969: fra il novembre del 1969 e l'agosto del 1970 il rialzo fu di oltre il 30%, cui seguì un ulteriore balzo del 50% nei sei mesi successivi. La causa principale di tale rialzo fu la contrazione dell'offerta, causata soprattutto dalle politiche seguite nel 1967-68, che avevano ridotto l'incentivo degli allevatori a investire. Infatti, sebbene, come atto preliminare al tentativo di stabilizzazione, il peso fosse stato svalutato nel 1967 del 40%, decisione che normalmente avrebbe dovuto far aumentare sia i prezzi che i redditi riscossi dagli allevatori, la maggior parte dei guadagni, se non la totalità, fu incamerata dall'introduzione di forti tasse all'esportazione. Questa politica, che contrasse le esportazioni e contribuì a provocare un grave peggioramento della parte corrente della bilancia dei pagamenti durante il periodo di stabilizzazione, fu un importante elemento per il successo delle misure di stabilizzazione perseguite, costringendo l'offerta di bestiame a indirizzarsi verso il mercato nazionale, frenando il rialzo dei prezzi per i consumatori interni e rendendo meno gravosa per i lavoratori la politica salariale.

Ma la riduzione degli allevamenti non poteva continuare indefinitivamente e verso la fine del 1969 il ciclo iniziò a rovesciarsi; gli allevatori incominciarono a restringere l'offerta e i prezzi crebbero.

Quanto al periodo più recente, il 1975 è stato un anno drammatico per l'economia argentina. Nel corso dell'anno si sono avvicendati quattro ministri dell'economia, con politiche economiche diverse e spesso contrastanti, il che non ha certo contribuito a eliminare il disordine economico e il clima d'incertezza. La crisi della bilancia dei pagamenti ha contribuito inoltre a restringere il margine di manovra di qualsiasi politica economica. Durante il 1975 l'inflazione è stata di circa il 20% mensile e di circa il 300% annuo (nel 1974 era stata del 35%); la bilancia commerciale da attiva nel 1974 è divenuta notevolmente passiva nel 1975. Le riserve del Banco centrale, che nel giugno 1974 ammontavano a 2 miliardi di dollari, nel marzo 1976 sarebbero state di 785,4 milioni di dollari, di cui 168,7 in oro, 298,7 in crediti presso organismi finanziari internazionali e 116,5 in crediti maturati. L'esposizione debitoria verso l'Italia era rispettivamente di 518,6 e 505 milioni di dollari al 31 dicembre 1973 e 1974. Per il 1975 il prodotto lordo interno ha avuto un aumento quasi nullo e, per il 1976 la sua crescita è stimata intorno al 4%. Il deficit di bilancio, in termini monetari, è passato da 27.407 milioni di pesos nuovi nel 1974 a 139.192 milioni nel 1975, mentre viene calcolato in 370.000 milioni nel 1976. Secondo dati di fonte ufficiale del Banco centrale della Repubblica Argentina il debito estero di questo paese ammontava a 8089 milioni di dollari nel 1974 (4679 milioni concernenti il settore pubblico e 3409 a carico di quello privato). Al 31 gennaio 1975 il totale del debito estero è stimato intorno a 8808 milioni di dollari (5057 milioni per il settore pubblico e 3750 per il privato) e, a fine anno 1976, intorno agli 11 mila milioni di dollari.

Il 3 novembre 1975 il ministro dell'Agricoltura ha emanato dei provvedimenti miranti a mantenere le importazioni su base di assoluta necessità, tendenti a diminuire il grave deficit, che la bilancia dei pagamenti ha segnato nel 1975. A tal fine è stato creato un dipartimento, la SECENEI. (Segreteria dello Stato di Commercio), che dovà preventivamente esaminare le richieste d'importazioni pervenute. Qualora l'ammontare totale delle richieste non superi i 1200 milioni di dollari, le dichiarazioni saranno approvate globalmente; in caso contrario, cosa molto probabile, si effettueranno delle priorità basate sul grado di necessità delle domande rispetto alle disponibilità di divise.

In base alle statistiche ufficiali ISTAT, l'interscambio italo-argentino, per le importazioni italiane è stato, nel 1974, di 184.810 milioni di lire e nel 1975 di 96.637 milioni di lire; per l'esportazioni italiane di 53.784 milioni di lire nel 1974 e di 74.110 milioni di lire nel 1975. Il saldo per l'Italia è passato da un passivo di -31.026 milioni di lire a -21.527 milioni di lire.

Storia. - Frondizi rivelò una straordinaria abilità politica destreggiandosi dal 1958 all 1962 fra le insidie provenienti da tutte le parti: dai militari, divisi fra golpisti che volevano il potere e legalisti favorevoli alla costituzionalità governativa; dai peronisti e dai comunisti, che attaccavano la sua politica economica e la carenza di riforme sociali; dagl'imprenditori, scontenti per le restrizioni dei crediti; dal suo stesso partito Unión Cívica Radical Intransigente (UCRI), che lo accusava di non tener fede alla piattaforma elettorale basata sull'economia di stato pianificata. Frondizi fece ogni sforzo per risanare l'economia nazionale mediante una politica di severa austerità e di ostinata ricerca di equilibri. Nel marzo del 1961, dopo molti tentennamenti, restituì ai sindacati il controllo della Confederazione generale dei lavoratori (CGT), in adempimento a un preciso impegno, e nel mese di aprile successivo destituì il suo ministro delle Finanze (in carica dal 1958) Alvaro Carlos Alsogaray, noto economista e tenace fautore dell'iniziativa privata. Reintegrò inoltre i molti privilegi che erano stati tolti alla Chiesa da Perón, incorrendo nelle critiche dei peronisti e delle sinistre. All'estero, specie negli USA, la politica di Frondizi incontrò larghi consensi, concretati in prestiti, investimenti di capitali, crediti. L'Alleanza per il progresso e il Fondo monetario internazionale si adoperarono per sostenere il suo tentativo di equilibrare il bilancio dello stato e per fronteggiare l'inflazione. Nei riguardi della politica petrolifera, Frondizi, nonostante avesse propugnato in passato una politica nazionalistica, ritenne che bisognava abbandonare il monopolio e concluse accordi con società nordamericane, inglesi e olandesi per un maggiore sfruttamento del prodotto nel nord e nel sud del paese (Patagonia) e nell'area di Comodoro Rivadavia; furono anche costruiti imponenti oleodotti e metanodotti. La produzione nel giro di pochi anni fu più che raddoppiata e il controllo del mercato rimase all'YPF (Yacimientos Petrolíferos Fiscales), che si riservò il diritto di acquistare tutto il prodotto ricavato dalle società straniere.

Tuttavia, alla fine del 1961, la crisi economica appariva sempre acuta: il pesante deficit della bilancia commerciale venne giustificato adducendo lo scarso raccolto del grano, che aveva fatto diminuire le esportazioni, e l'aumento delle importazioni di materie prime nonché di macchinari per l'incremento industriale. Il 1962 registrò due importanti avvenimenti che segnarono il destino di Frondizi. Il primo riguardava l'espulsione di Cuba dall'Organizzazione degli stati americani (decisa dalla conferenza di Punta del Este del 22-31 gennaio). L'A., insieme con altre cinque nazioni, si astenne dal votare la risoluzione contro Cuba; ma l'atteggiamento della delegazione argentina, favorevole a una soluzione di compromesso, scontentò per opposti motivi gli estremisti di sinistra e i militari, che pretesero e ottennero la destituzione del ministro degli esteri e la rottura delle relazioni con l'Avana. Il secondo avvenimento riguardava il Frente justicialista riammesso nell'agone politico dopo sette anni di clandestinità: alle elezioni regionali del marzo 1962 i peronisti ottennero una sorprendente vittoria, raccogliendo il 35% dei voti complessivi e nove governatorati su quattordici provincie.

I militari insorsero e imposero a Frondizi di sbarrare ai peronisti la via del potere, mentre i sindacati promovevano uno sciopero generale. Per molti giorni l'A. fu in preda al caos. Frondizi, pressato da ogni parte, rifiutò di aderire alle pretese dei militari; ma un colpo di stato (29 marzo) lo trascinò dal palazzo presidenziale all'esilio nell'isolotto di Martín García. A sostituirlo fu chiamato il presidente del senato José Maria Guido che dal 30 marzo 1962 al 12 ottobre 1963 governò il paese sostenuto dai militari promotori del golpe. L'annullamento delle elezioni di marzo e lo scioglimento del congresso provocarono l'intervento dei militari legalistas i quali, agli ordini del gen. Juan Carlos Onganía, s'impadronirono del potere (21 settembre 1962) promettendo però libere elezioni per la metà del 1963. Il presidente Guido, rimasto in carica, combatté il peronismo che cercò di organizzarsi, prima come partito di Unión popular e quindi come Frente nacional popular, coalizione di partiti di varie tendenze. Il governo, convinto che Perón dal suo esilio di Madrid guidasse il suo movimento in attesa di tempi più propizi, emise allora un decreto che invalidava i voti di un qualsiasi partito formato da peronisti. Questi risposero votando scheda bianca alle elezioni del 7 luglio 1963, che risultarono prive di un vero significato.

Risultò eletto Arturo Illía candidato della Unión cívica radical del pueblo (UCRP). Il nuovo presidente annullò i contratti con le società petrolifere e rifiutò i crediti della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale. L'economia nazionale peggiorò ma fu momentaneamente sostenuta da due eccezionali raccolti di grano nel 1964 e nel 1965. Illía cercò di ingraziarsi i peronisti, suoi tenaci oppositori, permettendo che l'Unión popular partecipasse alle elezioni congressuali del 1965. I peronisti ottennero il 37% dei voti e vinsero ancora nelle successive elezioni amministrative e provinciali affermandosi come il più potente partito argentino. I militari, ritenendo Illía politicamente inetto, decisero d'intervenire e lo sostituirono (28 giugno 1966) con il generale Juán Carlos Onganía, che sciolse il parlamento, abolì i partiti politici e sostituì giudici e governatori. La potente CGT si scisse in due tronconi: i peronisti ortodossi ed i neo-peronisti, più a sinistra. Il nuovo governo decretò la fine dell'autonomia nelle università accusate di accogliere comunisti ed ebrei e fece chiudere 1500 cooperative fondate da ebrei, prestando in tal modo il fianco all'accusa di antisemitismo. La politica di Onganía gli alienò le simpatie della Chiesa, degl'intellettuali, degli studenti e dei sindacati ma non dispiacque agli ambienti dell'alta finanza e agli elargitori esteri. In sostanza, il regime di Onganía, che ricorreva spesso alla violenza, presentava molte analogie con le dittature nazionaliste. Nel 1969 l'opposizione al governo si allargava trasformandosi in aperta ostilità, con la formazione di gruppi armati pronti a resistere alle imposizioni governative. Si sviluppava così il fenomeno della guerriglia urbana basato su colpi di mano, sequestri di persona, attentati. I disordini e il terrorismo, in particolare a Buenos Aires e a Córdoba, culminarono con l'assassinio del capo peronista Augusto Vandor e dell'ex presidente gen. Aramburu. Onganía accentuò lo stile autoritario del suo governo, ma un altro golpe militare lo rovesciò (8 giugno 1970) sostituendolo con il gen. Levingston, che però, incapace di fronteggiare la caotica situazione aggravata dai continui scioperi, rassegnò presto le dimissioni e fu sostituito dal gen. Alejandro Lanusse (25 marzo 1971).

L'incapacità dei militari di risolvere i problemi politici ed economici della nazione giocò in favore del peronismo, del quale il popolo ricordava le benemerenze sociali. Da Madrid il vecchio dittatore, che conservava il suo prestigio, manteneva i contatti con gli esponenti dei vari partiti argentini sforzandosi di unificare il suo movimento. Un messaggio alla nazione (17 settembre 1971) del presidente Lanusse annunziò per il 10 marzo 1973 le elezioni generali e il conseguente ritorno del paese alla normalità costituzionale. Ma tale data segnò il clamoroso successo elettorale del peronismo (la metà dei voti) che presentò come candidato Hector Cámpora fedelissimo luogotenente di Perón. La campagna elettorale si svolse all'insegna dello slogan "Cámpora alla presidenza, Perón al potere". Il ritorno del peronismo, oltre a dimostrare l'inettitudine delle classi militari, rappresentava il disorientamento delle masse dinanzi alla proliferazione di partiti politici, divisi in varie tendenze. Né sono da trascurare i motivi economici: l'inflazione, l'alto costo della vita, il razionamento della carne, le ribellioni e i colpi di stato, che rimasero allo stadio delle intenzioni, senza penetrare tanto in profondità da apportare qualsiasi mutamento sociale.

Le elezioni furono precedute da un lungo periodo di disordini senza riscontro nella storia argentina. Sono di quell'epoca gli assassini del gen. Sánchez, capo della repressione di Rosario, e di Oberdan Sallustro, direttore della Fiat argentina. Il vero stato di guerra instauratosi tra terrorismo e forze dell'ordine giocò pure in favore di Perón sul quale erano ormai riposte le speranze di una pacificazione nazionale. Un mese dopo il suo insediamento (25 maggio) Cámpora si recò in Spagna, dalla quale fece ritorno in A. assieme a Perón (20 giugno) che concludeva così il suo lungo esilio. Il 13 luglio 1973 il neo-presidente rassegnò le dimissioni lasciando il posto a Perón, confermato alla presidenza da una trionfale consultazione popolare. Alla vice presidenza della repubblica fu designata la giovane moglie di Perón, Maria Estela Martínez, che in caso d'impedimento del presidente eletto (si avvicinava ai 78 anni), avrebbe garantito la permanenza al potere del peronismo, dal quale si attendeva il miracolo di risollevare un paese dissestato e dilaniato dalle passioni. Il singolare evento, definito "colpo di stato consensuale", ebbe l'approvazione dei militari e dell'opposizione politica sanzionando uno stato di fatto esistente. Il 1° luglio 1974 Juán Domingo Perón morì improvvisamente e la suprema carica dello stato fu assunta, come previsto, dal vice presidente Maria Estela Martínez, Isabelita per gli Argentini, che confermò quale Segretario alla presidenza il ministro del Benessere sociale e suo consigliere personale José López Rega, appartenente all'ala conservatrice del partito e inviso ai giovani peronisti. Due mesi dopo la scomparsa di Perón la scissione in seno al movimento giustizialista si fece più grave, minacciando di precipitare il paese nel caos. I guerriglieri "montoneros" (organizzazione di sinistra che aveva contribuito al rientro di Perón) dichiararono, il 7 settembre 1974, di riprendere la lotta armata contro il governo di Isabelita Martínez, accusata di parteggiare per le correnti di destra. Per contro, le squadre di estrema destra denominate AAA (Acción Anticomunista Argentina) provocavano sanguinose rappresaglie. Centinaia di persone furono assassinate tra le quali (27 settembre) l'ex rettore dell'Università, Silvio Frondizi, fratello dell'ex presidente Arturo, e il generale cileno Carlos Prats (30 settembre), rifugiatosi in Argentina dopo la tragica fine di Allende. Il 6 novembre, in seguito all'ondata di violenze, il governo decretò lo stato di assedio.

Le prime consultazioni elettorali svoltesi dopo la morte di Perón nella provincia di Misiones (14 aprile 1975) si sono risolte con il successo di misura della coalizione governativa formata da peronisti ortodossi e da seguaci dell'ex presidente Frandizi (45,87% dei voti), seguita dal partito radicale di centro guidato da Ricardo Balbín (38,73%). Ciò pareva confermare una certa solidità del regime, sostenuto dalle destre moderate: forze armate, Chiesa, agrari, senza l'opposizione dei sindacati che hanno visto accogliere dal nuovo presidente tutte le loro richieste. Nel marzo 1976, invece, la presidentessa I. Perón viene destituita e il generale Videla assunse la presidenza della Repubblica. Il nuovo governo è composto prevalentemente da militari.

Bibl.: R. J. Alexander, An introduction to Argentina, New York 1969; H. S. Ferns, Argentina, Londra 1969; H. Herring, A history on Latin America from the beginning to the present, New York 1970; J. Dehesa, Argentina. País sin destino nacional?, Buenos Aires 1972; M. Murmis, Estudios sobre los orígenes del peronismo, ivi 1972; Ceresole-Gazzera, Peronismo: de la reforma a la revolución, ivi 1972; P. Vita-Finzi, Perón: mito e realtà, Milano 1973; M. A. Garcia, Argentina, dall'indipendenza al peronismo d'oggi, ivi 1975.

Letteratura. - La letteratura dell'ultimo ventennio in A. è venuta subendo diversi influssi delle correnti europee, dall'esistenzialismo allo strutturalismo, che non solo hanno condizionato gli studi filosofici e la critica militante, ma hanno profondamente influito sulla stessa creazione artistica: basta osservare la costante presenza di temi come lo heideggeriano "vivere per la morte" in romanzieri e drammaturghi, o il rifarsi della poesia a modi ricavati dall'antropologia culturale, con un recupero del passato indigeno a livello di coscienza contemporanea e continue contrapposizioni delle forze primitive dell'uomo - nel che entra un bel po' della lezione della psicanalisi - all'alienazione indotta dalla civiltà industriale. La sempre più vasta diffusione degli studi, la ricca produzione teatrale e cinematografica, il gran numero di gallerie d'arte e di congressi internazionali di filosofia e di critica, malgrado la convulsa vita politica e la crisi economica che hanno caratterizzato il paese in questo periodo, segnano l'esistenza di un fermento di riflessione e di creazione tra i più attivi di tutta l'America.

Tra i vecchi scrittori, E. Mallea, nato nel 1903, ha aggiunto alla sua galleria di personaggi e alle sue vaste tele ancora una serie di opere, come Los enemigos del alma (1950), dove la famiglia Guillén vive la sua spaventosa decadenza in un palazzotto di periferia, La torre (1951) che contrappone alla vita fondata sui valori economici una ricerca di nuova interiorità, Chávez (1953), La sala de espera (1953), Sinbad (1957) e infine El barco de hielo (1967), sorprendente prova di rinnovamento stilistico sui temi della vecchiaia e dell'appressamento della morte. Mallea è giunto a una finissima trama di sensazioni e di pensieri, in una prosa traslucida, senza perdere le sue capacità di solido costruttore.

Ma senza dubbio la fiducia nella realtà, il rispetto per le norme di una cultura costituita in civiltà, la forte carica spirituale e storicistica dell'opera di Mallea, sono apparsi dati invecchiati, residui di vecchia letteratura, agl'inquieti protagonisti della narrativa d'avanguardia. Essa ha dapprima cercato i suoi maestri in J. L. Borges e in E. Sábato, scrittori di fondamento metafisico, oscillanti fra la pura liricità e lo scetticismo intellettualistico, per poi ribellarsi anche a essi e tentare nuove strade, di cui non è per ora chiaro l'indirizzo.

Borges ha veduto in questo periodo accrescersi il suo prestigio internazionale, che lo ha portato a un passo dal premio Nobel in almeno tre occasioni. Contemporaneamente la critica più giovane cominciava ad accusarlo di cosmopolitismo e di scarso impegno civile. Ma è un fatto che l'anziano scrittore, già quasi completamente cieco e trinceratosi tra le migliaia di tomi della Biblioteca centrale di Buenos Aires, ha dato proprio in questa fase le sue opere più personali, sia riordinando (con aggiunte di molti inediti) le proprie poesie, che forse appariranno ai posteri la parte più duratura del suo lavoro, tanto sul versante dell'evocazione di una Buenos Aires in gran parte scomparsa, quanto su quello della meditazione filosofica e cosmica; sia producendo folgoranti racconti simbolici come il notissimo El Aleph, e saggi in cui si ritrova, al più alto livello, la sua concezione neoplatonica e gnostica del mondo, venata da una sottile aria di beffa e di mistificazione letteraria, raggiunta attraverso l'esplorazione della "biblioteca di Babele", cioè delle culture rare e malnote in cui si è espressa la vita segreta dell'umanità, via via travolta dalla ferocia della storia.

È appunto la negazione della storia la caratteristica di questi scrittori, e la ritroviamo anche in chi, come E. Sábato, nato nel 1911, non disdegna di mettersi a confronto con il reale quotidiano. Con El túnel, del 1948, egli ci presenta la vicenda di un pittore nevrotico, innamorato alla follia di una donna maritata, che finisce per ucciderla a difesa della propria coscienza incapace di adattarsi all'effettivo stato delle cose. Piena di fatti, è questa una narrativa che nega i fatti: essi si accumulano, generando anche azioni cruente, e tuttavia sembrano indifferenziati, cioè non hanno un punto di riferimento in se stessi, nel proprio valore, ma rimandano a un enigma universale, a un "arcano" come avrebbero detto i surrealisti francesi, di cui Sábato fu inizialmente discepolo, oppure all'angoscia del vivere, tema centrale di quell'esistenzialismo di cui è qui vivissimo l'influsso. Il maggior romanzo di Sábato, Sobre héroes y tumbas (1961), che ha avuto molto successo anche in Italia, è diviso in due parti che difficilmente si riesce a far combaciare, anche per la loro discrepanza stilistica: una riguarda la famiglia Olmos, carica di passato (gli "eroi" del secolo scorso) e di ricordi tragici, nella quale predomina una rete di misteriose tensioni sessuali esplorate al lume della psicanalisi: e in questa parte il linguaggio è familiare, diretto, malgrado un po' d'enfasi, e insomma non si allontana troppo dal modello realistico. L'altra parte è l'ampio "Rapporto sui ciechi" che si finge scritto da Fernando Olmos, padre della protagonista Alessandra: qui il surrealismo riprende i suoi diritti, con echi di Kafka, e la prosa acquista una lucidità poetica, una veemenza trasfiguratrice senza precedenti. Con maniacale insistenza Fernando ci conduce a credere nella sua visione assurda del mondo, il quale sarebbe governato da una cospirazione di ciechi; questi hanno deciso di far vivere in pena, sempre sospesi fra il male e la morte, coloro che vedono la luce del sole. Trasparente simbolo dell'onnipotenza delle tenebre, cioè delle forze dell'inconscio, sull'insieme della vita umana, dove intelligenza e volontà non sono che illusione.

Non lontano dalla tematica di questi autori, e almeno inizialmente imparentato soprattutto a Borges, J. Cortázar (nato nel 1914), ha pubblicato racconti fantastici e occultistici in Bestiário (1951) e Las armas secretas (1956), per poi passare al romanzo con Los premios (1960) e Rayuela (1963). Il primo racconta di un gruppo di argentini che s'imbarcano per una crociera, ma sulla nave si trovano avvolti da misteriosi divieti e da presagi indecifrabili, finché - dopo la morte di uno di loro - si ritrovano a Buenos Aires, le cui acque non hanno in verità mai lasciato. L'esistenza è un circolo chiuso, un labirinto, dove a forza di errare ci si ritrova sempre al punto di partenza: a questo tema borgesiano Cortázar aggiunge feroci puntate satiriche contro il mondo borghese e capitalista sudamericano. In Rayuela dispone il romanzo in struttura aperta, suggerendo diversi modi di lettura, cioè diverse possibili successioni temporali dei capitoli: ma l'elemento più interessante è il senso di disambientamento del protagonista, incerto fra Buenos Aires e Parigi, fino a perdere le proprie radici, come probabilmente accadde allo stesso autore durante la sua lunga permanenza in Francia. Accanto a questo protagonista, nella accanita ricerca della propria libertà, è una suggestiva figura femminile, battezzata simbolicamente Maga.

Questi autori, e con essi A. Bioy Casares (nato nel I914) che collaborò anche direttamente con Borges, rappresentano ancora il corpo centrale di una letteratura che, in seguito, ha cercato con difficoltà il suo rinnovamento, e che oggi è travolta, come ogni attività argentina, dalla più irrazionale esplosione di violenza della storia latino-americana, in un pessimismo sul futuro economico e culturale del paese che forse rende visibili, e più comprensibili di prima, i moventi oscuri di una narrativa così tetra e amara; né i tentativi di cambiar registroi sulle orme del nouveau roman o dell'impegno sociale tornato a galla dopo il 1968, hanno dato apprezzabili risultati.

Nella poesia l'ultimo grande nome rimane quello di R. Molinari (nato nel 1898) che ha ereditato dal surrealismo ispanico l'uso ampio e musicale della metafora, ma soprattutto ha dato concretezza stilistica a una concezione elegiaca, severa della vita, sospesa fra natura immutabile e storia trasmutante; poeta fra i più alti della lingua spagnola nel nostro secolo, le cui Obras completas sono apparse nel 1971 in edizione rinnovata, che testimonia della strenua applicazione stilistica dell'autore.

Ma non si possono dimenticare almeno S. Ocampo (nata nel 1906), anche saggista e animatrice culturale di alto merito, F. L. Bernardez (nato nel 1900), O. Muñoz (nato nel 1936) e soprattutto A. J. Castelpoggi (nato nel 1919) che rappresenta un ritorno alla poesia politica sugli esempi di Éluard o di Vallejo, dopo il tormentato e geniale intimismo di A. Giari (nato nel 1918). Nella letteratura drammatica, dopo il grande Samuel Eichenbaum (nato nel 1894) cui dobbiamo fra l'altro Un guapo del novecientos, formidabile evocazione della vita delle classi alte nella Buenos Aires dei primi anni del secolo, si sono avuti successi isolati, come quello di G. Gorostitza (nato nel 1920), autore de El puente e quello di A. Cuzzani (nato nel 1924) autore della bella commedia d'avanguardia El centerforward morrió al amanecer (1953). Va ricordata altresì, su questa linea, la serie realistica delle Historias para ser contadas (1958) di O. Dragún, cui sono seguiti negli anni Sessanta e Settanta gli sforzi non sempre convincenti degl'imitatori di Brecht, di Beckett, di Pinter: fenomeno inevitabile in un paese che ha un teatro ad altissimo livello di regía, scenografia e interpretazione, e dove pertanto il grosso della produzione scenica consiste nella divulgazione di testi stranieri alla moda, quando non rimane sul piano del semplice divertimento popolare. Negli ultimi anni, poi, la voga degli spettacoli d'avanguardia, del tipo visivo-gestuale, ha ancor più allontanato gli scrittori dalla drammaturgia.

Bibl.: C. Fernándes Moreno, La realidad y los papeles, Madrid 1961; N. Dauster, História del teatro hispanoamericano, Messico 1966; J. Loveluck, La novela hispanoamericana, Santiago del Chile 1966; G. Bellini, La letteratura ispano-americana, Milano-Firenze 1971; J. Franco, Introduzione alla letteratura ispano-americana, ivi 1972.

Arti figurative. - Pittura e scultura. - A partire dal 1944 si hanno in A. le prime manifestazioni astrattiste, in parte per l'influenza del pittore uruguaiano J. Torrès Garcia, essenzialmente costruttivista (aveva fondato a Parigi, con M. Seuphor, il gruppo Cercle et carré nel 1929) e del pittore E. Pettoruti, il quale dal futurismo era passato a una forma di cubismo. Significativa ancora per l'introduzione dell'astrattismo è stata l'opera di J. del Prete, pittore argentino di origine italiana, attivo a Parigi fra il 1929 e il 1933 (ritornò a Parigi nel 1953 e vi morì nel 1971).

Nel 1944 esce il numero unico Arturo, redatto da coloro che, nel 1945, davano vita all'Asociación de Arte Concreto Invención: T. Maldonado, L. Prati, M. Espinosa, R. Lozza, E. Iommi. Si oppone all'Asociación il Movimiento de Arte Concreto Invención; tuttavia il termine concreto col valore di astratto dimostra per entrambi l'ascendente di M. Bill. Nel 1946 sorge il Movimento de Arte Madí - nel quale conferiscono gli uruguajani C. Arden Quin e R. Rothfuss, G. Kosice, ecc. -, volto a tutte le espressioni dell'arte, dalla poesia alla danza, dalla musica al teatro. Se il gruppo Arte Concreto Invención proclama: "le nostre opere hanno un impegno rivoluzionario", ancora più rivoluzionario si definisce il Movimiento Madí, che avverte, citando Marx, Engels, Lenin: "di fronte alla copia e all'imitazione servile del realismo di nuovo conio, di fronte all'evasione e alle rimembranze romantiche dell'espressionismo, di fronte al surrealismo morbido e agonizzante dei nostri giorni [il movimento] inaugura l'Alta Era dell'Arte in tutta la sua essenza, fonda il proprio mito dell'invenzione pura, il suo ordine e il suo stile universalistico". Nello sforzo di aggredire lo spettatore e creare uno spazio per l'arte d'avanguardia in A., il movimento condanna il formato tradizionalmente rettangolare del quadro in favore di forme nuove, trapezoidali, poligonali irregolari, bipidi, a elementi multipli, ecc. Finalmente nel 1948 il Salon de Nuevas Realidades, a Buenos Aires, offre un insperato contatto fra avanguardia e pubblico, tanto che da questo avvenimento si fa datare una svolta nel corso dell'arte argentina contemporanea. Nello stesso anno, C. Arden Quin si stabilisce a Parigi per creare quella che fu definita una "testa di ponte" del Movimiento Madí. Nel 1953 si stabilisce a Parigi anche G. Kosice, che con le sue "sculture idrauliche" - giochi di luce e d'acqua - s'impone nella corrente cinetica richiamando l'attenzione europea su quanto avviene in Argentina. In seguito il gruppo argentino a Parigi si estende notevolmente, mantenendo i contatti con la madre patria. Intanto in A., nel 1952, il critico e poeta A. Pellegrini riunisce intorno a sé un certo numero di artisti che danno poi vita al Grupo de Artistas Modernos de la Argentina che annovera, fra gli altri, S. Grilo, J. A. Fernández Muro, T. Maldonado (oggi in Italia), A. Hlito, M. Ocampo, E. Iommi, C. Girola, L. Prati e H. Eabi. Il gruppo espone in seguito in diverse capitali estere, entrando a far parte dell'avanguardia internazionale, ma lavorando in una direzione più tradizionale, con richiami a F. Vordemberghe-Gildewart, a M. Bill, a De Stijl. È evidente come l'orientamento moderno argentino vada rapidamente aprendo il cammino a nuove generazioni di artisti che l'esperienza locale non soddisfa appieno nelle loro ambizioni e nei loro intenti. Nel 1950 si costituisce il gruppo dei "20 pittori e scultori"; nel 1955 nascono: l'Asociación de Arte Nuevo, nella quale militano M. Alvarez, M. Boto, J. L. de la Vega, D. Di Stéfano, J. Gaeta Giann, F. Ramos de los Reyes, A. Sacerdote, v. Villalba, R. Polesello; Boa, con il poeta J. Llinas che fa parte del gruppo Phases, M. Peluffo, C. Lesca, O. Borda, v. Chab, J. Langlois, C. Testa, Polesello e L. A. Wells; il gruppo Arte Constructivo-Arquitectural con S. Presta, F. Bangardini, A. Colli, J. Beloso. A questi si aggiungono ancora altri gruppi, come "SUR", "N", Asociación de Arte NO Figurativo, Buenos Aires, "SI" (informale di La Plata). Tutti tendono a dimostrare la necessità dell'artista di stabilire un rapporto fra la propria opera e un ambiente ricco di esperienze in continua evoluzione. M. Pucciarelli, A. Greco, nell'informale; altri, come F. Maza, R. Macció, E. Deira, J. de la Vega, M. Peluffo, N. G. Uriburu passano per esperienze diverse e trovano la loro collocazione in un modulo incentrato sulla figurazione geometrica e surrealista. C. Alonso, maestro nella rappresentazione lucida di un'immagine realistica della vita, costituisce la sintesi della tradizione argentina del disegno e dell'incisione che annovera altresì Castagnino, Soldi, Berni e altri. A. Berni vince alla Biennale di Venezia il gran premio per la grafica. La scultura d'avanguardia conta su maestri come Curatella, Manes, L. Fontana, S. Vitullo (1899-1953). Di Fontana (v. App. II,1, p. 960) si può affermare che l'esperienza argentina (la firma del Manifiesto Blanco, le ceramiche e le sculture) lo preparano all'esperienza spaziale. Le nuove generazioni di scultori si presentano con artisti come Badii, Gerstein, il già ricordato Kosice, Iommi, mentre altri, come Tomasello, F. M. De Teana e A. Penalba (vincitrice del massimo premio alla Biennale di San Paolo nel 1971), sono già fra i protagonisti dell'avanguardia europea. L'arte cinetica e cinetico-strutturale è rappresentata specialmente da H. De Marco, M. Boto, J. Le Parc (vincitore del primo premio alla Biennale di Venezia del 1968); una posizione assai interessante nell'ambito dell'arte concettuale è quella di D. Lamelas che vive a Londra (si ricordano il volume Publication, 1970, e il film Reading, del 1971). Molti artisti nati in A. vivono oggi in varie capitali europee e negli Stati Uniti, a riprova dell'esigenza di un continuo confronto senza per questo tralasciare di racchiudere nelle loro opere le inquietudini sociali, le ansie, i sentimenti della loro terra.

Bibl.: A. Merlino, Diccionario de artistas plásticos de la Argentina, Buenos Aires 1954; C. Córdoba Iturburu, La pintura argentina del siglo XX, Buenos Aires 1958; M. L. San Martín, Pintura argentina contemporánea, ivi 1961; F. Bullrich, Arquitectura argentina contemporánea, ivi 1963; R. Segre, G. Peani, Saggi sull'Argentina, in Casabella, maggio 1964; M. Ragon, M. Senphor, L'art abstrait, IV, Parigi 1974, pp. 105-19; J. Romero Brest, Arte dopo il 1943, Argentina, Bologna 1975.

Architettura. - Rispetto agli ambienti della cultura ufficiale volti a imitare la vecchia Europa, l'influenza di Le Corbusier, che era stato in A. nel 1928, viene sentita, anche se con un certo ritardo, da un limitato gruppo di architetti intenti a ricercare una nuova cultura architettonica e urbanistica.

Negli anni Quaranta infatti la lezione di Le Corbusier caratterizza l'impostazione del gruppo Austral, come dimostrano la casa di appartamenti di J. Ferrari Hardoy e J. Kurchan (1943, Buenos Aires) e le realizzazioni in A. di A. Bonet (casa per Rafael Alberti a Punta del Este, 1946; casa Cuatrocasas a Punta Ballena, 1947). Fino al 1947 Bonet, Hardoy e altri membri del gruppo Austral si dedicano a perfezionare il grande piano regolatore di Buenos Aires progettato da Le Corbusier nel 1938. Tuttavia le iniziative più importanti del gruppo, compresa la realizzazione del quartiere residenziale Belgrano, sono bloccate da interferenze politiche. Nell'ambito del gruppo Austral esistono anche impostazioni del tutto indipendenti dall'insegnamento di Le Corbusier, caratterizzate da un atteggiamento regionalistico, da una rivalutazione dell'architettura nazionale seppure inserita in una più ampia problematica sociale, economica, tecnica, climatica (progetto per Auditorium di Buenos Aires di E. Catalano, 1947; progetto per il campus dell'università di Tucuman di E. Sacriste, A. Vivanco, H. Comino, 1948-49). Personalità di grande rilievo è A. Williams: la casa a Mar del Plata, realizzata nel 1945, poggiata su una struttura ad arco, mostra, insieme con un'adeguata suddivisione e utilizzazione degli spazi, una minuziosa cura dei particolari; i suoi progetti (aeroporto nella regione di Rio de la Plata, 1945; Auditorium, 1943-53; palazzo "sospeso" per uffici, 1948) possono considerarsi tra i più interessanti e audaci del dopoguerra.

È da distinguere, per la sua coerenza, l'opera di M. R. Alvarez del periodo che va dal 1940 al 1972, in cui egli si presenta come il continuatore naturale dei razionalisti degli anni Trenta. Fra le sue opere più significative sono da ricordare, a Buenos Aires, il Teatro San Martín, (1950-60), la Casa Mergerian (1963), La Borsa dei Cereali (1966-68), il Banco Popolare Argentino (1966-68), nelle quali si distinguono la chiarezza dei volumi, gli incastri e l'estetica del montaggio.

A partire dal 1955 in A., analogamente ad altri paesi dell'America latina, si verifica un'evoluzione che vede diminuire l'influenza de Le Corbusier. L'allevamento di cavalli Black Beauty (L. Aisemberg, J. Rey Pastor, 1955), nella ricerca di una lucida analisi di elementi formali individuali si attiene al lessico formale della casa Schroeder di Rietveld. La chiesa Nuestra Señora de Fatima a Martínez (C. Caveri, E. Ellis, 1957) mostra in un contesto di forme espressive nazionali l'intento di esprimere il carattere originale dei materiali. Oltre alla Casa Ricciardi San Isidro, 1970-71, dell'architetto F. Martínez, altri esempi di questa corrente "autenticista" sono forniti da E. Kokurek, E. Katzenstein, E.C. Castillo, C. Caveri, ecc. Esempi di torri, parallelepipedi d'affitto e "Courtain Wall" sono, a Buenos Aires, il palazzo di via Florida angolo via Paraguay, (1961-63; E. Bonta e C. Sucari); il palazzo Fiat, (1963-65, Amaya, Devoto, Martín, Pieres, Lanusse e L. Lanari); il palazzo Sudamerica, (1960-62, A. Dubourg); il palazzo del Club Inglese (1968, J. Aslan, H. Ezcurra); il palazzo Brunetta (1966-68, F. Fracchia e G. Panthoff).

Un design eccessivamente elaborato (Casa Soldatti di O. Molinos, Martínez, 1962) rivela in quale modo l'elemento formale continui a costituire una preoccupazione importante per la nuova generazione, nonostante che spesso venga o negato oppure nascosto dietro il pretesto delle necessità funzionali. C. Testa è il rappresentante più eminente della giovane generazione e la sua produzione è abbastanza indicativa dei mutamenti avvenuti nell'ambito della cultura architettonica argentina: dalle delicatezze formali che caratterizzano le sue prime opere, immediatamente dopo il 1950, C. Testa è passato all'audace concezione del Provincial Government House di Santa Rosa, La Pampa (1956-63; in collab. con F. Rossi, A. Gaido e B. Dabenovic) e della stazione degli autobus situata di fronte alla Government House (1956-61; in collab. con gli stessi architetti). Con la sede centrale della Banca di Londra e del Sudamerica di Buenos Aires (1960-66; in collab. con S. Sánchez Elía, F. Peralta Ramos e A. Agostini), nella realizzazione della quale è tenuto in conto il contesto urbanistico e le necessità della comunità, il Testa si discosta dalla ruvidezza formale del neobrutalismo in un modo che diviene ancor più evidente nella filiale Harrod della stessa banca, sempre a Buenos Aires (1962-64; in collab. con gli stessi architetti della banca centrale). La tecnologia, il cemento, il brutalismo, lo strutturalismo e l'espressionismo sono evidenti nella "Central Once" (Buenos Aires, 1968, W. Serqueira); il Terminal di Omnibus di Cordoba (J.C. Fontán, L. E. Fandino, H. R. Egea, G.R. Meriles, T. J. Valle Luque); l'edificio della Compagnia Noblea di Tabacchi (Cordoba 1969-71, A. Ramírez e A. Troillo); la Scuola superiore di commercio Manuel Balgrano (Cordoba, 1966, O. Bidinost, J. Chute, J. M. Gassó, M. Lapacó, M. Mayer). Come espressione del materiale del litorale, il mattone dimostra di possedere una funzione estetica in diverse opere quali la chiesa dell'Assunzione, a Resistencia (Chaco), 1971, degli architetti Galdeano e Cayré.

La libreria Gonzales Porto di Buenos Aires (J. Erbin, M. Baudizzone, A. Para, J. Lestard, 1968) può essere considerata un tipico esempio di un'architettura volta a esprimere una cultura popolare autentica in cui sia evitata la distinzione tra architettura e ambiente, in cui i servizi e la loro integrazione architettonica costituiscono la preoccupazione principale per il progettista, mentre la struttura globale viene concepita spesso come semplice involucro o dotata di funzioni supplementari oltre a quelle che le sono proprie.

L'architettura dei "Mass media", le esigenze funzionali e la tecnologia si riflettono inoltre in opere come il Banco di Buenos Aires (1968, J. Santos, J. Solsona, J. Sánchez Gómez, F. Manteola, I. Petschersky e R. Viñoly), dove i materiali ottengono la loro massima espressività con una integrazione visuale dell'esterno, o come l'Hotel Sheraton di Buenos Aires (1970-72, Sánchez Elía, Peralta Ramos e Agostini).

Soluzioni di abitazioni, quali espressione di uno status, le forniscono il quartiere di Belgrano, il Consorcio Dorrego, il Complesso Acoyte e Yerbal, il Complesso Rioja, Salcedo Dean Funes e Inclán, progetti, questi, realizzati dal 1969 al 1972, ad opera di A. Ricur, A. Joselevich, L. T. Caffarini, J. Solsona, J. Santos, F. Manteola, R. Viñoly e I. Peteschersky, ed altre costruzioni ancora, come quelle realizzate da J. Erbin, J. Korn, I. Lopatin e Moreo, le case per abitazione del Piano Emaus, Santa Fe, 1967-68 di E. Lastra, J. Artoni e R. Pérez e, fra le altre, le opere di G. Mérega e C. Ursini.

Infine, l'architettura degli oggetti con soluzione risolta in sé stessa, è evidente nelle più recenti espressioni dell'architettura argentina, di cui sono interessanti e validi esempi la Biblioteca Nazionale di Buenos Aires (progetto del 1962, attualmente in fase di costruzione, di F. Bullrich, A. Cazzaniga, Clorindo Testa); la Fabbrica Ken Brown (Buenos Aires 1971, M. R. Alvarez); il Giardino d'Infanzia a Bella Vista, di M. Sasaky; il Ristorante "El Tobogan" (Buenos Aires 1971) ed altri progetti ancora che esprimono, nella forma e nell'attuale contenuto, una crisi creativa e una ricerca tangibile di un' "immagine di speranza".

Bibl.: H. R. Hitchock, Latin American architecture since 1945, New York 1955; F. Bullrich, Orientamenti nuovi nell'architettura dell'America latina, Milano 1970; M. Waisman, Riflessioni sulla architettura in Argentina oggi, in Domus, 525 (1973), pp. 1-8.

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