AMERICANO ARTICO, ARCIPELAGO

Enciclopedia Italiana (1929)

AMERICANO ARTICO, ARCIPELAGO (A. T., 125-126)

H. I. Fleure

ARTICO, ARCIPELAGO Dopo che il meridiano 14l20 O. fu fissato come linea di confine tra il dominio del Canada e il territorio dell'Alasca, appartenente agli Stati Uniti d'America, il Canada proclamò l'annessione di tutte le isole scoperte o da scoprire, incluse nell'area a N. della terraferma americana fra l'anzidetto meridiano 142° e quello 60° O., eccettuata soltanto la piccola parte della Groenlandia che si trova entro quel settore. Per conseguenza vengono a far parte del dominio parecchie grandi isole, e cioè l'Isola di Baffin, l'Isola Devon settentrionale, quella di Ellesmere, l'Isola di Axel Heiberg, l'Isola del Somerset settentrionale, l'Isola del principe di Galles, l'Isola del re Guglielmo, l'arcipelago di Parry, le isole Patrick e Melville e alcune altre comprese tra quest'ultima e le isole Axel Heiberg e Devon, infine l'Isola Vittoria, l'Isola Banks e un gran numero di altre più piccole (per la storia della conoscenza dell'arcipelago, v. artiche, regioni).

Le rocce arcaiche che costituiscono, in massima parte, il Canadà settentrionale si estendono anche, per quanto finora si è potuto riconoscere, nella Terra di Baffin, nelle parti orientali delle isole di Devon e di Ellesmere e nella Groenlandia orientale. La parte nord-occidentale della Terra di Baffin, quella occidentale delle isole Devon e Ellesmere, la parte nord-ovest della Groenlandia, le isole Vittoria, Banks, Principe Patrick e Melville, le isole Somerset settentrionale, Principe di Galles, Bathurst, ecc., cioè un'ampia fascia a ovest-nord-ovest e a nord della zona arcaica, sono formate principalmente da rocce del Paleozoico, con qualche traccia di Arcaico nell'isola Principe di Galles e Somerset settentrionale. Le isole più settentrionali dell'arcipelago di Parry, la parte settentrionale delle isole di Ellesmere, di Axel Heiberg e di altre ad ovest sono costituite da rocce secondarie (mesozoiche), che ricoprono le paleozoiche. Questa zona di rocce secondarie rappresenta dunque una fascia a nord-ovest e a nord della zona paleozoica. Sembra pertanto che anche qui, come nella parte artica dell'Asia, si abbia la prova che un blocco antichissimo si è ripiegato in basso verso nord, in modo da essere ricoperto da depositi via via più recenti. Ma il blocco americano è oggi assai più basso di quello dell'Asia artica, e forma perciò un arcipelago di isole per lo più assai grandi, anziché una massa continentale continua. Sulla continuità strutturale col Canadà non vi può peraltro essere dubbio, per quanto lo stretto di Melville e quello di Lancaster formino un solco coperto di acque in genere assai profonde, a circa 76° lat. N.

La lunga fascia nord-orientale della Terra di Batffin è costituita prevalentemente da alte terre raggiungenti i 1500 m., e la costa che la orla è molto frastagliata ed accompagnata da un gran numero di piccole isole, come la costa della Groenlandia che le sta di fronte dalla parte opposta della Baia di Baffin, abbastanza profonda, e dello Stretto di Davis. Per il resto, l'arcipelago attende di essere esplorato; ma pare che vi prevalgano le terre basse e che le maggiori altezze si trovino nell'Isola Melville: esse raggiungono probabilmente i 1200 m. circa, secondo lo Stefansson, quota troppo bassa per permettere la formazione di una ghiaccia continentale continua anche a latitudine così elevata. Per questo l'arcipelago contrasta molto nettamente con la massa di alte terre della Groenlandia.

Dopo che il Polo Nord fu raggiunto dal Peary nel 1909, l'esplorazione scientifica non ebbe più ragione di rivolgersi a questo compito difficile e non altrettanto profittevole, sicché da allora l'attenzione si poté concentrare sulle investigazioni di carattere più strettamente scientifico e sulle osservazioni meteorologiche. I Danesi hanno ora quasi completamente eseguito il rilievo cartografico della Groenlandia ed hanno corretto molte inesattezze delle antiche carte, soprattutto nella costa settentrionale, distruggendo in particolare l'ipotesi dell'esistenza di una via d'acqua continua interposta tra la Groenlandia e la Terra di Peary. Una spedizione americana esplorò nel 1913, sotto la direzione di D. B. Macmillan, la parte nord e nord-ovest dell'isola di Ellesmere; essa traversò l'aspro mare di ghiaccio fino a grande distanza dall'isola e accertò l'inesistenza della terra di Crocker, che si supponeva esistesse a circa 82° lat. N. L'esplorazione del Mare di Beaufort, nella parte occidentale dell'arcipelago, è molto progredita sotto la guida di V. Stefansson, il quale è riuscito ad abituare sé stesso ed i suoi compagni al regime di vita degli Esquimesi e ha potuto dimorare e viaggiare in quelle terre senza eccessivo ingombro di bagaglio. Egli ha impiegato anche operai esquimesi, comprese le cucitrici, in maggior misura dei suoi predecessori, ed ha appreso ad affidarsi sul mare di ghiaccio con maggior confidenza di quello che non fosse stato fatto per l'innanzi. La spedizione dello Stefansson ed altre successive hanno dimostrato che la piattaforma continentale, lungo le coste che fronteggiano il Mare di Beaufort, è molto stretta, di modo che sembra probabile che in questa zona non vi siano altre terre molto ampie da scoprire, e che la supposta Terra di Keenan non esista. Queste spedizioni hanno perfezionato la cartografia della regione e hanno condotto alla scoperta di parecchie isole.

Presentemente è opinione generale che la calotta polare sia occupata da un mare di profondità considerevole, poiché vi fu scandagliata la profondità di 3850 m. (v. artico, mare). Questa opinione è confortata dal fatto che le correnti di deriva sembrano dirigersi dal mare a nord dell'Alasca attraverso il Polo e lungo la costa orientale della Groenlandia; ma vi è ancora largo margine per ulteriori esplorazioni in tutta la regione a nord-ovest dell'arcipelago artico.

La meteorologia della regione artica è stata oggetto di accurate investigazioni e ha condotto a notevoli progressi di carattere generale. Infatti è stato dimostrato che lo strato d'aria fino all'altezza di 8 km. sulla superficie del ghiaccio polare ha una densità superiore alla media e che da questa area di aria densa i venti spirano in direzione di est. La zona di limite tra questi venti freddi di est e i venti occidentali delle latitudini più temperate è, secondo quanto si è oggi accertato, la sede principale della formazione delle depressioni cicloniche che imperversano nella parte settentrionale della zona temperata. Il Brooks, nell'opera Climate through the Ages (1926), è giunto a importanti conclusioni sulla glaciazione e sulle variazioni climatiche di epoche passate, basandosi largamente sui dati dedotti dalle ricerche artiche ed antartiche. Le nuove conoscenze hanno permesso la previsione del tempo con precisione sempre crescente. Anche la geodesia si è avvantaggiata per le ricerche fatte al largo dell'arcipelago canadese, giacché il ghiaccio offre un'opportunità unica al mondo per eseguire calcoli accurati dell'attrazione gravitazionale negli spazî oceanici. Se queste ricerche saranno proseguite, esse potranno condurre a migliorì conoscenze della fisica della crosta terrestre.

Oltre a queste ricerche, che hanno un'importanza scientifica generale, molta attenzione si è rivolta a problemi che riguardano in modo speciale le regioni artiche vere e proprie, soprattutto, nel caso dell'arcipelago americano artico, per opera dello Stefansson, il quale è d'avviso che la regione artica potrebbe essere utilizzata dall'uomo in molto più larga misura di quanto non si sia ritenuto fino ad oggi. Egli osserva che le più basse temperature dell'arcipelago artico sono superiori a quelle di alcune parti della Siberia e che nell'estate le temperature raggiungono qualche volta i 28 centigradi, quando il sole riscalda per un lungo periodo, ancorché i suoi raggi siano molto inclinati. È vero bensì che presso il mare le acque fredde mantengono la temperatura dell'aria assai bassa, ma località lontane dal mare possono avere giornate assai calde e i temporali sono relativamente rari. Nel complesso lo Stefansson pensa che la regione sarebbe abitabile se si potessero sormontare le difficoltà dei rifornimenti e dell'isolamento. L'entità molto notevole della radiazione attinica riflessa dalla neve e dal ghiaccio costituisce probabilmente una difficoltà per quelle parti dove la coperta di neve è permanente. Ma questa nelle basse terre non rimane in nessun luogo permanentemente; la radiazione attinica diretta può essere essa stessa considerevole. Le temperature estive possono essere spesso favorevoli al metabolismo umano, per quanto quelle invernali rappresentino invece una dura prova. La continuità della incidenza dei raggi attinici è un importante fattore per l'assimilazione delle piante, e in effetto alcune piante crescono così bene in queste regioni, che per una breve stagione si hanno ricche praterie, per quanto, in molti casi, soltanto la parte superficiale del terreno sia sgelata. Lo Stefansson insiste sulla possibilità di utilizzare questa vegetazione naturale come nutrimento per grandi greggi di renne e di buoi muschiati. La renna selvatica originaria dell'arcipelago artico, o Caribù, è stata modificata e sostituita dalla introduzione della renna dell'Asia artica, che è molto affine. Questa importazione cominciò a titolo di esperimento nel 1892 e, per quanto il governo russo l'abbia fatta cessare nel 1902, le greggi hanno prosperato e si sono moltiplicate, tanto che oggi contano probabilmente cirea mezzo milione di capi. Ma lo Stefansson stima che questa sia soltanto una piccola frazione del quantitativo di renne che sarebbe possibile far vivere nella terraferma artica e nelle isole dell'arcipelago americano artico. La carne di renna è di grande valore come alimento per l'uomo. Anche le pelli e altri prodotti di questi animali possono essere utilizzati. Le greggi trovano da sé il loro nutrimento e non abbisognano di ripari; soltanto il loro numero si riduce per le difficili condizioni invernali, e sarebbe perciò prudente di macellarle in gran parte prima dell'inverno. L'incrocio della renna asiatica col Caribù può produrre un allevamento non addomesticabile, se predomina il sangue del Caribù. Lo Stefansson insiste anche sull'allevamento del bue muschiato, utilizzabile sia per la carne sia per la lana, ed è di avviso che esso potrebbe essere allevato anche per il latte, benché questo, che è molto sostanzioso, non sia abbondante nella bestia allo stato selvaggio. Il bue muschiato si muove lentamente, di solito in greggi che formano una forte difesa contro i lupi. Anche il colonnello Roosevelt era d'accordo con lo Stefansson sull'opportunità di allevare questo animale, il quale, a quanto sembra, si nutre anche di cibi che la renna rifiuta.

In varie parti dell'arcipelago artico è accertata la presenza del carbone e le prospettive per l'avvenire sono anche maggiori; se si tien conto dello sviluppo minerario dello Spitzberg, è facile capire che anche nell'arcipelago artico si possono avere possibilità in questo senso. Il petrolio è stato trovato nell'Isola Melville ed è un prodotto importante nell'Alasca. Non si è trovato sinora ferro, ma il rame potrebbe avere importanza.

La difficoltà dell'accertamento delle risorse che offre la regione sono certamente molte e complesse: la lunga oscurità e il freddo intenso dell'inverno, le nebbie, le zanzare d'estate, l'isolamento, la necessità di adattarsi a uno speciale regime di nutrizione, e probabilmente anche difficoltà nel metabolismo generale, non ancora bene spiegate. Ma la telegrafia senza fili e la navigazione aerea possono giovare ad alleggerire i problemi psicologici della vita nelle regioni artiche, e l'allevamento della renna e del bue muschiato specialmente se quest'ultimo potrà essere utilizzato per la produzione del latte, potrebbe facilitare la questione della nutrizione; per quanto rimarrebbe sempre l'ostacolo dell'alimentazione vegetale, alla quale la costituzione degli Europei è ormai avvezza per lunga abitudine. Gli Eschimesi indigeni hanno in tempi recenti coadiuvato grandemente gli esploratori, anzi un famoso esploratore, il Rasmussen, è in parte di origine eschimese. Tuttavia è molto incerto se la popolazione eschimese dell'arcipelago americano potrebbe a lungo sopravvivere a contatto con gli Europei.

Bibl.: V. Stefansson, The Friendly Arctic, 1921; J. W. Bilby, Among Unknown Eskimo, 1923.

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