Arbitrato bancario finanziario

Diritto on line (2018)

Giuseppe Finocchiaro

Abstract

L’Arbitro bancario finanziario (d’ora innanzi: ABF) rappresenta, per unanime opinione, il sistema di risoluzione alternativa delle controversie che, nel panorama italiano, ha riscosso e sta riscuotendo il maggior successo applicativo. Dopo aver dato conto dei provvedimenti che ne costituiscono il fondamento normativo, il presente lavoro intende, analizzando la disciplina del suo funzionamento, evidenziare le ragioni di questo successo e segnalare il principale aspetto critico, legato alla funzione, legislativamente assegnatagli, di valutazione del cd. merito creditizio su segnalazione del prefetto.

L’istituzione dell’ABF nelle fonti normative

Le fonti di rango primario

L’ABF trova il proprio originario fondamento normativo nell’art. 29 l. 28.12.2005, n. 262 (Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari), che ha aggiunto in seno al t.u.b. (d.lgs. 1.9.1993, n. 385) l’art. 128 bis (Risoluzione delle controversie), poi a più riprese modificato (cfr. d.lgs. 29.12.2006, n. 303, art. 1, co. 6; d.lgs. 27.1.2010, n. 11, art. 35, co. 10; d.lgs. 13.8.2010, n. 141, art. 1; d.lgs. 15.3.2017, n. 37, art. 1).

L’art. 128 bis cit.:

1) innanzi tutto, stabilisce la partecipazione delle banche e degli intermediari finanziari (di cui all’art. 115 t.u.b.) ai sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con la clientela (in proposito, v. infra, § 2.1), prevedendo, correlativamente, che «La Banca d’Italia quando riceve un esposto da parte della clientela dei soggetti di cui al comma 1, indica all'esponente la possibilità di adire i sistemi previsti dal presente articolo» (rispettivamente, co. 1 e 3-bis);

2) in secondo luogo, demanda ad una deliberazione del CICR, su proposta della Banca d'Italia, la determinazione dei «criteri di svolgimento delle procedure di risoluzione delle controversie e di composizione dell'organo decidente, in modo che risulti assicurata l'imparzialità dello stesso e la rappresentatività dei soggetti interessati» (v. infra, § 1.2), precisando che «Le procedure devono in ogni caso assicurare la rapidità, l'economicità della soluzione delle controversie e l'effettività della tutela» (co. 2; su questi obiettivi, v. infra, § 5.1);

3) da ultimo, tratteggia il carattere essenziale dell’istituto prevedendo che i rimedi stragiudiziali previsti dalla medesima «non pregiudicano per il cliente il ricorso a ogni altro mezzo di tutela previsto dall'ordinamento» (co. 3; specificamente in proposito v. infra, § 4.4).

Le fonti di rango regolamentare

In forza della previsione del co. 2 cit., il CICR, con deliberazione 29.7.2008, n. 275, ha stabilito i criteri fondamentali per lo svolgimento delle procedure di risoluzione stragiudiziale delle controversie, contestualmente affidando alla Banca d'Italia il compito di curarne l'organizzazione e il funzionamento in concreto.

Di conseguenza, la disciplina di dettaglio dell’ABF è interamente dettata da deliberazioni (di rango regolamentare) della Banca d’Italia, adottate in conformità alle modalità stabilite dal provvedimento (della medesima Banca d’Italia) 24.3.2010 (pubblicato nella G.U. n. 102 del 4.5.2010, Disciplina dell'adozione degli atti di natura normativa o di contenuto generale della Banca d'Italia nell'esercizio delle funzioni di vigilanza bancaria e finanziaria, ai sensi dell'articolo 23 della legge 28 dicembre 2005, n. 262), periodicamente aggiornate sulla base non soltanto dell’evoluzione legislativa, ma anche delle esigenze riscontrate a livello applicativo e pubblicate sui siti Internet dell’ABF e della Banca d’Italia.

Analiticamente, la disciplina dell’ABF è recata dai seguenti provvedimenti:

1) Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari, adottate inizialmente il 18.6.2009, più volte modificate ed attualmente vigenti nella versione del 2.11.2016 (donde sono tratte tutte le citazioni che seguono e riportate tra virgolette);

2) Regolamento per il funzionamento dell’Organo decidente dell’ABF, attualmente vigente nella versione del 16.3.2017;

3) Codice deontologico per i componenti dell’Organo decidente, attualmente vigente nella versione del 25.11.2016;

4) Tabella dei compensi dei componenti i collegi, attualmente vigente nella versione del 25.11.2016.

Il riconoscimento legislativo dell’ABF

Diversi provvedimenti legislativi di rango primario adottati successivamente all’istituzione dell’ABF fanno riferimento ai sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie previste dall’art. 128 bis:

1) innanzi tutto, l’art. 40 d.lgs. 27.1.2010, n. 11 (Attuazione della direttiva 2007/64/CE, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, e che abroga la direttiva 97/5/CE PSD - Payment Services Directive), che indica come rimedio stragiudiziale per la clientela dei servizi di pagamento il sistema dell’ABF;

2) l’art. 5, co. 1 (dichiarato illegittimo da C. cost., 6.12.2012, n. 272) e co. 1-bis (inserito dall’art. 84, co. 1, lett. b, d.l. 21.6.2013, n. 69, conv. con mod. dalla l. 9.8.2013, n. 98, e, da ultimo, modificato dall’art. 11 ter d.l. 24.4.2017, n. 50 conv. con mod. dalla l. 21.6.2017, n. 96), d.lgs. 4.3.2010, n. 28 (Attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali), che indicano lo svolgimento del procedimento avanti all’ABF come equipollente all’esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, ai fini della procedibilità della domanda giudiziale (in proposito v. infra, § 2.3);

3) l’art. 141 octies, co. 1, lett. e), c. cons., inserito dall’art. 1 d.lgs. 6.8.2015, n. 130 (Attuazione della direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE), che annovera l’ABF tra i metodi extragiudiziali di risoluzione delle controversie da adottare per ottemperare agli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea.

Tra gli interventi legislativi, peraltro, si segnala l’art. 1, co. 1, lett. b), d.l. 24.3.2012, n. 29, conv. con mod. dalla l. 18.5.2012, n. 62, che ha aggiunto in fondo all’art. 27 bis del d.l. 24.1.2012, n. 1, conv. con mod. dalla l. 24.3.2012, n. 27, un nuovo co. 1-quinquies, con cui, in modo non del tutto ortodosso, da un lato, è stato espressamente (e direttamente) riconosciuto l’ABF come istituito dai provvedimenti regolamentari ricordati e, dall’altro, gli è stata attribuita, in aggiunta alla funzione di risoluzione stragiudiziale delle controversie per cui era stato istituito, una nuova funzione, assai non soltanto particolare, ma anche problematica (specificamente in ordine alla quale v. infra, § 5.2).

I limiti applicativi dell’ABF

I limiti soggettivi

Come già accennato, l’ABF è stato istituito dall’art. 128 bis quale sistema «di risoluzione stragiudiziale delle controversie» tra la «clientela» e le banche e gli intermediari finanziari che operano nel territorio italiano.

Questi, infatti, sono tenuti ad aderire al sistema, per poter ottenere dalla Banca d’Italia la concessione dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria.

Analiticamente, pertanto, possono essere interessati dal procedimento avanti all’ABF sia le banche, sia gli intermediari iscritti nell’albo ex art. 106 t.u.b., sia i confidi iscritti nell’albo ex art. 112 t.u.b., sia gli istituti di moneta elettronica, sia gli istituti di pagamento, sia la Poste Italiane s.p.a., in relazione all’attività di «bancoposta».

Atteso che non svolgono attività bancaria in senso proprio, non rientrano nell’ambito dell’ABF né gli agenti in attività finanziaria, né i mediatori creditizi, ex artt. 128 quater e 128 sexies t.u.b., i quali si limitano, rispettivamente a promuovere e concludere contratti tra clientela ed intermediari e, a mettere in relazione l’una con gli altri.

Gli intermediari aventi sede in altro Stato membro dell’Unione Europea, che operano in regime di libera prestazione di servizi, possono non aderire all’ABF, a condizione che aderiscano o siano sottoposti a un sistema di composizione stragiudiziale delle controversie straniero che partecipi alla rete Fin.Net. promossa dalla Commissione europea.

Pur essendo tenuti ad aderire all’ABF, gli intermediari finanziari non possono promuovere i procedimenti avanti al medesimo: esclusivamente alla «clientela», infatti, è riconosciuta la cd. legittimazione attiva a sottoporre le proprie pretese nei confronti degli intermediari a questo sistema di risoluzione.

Il concetto di «clientela» è assai ampio, dovendosi intendere qualsiasi «soggetto…» (a prescindere che sia non soltanto un consumatore, un professionista o un imprenditore, ma anche una persona fisica ovvero perfino giuridica) «…che ha o ha avuto un rapporto contrattuale o è entrato in relazione con un intermediario per la prestazione di servizi bancari e finanziari, ivi compresi i servizi di pagamento».

Le norme regolamentari precisano che tra i casi di mera relazione devono essere comprese le trattative precontrattuali, indipendentemente dall’instaurazione, sia pure contestata, di un rapporto contrattuale.

Oltre alle ipotesi di responsabilità precontrattuale, nell’esperienza applicativa la legittimazione a rivolgersi all’ABF è stata altresì riconosciuta in relazione a casi di responsabilità extracontrattuale degli intermediari, come quelli derivanti dall’erronea segnalazione alla cd. Centrale d’allarme interbancaria (CAI) o ad una centrale rischi privata dei nominativi di persone che non avevano alcun rapporto con l’intermediario che aveva proceduto alla segnalazione.

Sempre in via regolamentare, viene altresì precisato che «Per le operazioni di factoring, si considera cliente il cedente, nonché il debitore ceduto con cui il cessionario abbia convenuto la concessione di una dilazione di pagamento».

I limiti oggettivi

Non tutte le possibili pretese della clientela nei confronti degli intermediari possono essere devolute all’ABF: deve, infatti, trattarsi di controversie «relative a operazioni e servizi bancari e finanziari», con esclusione di quelle «attinenti ai servizi e alle attività di investimento», nonché al collocamento di prodotti finanziari, alle operazioni e ai servizi che siano componenti di prodotti finanziari.

Con particolare riguardo ai cd. prodotti composti, che rientrano contestualmente sia nella disciplina del t.u.b. sia in quella del t.u.f., si deve valutare la finalità preponderante dei medesimi: la competenza dell’ABF sussiste soltanto ove la funzione bancaria sia prevalente rispetto a quella finanziaria.

Le norme regolamentari stabiliscono poi un particolare limite di valore: astrattamente qualsiasi controversia rientrante nella materia sopra definita può essere sottoposta all’ABF, ma a condizione che venga richiesta all’intermediario la corresponsione di una somma di denaro non superiore a 100.000 euro.

Le Disposizioni precisano ulteriormente che non possono essere conosciute neppure le «questioni relative a beni materiali o a servizi diretti da quelli bancari e finanziari oggetto del contratto tra il cliente e l’intermediario ovvero di contratti ad esso collegati (ad esempio, quelle riguardanti eventuali vizi del bene concesso in leasing o fornito mediante operazioni di credito al consumo; quelle relative alle forniture concesse a crediti commerciali ceduti nell’ambito di operazioni di factoring)».

Ulteriore rilevante limite alla cognizione dell’ABF è di ordine temporale: non possono, infatti, essere sottoposte le controversie relative ad operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009.

I limiti derivanti dal ricorso ad altri mezzi di tutela

Da ultimo, l’accesso all’ABF è escluso per quelle controversie che abbiano costituito oggetto di altro mezzo istituzionale di tutela.

In particolare, le Disposizioni stabiliscono che «non possono essere proposti ricorsi inerenti a controversie già sottoposte all’autorità giudiziaria» (indipendentemente che la relativa iniziativa sia del cliente o dell’intermediario), salvo soltanto che il ricorso all’ABF sia stato proposto entro il termine fissato dal giudice ai sensi dell’art. 5 d.lgs. n. 28/2010 ai fini della procedibilità della domanda giudiziale (v. Mediazione e conciliazione - dir. proc. civ.).

L’ampia formula sopra riportata è da intendersi come comprensiva non soltanto di qualsiasi tipologia di processo (vuoi a cognizione piena o sommaria ex art. 702 bis c.p.c., vuoi cautelare ex art. 669 bis c.p.c., vuoi di classe ex art. 140 bis c. cons., come espressamente stabilito dalle medesime Disposizioni, ove è precisato che «la controversia si intende sottoposta all’autorità giudiziaria dal momento in cui il consumatore o utente aderisce all’azione collettiva», vuoi, come pure apertis verbis riconosciuto dalle Disposizioni, arbitrale), ma anche delle controversie che siano state già decise dall’autorità giudiziaria con un provvedimento idoneo a spiegare effetti giuridici. Questa conclusione risulta confermata, a contrario, dall’ulteriore previsione secondo cui «L’ABF non può conoscere controversie per le quali sia pendente un procedimento di esecuzione forzata o di ingiunzione», in relazione ai quali, dunque, il ricorso al sistema di risoluzione stragiudiziale diviene ammissibile in seguito alla chiusura dei relativi procedimenti ed al venir meno della loro pendenza.

Il medesimo limite di ammissibilità discendente dall’attuale pendenza del procedimento è stabilito dalle Disposizioni per quelle controversie «per le quali sia pendente un tentativo di conciliazione o di mediazione ai sensi di norme di legge (ad esempio, decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28) promosso dal ricorrente o al quale questi abbia aderito. Il ricorso all’ABF è tuttavia possibile in caso di fallimento di una procedura conciliativa già intrapresa».

L’ordinamento dell’ABF

L’«organo decidente»

A ragione del grande successo applicativo riscosso dall’istituto, con le modifiche del 2016, affianco ai tre collegi di Milano, Roma e Napoli, sono stati istituiti altri quattro collegi con sede a Torino, Bologna, Bari e Palermo.

Ciascun collegio ha una competenza territoriale articolata su due o più regioni. Per individuare il collegio competente si considera il domicilio dichiarato dal cliente nel ricorso introduttivo del procedimento.

Ciascun collegio è composto da un presidente e da due membri scelti dalla Banca d’Italia, da un membro designato dalle associazioni degli intermediari (il Conciliatore bancario finanziario) e da un membro designato dalle associazioni rappresentative dei clienti (per i consumatori dal Consiglio nazionale dei consumatori ed utenti ex art. 136 c. cons. e per le altre categorie di clienti, in via di prima applicazione, da Confindustria di concerto con Confcommercio, Confagricoltura e Confartigianato: per assicurare la rappresentatività del collegio, i membri designati dall’uno e dall’altro degli enti indicati si alternano a seconda che il ricorrente sia, rispettivamente, un consumatore o un imprenditore).

I componenti dei collegi, oltre a dover «possedere i requisiti di esperienza, professionalità, integrità e indipendenza», «sono scelti tra docenti universitari in discipline giuridiche o economiche, professionisti iscritti ad albi professionali nelle medesime materie con anzianità di iscrizione di almeno dodici anni, magistrati in quiescenza, ovvero altri soggetti in possesso di una significativa e comprovata competenza in materia bancaria, finanziaria o di tutela dei consumatori».

Per assicurare l’omogeneità degli orientamenti dei diversi collegi, è stato istituito anche un «Collegio di coordinamento», a cui i singoli collegi o i loro presidenti, come chiarito dalle Disposizioni, possono rimettere le questioni «di particolare importanza» o che possano «dare luogo a orientamenti non uniformi». Le soluzioni fatte proprie dal «Collegio di coordinamento» (composto da tre presidenti dei collegi, da un membro designato dalle associazioni degli intermediari e da un membro designato dalle associazioni rappresentative dei clienti, estratti a sorte annualmente) possono essere disattese dai singoli collegi a condizione che esplicitino in motivazione le ragioni per cui «le specificità del caso concreto rendono necessaria una soluzione diversa».

La «segreteria tecnica»

Ciascun collegio è supportato in larghissima misura da una struttura istituita presso la locale sede della Banca d’Italia, denominata «segreteria tecnica», che svolge tutte le attività ausiliarie: riceve e classifica i ricorsi; riceve dagli intermediari la documentazione (v. infra, § 4.1); verifica completezza, regolarità e tempestività della documentazione prodotta, nonché le manifeste irricevibilità e inammissibilità del ricorso, da sottoporre al presidente per l’assunzione delle conseguenti determinazioni; cura formazione e conservazione del fascicolo; predispone una relazione per i componenti del collegio; predispone il calendario delle riunioni, destinato ad esser approvato dal presidente; assiste alle riunioni del collegio e ne redige il verbale; cura le numerose comunicazioni alle parti; alimenta l’archivio elettronico con le così dette «decisioni» dell’ABF; pubblica le notizie di inadempimento dell’intermediario o della sua mancata cooperazione (v. infra, § 4.5).

Il procedimento

L’avvio del procedimento

Il procedimento deve necessariamente essere proceduto, a pena d’inammissibilità, da un reclamo preventivo all’intermediario, da presentarsi secondo le modalità previste dalla disciplina di trasparenza dei servizi bancari e finanziari.

Il cliente insoddisfatto dell’esito del reclamo o che non abbia ricevuto risposta nel termine di 30 giorni può (entro 12 mesi dalla proposizione del reclamo) presentare ricorso all’ABF.

Pur non essendo necessaria l’assistenza di un avvocato, le Disposizioni espressamente consentono che il ricorso sia presentato da un soggetto munito di procura, suscettibile di essere conferita anche nel ricorso medesimo.

All’atto della presentazione del ricorso devono essere versati, quale contributo alle spese di procedura, 20 euro.

Il ricorso, che deve essere redatto sul modulo pubblicato sul sito Internet dell’ABF e reperibile presso tutte le filiali della Banca d’Italia, può essere o inviato direttamente alla segreteria tecnica del collegio competente o presentato a qualunque filiale della Banca d’Italia.

Della presentazione del ricorso il cliente deve dare comunicazione all’intermediario, ma, comunque, ove dalla documentazione non risulti compiuta tale comunicazione, la segreteria tecnica provvede a trasmettere copia del ricorso all’intermediario.

Entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito del ricorso, a propria volta l’intermediario invia «le proprie controdeduzioni unitamente a tutta la documentazione utile ai fini della valutazione del ricorso, ivi compresa quella relativa alla fase di reclamo».

La segreteria tecnica trasmette al ricorrente copia delle controdeduzioni.

Lo svolgimento del procedimento

Il procedimento è esclusivamente documentale: analogamente a quanto attualmente previsto per il procedimento in camera di consiglio avanti alla Corte di cassazione non è prevista né l’audizione, né la partecipazione personali delle parti o dei loro rappresentanti alla riunione del collegio.

Nel silenzio serbato sul punto dalle Disposizioni è comunque ammessa la possibilità per il cliente di replicare con una memoria scritta alle controdeduzioni dell’intermediario.

Non è prevista neppure la possibilità di assumere mezzi di prova, né su iniziativa dell’ABF, né delle parti, le quali, tutto al più, possono produrre documenti idonei a convincere il collegio della veridicità delle proprie affermazioni (ad esempio, al fine della prova della non provenienza della sottoscrizione del cliente su un atto relativo alla controversia, è possibile depositare la relazione giurata di un perito).

La fase di deliberazione

Salvo che il procedimento sia destinato a chiudersi per così dire in rito, cioè sull’inammissibilità o irricevibilità del ricorso, il collegio delibera sulla base della documentazione prodotta dalle parti ed in particolare dall’intermediario, che (come visto, supra, § 4.1) è obbligato a depositare tutta la documentazione utile relativa alla controversia di cui dispone.

Ove l’intermediario non ottemperi all’onere di tempestiva trasmissione della documentazione e sia impossibile una pronuncia sul merito della controversia, l’ABF valuta la condotta omissiva dell’intermediario come mancata cooperazione e dispone l’applicazione della sanzione reputazionale (in ordine alla quale, v. infra, § 4.5).

Nel deliberare sulla controversia il collegio, esclusa la possibilità di avvalersi dell’equità, deve applicare tutte e soltanto le norme di diritto vigenti: le Disposizioni richiamano espressamente «le previsioni di legge e regolamentari in materia, nonché eventuali codici di condotta ai quali l’intermediario aderisca».

Tra le norme di legge più frequentemente applicate nella propria attività dall’ABF, al fine della ricostruzione dei fatti che costituiscono il fondamento della pretesa del cliente e delle difese dell’intermediario, sono l’art. 2697 c.c., in tema di onere della prova, e l’art. 115 c.p.c., che disciplina il principio di non contestazione e i fatti notori.

Sulla base della ricostruzione documentale dei fatti allegati dalle parti e delle disposizioni di legge applicabili, il collegio respinge o accoglie (in tutto o in parte) la pretesa del cliente: in quest’ultimo caso, fissa un termine entro cui l’intermediario è tenuto (oltre che a rimborsare al ricorrente il contributo versato di 20 euro e a versargli un importo forfettariamente quantificato in 200 euro) ad adempiere (ove non sia fissato un termine espresso l’intermediario è comunque tenuto ad adempiere entro 30 giorni dalla comunicazione della decisione completa della motivazione) ed il procedimento prosegue (v. infra, § 4.5).

Nelle ipotesi tanto di rigetto quanto di accoglimento, il collegio può, ulteriormente, ma sempre nell’ambito della stretta legalità, dare «indicazioni volte a favorire le relazioni tra intermediari e clienti», riempiendo cioè di specifico contenuto specificando le cd. clausole generali contenute nelle norme di diritto applicate.

Gli effetti (mancanti) della «decisione»

L’atto con cui il collegio si pronuncia sul ricorso del cliente e sulle controdeduzioni dell’intermediario è indicato dalle Disposizioni e dalle norme regolamentari come «decisione».

Questa espressione è senz’altro adeguata in relazione all’efficacia che produce in relazione all’ordinamento bancario finanziario in generale (in sede di reclamo preventivo – in ordine al quale v. supra, § 4.1 – gli intermediari devono assicurare che il responsabile della loro gestione «si mantenga costantemente aggiornato in merito agli orientamenti seguiti dall’organo decidente, attraverso la consultazione dell’archivio elettronico delle decisioni dei collegi e pubblicato su internet»), ma deve essere considerata con estrema cautela con riguardo alle parti: l’atto adottato dal collegio, infatti, diversamente da quelli conclusivi di qualsiasi altro procedimento di risoluzione delle controversie (processo giurisdizionale, arbitrato, conciliazione, negoziazione assistita, transazione), difetta di ogni efficacia giuridica vincolante tra le parti: nelle Disposizioni è, infatti, espressamente stabilito che «Resta ferma la facoltà per entrambe le parti di ricorrere all’autorità giudiziaria ovvero ad ogni altro mezzo previsto dall’ordinamento per la tutela dei propri diritti e interessi».

Questa (essenziale) peculiarità consente di ricondurre l’ABF nell’ambito dell’ADR di origine americana nota come early neutral evaluation, consistente nella sottoposizione di una controversia ad un terzo imparziale (spesso un magistrato in pensione) che si pronuncia sulla medesima anticipando alle parti l’esito dell’eventuale possibile giudizio, ma senza produrre alcun effetto vincolante per le parti, le quali, quindi, rimangono libere, alternativamente, di tentare comunque la via giudiziale o di porre fine alla lite adempiendo spontaneamente a quanto statuito dal terzo.

In questa prospettiva l’ABF può essere considerato come un “oracolo” che rende un “responso” con cui è anticipato l’esito dell’eventuale giudizio, lasciando le parti libere di scegliere il da farsi.

Questa ricostruzione sistematica consente di comprendere perché, da un lato, la Corte costituzionale ha escluso che l’ABF potesse sollevare questioni di legittimità costituzionale (C. cost., 21.7.2011, n. 218) e, dall’altro, tutti gli atti pronunciati dall’ABF, compresi quelli con cui venga disposta la pubblicità dell’adempimento (v. infra, § 4.5) sono da ritenere sottratti a qualsiasi rimedio giurisdizionale: posto che ciascuna parte che non sia soddisfatta del responso dell’ABF, può comunque rivolgersi all’autorità giudiziaria per far valere le proprie ragioni relativamente alla controversia, deve concludersi che nessuna delle parti ha un interesse qualificato ad impugnare gli atti propri del procedimento dell’ABF, per essere privi di qualsiasi effetto ed efficacia nelle loro sfere giuridiche.

. La fase di esecuzione e la sanzione reputazionale

Come anticipato (v. supra, § 4.3), qualora il ricorso del cliente sia stato (anche soltanto in parte) accolto, il procedimento non si conclude con la comunicazione della deliberazione: l’intermediario, infatti, ha onere di comunicare alla segreteria tecnica «le azioni poste in essere per dare attuazione alla [cd.] decisione del collegio».

Qualora l’inadempimento dell’intermediario risulti manifesto ovvero, nei casi dubbi, previo accertamento del collegio, la segreteria tecnica applica la cd. sanzione reputazionale, provvedendo a pubblicare la notizia dell’inadempienza dell’intermediario o della sua mancata cooperazione (nell’ipotesi – vista supra, § 4.1. – di omesso o tardivo deposito della documentazione) sul sito Internet dell’ABF e, a cura e spese dell’intermediario, in due quotidiani ad ampia diffusione nazionale.

Le Disposizioni, peraltro, in difetto di effetti diretti del responso dell’ABF sulle parti, le quali restano libere di chiedere tutela in sede giurisdizionale, precisano che «Nel caso in cui sia stata comunicata la sottoposizione della controversia all’Autorità giudiziaria, ne viene fatta menzione in sede di pubblicazione».

Una valutazione dell’ABF

Molte luci…

All’esito dell’esame compiuto, seppure in estrema sintesi, della disciplina dell’ABF è ora possibile individuarne i tratti salienti.

Questo originale sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie costituisce un rimedio per la generalità della clientela degli intermediari finanziari (v. supra, § 2.1) caratterizzato da: - economicità e piena accessibilità; - semplicità (specie per il ricorrente) e speditezza del procedimento (cfr. supra, § 4.1); - autorevolezza, professionalità ed affidabilità non soltanto delle persone singole che compongono l’ABF, ma anche dell’intero organo chiamato a pronunciarsi sulla controversia (non soltanto a ragione della garanzia della rappresentatività, dei requisiti per la nomina, ma anche semplicemente del numero di membri da cui è formato ciascun collegio, pari a quello della Corte di cassazione, v. supra, § 3.1). Soltanto due elementi non possono non destare qualche perplessità: da un lato, l’essenziale e radicale incapacità delle pronunce dell’ABF di produrre effetti diretti nelle sfere giuridiche delle parti; dall’altro e correlativamente, l’efficacia coercitiva della sanzione reputazionale (cfr. supra, rispettivamente, §§ 4.4 e 4.5).

Le riserve che si possono nutrire su entrambi questi aspetti, però, non possono non venire meno avendo riguardo ai dati risultanti dalle annuali Relazioni sull’attività dell’ABF (tutte liberamente consultabili sul sito Internet istituzionale): stando all’ultima disponibile, quella del 2016, relativa ai dati dell’anno precedente, nel 2015 sono stati conclusi 10.450 procedimenti; di questi il 32,1% (pari a 3.351) si è concluso con il rigetto del ricorso, il 26,6% (pari a 2.784) con la dichiarazione della cessazione della materia del contendere conseguente alla soddisfazione del ricorrente nel corso della procedura ed il 41% (pari a 4.315) con l’accoglimento totale o parziale delle richieste formulate; tra queste ultime 4.315, le pronunce rimaste inadempiute sono state 37, con un tasso inferiore all’1%!

A fronte di simili dati statistici né si può dubitare che l’ABF sia un sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie idoneo ad assicurare alla clientela una tutela effettiva, né, contestualmente, sorprende che nel corso del 2015 siano stati presentati 13.575 ricorsi, il 21% in più rispetto all’anno precedente, e che la crescita di ricorsi registrata nei primi mesi del 2016 sia stata ancora più elevata (nel primo quadrimestre i ricorsi sono aumentati del 56% rispetto allo stesso periodo del 2015).

In una prospettiva generale gli esiti sui ricorsi dell’ABF assolvono alla funzione di continua integrazione della disciplina bancaria e finanziaria, specie nella materia della trasparenza e correttezza dei rapporti che gli intermediari intrattengono con la propria clientela, contribuiscono all’attività di supervisione del sistema bancario e finanziario (essi, infatti, come stabilito dalle Disposizioni, «integrano il più ampio quadro informativo di cui la Banca d’Italia dispone nello svolgimento della propria funzione regolatrice e di controllo») e, contestualmente, si inseriscono in un circolo virtuoso, in cui i medesimi sono rivolti ad accrescere la trasparenza nell’esercizio dell’attività bancaria, a diminuire le asimmetrie informative tra intermediari e loro clientela, ad aumentare la fiducia della clientela negli intermediari, nonché a stimolare la competitività tra gli intermediari a tenere condotte conformi a questi canoni.

Anche se incapace di emanare atti direttamente vincolanti, in meno di dieci anni di attività (dal 15 ottobre 2009), l’ABF si è dunque imposto, de facto, non soltanto come organo di supervisione del settore bancario creditizio, ma anche a modello paradigmatico di ADR, come confermato, rispettivamente, da un lato, dalla circostanza che i suoi responsi vengono sempre più frequentemente pubblicati e commentati nelle riviste giuridiche e presi in considerazione dagli studiosi del diritto e, dall’altro, dalla recente istituzione ad opera della Consob (delibera 4.5.2016, n. 19602), in luogo della soppressa camera di conciliazione ed arbitrato, dell’Arbitro per le controversie finanziarie (ACF).

…con un’ombra

In definitiva l’esame delle disposizioni che disciplinano l’ABF e dei dati statistici relativi alla sua attività impone di concludere che l’istituto funziona quasi perfettamente (nella Relazione del 2016 viene evidenziato che la durata dei procedimenti, attestatasi nel 2015 in media sui 300 giorni, anziché i 105 previsti dalle Disposizioni) e conseguentemente sta riscuotendo un enorme successo applicativo.

Unica riserva che non può essere passata sotto silenzio, riguarda il già citato art. 27 bis, co. 1-quinquies, d.l. n. 1/2012, che recita: «Ove lo ritenga necessario e motivato, il prefetto segnala all'Arbitro bancario finanziario, istituito ai sensi dell'articolo 128-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, specifiche problematiche relative ad operazioni e servizi bancari e finanziari. La segnalazione avviene a seguito di istanza del cliente in forma riservata e dopo che il prefetto ha invitato la banca in questione, previa informativa sul merito dell'istanza, a fornire una risposta argomentata sulla meritevolezza del credito. L'Arbitro si pronuncia non oltre trenta giorni dalla segnalazione».

Volta a fronteggiare la sfiducia diffusa nel pubblico in ordine alla correttezza delle banche (la lettera della legge ne esclude l’applicazione agli altri intermediari finanziari) nel concedere ovvero negare il credito, l’innovativa disposizione legislativa pare attribuire all’ABF il potere di sindacare l’adeguatezza e la correttezza formale della motivazione addotta dalla banca nell’esercizio della discrezionalità imprenditoriale nella valutazione del cd. merito creditizio, ma attraverso la pronuncia di “responsi” privi (come visto, supra, § 4.4) di efficacia giuridica. Questo consente di lasciare fermi tanto il principio, ex art. 41 Cost., della libertà dell’iniziativa economica privata, quanto quello di origine giurisprudenziale in forza del quale non è configurabile un diritto soggettivo del cliente all’erogazione del credito.

L’applicazione pratica della disposizione, però, non può essere descritta che come un “buco nell’acqua”: - le Disposizioni hanno previsto che l’istanza possa esser avanzata soltanto per far valere contestazioni derivanti «dalla mancata erogazione, dal mancato incremento o dalla revoca di un finanziamento, dall’inasprimento delle condizioni applicate a un rapporto di finanziamento o da altri comportamenti della banca conseguenti alla valutazione del merito di credito del cliente [istante]», senza possibilità di sindacare il finanziamento concesso ad altri; - i prefetti, anziché “filtrare” le istanze ricevute, segnalando soltanto quelle fondate e motivate, si limitano a fare da “passacarte”, inoltrando tutte le istanze ricevute; - l’ABF, salve limitatissime ipotesi in cui ha censurato la condotta delle banche per violazione delle regole in tema di trasparenza e correttezza della propria attività, si è sempre rifiutato di compiere qualsiasi sindacato, anche soltanto limitato all’estrinseca ragionevolezza e congruenza della «risposta argomentata sulla meritevolezza del credito».

Fonti normative

Art. 41 Cost.; art. 2697 c.c.; artt. 115, 669 bis, 702 bis c.p.c.; artt. 106, 112, 128 bis, 128 quarter, 128 sexies d.lgs. 1.9.1993, n. 385; artt. 136, 141 octies c. cons.; art. 29 l. 28.12.2005, n. 262; art. 1 d.lgs. 29.12.2006, n. 303; artt. 35 e 40 d.lgs. 27.1.2010, n. 11; art. 5 d.lgs. 4.3.2010, n. 28; art. 1 d.lgs. 13.8.2010, n. 141; art. 27 bis d.l. 24.1.2012, n. 1, conv. con mod. dalla l. 24.3.2012, n. 27; art. 1 d.l. 24.3.2012, n. 29, conv. con mod. dalla l. 18.5.2012, n. 62; art. 84 d.l. 21.6.2013, n. 69, conv. con mod. dalla l. 9.8.2013, n. 98; art. 1 d.lgs. 6.8.2015, n. 130; art. 1 d.lgs. 15.3.2017, n. 37; delibera CICR 29.7.2008, n. 275; provvedimento Banca d’Italia 24.3.2010; delibera Consob 4.5.2016, n. 19602.

Bibliografia essenziale

Caggiano, I.A., L’Arbitrato bancario finanziario, esempio virtuoso di degiurisdizionalizzazione, in Nuova giur. civ. comm., 2015, I, 439 ss.; Carriero, G., Giustizia senza giurisdizione: l’Arbitro Bancario Finanziario, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2014, 161 ss.; Consolo, C.-Stella M., L’«Arbitro bancario finanziario» e la sua giurisprudenza «precognitrice», in Società, 2013, 185 ss.; Finocchiaro, G., L’Arbitro Bancario Finanziario tra funzioni di tutela e vigilanza, Milano, 2012; Lucchini Guastalla, E., Arbitro bancario finanziario, in Enc. dir., Annali, VIII, Milano, 2015, 35 ss.; Minervini, E., L’Arbitro bancario finanziario. Una nuova «forma» di A.D.R., Napoli, 2014; Minervini, E., L’Arbitro bancario finanziario ed il prefetto, in Nuove leggi civ., 2013, 735 ss.; Pierucci, A., L’Arbitro Bancario e Finanziario: l’esperienza applicativa, in Giur. comm., 2014, I, 811 ss.; Stella, M., Lineamenti degli Arbitri Bancari e Finanziari (in Italia e in Europa), Padova, 2016.

CATEGORIE