ARATO di Sicione

Enciclopedia Italiana (1929)

ARATO di Sicione ("Αρατος, Arātus)

Aldo Ferrabino

Figlio di Clinia da Sicione nel Peloponneso. Nato circa il 275, morto il 213 a. C.

Il primo atto d'importanza storica compiuto da Arato fu l'accessione della sua città, Sicione, alla lega degli Achei. Ciò avvenne il 251 a. C., e probabilmente nell'inverno sul 250. La Lega achea si era venuta lentamente formando fra il 280 e il 270; stringeva con vincoli federali dieci comuni achei; aveva come supremo magistrato uno "stratego" che durava in carica un anno. Con l'annessione di Sicione e l'intervento di Arato, la lega nacque, per così dire, una seconda volta. Tredici anni prima Arato, bambino, era a stento sfuggito alla violenza di un Abantida, che gli aveva ucciso il padre, tiranno di Sicione. Il giovinetto era cresciuto in Argo; e aveva meditato di liberare la sua città dalla tirannide, e di restituirla a una forma di govenno oligarchico, che fosse ugualmente lontana dagli abusi dei democratici e dall'oppressione dei signori. Rinunziò dunque, non già a farsi vindice del padre, ma a diventargli successore. Come fosse pervenuto a questo ideale politico mal sappiamo; fu forse effetto d'indole o di esperienza; fors'anche fu effetto di scuola filosofica, giacché fra i suoi amici intimi si trovano due allievi dell'accademico Arcesilao. Ricuperata Sicione, Arato invitò i concittadini a "libertà"; dette assetto alle finanze stipulando un prestito all'estero (in Egitto); ordinò una repubblica oligarchica, che tuttavia avrebbe avuto solo breve durata, senza l'appoggio d'una potenza maggiore. E poiché i tiranni delle varie città del Peloponneso si reggevano tutti per l'alta protezione della monarchia di Macedonia, Arato non poteva scegliere se non fra Sparta e la Lega achea. Scelse la Lega achea che, per la sua forma repubblicana e federale, era più affine al nuovo statuto di Sicione, e permetteva migliori speranze di avvenire autonomo. Da quel momento la vita di Arato coincide con la storia della Lega achea.

Venne eletto stratego degli Achei la prima volta nel 245-44. Doveva avere trent'anni. Oramai le direttive della sua politica erano: ingrandire la lega rovesciando via via le signorie che dominavano nelle principali città del Peloponneso; e a tale scopo cercare di volta in volta l'alleanza più opportuna. Nella seconda strategia (egli fu stratego quasi sempre ad anni alterni; e per la seconda volta nel 243-42) lo troviamo alleato di Sparta, dove trionfava un partito di riformatori politico-sociali ostili alla Macedonia, e insieme apprendiamo che con un felice colpo di mano strappa alla Macedonia Corinto, perno del predominio macedonico nel Peloponneso. In favore della Macedonia, impegnata altrove, sopraggiunse un esercito degli Etoli, anch'essi uniti in lega repubblicana e ora alleati del Macedone: ma fu sconfitto da Arato a Pellene in Acaia, senza l'aiuto degli Spartani, ma con l'aiuto dell'incuria temeraria degli Etoli intenti al saccheggio. Con ciò la Lega achea riusciva raddoppiata per territorio (5000 kmq. circa), e più che raddoppiata per popolazione; e comprendeva le due floride e industriose città di Sicione e di Corinto. Un altro grande acquisto doveva essere quello di Argo, tentato in più riprese; mancato però nel 237 (settima strategia) soprattutto per una profonda tendenza antiachea o antifederale nella cittadinanza argiva. Due battaglie andarono perdute in quell'estate e nell'autunno. All'insuccesso fu di qualche compenso l'annessione di Cleone, finitima ad Argo. Intanto fuori del Peloponneso avveniva un fatto capitale: morto il re Antigono Gonata di Macedonia, e succedutogli Demetrio II (239), si rompeva l'alleanza fra Macedoni ed Etoli e s'iniziava aperta inimicizia. Dei due stati ora nemici l'Etolia appariva più forte, trionfando in Acarnania e in Epiro: Arato fece che la Lega achea si unisse all'Etolia contro la Macedonia, al più forte contro il più debole. E fino al 225 la Lega achea rimarrà ostile al regno macedone e continuerà la propria espansione ad onta della Macedonia.

Nel 235 (ottava strategia) Arato otteneva un successo ch'era quasi un trionfo. Favorita e preparata da un'incursione degli Etoli in Arcadia (236), avveniva l'accessione alla Lega achea delle tre e forse quattro massime città di Arcadia: Megalopoli, Orcomeno, Mantinea, Tegea; più che 3460 kmq. di territorio, con popolazione fitta e prospera. Oltre a ciò l'alleanza fra le due grandi leghe repubblicane del Nord (Etoli) e del Sud (Achei) contro la monarchia di Macedonia e le signorie tiranniche da quella favorite, appariva come la fortunata e promettente unione di tutte le forze liberali della Grecia occidentale e meridionale, ispirate dall'ideale generoso dell'autonomia. Pareva che il mondo greco, passato attraverso tante esperienze e tanto cruente, si avviasse ad attuare con gli statuti federali un nuovo e originale tipo di governo in cui le varie antinomie dottrinali (libertà e autorità), le varie discordie sociali (oligarchia e democrazia), e le antitesi politiche (comune e impero) riuscissero felicemente armonizzate o addirittura risolte. Anche qui si scorge, ma con più evidenza, il carattere logico e psichico già manifestatosi nell'opera di Arato fin dal 250. Sennonché la Macedonia venne presto alla riscossa. Demetrio II, libero da altre cure, affrontò nel 233 (nona strategia di Arato) le due leghe repubblicane, e le batté a Filacia in maniera che appare decisiva. E pochi anni dopo. (229), venuto a morte Demetrio II, troviamo che Mantinea, Orcomeno, Tegea (e anche Cafie) non appartengono più agli Achei ma agli Etoli; onde possiamo congetturare che nella pace seguita alla sconfitta gli Achei dovessero cedere agli alleati Etoli una parte degli acquisti. Che se questa fu crisi della Lega achea, Arato personalmente trovò un rivale politico assai temibile in Lidiade, che aveva il grande merito di avere annesso alla lega la città di Megalopoli di cui era signore. "Bramoso di superare subito la gloria di Arato (scrive questi nelle Memorie), propugnò imprese non necessarie; e perché Arato gli si oppose, parve che l'invidiasse".

Lo spirito di Arato e la lega degli Achei uscirono rinnovellati, almeno apparentemente, da quella che antichi e moderni definiscono Guerra Cleomenica. Nel maggio 229 Arato, stratego per l'undecima volta, ottenne, dopo accordi con il signore d'Argo, che anche questa città e il suo importante territorio fossero annessi agli Achei, e poco dopo il medesimo avvenne di Egina, Ermione e Fliunte (in tutto kmq. 1900). Ma il felice successo fu infirmato dal fatto che i comuni arcadici (Tegea, Mantinea, Orcomeno, Cafie) venivano ritolti agli Etoli dal re di Sparta Cleomene III (kmq. 970): fatto reso più grave e insidioso dal sospetto che oramai gli Etoli, abbandonata l'alleanza degli Achei, cercassero di eccitare contro gli Achei l'operosa inimicizia di Sparta. Arato cercò dapprima di evitare la guerra. Non era temperamento di militare, ma piuttosto di diplomatico; e anche come militare preferì sempre alla battaglia campale l'agguato e la sorpresa. Così gli avvenne di prendere d'improvviso Cafie, ma non di prendere Tegea. Pensò allora che fosse opportuno di assicurare agli Achei contro Sparta ed Etolia un'alleanza valida. Non c'era scelta: bisognava aprire trattative con la Macedonia, dove era re adesso Antigono Dosone. Ma come sarebbe stata accolta una proposta di alleanza sia dall'assemblea degli Achei sia dal re di Macedonia? Oltre venti anni di ostilità separavano i due paesi, già separati dalla differenza degli statuti e dei programmi. Arato si attenne al partito d'iniziare trattative segrete prima di rivelare in pubblico i suoi veri propositi. Per mezzo d'ambasciatori disegnò la coalizione di tutte le forze antietoliche e antispartane opponendosi al programma di Lidiade, che voleva la guerra dei soli Achei contro la sola Sparta, e la reclamava subito. Il dissidio eruppe violento l'anno dopo (228); fu riunita un'assemblea plenaria straordinaria (sincleto); e Arato, per ottenere di essere rieletto stratego per l'anno 227 (dodicesima volta), dovette far sua la proposta di Lidiade. Ma non era che una mossa di parlamentare: egli restava nell'intimo fedele alla propria idea; né si chiudeva tutte le vie. "Fattosi a parlare (racconta Polibio, II, 50, 10-12 sulla traccia delle Memorie), esortò a difendere da soli le città e il paese; nulla esservi di meglio né di più utile: soltanto quando la sorte volgesse sfavorevole, soltanto allora sarebbe lecito disperar di sé stessi, e rivolgersi ai soccorsi degli amici".

Sperimentare, dunque, la sorte di guerra. E la sorte fu assai sfavorevole. Una prima sconfitta, toccata presso il monte Liceo (maggio 227), ebbe compenso da ciò che Arato, creduto morto nella battaglia, riuscì a raccogliere alquante truppe e a condurle alla conquista di Mantinea. Ma subito dopo il re Cleomene di Sparta mosse direttamente su Megalopoli e prese la posizione di Leuttra; Arato, accorso, si attenne a una difensiva temporeggiante; Lidiade invece, capo della cavalleria, esaltatosi per un piccolo successo delle truppe leggiere, si lanciò all'assalto, contro l'ordine ricevuto; pagando con la morte e con la disfatta dei suoi la disobbedienza e l'audacia (estate). Cleomene con nuove conquiste e occupazioni provvide subito a stringere da est e da ovest un cerchio intorno a Megalopoli. In parlamento si sollevò contro Arato una vera tempesta (settembre); nuovi mezzi gli furono rifiutati. Ma peggio stava per accadere. Il rapporto delle forze militari fra Achei e Spartani era come di 3 a 2. Nell'inverno il re Cleomene con un ardito colpo di stato introdusse nella costituzione spartana tali riforme, prima statutarie e amministrative, poi militari, per cui l'esercito di Sparta divenne qualitativamente e quantitativamente superiore a quello degli Achei. Oramai l'esito della guerra non era dubbio. Giunta l'estate 226, Mantinea ritornò a Sparta. Nell'autunno i due nemici si scontrarono a Dime nel cuore dell'Acaia. Entrambi rappresentano il massimo sforzo dei due stati: gli Achei vorrebbero evitare la prova, ma Cleomene li costringe a combattere, e pienamente li vince. Senz'altro manda a dire agli Achei che offre pace, se gli concedono l'egemonia. Il parlamento acheo era già convocato per deliberare, quando, ammalatosi il re per tutto l'inverno sul 225, la diplomazia di Arato ebbe tempo e modo di colorire l'antico disegno.

La scelta cadeva per gli Achei fra l'egemonia di Cleomene e quella di Antigono Dosone: sgradite entrambe, e imposte dalla disfatta militare. Cleomene aveva contro di sé soprattutto le riforme economico-sociali introdotte a Sparta l'inverno prima, le quali sollevavano l'indignazione e lo spavento della classe possidente achea. Antigono invece aveva contro di sé la richiesta che la lega gli cedesse la rocca di Corinto (Acrocorinto), chiave del Peloponneso, caparra di schiavitù. La responsabilità della scelta era gravissima; A. esitava, non già a scegliere, ma a farsi palesemente autore della scelta. Eletto stratego per la tredicesima volta (primavera 225), rinunziò. Aspettava, e forse con occulte intese affrettava, momenti meno impropizî: quando cioè gli Achei si fossero, per forza di circostanze, convinti che l'alleanza con la Macedonia era, come A. pensava, la sola via di scampo e di vittoria. In tale avveduta attesa Cleomene fu per necessità il suo migliore collaboratore; perché, appena guarito, credette di piegare le resistenze achee conquistando uno dopo l'altro i maggiori comuni: Cafie, Feneo, Pellene, e finalmente Argo, e poi Fliunte e Cleone, e ancora Ermione, Trezene ed Epidauro. Pericolo corse persino la patria di A. Ma il momento della crisi risolutiva venne allorché Corinto, ribellatasi agli Achei, si diede a Cleomene. A., veduta avvicinarsi la crisi, aveva ottenuto poteri dittatoriali (stratego autocratore); onde si trovò con pienezza di arbitrio a capo della lega proprio nell'istante prezioso in cui bisognava trarre le conseguenze della sedizione di Corinto. Era difatti evidente che questo avvenimento toglieva il principale ostacolo che ancor ritardasse l'alleanza con la Macedonia: "i Corinzî (nota Polibio, II, 52, 3-4), passando a Cleomene, sciolsero gli Achei dal loro gravissimo imbarazzo, e offrirono una ragionevole giustificazione per cedere ad Antigono la rocca di Corinto".

Arato non esitò adesso a mandare ad Antigono quale ambasciatore con gli ostaggi di rito il proprio figliuolo. Il parlamento, in assemblea ordinaria (sinodo) e straordinaria (sincleto), fu solidale con lui. Si era compiuto il più importante atto politico di Arato, e però il più importante avvenimento della sua vita. Antigono non tardò a scendere nel Peloponneso. La durata della guerra ch'egli vi diresse è incerta, e i moderni la calcolano variamente; ma è certo che la guerra fu vittoriosamente conclusa a Sellasia sulla strada di Sparta (223, o 222, o 221). Cleomene, sconfitto, perdette il trono e salvò la vita fuggendo in Egitto, donde non ritornò più.

La grande vittoria di Antigono, conseguita con le forze unite della Macedonia e degli Achei, dette suggello all'alleanza, e la confermò in una forma che per originalità si deve reputare la più complessa creazione costituzionale dei Greci. Fu cioè una grande simmachia o confederazione, a cui parteciparono, con gli Achei e i Macedoni, cinque e forse sette altri stati (Tessali, Epiroti, Acannani, Beoti, Focesi; e probabilmente Locresi ed Eubei). I varî popoli serbavano autonomia e anche sovranità; nessun decreto federale era valido senza la ratifica dei singoli federati. Un'assemblea comune, detta sinedrio, era deputata a trattare la politica estera, in particolare a decidere della pace e della guerra. Essa era convocata e presieduta dal re di Macedonia. Il re di Macedonia comandava l'esercito federale. Questa simmachia differiva dalla precedente, fondata nel IV secolo da Filippo II, e rinnovata nel III da Demetrio Poliorcete, perché quella era una federazione di comuni. Differiva ancora dalle leghe come l'etolica e l'achea, perché quelle erano repubblicane. Conciliava dunque in un solo organismo repubblica e monarchia; e confederava in un solo vincolo più federazioni. Tutta la storia greca era stata un perpetuo alterno contrasto fra l'esigenza dell'unità e l'esigenza della libertà: la nuovissima confederazione regia voleva risolvere il contrasto ponendo, come termine di mediazione fra comune ed impero, fra πόλις e βασιλεύς, l'istituto federale, il κοινόν. Sono molte le prove che questa ideazione, più che ad Antigono, si deve attribuire ad A. Ma del resto essa era suggerita, per non dir comandata, dalla stessa realtà.

La vita di Arato nel periodo successivo perde d'interesse storico. Morto Antigono Dosone nel 221, divenuto re Filippo V, la personalità di questo divenne prevalente nella simmachia, com'era prevalente la potenza del suo regno. Provocata dagli Etoli, insorse una guerra triennale della simmachia contro l'Etolia (219-217). Arato si ridusse, con successo prima, poi con crescente insuccesso, sempre con pertinacia, a tutelare gli interessi achei nell'orbita della simmachia. Ottenne che nell'inverno del 218 Filippo venisse nel Peloponneso, con ardita improvvisa strategia, a soddisfare talune aspirazioni territoriali degli Achei. Ma subito si trovò a contrastare con i ministri di Filippo che, conquistata la Trifilia, se la tenne in dominio diretto. A primavera gli Achei eleggevano stratego un candidato che era sostenuto dalla corte macedone: respingevano l'altro che A. sosteneva. Riconciliatosi poi con Filippo, A. non ebbe parte di rilievo nella campagna del 218, ispirata al re da altri consiglieri, e condotta non senza sacrificio finanziario dagli Achei. Fu invece coinvolto in beghe di cortigiani, ridotto a cortigiano egli stesso, il figlio dei signori di Sicione, il repubblicano liberale; coinvolto anche in litigi municipali, che erano effetto della crisi economica generata dalla guerra non redditizia. La quale si chiudeva nell'agosto 217 con la pace di Naupatto: gli Achei ne ebbero vantaggi trascurabili. Tre anni dopo Arato moriva (214) per lenta malattia: le sue relazioni col re e con la corte erano allora, per ripetuti dissidî, divenute tali che si diffuse la credenza che egli fosse stato avvelenato per ordine di Filippo. Gli sopravvisse peraltro la lega achea che negli anni del suo governo era diventata una grande potenza.

Bibl.: Oltre alle storie generali della Grecia antica, tra cui la più recente e compiuta è la Griechische Geschichte del Beloch (IV, Berlino 1925-27), cfr. Freeman, History of Federal Government, 2ª ed., Londra 1893; G. Niccolini, La Confederazione achea, Pavia 1914; A. Ferrabino, Arato di Sicione e l'Idea federale, Firenze 1921; G. De Sanctis, Storia dei Romani, IV, Torino 1923.

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