ARATEA

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1991)

ARATEA

U. Bauer-Eberhardt

Nella tradizione testuale e figurativa, dalla Tarda Antichità fino al sec. 13°, i più diffusi manoscritti di astronomia sono i Phaenomena Aratea, basati sulle versioni latine del poema astronomico Φαινόμενα di Arato di Soli (sec. 3° a.C.), del cui originale greco, presumibilmente illustrato, non si è conservata alcuna copia figurata. Esistono ventisette diverse rielaborazioni latine degli A., di cui è noto il nome degli autori. In manoscritti illustrati si sono conservate le versioni latine di Cicerone, Germanico, Festo Avieno, pseudoBeda e pseudo-Igino, nelle quali sono descritti i movimenti dei pianeti, delle costellazioni, delle sfere celesti. Gli ultimi tre testi ricordati non offrirono però alcun contributo originale ai cicli figurativi astronomici, in quanto per es. i brani degli A. di Festo Avieno erano inclusi nei manoscritti di Germanico (Leida, Bibl. der Rijksuniv., Voss. lat. Q 79), il testo dello pseudo-Beda costituisce un commentario degli A. di Cicerone (Londra, BL, Harley 2506), mentre quello dello pseudo-Igino integra lo scritto ciceroniano (Londra, BL, Harley 647).Determinanti per una tradizione figurativa degli A. sono le libere versioni di Germanico e di Cicerone. La più nota delle traduzioni viene attribuita a Germanico Giulio Cesare (15 a.C. - 19 d.C.), ma viene preso in considerazione come possibile autore anche l'imperatore Tiberio, suo zio. A parte alcune omissioni e aggiunte, la libera traduzione di Germanico riprende soprattutto le correzioni apportate da Ipparco (sec. 2° a.C.), che aveva duramente criticato i Φαινόμενα di Arato come imperfetti da un punto di vista astronomico. Su questo si basano a loro volta gli scholia di Germanico (Scholia Basileensia, Bernensia, Sangermanensia e Strozziana). La versione latina degli A. di Cicerone, meno conosciuta, si è conservata dalla Tarda Antichità solo come frammento ed è stata arricchita di numerosi commentari.Per quanto attiene alle illustrazioni delle copie medievali degli A. occorre sottolineare che nel sec. 9° giunsero a fondersi due diverse tradizioni figurative delle costellazioni: una, cui appartengono gli A., nella quale il Sagittario era raffigurato come un centauro armato di arco e freccia, l'altra in cui la stessa costellazione era rappresentata da un satiro dal piede caprino. Inoltre i testi di astronomia, fino a quel tempo non illustrati, furono corredati da figurazioni già consolidate nella tradizione; così gli Astronomica dello pseudo-Igino (Leida, Bibl. der Rijksuniv., Voss. lat. Q 15) riprendono le immagini tramandate dagli Aratea. Talvolta nei manoscritti degli A. l'interesse astrologico e mitologico prevale ampiamente sull'informazione astronomica; in tali casi la consueta catalogazione delle singole stelle nella relativa costellazione avviene in modo lacunoso o addirittura manca del tutto (per es., Vienna, Öst. Nat. Bibl., 51).Comune ai cicli degli A. è la successione, in singoli casi con minime varianti, delle costellazioni, oscillanti in numero da trentotto a quaranta: spesso mancano la Bilancia, che può essere combinata con la Vergine, e lo Scorpione, che per lo più è raffigurato con il Serpentario. Mentre il Liber introductorius di Michele Scoto (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 10268; Vienna, Öst. Nat. Bibl., 2352) - che venne scritto poco prima del 1230 e, pur attingendo alla tradizione degli A., la soppianta per importanza e diffusione - tratta lo zodiaco separatamente, nei manoscritti degli A., secondo lo schema di Arato, i segni zodiacali erano inclusi nelle costellazioni dell'emisfero boreale, nel seguente ordine: 1) costellazioni dell'emisfero nord e costellazioni zodiacali: Orse, Ercole, Corona, Serpentario, (Scorpione), Boote, Vergine, (Bilancia), Gemelli, Cancro, Leone, Auriga, Toro, Cefeo, Cassiopea, Andromeda, Pegaso, Ariete, Triangolo, Pesci, Perseo, Pleiadi, Lira, Cigno, Acquario, Capricorno, Sagittario, Aquila; 2) costellazioni dell'emisfero sud: Delfino, Orione, Cane Maggiore, Lepre, Argo, Balena, Centauro, Idra (o Serpente con Corvo e Cratere), Cane Minore, Eridano (o Fluvio), Pesce australe, Altare.Attraverso la tradizione degli A. si conservò anche dall'Antichità al Medioevo la serie fissa delle tipologie delle sette divinità planetarie: Giove, Saturno, Venere, Marte e Mercurio, come gruppo di cinque, quindi Sole e Luna, ognuno separatamente.Come nella tradizione testuale, così anche nell'illustrazione degli A. la 'tradizione di Germanico' è la versione più diffusa: essa si conserva in manoscritti dei secc. 9°-15°, nonché in edizioni a stampa, la prima delle quali apparve a Bologna nel 1474. Una classificazione delle diverse caratteristiche delle illustrazioni di Germanico (Thiele, 1898) è impossibile per la gran quantità di materiale di cui ancora oggi è difficile avere una visione completa. A parte le varianti riconducibili alle peculiarità personali di un illustratore (per es. la bipartizione non astronomica delle costellazioni in un manoscritto conservato a Vienna, Öst. Nat. Bibl., 12600), si tratta spesso di opere di copisti che, pur attenendosi abbastanza rigorosamente a un modello, non erano spesso più in grado di comprendere determinati aspetti iconografici antichi e li reinterpretarono riproducendoli erroneamente. Tra i manoscritti illustrati degli A. è di particolare rilevanza il codice carolingio di Germanico (Leida, Bibl. der Rijksuniv., Voss. lat. Q 79), caratterizzato da forti reminiscenze del mondo antico.Le immagini degli A. appartenenti alla 'tradizione di Cicerone' si diffusero essenzialmente in Inghilterra: la caratteristica più cospicua risiede nella loro resa come scholia figurata. Le costellazioni sono costituite da un commento scritto che ne colma i rispettivi contorni; solo le membra sono rese figurativamente. Il più antico e noto manoscritto di questo tipo (sec. 9°) è francese ed è conservato a Londra (BL, Harley 647). In questo caso gli scholia di Igino integrano nelle figure il testo frammentario di Cicerone. Tale codice doveva trovarsi in Inghilterra già nel sec. 10°, dato che molti manoscritti inglesi degli A. presentano illustrazioni strettamente affini. Non si tratta però di una tradizione figurativa esclusivamente inglese, come dimostra un manoscritto di produzione italiana, databile al sec. 14°, degli A. di Cicerone (Göttweig, Stiftsbibl., 146), i cui scholia figurata, pur essendo indipendenti dalla produzione britannica, risalgono probabilmente a una radice comune.

Bibl.:

Fonti. - H. Grotius, Syntagma Arateorum, Leiden 1600; A. Breysig, Aratus, Germanici Caesaris Aratea cum scholiis, Berlin 1867; A. Holder, Rufi Festi Avieni carmina, Innsbruck 1887; E. Maass, Commentarium in Aratum reliquiae, Berlin 1898; M. Erren, Aratos, Phainomena, Sternbilder und Wetterzeichen, München 1971; D.B. Gain, The Aratus ascribed to Germanicus Caesar, London 1976.

Edd. in facsimile. - 'Aratea' des Germanicus Caesar, a cura di B. Bischoff, F. Mütherich, P.F.J. Obbema, B.S. Eastwood, (Bibliothek der Reichsuniversität Leiden), 2 voll., Leiden-Luzern 1987-1989.

Letteratura critica. - G. Thiele, Antike Himmelsbilder, Berlin 1898; F. Saxl, Beiträge zu einer Geschichte der Planetendarstellungen im Orient und im Okzident, Der Islam 3, 1912, pp. 151-177: 165 (trad. it. Le raffigurazioni dei pianeti in Oriente e in Occidente, in id., La fede negli astri. Dall'antichità al Rinascimento, a cura di S. Settis, Torino 1985, pp. 63-146); id., Verzeichnis astrologischer und mythologischer illustrierter Handschriften des lateinischen Mittelalters, I, In römischen Bibliotheken, Heidelberg 1915, p. IX ss.; II, Die Handschriften der Nationalbibliothek in Wien, Heidelberg 1927, pp. 8-15, 69-75, 159-163 (trad. it. parziale Un ciclo astrologico del tardo Medioevo: il Salone della Ragione a Padova, in id., La fede negli astri, cit., 1985, pp. 280-286); F. Saxl, H. Meier, Catalogue of astrological and mythological illuminated manuscripts of the latin Middle Ages, III, Manuscripts in English Libraries, a cura di H. Bober, I, London 1953, pp. XIII-XXXIV, 149-151, 157ss.; K. Weitzmann, Ancient book illumination, Cambridge (MA) 1959, pp. 24-26; P. McGurk, Catalogue of astrological and mytological illuminated manuscripts of the latin Middle Ages, IV, Astrological manuscripts in Italian Libraries (other than Rome), London 1966, pp. XIII-XXV; W. Koehler, F. Mütherich, Die karolingischen Miniaturen, IV, Die Hofschule Kaiser Lothars, Berlin 1971, pp. 79-83, 111-115, tavv. 62-96; U. Bauer, Der Liber Introductorius des Michael Scotus in der Abschrift Clm 10268 der Bayerischen Staatsbibliothek München. Ein illustrierter astronomisch-astrologischer Codex aus Padua, 14. Jahrhundert, München 1983, pp. 4ss., 9, nn. 172-174; Aratea, Sternenhimmel in Antike und Mittelalter, a cura di A. von Euw, cat., Köln 1987.U. Bauer-Eberhardt