Aral

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2006)

Aral

Giandomenico Patrizi

Lago dell'Asia centro-occidentale. L'A., che ancora nel 1960 copriva una superficie di circa 68.000 km2, collocandosi per superficie al quarto posto tra i bacini lacustri dell'intero pianeta, si è progressivamente rimpicciolito nel corso del successivo quarantennio, e continua tuttora a rimpicciolirsi. Di fatto, il vero e proprio A. non esiste più da quando, intorno al 1990, l'accentuarsi del prosciugamento l'ha ridotto a due corpi idrici distinti, uno meridionale e uno settentrionale, denominati rispettivamente Grande Aral e Piccolo Aral; questi, estesi nel 1991 per 31.000 e 2800 km2, risultavano ulteriormente rimpiccioliti nel 2004 a 15.000 e 2650 km2. Ammesso che si vogliano ancora considerare questi due specchi d'acqua come parti di un unico bacino lacustre (il che peraltro non sembra corretto, perché essi sono alimentati separatamente dai due immissari, il primo dall'Āmu Daryā, il secondo dal Sīr Daryā), tale bacino, con i suoi 17.650 km2 totali, occuperebbe ormai solo il sedicesimo posto nella graduatoria mondiale. La contrazione della superficie si è ovviamente accompagnata a un abbassamento del livello delle acque (di una quindicina di metri) e a una marcata diminuzione del volume totale (ridottosi a circa un quarto di quello dell'antico lago), mentre la concentrazione dei sali in una quantità d'acqua tanto più piccola ha determinato un sensibile aumento della salsedine, passata da un modesto 10‰, valore piuttosto basso per un lago privo di deflusso esterno, a circa il 30‰, cioè poco meno della media delle acque marine. A tali straordinarie modificazioni delle caratteristiche morfologiche, morfometriche e idrometriche del bacino lacustre, si sono aggiunti un grave impoverimento della vegetazione e della fauna acquatiche, dovuto soprattutto all'aumento del contenuto salino, e cambiamenti ecologici notevoli lungo le rive e in tutta una vasta area emersa limitrofa, in cui la radicale diminuzione della disponibilità idrica ha provocato un aumento dell'escursione termica annua e fenomeni di ulteriore inaridimento, e talora di vera e propria desertificazione, nonché di accentuata salinizzazione dei suoli. Tali fenomeni non sono esclusivi dell'A.: una marcata contrazione della superficie limnica si riscontra anche in altri laghi di regioni aride, e in particolare in Africa nel Lago Ciad.

Tuttavia è nel bacino aralico che le profonde trasformazioni e alterazioni verificatesi si configurano nell'insieme come una vera e propria catastrofe ambientale. Esse sono dovute in assoluta prevalenza a cause antropiche: la loro origine, infatti, sebbene vi abbiano contribuito le ripetute siccità degli anni Settanta, risiede essenzialmente nei copiosissimi e improvvidi prelevamenti di acqua dai due poderosi immissari, in particolare dal Sīr Daryā: prelevamenti decisi e attuati dalle autorità sovietiche nell'ambito della politica agricola adottata nella seconda metà degli anni Cinquanta del secolo scorso, che mirava, in particolare, all'avvaloramento delle cosiddette terre vergini dell'Asia centrale, comprese entro i confini delle repubbliche federate del Kazakistan e dell'Uzbekistan e destinate alle colture dei cereali, della barbabietola da zucchero e, soprattutto, del cotone. In quell'area, a clima temperato continentale marcatamente arido, e in parte addirittura desertico, non è possibile alcuna utilizzazione del suolo se non con l'ausilio di un'abbondante irrigazione: irrigazione praticata fin da tempi antichi, ma che non aveva mai raggiunto il grado di efficacia, e al tempo stesso gli effetti devastanti, che potevano invece essere conseguiti con i potenti mezzi tecnici posseduti dall'Unione Sovietica e sconsideratamente adoperati. In tal modo, mentre nel 1960 il lago riceveva oltre 50 km3 di acqua all'anno, alla fine degli anni Ottanta l'afflusso si era ridotto a meno di 10 km3. Dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica, le due Repubbliche neoindipendenti del Kazakistan e dell'Uzbekistan, che le sono succedute nel 1991 quali titolari della sovranità sull'area, ne hanno di fatto continuato la politica agricola senza sostanziali cambiamenti, e pertanto non si è manifestato alcun cenno di inversione di tendenza: anzi, il processo di prosciugamento sembra aver subito un'ulteriore accelerazione, tanto che nell'anno 2003 la situazione era già quella che nei primi anni Novanta gli studiosi del problema avevano previsto per il 2010. Dunque, in un futuro imminente, se il processo non sarà almeno frenato, il maggiore dei due laghi relitti, formato da due parti unite da un sottile peduncolo, si dividerebbe a sua volta in due tronconi; e in un futuro di poco più lontano l'antico Lago d'A. risulterebbe ridotto in numerosi frammenti.

Le caratteristiche di lago 'chiuso', e per di più ubicato in una zona a clima decisamente arido e pertanto soggetta a intensa evaporazione idrica, facevano in passato dell'A., dell'area circostante e di gran parte dell'intero bacino idrografico, un complesso e delicatissimo ecosistema, nel quale l'alimentazione idrica del lago era assicurata esclusivamente dall'apporto dei due immissari. La drastica riduzione della portata di questi per il massiccio impiego di acqua a scopi irrigui, con dispersione su vaste superfici evaporanti e difficoltà a raggiungere il lago, hanno trasformato quell'ecosistema (conservatosi per tanto tempo sulla base di un difficile equilibrio tra esigenze dell'ambiente fisico e delle società umane) in un nuovo e diverso sistema, in cui un'azione antropica assai più incisiva ha alterato profondamente, e forse definitivamente compromesso, quell'equilibrio già di per sé piuttosto instabile. Inoltre, anche le attività umane hanno risentito negativamente delle trasformazioni ambientali.

Se la cotonicoltura e altre coltivazioni hanno tratto un effimero beneficio dalla massiccia irrigazione, si sono sensibilmente ridotte altre attività minori, più strettamente legate all'esistenza dell'antico grande lago (pesca, navigazione), ed è diminuita la stessa presenza umana sulle rive: la pesca è quasi scomparsa (le specie ittiche oggetto di cattura si sono ridotte da 24 a 4), gli insediamenti portuali (i maggiori dei quali erano Aral'sk, sulla riva settentrionale, e Mujnak, su quella meridionale) sono quasi del tutto inattivi, e parecchi centri abitati sono stati addirittura abbandonati.

Il problema del Lago d'A. è stato studiato attentamente fin dal suo primo manifestarsi; ma alle accurate ricerche, condotte per lo più da istituzioni moscovite (e da diversi anni facilitate dalle osservazioni satellitari), non ha mai fatto seguito una politica incisiva di interventi appropriati: in un primo tempo, a causa delle resistenze nelle sedi decisionali sovietiche, dovute in gran parte ai criteri ispiratori dominanti, che avevano assai più riguardo per le esigenze generali del Paese che per quelli delle singole unità regionali; in seguito per le obiettive difficoltà derivanti dalla dimensione internazionale del problema. Dal 1991, infatti, l'area interessata ricade nel territorio di due Stati, ma i problemi ambientali, che non conoscono confini politici, ne investono molti di più, dato che il bacino dell'A. interessa anche gli altri tre Paesi ex sovietici dell'Asia centrale (Kirghizistan, Turkmenistan e Tagikistan), la stessa Federazione Russa (a causa della vicinanza dei territori e le secolari relazioni territoriali con l'Asia centrale) e, sia pure marginalmente, l'Afghānistān.

bibliografia

M. Meini, Il Lago d'Aral: disastro ecologico e tentativi di conservazione, in Bollettino della Società geografica italiana, 1994, 2, pp. 297-310.

UNESCO-Water sciences division, Water-related vision for the Aral Sea basin for the year 2025, Paris 2000.

I. Small, The Aral Sea disaster and the disaster of international assistance, in Journal of international affairs, 2003, 2, pp. 59-73.

G. Federici, Misure e risorse, in Rivista geografica italiana, 2005, 3-4, pp. 597-605.

P.O. Zavialov, Physical oceanography of the dying Aral Sea, Berlin 2005.

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