ARAGONA

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1991)

ARAGONA

M. C. Lacarra Ducay

(spagnolo Aragón)

Regione della Spagna nordorientale che comprende le attuali prov. di Huesca, Saragozza e Teruel. Il nome deriva dal fiume Aragón, che nasce a Escalar (Huesca settentrionale), percorre la valle del Canfranc in direzione N-S, attraversa la città di Jaca e si dirige verso O fino ad arrivare a Milagro (Navarra), dove si immette nell'Ebro. L'attuale territorio aragonese confina a N con la Francia, a E con la Catalogna e la prov. di Valenza, a O con la Navarra e la Castiglia.L'A. comprende tre unità geografiche che hanno condiviso la stessa storia: a N il settore centrale dei Pirenei, frontiera naturale con la Francia, al centro la media valle dell'Ebro, a S la catena dei monti Iberici.Il territorio aragonese offre una grande varietà di contrasti climatici e geografici che hanno condizionato i modi di vita e le attività economiche della popolazione. I boschi e i ricchi pascoli hanno favorito, per es., fin dall'Antichità la pastorizia e le attività forestali nella zona dei Pirenei e dei monti Iberici, mentre nelle ampie pianure della zona dell'Ebro le attività agricole e l'allevamento degli animali si sono sviluppati grazie all'abbondanza di acqua dovuta ai numerosi affluenti del 'padre Ebro'.Le città di Saragozza, Huesca, Teruel, Calatayud, Barbastro, Jaca, Daroca e Alcañiz, ebbero un discreto sviluppo commerciale e artigianale; in passato il peso dell'agricoltura fu però prevalente risultando perciò gli insediamenti urbani meno numerosi di quelli rurali.Dal punto di vista storico, l'A. nasce in età medievale. Prima dell'invasione musulmana (714) il territorio che avrebbe in seguito fatto parte del regno d'A. - e che in epoca romana era stato in gran parte sottoposto al conventus iuridici di Caesaraugusta, incluso nella provincia Tarraconensis - non aveva unità né culturale né amministrativa.Il nome A. appare solo all'epoca della Reconquista. All'inizio del sec. 8° un piccolo gruppo di persone, che dissentiva dal credo islamico, diede inizio a una resistenza passiva sulle montagne pirenaiche, trasformatasi in seguito nel movimento della Reconquista, che sottrasse alla dominazione musulmana tutte le terre della valle dell'Ebro (sec. 12°) fino alle montagne del Maestrazgo e di Albarracín (Teruel). In questo modo il nome A., che prima era circoscritto solo alla zona dei Pirenei Oscensi, venne esteso a tutto il regno situato nella parte orientale della penisola e in seguito conosciuto in tutto il Mediterraneo per la politica matrimoniale dei suoi re, le fortunate campagne militari, le spedizioni navali e l'attività commerciale.La presenza dei musulmani nella valle dell'Ebro per ben quattro secoli (8°-11°) ebbe una influenza determinante sulla formazione dell'arte aragonese, che costituisce una sintesi dell'arte cristiana con quella islamica. Di fatto l'occupazione musulmana e la conseguente islamizzazione della valle dell'Ebro influenzarono lo sviluppo di una delle manifestazioni artistiche più rappresentative dell'A.: l'arte mudéjar.Si può perciò iniziare lo studio dell'arte aragonese da uno dei più importanti monumenti islamici: il palazzo della Aljafería (sec. 11°) di Saragozza (v.), che occupa un posto significativo nell'arte musulmana d'Occidente. In questo monumento è possibile riconoscere diverse fasi stilistiche corrispondenti ai diversi momenti della sua costruzione. Dopo la prima fase edilizia legata all'opera di Aḥmad Ibn Sulaymān (1046-1081), secondo re della dinastia saragozzana dei Banū-Hūd, detto anche Abū-Ja'far (da cui deriva il nome del palazzo, costruito nel migliore stile dell'arte dei regni di Ṭā'ifa), a partire dalla riconquista della città (1118), dovuta agli eserciti guidati da Alfonso I d'A., il palazzo subì una serie di trasformazioni e di ampliamenti. Le sue più importanti vestigia sono tardogotiche e risalgono al regno di Pietro IV d'A. (1336-1385), ma le vicende costruttive proseguono fino all'epoca dei Re Cattolici.Il modello scelto per l'edificio musulmano dell'Aljafería deve essere ricercato fra i primi palazzi omayyadi edificati in Siria. Come quelli, infatti, esso è situato su un terreno pianeggiante che ha facilitato la realizzazione di una costruzione di pianta quasi quadrata, difesa da una cinta muraria rinforzata da sedici torrioni, tutti semicircolari a eccezione di quello del Trovador, che ha pianta rettangolare ed era stato costruito precedentemente con funzioni militari. Al palazzo si accede attraverso una porta situata sul lato orientale stretta fra due torrioni e sormontata da un arco a ferro di cavallo.La pianta, pressoché quadrata, è divisa longitudinalmente (direzione N-S) in tre parti eguali di cui si conserva soltanto quella centrale; in essa era situata la zona di rappresentanza, con la sala del trono e una piccola moschea privata. Le strutture laterali che la affiancavano, oggi scomparse, erano probabilmente costituite da edifici destinati ad abitazione e subirono sostanziali modifiche nel periodo cristiano medievale. La parte centrale si articola intorno a un patio rettangolare porticato, che era ornato sui lati lunghi da giardini e su quelli brevi da fontane. La disposizione degli ambienti di rappresentanza e ricevimento era simile a quella ancora oggi visibile nell'area settentrionale, che è costituita dalla sala del trono stretta e lunga, affiancata da due stanze quadrate e preceduta da un'altra sala che affaccia sul patio, prolungandosi a E con la moschea privata del palazzo. L'impiego di slanciate colonne d'alabastro, con capitelli corinzi e compositi, che sostengono archi incrociati, polilobati e mistilinei, l'uso dell'arco a ferro di cavallo nel miḥrāb della moschea e la decorazione murale con rilievi in gesso, hanno origine nella tradizione del califfato di Córdova, elaborata con totale libertà e fantasia. Alla prima fase della Reconquista (714-950) risalgono anche resti di castelli di frontiera, costruiti in legno e argilla, nelle regioni montuose dell'A. settentrionale, mentre le fonti documentarie riferiscono anche di importanti monasteri, come San Pedro de Siresa presso Hecho, nella prov. di Huesca, dotati di ricche biblioteche. Nella seconda metà del sec. 10°, in coincidenza con l'epoca del califfato, i castelli di frontiera si trasformarono in fortilizi di pietra di cui si conservano vestigia nel Nord della prov. di Saragozza. Accanto a essi, o nelle loro immediate vicinanze, si costruirono alcune chiese, anche esse in pietra, con corpo longitudinale e abside quadrata, coperte da tetto a doppio spiovente e caratterizzate da una finestra gemina con un arco a tutto sesto o a ferro di cavallo aperta sul muro est dell'abside (esempi a Murillo de Gállego e Luesia). Un esempio più evoluto di questa tipologia è costituito dalla chiesa inferiore del monastero di San Juan de la Peña (v.), a due navate, scandite da archi moreschi, ciascuna terminante in un'abside quadrata. Da San Juan de la Peña provengono otto fogli di un antifonario, rilegati oggi nel c.d. Libro di s. Voto (Saragozza, Bibl. Univ., 10), primo esempio della miniatura aragonese preromanica.Con lo smembramento del califfato di Córdova iniziò, nel sec. 11°, un periodo di rinascita economica e culturale dell'antico territorio di A., favorito dal regno di Sancio Garcés III di Navarra detto el Mayor (1004-1035), sovrano teso alla europeizzazione della Spagna cristiana e considerato il promotore dello stile romanico nella penisola. Tale processo di apertura all'Europa fu proseguito dai suoi figli. Tra questi, il primogenito Ramiro I (1035-1063) ereditò il territorio aragonese che apparteneva alla Navarra, lottò per farne un regno indipendente, lo ampliò e lo lasciò infine al figlio, Sancio Ramirez (1063-1094), che ebbe il titolo di re d'Aragona. Questo periodo fu di grande importanza per l'A., che aveva la sua capitale a Jaca (v.), dove erano ubicate anche la residenza della corte e la sede episcopale del regno, e che trovava nella frontiera pirenaica con la Francia una porta aperta verso l'Europa. La sua posizione geografica le permise di attingere a quell'arte dal carattere internazionale che è propria delle vie di pellegrinaggio a Santiago de Compostela ed era allora all'apice del suo sviluppo. A introdurre il primo stile romanico, detto lombardo, furono quegli artisti itineranti presenti dopo l'anno Mille in tutta l'Europa occidentale che costruirono chiese dalle caratteristiche costanti e uniformi. A causa delle conoscenze tecniche molto limitate, essi costruirono edifici parrocchiali e monastici assai semplici, il cui tipico elemento ornamentale è costituito da una decorazione esterna di arcate cieche su lesene. Queste maestranze utilizzarono materiale locale, legno e conci di pietra, ma non usarono la scultura decorativa in funzione architettonica. Il sistema di copertura è costituito da volte a botte per le absidi (uniche o triple) e da capriate lignee sul resto dell'edificio. Tale pratica costruttiva, di origine catalana, giunse dapprima nei territori dell'antica contea di Ribagorza (zona orientale dell'alta A.), dove si radicò profondamente; attraverso Sobrarbe si estese in seguito anche alla vecchia A., dove appaiono alcuni esempi costruiti nell'11° secolo. Monumenti rappresentativi di questa architettura religiosa sono la chiesa del monastero di Obarra (1010-1025 ca.), la chiesa di San Caprasio di Santa Cruz de la Serós (v.), del 1030 ca., l'abbaziale di Urmella, contemporanea alla precedente e la cattedrale di San Vicente a Roda de Isábena (v.).Per quanto concerne l'architettura militare, si datano alla prima metà del sec. 11° i castelli di Fantova, Abizanda, Samitier e la parte più antica del castello di Loarre (v.).Il secondo periodo romanico determinò in A. un importante mutamento nell'architettura. Nel nuovo stile, promosso da un ambiente sociale elevato, la corte del re Sancio Ramirez, vennero costruite cattedrali, cappelle reali e signorili, in un periodo compreso tra il 1073 (conclusione della chiesa di Santa Maria di Iguacel) e il 1180, quando ebbe inizio un nuovo mutamento di stile che condusse al Gotico. Questa seconda fase del Romanico, giunta in A. attraverso il camino francés, che da Somport a Jaca, seguendo il corso del fiume Aragón fino a Puente la Reina (Navarra), conduce a Compostela nel Finisterre peninsulare, si diffuse inizialmente solo nella regione pirenaica; in seguito alla Reconquista (conquista di Huesca, 1096) si estese poi alle zone più meridionali, fino a giungere alla valle dell'Ebro (conquista di Saragozza, 1118), senza oltrepassare tuttavia i territori che circondano la città di Daroca, nel Sud della prov. di Saragozza. Si tratta di una architettura armoniosa, realizzata in pietra e ricca di sculture monumentali, con soluzioni nuove per quanto concerne le volte; in essa si avvertono influenze europee (provenzali) e peninsulari (castigliane e cordovane), riunite in opere di notevole originalità e bellezza.Nella prov. di Huesca si contano vari monumenti rappresentativi, tra i quali la chiesa di Iguacel, l'abbaziale di San Adrián de Sasave (consacrata verso il 1100), la cattedrale di San Pedro a Jaca, ancora in costruzione nel 1094, la chiesa del castello a Loarre (1080), quella di Santa Maria a Santa Cruz de la Serós (1095), e la chiesa superiore del monastero di San Juan de la Peña, consacrata nel 1094, con il suo stupendo chiostro con capitelli istoriati (1140-1170 ca.), al cui autore è attribuito anche il chiostro del monastero di San Pedro el Viejo a Huesca (v.).Nella prov. di Saragozza la zona delle cinco villas offre il più interessante insieme di chiese romaniche di epoca lievemente posteriore (1100-1180 ca.), fra cui spiccano le chiese di San Esteban a Sos del Rey Católico, con cripta sotto l'abside dedicata a Santa Maria del Perdoñ e l'interessante portale scolpito con statue-colonne che denotano influenza francese; la chiesa di Santa Maria di Uncastillo con portale figurato sul lato meridionale; le chiese di San Salvador e Santa Maria a Ejea de los Caballeros, di tipo fortificato.Dell'antico capocroce della cattedrale di San Salvador di Saragozza, costruito in stile romanico (1175-1185 ca.), si conservano l'abside maggiore e quella destra con notevoli resti scultorei all'interno, prossimi a quelli coevi della Navarra. A Daroca, le chiese di San Miguel e di Santo Domingo (seconda metà del sec. 12°) costituiscono gli esempi più meridionali dello stile romanico in territorio aragonese.Nella pittura murale sono attive varie scuole che seguono le correnti francesi con modelli del Poitou e della Borgogna, come nel caso dei decoratori della chiesa di San Julian y Santa Basilisa de Bagües (Saragozza) e di San Juan de la Peña (Huesca), oppure si ritrovano composizioni ispirate a scuole catalane, come nella chiesa di San Juan de Ruesta (Saragozza), del pieno 12° secolo.In A. l'arrivo dei Cistercensi fu precoce, favorito dai re Raimondo Berengario IV (1137-1162), Alfonso II (1162-1196) e Pietro II (1196-1213), che necessitavano di coloni per le nuove terre recuperate alla cristianità. I monasteri più importanti sono quelli situati nella prov. di Saragozza a una certa distanza gli uni dagli altri e precisamente, in ordine cronologico, Santa Maria di Veruela, Santa Maria di Rueda de Ebro e Santa Maria di Piedra.In seguito, la persistenza in alcune aree della regione dello stile romanico e il successo dell'arte mudéjar nella media valle dell'Ebro condizionarono il carattere poco ortodosso dell'architettura gotica aragonese. Per quanto riguarda la fase iniziale vanno ricordati, accanto all'architettura monastica, anche altri edifici di carattere religioso, come chiese parrocchiali e romitori, nella prov. di Saragozza - fra cui spiccano le collegiate di Santa Maria a Caspe e Santa Maria a Borja - e alcuni edifici civili come il castello di Sádaba.Il Gotico classico di ispirazione francese è scarsamente documentato nella regione: tra gli edifici rimasti, la cattedrale di Tarazona (iniziata nel 1162 e il cui coro fu consacrato nel 1236) è forse quella che meglio risponde alle caratteristiche di questo stile, ma la sua costruzione, portata avanti a più riprese, si concluse solo nella seconda metà del sec. 14°, con evidente influenza mudéjar. Un processo costruttivo analogo si ritrova nella cattedrale di San Salvador di Saragozza, che, iniziata nel sec. 12° con il capocroce in stile tardoromanico, fu oggetto, nei secc. 15° e 16°, di ampliamenti e restauri che ne hanno fatto un edificio ibrido dalla complessa definizione stilistica.La cattedrale di Huesca, iniziata al tempo di Giacomo I (1213-1276), fu progettata secondo un modello a cinque absidi e tre navate con cappelle fra i contrafforti, ma fu terminata solo all'inizio del sec. 16°, con volte in stile gotico flamboyant. Non lontano da Huesca, l'incompiuta cappella funeraria di San Miguel de Foces a Ibieca, di fondazione privata (1280-1300), presenta uno degli esempi più anomali dell'influenza di Burgos in territorio aragonese. Nella stessa provincia, la cattedrale di Barbastro, di grandiose proporzioni, rappresenta l'esempio più tardo (sec. 16°) di architettura gotica in pietra.Per quanto riguarda l'architettura civile, nella prov. di Teruel sono da ricordare i castelli di Mora de Rubielos e Valderrobles (secc. 14°-15°) e, a Saragozza, quello di Mesones de Isuela, fatto costruire, fra il 1370 e il 1379, dall'arcivescovo Lope Fernandez de Luna, grande mecenate delle arti.Gli esempi più notevoli di arte figurativa gotica dei secc. 14° e 15° sono costituiti da immagini devozionali realizzate in legno e alabastro e da sculture monumentali in pietra sui portali delle chiese. L'iniziale influenza francese (portali della cattedrale di Huesca e della collegiata di Caspe) venne sostituita da quella italiana, introdotta da maestri catalani come il grande scultore Pedro Moragues, autore del sepolcro di Lope Fernandez de Luna nella cattedrale di Saragozza (1376-1379) e del reliquiario d'argento dorato e smaltato (1384) commissionato dal re Pietro IV per la collegiata di Santa Maria di Daroca. I retabli, scolpiti e dipinti, diffusi dalla fine del sec. 14°, occupano un posto di grande rilievo all'interno dell'arte gotica della regione: si tratta di opere di notevole qualità realizzate da artisti stabilitisi nelle principali città aragonesi, quali Saragozza (v.), Huesca (v.), Teruel (v.), Barbastro, Calatayud, Daroca, Tarazona.Nel sec. 14° predominò l'influenza toscana, mediata da Avignone, Barcellona e Valenza, mentre nel sec. 15° si affermò una corrente nordeuropea introdotta dai numerosi artisti tedeschi e fiamminghi che lavorarono in territorio aragonese. Gli esempi più importanti di pittura murale gotica del sec. 14° documentano l'influsso francese e sono localizzati prevalentemente nelle prov. di Huesca (Bierge, Barluenga, Foces) e Saragozza (Urríes, Sos del Rey Católico, Daroca).Lo stile mudéjar si affermò in zone con maggioranza di popolazione musulmana e tardivamente riconquistate dai cristiani. Per il prevalere di forme e tecniche di tradizione islamica l'arte mudéjar è stata considerata come un prodotto degli Arabi insediati in territori cristiani, ma in realtà essa è frutto di una sintesi tra l'arte degli uni e degli altri. Il periodo di massimo splendore dell'arte mudéjar in A. corrisponde all'età del Gotico (secc. 14°-16°) e i centri più importanti furono Saragozza, Teruel, Calatayud, Daroca e Tarazona. In architettura le sue caratteristiche principali sono l'uso sistematico del mattone e dell'arco moresco acuto e mistilineo, oltre a una decorazione formata da intrecci e temi geometrici ispirati all'arte tessile. Gli esterni sono caratterizzati da una decorazione in ceramica invetriata e policroma, mentre negli interni vengono preferite decorazioni aniconiche in gesso e pittura. Gli edifici religiosi meglio conservati presentano strutture gotiche e sono a navata unica con abside poligonale e volte a crociera, cappelle tra i contrafforti e slanciate torri campanarie di pianta ottagonale o quadrata. Si tratta in definitiva di uno stile di carattere popolare che proseguì per secoli dopo la fine dell'età gotica adeguandosi via via alle nuove correnti artistiche.

Bibl.: J. Gudiol Ricart, Pintura Medieval en Aragón (Publicacion de la institución Fernando el Católico, 488), Zaragoza 1971; J. M. Lacarra de Miguel, Aragón en el pasado (Coleccion Austral, 1435), Madrid 1972; F. Torralba Soriano, Arte, in Aragón (Tierras de España), Madrid 1977, pp. 133-338; G. Borras Gualis, M. Garcia Guatas, La pintura románica en Aragón, Zaragoza 1978; F. Torralba Soriano, Monasterios de Veruela, Rueda y Piedra, Leon 1979; M.C. Lacarra Ducay, s.v. Gótico (Arquitectura, escultura y pintura gótica), in Gran Enciclopedia Aragonesa, VI, Zaragoza 1981, pp. 1551-1563; J.F. Esteban Lorente, F. Galtier Marti, M. Garcia Guatas, El nacimiento del Arte Románico en Aragón, Zaragoza 1982; M.C. Lacarra Ducay, De la Antiquedad al Gótico, in Zaragoza, Geografía Historia y Arte, Zaragoza 19852, pp. 115-135; G. Borras Gualis, Arte Mudejar Aragones, 3 voll., Zaragoza 1985; M. Exposito Sebastian, J.L. Pano Gracia, I. Sepulveda Sauras, La Aljaferia de Zaragoza. Guia Artistica y Literaria, Zaragoza 1986; G. Borras Gualis, De la Prehistoria al fin de la Edad Media, in Enciclopedia Temática de Aragón, III, Historia del Arte, Zaragoza 1987, pp. 9-304.M. C. Lacarra Ducay

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