Applicazione lineare

Enciclopedia della Matematica (2013)

applicazione lineare


applicazione lineare detta anche omomorfismo di spazi vettoriali, è una applicazione ƒ: V W tra due spazi vettoriali V e W su un campo K, con le due seguenti proprietà:

ƒ(v1 + v2) = ƒ(v1) + ƒ(v2), per ogni coppia di vettori v1, v2 appartenenti a V;

ƒv) = λƒ(v), per ogni scalare λ appartenente a K e per ogni vettore v appartenente a V.

Le due proprietà possono essere riscritte in modo equivalente attraverso un’unica uguaglianza come segue: per ogni coppia di elementi λ, μ appartenenti a K e per ogni coppia di vettori v1, v2 appartenenti a V risulta ƒv1 + μv2) = λƒ(v1) + μƒ(v2). L’insieme delle applicazioni lineari da V in W è indicato con il simbolo HomK(V, W) e ha anch’esso una naturale struttura di spazio vettoriale su K rispetto alle operazioni di addizione e moltiplicazione per uno scalare definite come segue:

formula

Nel caso in cui il codominio W coincide con il dominio V, si parla allora di endomorfismo di V; lo spazio degli endomorfismi di V si indica più in particolare con il simbolo End(V). Un omomorfismo invertibile (cioè un omomorfismo che sia una biiezione) si dice isomorfismo di spazi vettoriali; un isomorfismo di uno spazio vettoriale V in sé stesso è detto un automorfismo di V. Lo spazio degli automorfismi di V si indica con il simbolo Aut(V) e ha anch’esso una naturale struttura di spazio vettoriale. Sia ƒ: V W un’applicazione lineare; si definisce allora il nucleo di ƒ (indicato con il simbolo Ker(ƒ)) come l’insieme dei vettori v appartenenti a V la cui immagine è il vettore nullo di W; formalmente Ker(ƒ) = {v V: ƒ(v) = 0}. Il nucleo di ƒ, come l’immagine di ƒ (indicata con il simbolo Im(ƒ)), sono sottospazi vettoriali rispettivamente del dominio e del codominio dell’applicazione e sono legati dall’isomorfismo V/Ker(ƒ) ≅ Im(ƒ) (primo teorema di omomorfismo; omomorfismo e isomorfismo, teoremi di).

Se sia V che W hanno dimensione finita, allora resta definito un isomorfismo tra lo spazio HomK(V, W) degli omomorfismi da V in W e lo spazio Mm×n(K) delle matrici m × n a coefficienti nel campo K. Indicando con dim la dimensione di uno spazio vettoriale e supponendo dim(V) = n e dim(W) = m, si fissano due basi {v1, ..., vn} e {w1, ..., wm} rispettivamente nello spazio di partenza e nello spazio di arrivo. Allora, sostituendo ogni vettore v appartenente a V con il vettore n-dimensionale dei suoi coefficienti nella base fissata di V e ogni vettore w appartenente a W con il vettore m-dimensionale dei suoi coefficienti nella base fissata di W, e indicando con [w]i la componente di un vettore w appartenente a W secondo l’i-esimo elemento della base fissata di W (cioè il suo i-esimo coefficiente, una volta scritto come combinazione lineare degli elementi della base fissata), si può descrivere completamente l’applicazione lineare ƒ nei termini della sua azione sui coefficienti dei vettori di V. Sia A(ƒ) la matrice m × n a coefficienti in K la cui entrata aij di posto i, j è definita da aij = [ƒ(vj)]i; allora l’applicazione Ψ: HomK(V, W) Mm×n(K) definita da Ψ(ƒ) = A(ƒ) è un isomorfismo di spazi vettoriali. È bene osservare che l’isomorfismo appena descritto dipende in modo determinante dall’aver fissato le due basi in V e W: cambiando basi si otterrà un diverso isomorfismo tra HomK(V, W) e Mm×n(K), vale a dire una diversa rappresentazione dell’applicazione lineare ƒ in termini di matrici. Se ci si limita a considerare endomorfismi di uno spazio vettoriale V, allora questi saranno descritti da matrici quadrate di dimensione dim(V). In questo caso è allora possibile mostrare che tutte le matrici della forma A(ƒ), ottenibili nel modo descritto da uno stesso endomorfismo ƒ di V a partire da due basi rispettivamente di V e W, saranno tra di loro coniugate tramite una matrice invertibile (coniugio), e, viceversa, ogni coppia di matrici coniugate definisce uno stesso endomorfismo di V, che pertanto coincide con una classe di coniugio di matrici quadrate di dimensione dim(V).

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