APOLLONIO di Tiana

Enciclopedia Italiana (1929)

APOLLONIO di Tiana

Alberto Pincherle

Enigmatica figura di mago e filosofo neo-pitagorico, espressione tipica del sincretismo religioso dell'età imperiale, della quale tutto è discusso, a cominciare dall'esistenza. Lo conosciamo infatti attraverso una pretesa biografia, opera di Filostrato, protetto di Giulia Domna (seconda moglie di Settimio Severo); scritta anzi per invito di lei. Fonti sarebbero i ricordi (ὑπομνήματα) di un discepolo di Apollonio, Damide l'assiro, oltre ad altre biografie ed a sue lettere. Ma Damide, se pure non è una finzione letteraria, commette tali errori storici e geografici da indurre a più che sospettare dell'autenticità di questo scritto. Palese è la derivazione letteraria da fonti più o meno note; certi abbellimenti potrebbero essere stati introdotti anche per compiacere all'imperatrice, la ϕιλόσοϕος 'Ιουλία, grande patrocinatrice del sincretismo filosofico-religioso greco-orientale.

Apollonio, nato circa il 4 a. C., a Tiana, educato in Tarso, si ritira poi ad Egea nel tempio di Asclepio, che ben presto, per opera sua, si trasforma in un liceo e in un'accademia. Tornato a Tiana, rinuncia all'eredità paterna; e, avendo ormai abbracciato il pitagorismo, trascorre cinque anni nel silenzio e nella meditazione in Panfilia e in Cilicia. Comincia allora i suoi viaggi, che hanno un doppio scopo: progredire nella sapienza e purificare, ovunque, il culto degli dei. Incomincia da Antiochia; poi visita Babilonia (a Ninive, egli ha incontrato Damide) e l'India, dove, presso quei savî (bramini o buddisti), compie le guarigioni miracolose di un paralitico e di un cieco; ritorna in Occidente, visitando varî luoghi della Grecia, tra cui Atene e Corinto, e viene a Roma. Qui, una fanciulla, morta (tale solo apparentemente), è da lui restituita alla vita: ed egli trionfa delle difficoltà creategli da Tigellino e da Nerone, finché l'editto di quest'ultimo, che espelle dalla città i filosofi, lo costringe a partire. A. visita allora la Spagna, l'Africa, la Sicilia, Alessandria, e i "gimnosofisti" (asceti, fachiri) dell'Etiopia. Interessante il racconto delle sue relazioni con Vespasiano e Tito, in Alessandria e in Tarso; di ritorno in Italia, incute rispetto a Domiziano, che vorrebbe farlo imprigionare. Forza, in Grecia, l'ingresso dell'antro di Trofonio, che è in comunicazione con l'Ade; in Efeso ha la visione della morte di Domiziano, e l'annuncia. Apollonio di Tiana morì sotto l'imperatore Nerva.

Caratteristica dell'opera è la tendenza a purgare Apollonio dall'accusa di aver praticato la magia e a presentarlo come il tipo ideale dell'asceta neopitagorico. Casto, vegetariano, completamente distaccato dalle cose del mondo, Apollonio venera il suo dio supremo (al quale gli altri sono sottoposti) non con offerte e sacrifici, ma mentalmente. E in questo senso si può pensare che non fosse estraneo alle intenzioni di Filostrato, o di chi lo indusse a scrivere, lo scopo di contrapporre un tipo ideale d'insegnamento mistico e ascetico ellenico al cristianesimo. "O dei, - egli pregava - rimettetemi i debiti" (δοίητ έ μοι τὰ ὀϕειλόμενα). Certo, fa impressione il leggere, in quel libello anti-cristiano che è, essenzialmente, la Vita di Aureliano scritta da Vopisco (c. 24), il racconto dell'apparizione di Apollonio, durante l'assedio di Tiana all'imperatore, che gli dedica un tempio. E, in quel curioso miscuglio di culti che praticarono in Roma i Severi, è abbastanza significativo che Caracalla (Dio. Cass., LXXVII, 18) gli facesse erigere un tempietto (ἡρῷον), e che Alessandro Severo (Lampr., Vita Alex., 29) lo collocasse nel suo Lararium, con Alessandro Magno, Cristo, Abramo e Orfeo. Ma, se almeno in parte i rapporti della Vita di Apollonio con i Vangeli si possono ritenere accertati, non bisogna tuttavia perdere di vista il carattere ellenistico di tutta l'opera, che presenta, letterariamente, notevoli affinità con il romanzo greco (cfr. E. Rohde, Der griech. Roman, 2ª ed., Lipsia 1900, p. 438 segg.). Ierocle, proconsole di Bitinia sotto Diocleziano, adoperò lo scritto di Filostrato per dimostrare che i miracoli non erano cosa esclusiva del cristianesimo; gli risposero Eusebio di Cesarea (Contra Hieroclem) e Lattanzio.

La leggenda però intorno ad Apollonio si accrebbe continuamente di nuovi elementi, e finì con l'essere accettata anche da cristiani, che lo elogiarono, come S. Ambrogio, S. Agostino, Sidonio Apollinare, il quale conobbe una traduzione latina della Vita.

Nonostante la scarsità delle testimonianze che si possano ritenere indipendenti da Filostrato (di dubbia interpretazione il passo di Apuleio, De Mag., 90), non vi è ragione, tutto considerato, di negare l'esistenza storica di Apollonio. Se degli scritti che gli sono attribuiti da Suida (Iniziazioni o Dei sacrifizî, Τελεταὶ o Περί ϑυσιῶν; un Testamento; degli Oracoli, Χρησμοί; delle Lettere; un Inno alla memoria, "Υμνος εἰς μνημοσύνην; un'opera di astrologia, Περὶ μαντείας ἀστέρων) ciò che è pervenuto a noi è di autenticità più che dubbia, è invece probabile che Apollonio scrivesse effettivamente una Vita di Pitagora, citata da Porfirio e da Giamblico, che presumibilmente l'ebbero sottomano (cfr. E. Rohde, in Rheinisches Museum, XXVI, p. 554 segg.; XXVII, p. 23 segg.). Intorno alla sua figura storica interessi spirituali, non disgiunti dalle preoccupazioni politiche dei Severi, crearono la leggenda idealizzatrice, prima forse per opera dello pseudo Damide, poi di Filostrato. Del resto, la fortuna di Apollonio non è ancor morta; di recente si sono impadroniti della sua figura teosofi e cultori di scienze occulte, in scritti assai più apologetici e fantasiosi che scientifici, come il libro di G. R. S. Mead, tradotto anche in italiano.

Edizioni: Kayser, Lipsia 1870; con trad. ingl., F. C. Conybeare, Londra 1912.

Bibl.: F. C. Baur, Apoll. von Tyana und Christus (1832), rist. in Drei Abhandlungen zur Gesch. d. alt. Philos., ed. Zeller, Lipsia 1876; A. Réville, in Revue des deux mondes, i ottobre 1865; J. Réville, La religion à Rome sous les Sévères, Parigi 1886, p. 210 segg.; Gottschein, A. von T., Berlino 1886; M. Wundt, in Zeitschrift für wissenschaftliche Theologie, 1906, p. 309 segg.; J. Miller, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. der class. Altertumswiss., II, col. 146 segg.; M. A. Canney, in Hastings, Encyclop. of Religion and Ethics, I, s. v.

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