APOLLODOROS di Damasco

Enciclopedia dell' Arte Antica (1958)

APOLLODOROS di Damasco (᾿Απολλόδωρος, Apollodōrus)

R. Bianchi Bandinelli

Architetto oriundo di Damasco in Siria, operante a Roma nella prima metà del sec. II d. C., soprattutto sotto Traiano, del quale fu architetto ufficiale sia per le costruzioni civili che per quelle militari. Nella generale anonimità dell'arte di età romana è l'unica grande figura di artista che si riesca ad afferrare e certamente una delle maggiori dell'antichità. Manca tuttora uno studio sistematico e critico della sua opera, nella quale alcuni vogliono riconoscere caratteri tipicamente romani, altri invece ellenistico-siriani, altri ancora strutture romane rivestite di elementi decorativi ellenistici.

Scarse e frammentarie sono le notizie sulla sua vita. Sappiamo dai sunti di età bizantina dell'opera di Dione Cassio che A. accompagnò Traiano nelle campagne dàciche come ingegnere militare. Dione Cassio stesso (lxix, 4) narra alcuni aneddoti per porre in evidenza la vanagloria artistica di Adriano e ci dice che A. venne esiliato e poi messo a morte a causa delle critiche mosse a certi dilettanteschi progetti architettonici di quell'imperatore e particolarmente a quello del tempio di Venere e Roma. Poiché il tempio fu iniziato nell'aprile del 121 (Athen., viii, 361 F) e Dione dice che quando i piani furono inviati ad A. era troppo tardi per modificarli, se ne è dedotto che A. fosse già in esilio e che la sua morte si possa fissare attorno al 125 d. C. Un busto, proveniente da Roma e conservato a Monaco di Baviera col nome iscritto in greco, stilisticamente coerente con l'età traianèa, ci tramanda con ogni probabilità il ritratto di A. Si è voluto anche riconoscerlo sulla colonna traiana nel gruppo a destra della figura di Traiano che sacrifica presso il ponte del Danubio, nel personaggio sùbito a destra dietro l'imperatore; (secondo il Cichorius, iii, 141, sarebbe invece quello in primo piano nello stesso gruppo; o, meglio, il terzo personaggio a destra).

Opere attestate dalle fonti letterarie: Il ponte sul Danubio, costruito fra la prima campagna dàcica di Traiano (101-102 d. C.) e la seconda (105-107), descritto, con le misure principali, da Dione Cassio (lxviii, 13) forse in base ad uno scritto, testimoniato ma non conservato, dello stesso A., è raffigurato sulla colonna traiana. L'opera, di arditissima tecnica, della lunghezza di oltre un chilometro, ha lasciato avanzi presso l'antica Dobretae, oggi Debrecen in Ungheria. Un odeon, a Roma (Monte Giordano?) probabilmente rifacimento di quello già costruito sotto Domiziano, giacché non risulta che ve ne fosse più di uno; se ne hanno solo notizie (Cass. Dio, lxix, 4; Ammian. Marcell., xvi, 10, 14) che ne pongono in risalto la magnificenza. Un circo della lunghezza di due stadî, in Roma, forse da identificarsi (Hülsen) con quello noto come circus Hadriani, a N della mole adriana, la cui costruzione appare, dai resti, di età traianèa, e adatto a naumachie. Un edificio che le fonti designano come ginnasio, ma che sarà da identificare con le terme sull'Esquilino, celebrate da Pausania (v, 12, 6), costruite sulle terme di Tito e la Domus Aurea. Disegni rinascimentali ci mostrano il motivo delle grandi absidi, come nel Foro Traiano (poi ripreso nelle Terme di Diocleziano). Per la prima volta si dà il più ampio sviluppo agli ambienti annessi alle terme (palestre, ecc.) e queste giustificano il termine gymnasion. Ma dove la genialità di A. è ancora in pieno documentabile, è nel Foro Traiano, costruito dal 107 al 113, che risolse per tutta l'età imperiale il problema urbanistico del centro rappresentativo e commerciale di Roma, e rimase una delle meraviglie di Roma fino alla tarda antichità (Cass. Dio, lxviii, 16, 2; lxix, 4, 1; Aur. Vict., Caes., xiii, 5; Ammian. Marcell., xvi, 16) con una soluzione profondamente innovatrice rispetto al tipo tradizionale dei Fori delle città romane, ma che proprio a Damasco sembra trovare uno spunto nel grande cortile porticato, di età giulio-claudia, nel quale furono poi annidate la chiesa di S. Giovanni e la moschea degli Omajadi. Per una descrizione del Foro Traiano si rinvia. alla voce Roma; qui basterà accennare che l'accesso, dalla parte del Foro di Augusto, era costituito da un arco trionfale, sormontato da una quadriga e dedicato a Traiano, del quale sono conservate immagini su monete del 112; che al centro sorgeva la statua equestre di Traiano e poi, forse sviluppando uno spunto della architettura castrense (cfr. il pretorio di Xanten), la grande costruzione trasversale della Basilica Ulpia coi lati corti ampiamente absidati, al di là della quale sorgevano le due biblioteche (greca e latina) che si affacciavano a un cortile nel quale si inalzava la colonna traiana (v.) con la narrazione delle guerre dàciche. Sull'asse centrale, al di là delle biblioteche si elevava in un cortile absidato privo di effetto prospettico, il tempio del divo Traiano portato a termine da Adriano. Tutto l'insieme era volto alla esaltazione personale dell'imperatore, in armonia piuttosto con concezioni orientali che prettamente romane. Al di là della cinta NE del Foro si apre il grande emiciclo che, con le costruzioni annesse e scalate sulle pendici del colle Quirinale, nel quale era stato praticato un profondo taglio verticale per l'apertura del Foro, raggiunge la grande aula del mercato coperto, comprendente sotto la sua aerea vòlta a crociera una grande sala e due ordini di botteghe (tabernae). In tutto il complesso gli ambienti ad uso di bottega dovevano essere oltre un centinaio, formando un complesso commerciale unico nel proprio tempo e raccolto con soluzione geniale in uno spazio relativamente ristretto. Dell'attività di A. le fonti ci riportano anche notizia del progetto, suggerito a Adriano, ma non eseguito, di contrapporre al colosso di Helios-Nerone presso l'anfiteatro flavio, un altro colosso raffigurante Selene (Histor. Aug., Hadr., 19, 13). Scritti di A. sulla Poliorcetica ci sono in parte conservati; i disegni che accompagnano il testo in un codice di età bizantina (mscr. Mynas) debbono derivare dall'originale, giacché essi costituivano la parte essenziale dell'opera. Nel testo è detto infatti: "avendo costruito diversi modelli utili all'arte dell'assedio, te ne invio i disegni; per tutti ho aggiunto alcune parole di spiegazione e ti ho mandato uno dei miei aiuti al quale ho mostrato tutto e davanti al quale ho eseguito il lavoro in modo che egli potrà in ogni necessità costruire in base ai miei modelli". (Si parla anche dell'invio di carpentieri e operai specializzati). Da un altro trattato di poliorcetica d'età bizantina risulterebbe che lo scritto di A. fosse rivolto a Adriano e come tale viene solitamente menzionato, riferendosi alla spedizione sul Danubio del 117-118. Non è stata accettata l'argomentazione (di Th. Reinach) che l'opera fosse dedicata a Traiano durante la guerra Parthica attorno al 115 d. C., basata soprattutto sull'accenno che l'autore si era già trovato accanto all'imperatore in altre spedizioni (il che può riferirsi alle guerre dàciche di Traiano, alle quali Adriano aveva partecipato) e che i luoghi nei quali le sue macchine dovevano essere usate gli erano sconosciuti, il che non sembrava potersi riferire né alla spedizione sul Danubio, né a quella contro i Roxolani nella Siria, le uniche condotte da Adriano, oltre a quella contro i ribelli Giudei nel 131, quando A. non doveva essere più in vita.

Le opere sin qui elencate sono testimoniate dalle fonti letterarie come ideate da A.; ma la critica moderna ha sollevato l'ipotesi che si possano attribuire ad A. altre architetture traianee e anche le grandi opere di scultura che facevano corpo con alcune di esse. Fra le opere architettoniche si è pensato al probabile intervento di A. nel porto di Ostia, la cui forma poligonale potrebbe risalire a motivi ellenistico-siriani; nell'elegante porto di Centocelle, dove i moli prendono forma di grandi emicicli, e che era unito alla sovrastante villa di Traiano; negli archi di Traiano ad Ancona e di Benevento (v.), l'uno per l'eleganza delle sue forme, l'altro per la sovrabbondanza della sua decorazione scultorea, che trova un riscontro nelle immagini monetali dell'arco sul Foro Traiano. In quanto all'attribuire a A. anche attività di scultore, tale ipotesi ha una base soprattutto nella considerazione che nell'età traianèa (v. Romana arte) e in particolare nei monumenti del Foro, si palesa l'esistenza di un grande scultore, la cui opera segna profondi mutamenti nello stile tradizionale ed è determinante per le successive generazioni, almeno sino alla fine del secolo. A questo grandissimo scultore si deve attribuire il rilievo della colonna traiana, che non si può disgiungere dalla concezione architettonica di essa e che costituisce una invenzione del tutto nuova, anche se genericamente fondata sull'idea della colonna onoraria, nota in Grecia e in Italia fin dall'età remota. Allo stesso artista è da attribuirsi stilisticamente il grande fregio ad altorilievo, che doveva trovarsi, non si sa dove, nel Foro Traiano e del quale alcune lastre sono inserite nell'arco di Costantino. Queste lastre, con altri frammenti, costituiscono un rilievo alto 3 m e lungo dai 28 ai 32 m, che non può esser considerato elemento accessorio del Foro. Siamo dunque dinanzi a due ipotesi: o sono esistiti contemporaneamente due artisti, l'uno architetto del quale si sa il nome, A., e l'altro scultore per noi anonimo, i quali collaborarono strettamente alle stesse opere, l'uno e l'altro da considerarsi fra i maggiori e più originali dell'antichità e di ogni tempo, e nel cui stile elementi ellenistici e orientali si fondevano mirabilmente con elementi italici e romani; oppure l'architetto e lo scultore non furono che una sola persona e cioè Apollodoros.

Bibl: H. Brunn, Geschichte d. griech. Künstler, II, p. 340; E. Fabricius, in Pauly-Wissowa, I, 1894, c. 2896; Supplem. I, 1903, c. 108; H. Thiersch, in Thieme-Becker, II, 1908, p. 29; E. Loewy, A. u. die Reliefs d. Taiansäule, in Strenna Buliciana, Zagabria 1924, p. 73 ss. (nega ogni partecipazione di A. ai rilievi della colonna per la imprecisa rappresentazione di architetture); K. Lehmann, die Traiansäule, Berlino 1926, p. 145 ss., R. Bianchi Bandinelli, Storicità dell'Arte classica, Firenze 19502, p. 225 ss.

Influenza dell'architettura castrense: G. Rodenwaldt, in Gnomon, II, 1926, p. 339 ss.

Questioni particolari: Arndt-Bruckmann, Porträts, n. 46-47 (ritratto); S. Reinach, La colonne tr. au musée de St. Germain, Parigi 1882; C. Cichorius, Reliefs d. Traiansäule, Berlino 1896-1900; Ch. Wescher, Poliorcétique des Grecs, Parigi 1876, p. 135 ss. (testo di Poliorcetiche); E. Lacoste, Les Poliorcétiques d'A. (traduzione con disegni), in Rev. Ét. Gr., III, 1890, p. 230 ss.; Th. Reinach, A qui sont dédiées les Poliorcétiques d'A., in Rev. Ét. Gr., VIII, 1895, p. 198 ss. Per il circo: Ch. Hülsen, in Dissert. Pontif. Accad., VIII, 1903, p. 360 ss.; Donaldson, Architectura Numismatica, Londra 1859, n. 58 (un fornice e 4 col.) e 67 (arco del Foro a un solo fornice e 6 cl. "Forum Traiani").