RICCIULLI, Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 87 (2017)

RICCIULLI, Antonio

Luca Addante

RICCIULLI, Antonio. – Nacque a Rogliano presso Cosenza, pare il 30 maggio 1582 da Sempronio, mentre non è noto il nome della madre (il nome del padre è in Capone, 1677, pp. 35, 37 s.; la data di nascita in Minicucci, 1954, p. 10). Discendente da nobile famiglia, fu anche patrizio di Reggio Calabria (come risulta da tutti i frontespizi dei suoi libri).

Verosimilmente, l’abilitazione al patriziato fu dovuta alla parentela dei Ricciulli con il roglianese Gaspare Del (o Dal) Fosso, arcivescovo di Reggio Calabria dal 1560 al 1592, la cui famiglia fu ascritta alla nobiltà reggina: Tommaso Del Fosso fu cinque volte sindaco nobile di Reggio, dal 1573 al 1596 (D. Spanò Bolani, Storia di Reggio Calabria da’ tempi primitivi sino all’anno di Cristo 1797, II, Napoli 1857, p. 274). A riprova degli stretti rapporti parentali, quando nel 1578 l’arcivescovo Del Fosso fondò un Monte di pietà a Rogliano, prescrisse che fra i suoi amministratori ci fosse sempre «uno de la Casa Del Fosso o Ricciullo, quali sono il medesimo» (Il Monte di pietà della terra di Rogliano, in Club degli Amici, Rogliano, Atti 1990-1994, a cura di F. Piro, Rogliano 1998, p. 100). E lo stesso Antonio non mancò di vantare la parentela con Gaspare Del Fosso (Tractatus de iure..., 1622, p. [2]). Del resto, un ramo della casa riuniva i due cognomi Ricciulli del Fosso almeno dal 1428 (M. Pellicano Castagna, Processi di cavalieri gerosolomitani calabresi, Chiaravalle Centrale 1978, pp. 81-86).

Non si hanno notizie certe sulla sua formazione; ma dovette laurearsi in utroque iure, probabilmente a Roma, essendosi avviato all’avvocatura «in Aula romana» (come ricordò sempre nei frontespizi dei suoi libri) e a una carriera da giurista. Sicuramente beneficiò del patronage del conte e senatore bolognese Orazio Ludovisi, comandante degli eserciti pontifici dopo l’elezione del fratello, Alessandro Ludovisi, a papa (Gregorio XV) nel 1621. Ricciulli si dichiarò, con riconoscenza, «cliens et famulus» di Orazio «a iuvenilibus annis» nella dedicatoria della sua opera prima indirizzata al figlio del conte, il cardinal nipote Ludovico Ludovisi, il cui stemma figurava sull’antiporta del suo libro Tractatus de iure personarum extra Ecclesiae gremium existentium (1622, p. [2]).

Baciato da un certo successo, il libro era «destinato a restare assai a lungo il punto di riferimento normativo per le materie riguardanti gli ebrei, almeno fino a quando prevalse la decretazione di Benedetto XIV» (Caffiero, 2004, p. 14). Oltre a «iudaeis et infedelibus in genere» (con annessi catecumeni), il testo era dedicato a scomunicati, eretici, apostati e scismatici. Pur manifestando una piena ortodossia, Ricciulli osservava i fenomeni con sguardo da giurista e non da teologo né da apologeta. Tale orientamento favoriva un’attitudine non rigidamente intollerante. In materia di battesimo forzato ai bimbi ebrei senza il consenso dei genitori, il giurista calabrese elencava alcuni casi in cui lo riteneva lecito, ma proponeva al contempo «proibizioni e limiti più stretti alla pratica», con una «posizione più possibilista e interlocutoria» (pp. 86, 204 e passim).

Indicativo anche l’atteggiamento nei confronti degli eretici. Affrontando il tema «dubius in fide: an sit haereticus», Ricciulli lo poneva problematicamente, con un «se», mentre la più rigida ortodossia prescriveva che, di per sé, «dubius in fide est haereticus» (S. Seidel Menchi, Erasmo in Italia 1520-1580, Torino 19902, p. 214). Il giurista distingueva tre tipi di dubbio, uno dei quali derivante da «simplicitate sive ignorantia». «In tali casu – sosteneva – ne[mo] […] potest reputari haereticus», spiegando che «ratio est quia licet hopinio sit erronea» (Tractatus de iure..., 1622, p. 410). Non considerare eretiche alcune forme di dubbio, in virtù della liceità dell’errore nelle opinioni religiose, rivelava una mentalità piuttosto aperta (pur nei limiti del quadro controriformistico in cui Ricciulli si muoveva). Ancor più laddove il giurista riconduceva tali dubbi non solo a semplicità o ignoranza, ma anche a «naturali quadam ratione»: a idee dettate dalla ragione naturale. A titolo di esempio menzionava quanti credevano che «Patrem esse maiorem, aut priorem filio, vel quod tres personae constituant tres deos» (ibid.). Ora, proprio la minorità di Cristo rispetto al Padre e la separazione delle persone della trinità (che per cattolici e riformati significava configurare tre dei) erano idee tipiche di alcuni protagonisti del radicalismo religioso del Cinquecento come Valentino Gentile, conterraneo di Ricciulli condannato a morte per eresia a Berna nel 1566 (L. Addante, Valentino Gentile e il dissenso religioso nell’Europa del Cinquecento, Pisa 2014). È piuttosto sorprendente, quindi, che il giurista ritenesse giustificabili opinioni di tal fatta, se frutto della «ragione naturale». D’altronde faceva distinzioni anche per il terzo tipo di dubitanti, quelli per cui «dubitatio provenit ex voluntaria dubitatione», condannando solo i pertinaci (Tractatus de iure..., 1622, pp. 410 s.).

Con l’ascesa al pontificato di Maffeo Barberini (Urbano VIII) nel 1623, il giurista entrò nell’orbita del patronage barberiniano, il cui stemma non a caso sostituì quello dei Ludovisi nelle sue opere successive. Nella dedicatoria a Urbano VIII del suo secondo libro (Tractatus de personis..., 1641, p. a2rv), lo disse suo «benefactori», grato dei «beneficiis» ricevuti sin dagli «exordiis» del suo pontificato. E in un libro successivo, dedicato al cardinal nipote Francesco Barberini, si dichiarò «maximis a te beneficiis ornatus» (Lucubrationum..., 1643, p. arv; per benefici e incarichi riconducibili al patronage barberiniano cfr. anche Capone, 1677, p. 29; Russo, 1982-1983, VI, pp. 197, 207, 284, 294, 298, 305, 310, 314, VII, pp. 6 s.; Mayer, 2014, pp. 23, 235).

Infatti, fu sotto l’insegna dei Barberini che si dipanò poi la sua carriera. Morto nell’agosto del 1626 il fratello Girolamo, vescovo di Belcastro dal 1616, Antonio gli succedette nella titolarità della diocesi (sui rapporti di parentela fra i due cfr. Tractatus de iure..., 1622, p. [2]). Così, lasciò la professione di avvocato e fu consacrato sacerdote. Il 30 settembre 1626 ebbe licenza di ricevere gli «ordines maiores» e il 16 novembre fu ordinato vescovo, con dispensa per non essere «in sacris ordinibus ante sex annos constitutus» (Gauchat, 1935, p. 112; Russo, 1982-1983, VI, pp. 156, 159).

L’anno dopo fu nominato vicegerente di Roma, carica che mantenne dal 1627 al 1632 (Caffiero, 2004, pp. 14, 60; N. Del Re, Il vicegerente del Vicariato di Roma, Roma 1976, p. 54). Assumeva in tal modo il ruolo di vice del cardinal vicario, che esercitava le funzioni di vescovo di Roma, con notevoli competenze giurisdizionali civili e criminali, ma anche in materia di sessualità, matrimonio, prostitute, ebrei e neofiti.

Fu forse per dedicarsi pienamente al nuovo incarico che, il 19 novembre 1629, lasciò la diocesi di Belcastro, riservandosi una pensione di 300 ducati sulla mensa vescovile (Russo, 1982-1983, VI, pp. 233 s., 237; Gauchat, 1935, p. 112; il processo di nomina del suo sostituto risaliva all’agosto del 1628: Russo, 1982-1983, VI, p. 197).

Nel ruolo di vicegerente approvò la stampa del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo di Galileo Galilei, uscito nel 1632 e presto messo all’Indice. Dopo l’antiporta e il frontespizio, il capolavoro galileiano riportava i permessi di stampa ricevuti a Roma e a Firenze, e in primo luogo proprio l’«imprimatur si videbitur» del «vicesgerens» (Levi - Levi-Donati, 2002, p. 44). Con la clausola «si videbitur» Ricciulli lasciava, prudentemente, la decisione finale al maestro del Sacro Palazzo. Nondimeno, resta il dato del suo nulla osta, che poté metterlo in imbarazzo presso i suoi patroni, vista la dura reazione del papa di fronte alla stampa del Dialogo (a problemi con i Barberini accennano Amabile, 1892, p. 36; Mayer, 2014, pp. 23, 235).

Certo è che nel 1632 lasciò la carica di vicegerente. Il 16 febbraio di quell’anno fu nominato vescovo di Umbriatico (Gauchat, 1935, p. 352; Russo, 1982-1983, VI, pp. 281, 283). L’anno successivo, invece, divenne ministro delegato del S. Uffizio a Napoli, nomina caldeggiata dal viceré, che l’aveva conosciuto e giudicato «dotto e […] benevolo» (Amabile, 1892, pp. 36 s.; cfr. anche Monti, 1941, pp. 247 s.). In effetti, nei dieci anni del suo ministero non si distinse per il suo attivismo nel reprimere le idee; ma almeno quattro furono i condannati a morte: «tre in pubblico per impiccatura ed abbruciamento, ed uno di nascosto per strozzamento, tutti nelle persone di frati e di clerici che avevano funzionato da sacerdoti senza esserlo» (Amabile, 1892, p. 37). Nel 1636, poi, sottopose a battesimo forzato ventidue musulmani (G. Boccadamo, Napoli e l’Islam. Storie di musulmani, schiavi e rinnegati in età moderna, Napoli 2010, p. 142; per altri casi da lui trattati cfr. Il fondo Sant’Ufficio dell’Archivio Diocesano di Napoli, a cura di G. Romeo, in Campania sacra, XXXIV (2003), 1-2, p. 320; Russo, 1982-1983, VII, pp. 66-68).

Il 7 febbraio 1639 passò alla diocesi di Caserta; ma poco dopo, il 27 novembre 1641, fu promosso arcivescovo di Cosenza (Gauchat, 1935, pp. 138, 171; Russo, 1982-1983, VI, p. 446, VII, p. 46). Pur essendo dispensato dalla presenza nelle sue diocesi in virtù dell’ufficio inquisitoriale (Russo, 1982-1983, VI, p. 347, VII, p. 48), Ricciulli non mancò di esercitare il proprio ruolo pastorale. Visitò in due occasioni Umbriatico, occupandosi dei problemi liturgici e sacramentali derivanti dalla presenza di comunità greco-albanesi, cercando di sradicare alcune superstizioni e conducendo un duro conflitto contro i marchesi Campitelli di Casabona, decisi ad appropriarsi di beni della mensa vescovile (Sposato, 1964, pp. 218-222; Russo, 1982-1983, VI, pp. 344, 419; C. Pellizzi - G. Tallarico, Casabona. Vicende storiche di un antico borgo feudale calabrese, Soveria Mannelli 2003, pp. 175, 187-189). A Cosenza, poi, celebrò un sinodo diocesano nel maggio del 1642.

Negli ultimi anni della sua vita tornò anche allo studio del diritto, pubblicando due libri: il Tractatus de personis, quae in statu reprobo versantur (1641), dedicato a figure di marginali come blasfemi, prostitute, concubine, adultere, lenoni, attori, mimi, giocolieri, danzatori, vagabondi, zingari, giocatori, delatori, birri e carnefici; mentre il successivo Lucubrationum ecclesiasticarum (1643) raccoglieva saggi sul culto delle reliquie, i poteri dei vescovi, gli eremiti, le confraternite laicali, la predicazione e i giorni festivi. Rilevante in particolare il trattato sui vescovi (pp. 112-140), nel quale riconobbe importanti potestà in capo alla dignità episcopale (cfr. Alberigo, 1964, pp. 158-166 e passim).

Morì a Napoli il 17 maggio 1643 (Russo, 1958, p. 501).

Opere. Tractatus de iure personarum extra Ecclesiae gremium existentium…, Romae 1622; Tractatus de personis, quae in statu reprobo versantur…, Neapoli 1641; Lucubrationum ecclesiasticarum libri sex…, Neapoli 1643.

Fonti e Bibl.: Synodus Diocesana ab Antonio Ricciullo archiepiscopo consentino celebrata Anno Domini 1642, Neapoli 1642; G. Capone, Iurium allegationes pro Abbat. Antonio et Vincenzo Ricciulli frattibus, in Id., Disceptationum forensium…, V, Lugduni 1677, pp. 28-40; P. Gauchat, Hierarchia catholica medii et recentioris aevi…, IV, Münster 1935, pp. 112, 138, 171, 352; F. Russo, Regesto vaticano per la Calabria, VI-VII, Roma 1982-1983.

L. Amabile, Il Santo Officio della inquisizione in Napoli, II, Città di Castello 1892; G.M. Monti, Studi sulla Riforma cattolica e sul papato nei secoli XVI-XVII, Trani 1941; C. Minicucci, Ricordi storici della città di Rogliano, Firenze 1954; F. Russo, Storia della arcidiocesi di Cosenza, Napoli 1958; G. Alberigo, Lo sviluppo della dottrina sui poteri nella Chiesa universale. Momenti essenziali tra il XVI e il XIX secolo, Roma 1964; P. Sposato, Aspetti e figure della riforma cattolico-tridentina in Calabria, Napoli 1964; F.A. Levi - G.R. Levi-Donati, Per onorare Galileo Galilei nel trecentosettantesimo anno dalla pubblicazione del Dialogo: notizie biografiche ed inediti sui responsabili degli Imprimatur, in Quaderni di storia della fisica, 2002, n. 1, pp. 43-63; M. Caffiero, Battesimi forzati. Storie di ebrei, cristiani e convertiti nella Roma dei papi, Roma 2004; T.F. Mayer, The Roman Inquisition on the stage of Italy c. 1590-1640, Philadelphia 2014.

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