PIGAFETTA, Antonio

Enciclopedia Italiana (1935)

PIGAFETTA, Antonio

Alberto Magnaghi,

Nacque di antica e nobile famiglia a Vicenza, non si sa in che anno, ma secondo quello che dai più si ammette fra il 1480 e il 1491. Ben poco, per non dir nulla, si conosce della sua vita nel periodo precedente , la sua partecipazione alla grande impresa di Magellano, che doveva render celebre il suo nome; e, salvo che per gli anni che vanno dal ritorno della nave Victoria (1522) al 1525, s'ignora tutto di lui anche per il periodo successivo, in modo che è completamente sconosciuto persino l'anno della morte. Il titolo di cavaliere di Rodi, ch' egli acquistò secondo ogni verosimiglianza prima del 1519, dovrebbe autorizzarci ad ammettere che egli abbia fatto il suo noviziato sulle galere dell'Ordine e che su queste abbia combattuto e viaggiato; e probabilmente in tali condizioni si svilupparono in lui quelle tendenze a una vita attiva e avventurosa, le quali dovevano maturare col proposito di prender parte a quei viaggi lontani che tanto fascino esercitavano allora sulle persone dotate di spirito e d'iniziativa. Nel 1519 trovandosi, non si sa precisamente in che qualità, al seguito di Francesco Chiericati, suo compatriota, protonotario apostolico e oratore di Leone X, a Barcellona, dove s'era trasferita la Corte, saputo che si organizzava la spedizione per le Molucche, partì per Siviglia; e ottenne di potersi imbarcare sulla nave stessa di Magellano, in qualità di criado (addetto alla persona) del capitano generale, e ascritto alla categoria dei sobresalientes, probabilmente soprannumerarî, uomini d'arme o avventurieri adibiti nei combattimenti e negli arrembaggi. Di Magellano ebbe sempre la stima e la considerazione, e per conto suo il P. nutrì sempre un vivo attaccamento e la più affettuosa ammirazione per il grande navigatore. P. non viaggiò solo come spettatore, ma prese parte attiva nei combattimenti e in tutti i casi in cui si trattava di stabilire rapporti con gl'indigeni, e dovette godere anche di un certo prestigio fra l'equipaggio, se in varie occasioni, specialmente alle Filippine, accompagnò Magellano e gli altri capi a cerimonie e funzioni che dovevano stabilire dei legami con gli abitanti; fra altro, fu sino all'ultimo al fianco di Magellano rimanendo anche ferito, quando questi fu tragicamente ucciso nell'isola di Matan; ebbe anche, più volte, incarichi e missioni personali. P. superò felicemente tutte le traversie e i patimenti del viaggio, e fu fra i 18 che ritornarono dopo 3 anni a Siviglia. Con J. S. del Cano e col pilota Albo si recò a Valladolid per presentare a Carlo V la relazione della gigantesca impresa. Passò quindi in Portogallo, dove fu intrattenuto da Giovanni III, e di là in Francia dove espose i risultati del viaggio alla reggente Maria Luisa di Savoia, madre di Francesco I. Nel gennaio del 1523 era in Italia, alla corte dei Gonzaga, dove il marchese di Mantova lo invitava a scrivere la relazione particolareggiata del viaggio; e nell'anno seguente otteneva a Venezia dal Senato il privilegio per 20 anni del libro che avrebbe dato alle stampe. Mentre era a Vicenza, attendendo probabilmente a stendere questa sua opera, fu invitato a Roma da Clemente VII, e a Monterosi presso Viterbo (dove, dopo la caduta di Rodi s'era provvisoriamente trasferita la sede dell'Ordine) incontrò il gran maestro Filippo Villiers de l'Isle-Adam che lo sollecitò egualmente a condurre a termine la relazione. Questa fu presentata poi e dedicata al gran maestro fra la fine del 1524 e i primi del 1525. Il P. scrisse anche un trattatello: Regola sull'arte del navigare, ch'è una compilazione di ben scarso valore.

La relazione del viaggio del P., scritta in un bizzarro linguaggio italoveneto con frammiste parole spagnole, è il documenta di gran lunga più importante fra tutti quelli che ci rimangono della memoranda impresa. Essa intanto è l'unica completa, che offra cioè un ragguaglio ininterrotto dalla partenza al ritorno; ma il suo interesse è dato soprattutto dalle diligenti e copiose descrizioni dei luoghi - soprattutto di quelli, come la Patagonia, le Filippine e le Molucche, dove fece lunga dimora - ch'egli ci fornisce, si può dire, sotto ogni aspetto. Le notizie sulla flora, sulla fauna e specialmente sopra gli abitanti sono tali da rivelare in lui un diligente e acuto osservatore, al quale non sfugge quasi nessuno dei tratti più salienti che colpiscono ancor oggi i viaggiatori dei paesi nuovi. Degli abitanti egli offre descrizioni addirittura complete: dai loro caratteri fisici, ai loro costumi (qualche volta descritti persino con particolari un po' crudi), alle loro credenze religiose; per quelli del Brasile, della Patagonia e delle isole malesi dà anche un elenco dei vocaboli d'uso comune, che i competenti riconoscono ancor oggi non privi di valore. E ben si può dire che, ad onta di talune ingenuità, che per lo più ricorrono quando riferisce cose dettegli da altri, pochi viaggiatori del suo tempo gli stanno a pari. È un peccato però che il P., il quale del resto non era un marinaio, non si mostri altrettanto diligente e accurato per ciò che riguarda i particolari tecnici della navigazione; ben poco, ad es., si può trarre dalla sua relazione per essere informati sulle varie fasi della traversata del Pacifico, dell'Oceano Indiano e dell'Atlantico, e dai suoi scarsi accenni non si trae nulla, si può dire, che ci serva di aiuto per risolvere alcuni importanti problemi sullo scopo del viaggio e sulle variazioni a cui questo andò soggetto.

Il P. dice in fine alla sua opera d'aver presentato a Carlo V un libro scritto di sua mano "de tucte le cose passate de giorno in giorno nel viaggio", e una copia di questo afferma d'aver ricevuto anche il Chiericati. Qualcuno argomenta anche che un'altra copia fu offerta alla Reggente di Francia. Ma non appare verosimile ch'egli abbia avuto modo di scrivere, in così breve tempo, tre copie di una relazione completa, tanto più che si sa che la relazione ora nota fu terminata solo circa due anni dopo il ritorno, e in seguito a sollecitazioni di varî personaggi: probabilmente avrà presentato in un primo tempo dei sommarî delle cose più interessanti. La questione dei manoscritti e delle prime edizioni a stampa presenta tuttora qualche curiosa vicenda e qualche punto da chiarire. Ma nelle linee generali si possono seguire i risultati degli studî di Andrea da Mosto, confermati dalle ricerche di J. Dénucé. Si hanno, del sec. XVI, tre edizioni a stampa, una francese e due italiane, e quattro manoscritti, di cui tre francesi (due nella Bibl. naz. di Parigi, e uno a Cheltenham) e uno italiano. È escluso ormai che la prima redazione sia stata in francese, ad onta che la prima edizione a stampa, senza data, sia francese: manoscritti ed edizione francesi (quest'ultima soprattutto) risultano traduzioni incomplete per soppressione di qualche parte e spesso anche con termini errati per incomprensione del traduttore, di un originario manoscritto italiano. Viceversa le edizioni italiane appaiono tradotte da quella francese: una è del 1536, a Venezia, e l'altra, identica, ma con qualche variante nella forma dei vocaboli, è quella contenuta nel 1° vol. di Navigazioni e Viaggi del Ramusio, del 1550. Dei manoscritti, il più completo e che si ritiene più vicino alla redazione originale, sebbene non sia autografo del P., è quello della Bibl. Ambrosiana di Milano, segnato L 103 sup. Esso contiene anche 23 carte geografiche, riproducenti per lo più gruppi d'isole, ma senza nessuna orientazione e scala e di forma convenzionale, di nessun aiuto per la ricostruzione dell'itinerario. Questo manoscritto (in cui pure ricorrono errori curiosi nella trascrizione dei nomi) fu per la prima volta pubblicato dall'Amoretti col titolo: Primo viaggio intorno al globo terraqueo, ossia ragguaglio della navigazione alle Indie Orientali per la via d'Occidente fatta dal cavaliere Antonio Pigafetta patrizio vicentino, sulla squadra del capitano Magaglianes negli anni 1519-1522, Milano 1800. Ma disgraziatamente l'Amoretti si permise di modificare a piacer suo parole e frasi di non chiara interpretazione, dando origine a errori e a equivoci, che passarono e si confermarono nelle traduzioni straniere, come in quella francese (1801), nella tedesca, ugualmente del 1801, nelle due inglesi della Pinkerton's Collection of Voyages del 1808-1814 e della Hakluyt Society del 1874, e nella traduzione spagnola a cura della Soc. geogr. di Madrid (1896-99). Di ben diverso valore è l'edizione curata da Andrea da Mosto (Roma 1894), che offre il testo integrale con copiose e diligenti note e eon un'introduzione che rimane ancor oggi di fondamentale importanza per la critica del testo e per le notizie intorno al P. Si vedano anche: Magellan's Voyage around the World by Antonio Pigafetta. The original text of the Ambrosian ms., ecc., edito da J. A. Robertson, Cleveland 1906; Relazioni del primo viaggio intorno al mondo di Antonio Pigafetta, a cura di Camillo Manfroni, Milano 1928. Anche dei manoscritti francesi si ha oggi un'edizione curata da J. Dénucé: Pigafetta: Relation du premier voyage autour du monde par Magellan (1519-1522). Ed. du texte français d'après les mss. de Paris et de Cheltenham, in Recueil de Voyages et de docc. pour servir à l'histoire de la Géographie, XXIV, Anversa-Parigi 1923. Intorno al P., sono da vedersi in genere le opere su Magellano (v.).

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