MONTUCCI, Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 76 (2012)

MONTUCCI, Antonio

Stefano Villani

MONTUCCI, Antonio. – Nacque a Siena il 22 maggio 1762 dall’ingegnere e architetto Giuseppe (1714-1767) e da Marianna Buonfigli, figlia di Antonio, pittore senese di una qualche fama.

Rimasto orfano di padre, fu educato in collegio. Nel 1785 si laureò in diritto nell’Università di Siena e nello stesso anno divenne professore di inglese presso il prestigioso collegio Tolomei, tenuto dagli scolopi. L’anno successivo si trasferì a Firenze. Qui fece amicizia con Josiah Wedgwood jr, figlio dell’industriale della ceramica, il quale lo convinse a trasferirsi in Inghilterra come insegnante di italiano della sua famiglia. Prima di lasciare l’Italia fu per qualche tempo segretario privato dell’ambasciatore britannico John Augustus Hervey, in Toscana tra il 1787 e il 1794.

Giunto in Inghilterra nel 1789, insegnò italiano presso alcune famiglie, con le quali lo aveva messo in contatto Wedgwood. Tra i suoi allievi fu anche il giovane Francis Ephraim Cohen, il quale, convertitosi in età adulta al cristianesimo, cambiò il nome in Francis Palgrave e fu storico di rilievo. Nel 1791 Montucci entrò in corrispondenza con Vittorio Alfieri, che gli scrisse una lettera da Londra il 13 luglio 1791 per ringraziarlo dell’invio del volume di Poesie tratte dai testi a penna della Libreria Mediceo-Laurenziana e finora inedite di Lorenzo il Magnifico pubblicate da Montucci insieme con William Roscoe a Liverpool in quell’anno (l’epistola alfieriana, pubblicata da Montucci nella Monthly Review nel 1804, è ora conservata nella Biblioteca comunale di Siena, Autografi Porri, LXXXVI.1; cfr. Alfieri, 1981, pp. 57 s.).

Gli anni Novanta furono un periodo di intensa attività editoriale per Montucci, che diede alle stampe numerose opere per l’insegnamento della lingua italiana e alcuni studi di carattere letterario.

Nel 1792 uscì in The Philosophical and Literary Register un suo saggio, cui seguì, nello stesso anno, la pubblicazione de L’Instruttor giocondo ovvero, la chiave de’ classici italiani (Londra, poi ibid. 1793): l’opera constava di un Treatise on the pronunciation of the Italian language, di una serie di aneddoti in italiano con traduzione a fronte, la canzone Quel ch’a nostra natura in sé più degno di Petrarca e un sonetto sulla soppressione dell’Accademia della Crusca scritto da Alfieri. Nel 1795 pubblicò una nuova edizione di The new pocket dictionary of the Italian and English languages di Giuspanio Graglia (Londra; 1a ed., ibid. 1787); nel 1796 seguì una selezione di opere di Pietro Metastasio e, insieme con un certo L. Valetti, di cui non abbiamo notizie, una nuova traduzione in italiano del Book of common prayer: la liturgia, ovvero formola delle preghiere publiche secondo l’uso della Chiesa anglicana, col salterio di Davide. Nuovamente tradotta dall’inglese nel tosco idioma da A. Montucci e L. Valetti, professori di lingua italiana (Londra 1796). Il fatto che i due traduttori si presentino esplicitamente nel frontespizio come «professori di lingua italiana» induce a pensare che questa traduzione fosse concepita essenzialmente come un testo di lettura per inglesi desiderosi di imparare l’italiano, utilizzando un’opera ben nota e conosciuta a memoria (una prima traduzione in italiano del testo liturgico anglicano era apparsa a Londra nel 1685, poi nel 1708 e nel 1733). Tuttavia, la corrispondenza che Montucci intrattenne in seguito con la neonata Bible Society del 1804 per perorare la pubblicazione del Nuovo Testamento in cinese provano la vicinanza a una sensibilità evangelica. Nel 1798 pubblicò a Londra una traduzione italiana del romanzo epistolare di Madame Huguet de Grafigny intitolato Lettres d’une péruvienne (apparso in francese a Peine nel 1747) accentando «tutte le voci per facilitar agli stranieri il modo d’imparar la prosodia italiana» (l’opera fu ripubblicata a Londra nel 1802).

Trasferitosi a Edimburgo, nel 1805 proseguì l’attività editoriale, contribuendo in modo significativo alla conoscenza della letteratura italiana nel Regno Unito con la pubblicazione di: Quindici tragedie di Vittorio Alfieri (con accluse la Merope di Scipione Maffei e l’Aristodemo di Vincenzo Monti) in tre volumi, poi ripubblicate l’anno successivo; il Ditirambo di Bacco di Francesco Redi (1806); una serie di Select Dramatic Pieces (1806, di cui non si conoscono esemplari); una nuova edizione assai ampliata delle Twenty-four lectures on the Italian language di Giovanni Antonio Galignani (1806) e un supplemento intitolato Italian extracts… consisting of an extensive selection from the best classics and modern Italian authors (1806).

Parallelamente all’attività di insegnante e di editore, Montucci sviluppò un notevole interesse verso la cultura cinese, che ne fece ben presto uno fra i più importanti sinologi europei del tempo. La prima attestazione certa di questo interesse risale al 1791, allorché acquistò all’asta della biblioteca del pastore anglicano Michael Lort il Dictionarium characterorum Sinicorum per pronunciationem digestorum, impresso in Cina, di autore anonimo, oggi conservato, insieme con la biblioteca e le carte personali di Montucci, presso la Biblioteca apostolica Vaticana (Borgiano cinese, 422). Particolarmente versato nello studio delle lingue – nella voce a lui dedicata della Biographie universelle di Michaud, XXIX, Parigi 1854, pp. 202-204, si dice che era «possédé du démon de la polyglottomanie» –, già nel 1792 fu impiegato dal governo britannico per mettere a frutto il suo talento. Quando a Londra venne organizzata la prima missione diplomatica britannica in Cina, affidata a lord George Macartney (che partì nel settembre di quell’anno), una delle maggiori difficoltà fu quella di procurarsi dei traduttori, poiché, stando a quanto scrisse in seguito il segretario della missione sir George Thomas Staunton, nei domini britannici non c’era alcuno in grado di assolvere il compito. Alla fine vennero scelti due cinesi che studiavano al Collegio de’ cinesi di Napoli, affinché traducessero dal cinese in italiano o in latino (lingue che l’ambasciatore britannico comprendeva). Nei quattro mesi in cui gli interpreti risedettero a Londra, Montucci entrò in contatto con loro, avendo ricevuto l’incarico di assisterli nella redazione della lettera di Giorgio III all’imperatore della Cina che lord Macartney avrebbe dovuto consegnare. Una copia del documento, conservato nella Biblioteca apostolica Vaticana (Borgiano cinese, 394), recante la dicitura «Collated with the Original thus entitled “King of England’s Letter to the Emperor” delivered in 1793», venne eseguita da Montucci il 29 febbraio 1804 per Staunton. Un esame della scrittura consente di accertare che i 992 caratteri del testo furono scritti da Montucci e non, come afferma Pelliot (1995, p. 43), «par une main chinoise».

Con i due studenti cinesi del Collegio di Napoli Montucci praticò la lingua parlata e ottenne alcuni libri in cinese, compreso il dizionario Zhengzi tong (Cheng-tzu-t‘ung), pubblicato in Cina nel 1627. Questa esperienza fece maturare in lui l’idea di pubblicare un dizionario e da allora si immerse nello studio sistematico della sinologia.

Fu dunque presumibilmente grande il suo disappunto quando l’orientalista Giuseppe Hager nel 1800, diffuse a Londra un pamphlet  intitolato Proposal for publishing by subscription…, a dictionary of Chinese language, cui seguì, nel febbraio dell’anno successivo, un lavoro articolato: An explanation of the elementary characters of the Chinese (Londra 1801). Montucci reagì facendo circolare nel giugno dello stesso 1801 lo schema di un suo progetto per un dizionario cinese (Proposals for publishing by subscription a treatise on the Chinese language, with an answer to the reviewers), nel quale criticò aspramente il lavoro di Hager. Seguì un’accesa polemica sulle riviste letterarie inglesi, culminata nel 1804 con la pubblicazione, sempre a Londra, di un volumetto contenente una serie di Letters to the editor of the Universal magazine; on Chinese literature; including strictures on Dr Hager’s two works and the reviewers’ opinions concerning them. Collected and edited by Antonio Montucci, LL. D. occasional Chinese transcriber to His Majesty and to Honourable the East India Company. Montucci vi criticava non solo l’Explanation of the elementary characters of the Chinese, ma anche il Monument de Yu, ou La plus ancienne inscription de la Chine, che Hager aveva pubblicato nel 1802, anno in cui aveva trovato impiego in Francia con l’incarico di pubblicare il dizionario.

Dopo il soggiorno edimburghese Montucci decise di lasciare la Gran Bretagna e nell’autunno del 1806 si stabilì a Berlino su invito di Federico Guglielmo III. Le guerre napoleoniche impedirono però al re di Prussia di mantenere la promessa di finanziare le sue ricerche cosicché dovette guadagnarsi da vivere insegnando inglese e italiano. Non rinunciò tuttavia ai suoi interessi sinologici, che ebbe modo di approfondire grazie all’amicizia con Julius Heinrich von Klaproth. A Berlino, infatti, pubblicò nel 1808 il De studiis Sinicis, indirizzato all’Accademia Imperiale di San Pietroburgo. In appendice all’opera riprodusse la lettera, piuttosto cauta, che gli era stata inviata da Staunton in risposta alla sua richiesta inoltrata nel 1804 di sostenere la pubblicazione del dizionario.

Nel frattempo, in Francia Hager era stato destituito dall’incarico di preparare il dizionario, a causa delle critiche alle sue capacità scientifiche avanzate da Montucci e da Klaproth. L’impresa fu affidata al sinologo Chrétien-Louis-Joseph de Guignes. Questi, nel 1808, aveva pubblicato a Parigi un resoconto dei suoi viaggi in Cina, il Voyage à Pékin, Manille et l’Ile de France, che fu recensito da Montucci – sotto lo pseudonimo Sinologus Berolinensis – in un volume intitolato Remarques philologiques sur le voyages en Chine de M. de Guignes (Berlino-Lipsia-Parigi 1809). Con lo spirito provocatorio che lo caratterizzava, Montucci vi esprimeva seri dubbi sul fatto che de Guignes potesse portare a compimento un’opera così complessa in tempi ragionevoli. Alle 200 pagine che componevano il libello Montucci fece anzi precedere una lettera, nella quale esaltava, sempre a firma Sinologus Berolinensis, le proprie qualità scientifiche. Egli sperava così di indurre il governo francese a destituire anche de Guignes dall’incarico di redigere il dizionario e di affidare finalmente a lui l’impresa. Il suo proposito tuttavia non si concretizzò e de Guignes riuscì a dare alle stampe l’opera nel 1813. Le critiche di Montucci non erano però prive di fondamento poiché fu facile scoprire che si trattava di una riproposizione, con poche modifiche, del dizionario del frate Basilio Brollo da Gemona. Il plagio fu denunciato tra gli altri da Klaproth nel Supplément au dictionnaire chinois-latin du p. Basile de Glemona (imprimé, en 1813, par les soins de M. de Guignes) (Parigi 1819), che lamentò esplicitamente il fatto che a suo tempo il governo francese non avesse affidato l’incarico di pubblicare il dizionario a Montucci (con il quale da tempo era in contatto epistolare).

Lo spirito polemico di Montucci, forte delle sue competenze sinologiche, si diresse anche contro Robert Morrison, il cui dizionario, in diversi volumi, aveva cominciato a essere stampato a Macao nel 1815 con il titolo di: Tzu-tien, meaning in Chinese, a dictionary of single characters. A dictionary of the Chinese language in three parts (Macao 1815-23). Nella disamina dell’opera del rivale, pubblicata nel 1817 non a Berlino, ma a Londra, con il titolo Urh-chih-tsze-teen-se-yin-pe-keaou: being a parallel drawn between the two intended dictionaries, by the Rev Robert Morrison and Antonio Montucci together with Morrison’s Horae Sinicae, a new edition with the text of the popular Chinese primer... San-tsi-king, risuonava tuttavia una nota pessimista, poiché Montucci per la prima volta, oltre a  lamentare le proprie ristrettezze economiche, esprimeva il dubbio di non poter vivere abbastanza a lungo per completare l’opera intrapresa.

Nel 1819 si trasferì in Sassonia, dove ebbe impiego come insegnante di italiano presso la corte di Federico Augusto I e continuò a lavorare al dizionario, dividendosi tra Dresda e, nei mesi estivi, Töplitz. Negli anni seguenti fece ripubblicare a Londra alcune delle sue opere sulla didattica dell’italiano. Persa ogni speranza di poter pubblicare il dizionario cinese, nel 1825 vendette a papa Leone XII la sua preziosa collezione di libri e i caratteri cinesi che aveva fatto fondere per la stampa del dizionario a partire dal 1810.

La collezione fu trasferita presso il museo Borgiano di Propaganda Fide e successivamente acquisita dalla Biblioteca apostolica Vaticana nel fondo Borgiano cinese (gli inventari nei manoscritti Borgiano cinese, 396 e Borgiano latino, 767, XXIX, cc. 230-249). Nel Borgiano cinese, 421, cc. 1r-97r è conservato un repertorio comprendente 9521 caratteri assemblati per radicali secondo una successione basata sul dizionario dell’imperatore Kang Xi, a margine del quale Montucci aveva annotato le diverse fasi dell’incisione dei punzoni per la realizzazione dei caratteri mobili. Siccome i caratteri del repertorio sono ritagliati da un dizionario cinese e incollati su supporto cartaceo a righe verticali, corredati da annotazioni in rosso probabilmente di mano di Montucci, non è possibile, attraverso questo pur prezioso codice, valutare la qualità dei tipi che egli era riuscito a far fondere in Germania. Del resto, se si deve giudicare dall’Exemplum typographiae Sinicae figuris characterum e typis mobilibus compositum, impresso a Lipsia nel 1789 da Johann Gottlieb Immanuel Breitkopf, della rinomata famiglia di tipografi musicali, si deve ritenere che fosse praticamente impossibile agli stampatori europei, riprodurre, mediante tipi mobili, la plasticità e la proporzione dei tratti che compongono i caratteri cinesi. Ancorché i risultati conseguiti possano non essere stati all’altezza del suo ambizioso proposito di stampare un dizionario di cinese con caratteri tipografici prodotti in Europa, a Montucci deve essere comunque attribuito il merito di avere riunito presso di sé una delle biblioteche sinologiche più ricche d’Europa, sorprendente per sistematicità e versatilità, frutto della sua tenacia autodidatta. Egli fu uno dei pochissimi sinologi del suo tempo formatosi al di fuori del mondo ecclesiastico missionario e del servizio amministrativo delle colonie.

Nel 1827 Montucci fece ritorno a Siena dopo 42 anni di assenza dall’Italia. Il 12 dicembre inoltrò la richiesta di essere assunto come professore di lingua italiana nell’Università, senza stipendio ma con la garanzia che suo figlio Enrico fosse subentrato al suo posto. L’esito fu però negativo. L’anno seguente pubblicò nell’Antologia (XXVIII [1828], pp. 135-139) lo studio Litografia nel vero significato di tal vocabolo fu mai sempre ignota a’ Cinesi, almeno sino all’anno 1822 dell’era volgare: avvegnaché venga affermato il contrario nella Biblioteca italiana di Milano, Tom. XLIX p. 45. Il 21 giugno 1828 donò alla biblioteca pubblica di Siena 29 opuscoletti a stampa in cinese in ottavo e tre opere cinesi in 12 volumetti a stampa in quarto con acclusauna memoria manoscritta intitolata Notizia di tre opere cinesi contenute in dodici volumetti conservati in una cartolare dell’I.le e R.le pubblica Libreria della Città di Siena (Siena, Biblioteca comunale, X.VII 1-30).

Morì a Siena di febbre tifoidea il 5 marzo 1829 e fu seppellito nella chiesa di Abbondio.

In un necrologio scritto sull’Antologia (XXIX [1829], pp. 178 s.) dal giovane Niccolò Tommaseo, fu ricordato come «uomo probo, amico sincero, buon marito, buon padre».

Nel 1823 a Berlino venne pubblicata una sua edizione di The sketch book di Washington Irving e nel 1829 a Lipsia una sua edizione di Wives as they were and Maids as they are di Elizabeth Inchbald (1a ed. Londra 1797) con la sua traduzione in italiano (Mogli all’antica e fanciulle alla moda). Julius Eduard Hitzig ha lasciato un gustoso resoconto dell’incontro tra Montucci ed Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, che rimase così colpito dalla sua figura al punto di trasfigurarlo nel personaggio di Prospero Alpanus nel racconto Il piccolo Zaccheo detto Cinabro del 1819.

Dal matrimonio, avvenuto presumibilmente nei primi anni dell’Ottocento, con Henrietta Canton, figlia del noto fisico inglese John (1718-72) e morta a Siena il 9 aprile 1843, nacque a Berlino il 14 novembre 1808, il figlio Enrico. È possibile che quello con la Canton fosse in effetti un secondo matrimonio, dato che nei registri parrocchiali della londinese St Pancras Old Church alla data dell’8 gennaio 1802 è registrato un matrimonio tra un Antonio Montucci e Sarah Beadell. Da questa coppia sarebbero nati almeno due figli, Antonio Henry e Sarah; questo primo matrimonio non è però ricordato da alcun biografo e non si può pertanto escludere, per quanto improbabile, un caso di omonimia.

Fonti e Bibl.: Cambridge, University Library, Bible Society, BSA/C1 (lettere di M.); Firenze, Biblioteca nazionale, Vieusseux, 72, cc. 187-188 (lettere di Montucci a Giovan Pietro Vieusseux da Siena, 26 marzo e 12 ottobre 1828); Siena, Biblioteca comunale, Mss., P.IV.49: G. Montomoli, Dizionario biografico di tutti gli uomini e donne illustri della città e provincia di Siena, c. 59r-v; L.II 1-13: E. Romagnoli, Biografia cronologica de’ bellartisti senesi ante 1835, cc. 227-230ter; P.IV.11: S. Borghesi, Bibliografia degli scrittori senesi, II, cc. 113-114; Autografi Porri, XVIII, 81, 125; XXXIV, 3; XLIV, 28; XLVIII, 48-51; LI, 12; LII, 42, 46, 48, 54 (lettere a Montucci); XLVIII, 48 (lettere di Montucci); Siena, Archivio dell’Università, Copialettere dal dì 17 ottobre a tutto il dì 31 marzo 1829: ad 12 dicembre 1827; J.E.Hitzig, Die letzten Erzählungen von E.T.A. Hoffmann: vollständig gesammelt und mit Nachträgen zu dem Werke, Berlin 1825, pp. 386-389; Lettere inedite di Vittorio Alfieri alla madre, a Mario Bianchi, e a Teresa Mocenni, Firenze 1864, pp. 222 s.; V. Alfieri, Epistolario, II, a cura di L. Caretti, Asti 1981, pp. 57 s.; Friedrich Wilhem IV von Preussen, Briefe aus Italien 1828, a cura di P. Betthausen, München 2001, pp. 83, 89, 158; A new biographical dictionary of 3000 Cotemporary [sic] public characters British and foreign, II, London 1825, pp. 825 s.; J. Gorton, A general biographical dictionary. A new edition continued to the year 1833, London 1841, ad vocem; G. Browne, The history of the British and foreign Bible Society, II, London 1859, pp. 192 s.; A. De Gubernatis, Matériaux pour servir à l’histoire des études orientales en Italie, Paris 1876; W.W. Wroth, Palgrave, Sir Francis (1788–1861), historian, in Dictionary of national biography, XLIII, London 1895, p. 107; L. Grottanelli, I moti politici in Toscana nella prima metà del secolo XIX studiati sopra i rapporti segreti inediti della polizia, Prato 1902, p. 170; W. Muss-Arnolt, The Book of Common Prayer among the nations of the world…, London 1914, p. 104; H. Cordier, Les études chinoises sous la Révolution et l’Empire, T’oungPao 1920, pp. 59-103; S.Th. Williams, The life of Washington Irving, I, New York 1935, pp. 230, 447; S. Reed Stifler, The language students of the East India Company’s, in Journal of the North China branch of the Royal Asiatic society, LXIX (1938), pp. 46-82; H. McAnally, A. M., in Modern language quarterly, VII (1946), pp. 65-81; R. Franci - T. Rigatelli, Scritti inediti di Enrico Montucci, in LLULL Boletín de la Sociedad Española de Historia de las Ciencias, IV (1981), 71-85; Id., Enrico Montucci scienziato e patriota, in Documenti per una storia della scienza senese, Siena 1985, pp. 275-291; H. Walravens, A. M. (1762-1829), Lektor der italienischen Sprache, Jurist und gelehrter Sinologe. Joseph Hager (1757-1819), Orientalist und Chinakundiger. Zwei Biobibliographien, Berlin 1992 (con la trascrizioni di numerose lettere di M. conservate a Monaco, Bayerische Staatsbibliothek; San Pietroburgo, Institut Vostokovedenija; Cracovia, Biblioteka Jagiellońska e nella Biblioteca apostolica Vaticana); G. Bertuccioli, Gli studi sinologici in Italia dal 1600 al 1950, in Mondo cinese, LXXXI (1993), pp. 9-22; P. Pelliot, Inventaire sommaire des manuscrits et imprimés chinois de la Bibliothèque Vaticane, Kyoto 1995, p. 45; S. Clausen, Cultural encounters: China, Japan, and the West: Essays commemorating 25 Years of East Asian studies at the University of Aarhus, Aarhus 1995, pp. 24-26; P. Orsatti, Il fondo Borgia della Biblioteca Vaticana e gli studi orientali a Roma tra Sette e Ottocento, Città del Vaticano 1996, pp. 184 s.; A. Campana, Studiosi toscani dell’Estremo Oriente fra Otto e Novecento, in Italia contemporanea, 2001, 223, pp. 260-296.

Si ringrazia Elisabetta Corsi per la collaborazione fornita riguardo agli studi sinologici di Montucci.