MONTECATINI, Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 76 (2012)

MONTECATINI, Antonio

Margherita Palumbo

MONTECATINI, Antonio. – Nacque a Ferrara nel 1537 da Baldassare, di famiglia nobile di origine toscana; è ignoto il nome della madre.

Allievo dell’aristotelico Vincenzo Maggi, nel 1562 conseguì nella città natale il titolo di magister artium e nel 1563 insegnò filosofia e astrologia. Nominato nel 1564 riformatore dello Studio, nel 1567, dopo un anno di interruzione dell’insegnamento, ottenne la cattedra di filosofia naturale, che mantenne fino al 1594. All’impegno accademico associò il servizio presso la corte estense. Nel gennaio 1571 Alfonso II lo inviò in Francia, nel 1573 fu nominato consigliere e nel 1579 segretario. In quest’ultimo ufficio si valse della collaborazione di Giovanni Battista Laderchi, preferendo però riservare a sé i negozi di maggiore importanza. Tra il maggio e il giugno 1579 svolse la prima missione a Roma, dove trattò dell’appalto del sale, di dispute in materia di confini e dei banditi che imperversavano nel Ducato estense trovando riparo nei territori del confinante Stato della Chiesa. Nel marzo 1585 ottenne per motivi di salute un temporaneo congedo per «attendere nell’avenire con animo riposato alla sanità et a quel tanto di studio nelle lettere» (Arch. di Stato di Modena, Carteggio referendari, b. 15c). Riprese le sue funzioni, tra il 1587 e il 1588 condusse una trattativa con il duca di Mantova Vincenzo I Gonzaga, a seguito dello sconfinamento di truppe mantovane nel Reggiano. A tal fine si recò a Firenze presso Ferdinando I de’ Medici, che nella vicenda assunse il ruolo di mediatore, e la sua condotta prudente evitò un conflitto armato. Nel 1589 fu inviato nuovamente a Roma per perorare, senza successo, la concessione dell’investitura feudale di Ferrara da parte di Sisto V per il successore di Alfonso II, rimasto senza figli.

Il fallimento dell’ambasciata ha indotto alcuni storici a parlare di un primo tradimento da parte di Montecatini, ipotesi contraddetta dal fatto che Alfonso II non mancò di rinnovargli la fiducia, affidandogli altre missioni e nominandolo, nello stesso 1589, governatore di Reggio, carica che rivestì anche per l’anno successivo.

Tra il maggio e il giugno 1594 soggiornò a Roma per negoziare il sostegno di Ferrara alla guerra contro i turchi e l’elevazione alla porpora di Alessandro d’Este; con Clemente VIII affrontò anche affari riguardanti la politica francese e imperiale, guadagnandosi la stima del pontefice. Nel maggio 1595 fu eletto giudice dei Savi, e «diede principio ad un ottimo governo», ma dopo pochi mesi Alfonso II preferì dispensarlo «per servirsi di lui in affari particolari » (Maresti, 1683, p. 80). Montecatini fu infatti incaricato di missioni di grande delicatezza, in una situazione resa difficile sia dalla prospettiva della devoluzione di Ferrara allo Stato della Chiesa, sia dal dissesto economico del Ducato. Nel gennaio 1596 fu inviato a Venezia e nell’agosto seguì una nuova legazione a Roma per chiedere un prolungamento di cinque anni della concessione feudale a nome del duca, «essendo chiamato dall’imperatore che vada alla guerra d’Ungheria contra ‘l Turco, e perché non possa mancare egli di non andarvi » (Biblioteca apost. Vaticana, Urb. lat., 1064, c. 574r). Clemente VIII si dimostrò però contrario, nonostante gli sforzi diplomatici di Montecatini: «doppo questo il Montecattino à visitato li Cardinali amici di S.A. con toccarli di questo negotio, non à potuto far niente, sendo il caso disperato» (Spaccini, 1911, p. 37). Pochi giorni dopo la morte di Alfonso II, il 4 novembre 1597 Clemente VIII dichiarò la devoluzione di Ferrara, intimando all’illegittimo successore Cesare d’Este di abbandonare la città, pena la scomunica. Montecatini decise allora di lasciare la corte e si recò a Firenze, «come particolar persona, et senza commissione d’alcuna parte» (Salmons, 1987, p. 213). Il 3 dicembre era a Bologna e, dopo essere passato per Firenze, il 24 giunse a Roma, dove Clemente VIII lo accolse con grande favore, nominandolo suo cameriere segreto, «con le stanze et parte in Palazzo per se et 8 servitori […] non senza oppinione di molti, che S.B.ne sia per farlo in breve Cardinale» (Biblioteca apost. Vaticana, Urb. lat. 1065, c. 856v).

Sono conservate sue relazioni redatte per il papa, nei primi mesi del 1598, sulle condizioni del Ducato, con l’elenco delle misure «per risuscitare et ordinare la Città, et Contado», perché «tutto [è] in disordine con mangiamenti, et ruberie» (Archivio segreto Vaticano, Fondo Borghese, III, 21a, cc. 73r, 76r). Rientrato a Ferrara e divenuto membro del Collegio centumvirale di nuova istituzione, il 23 giugno 1598 fu eletto giudice dei Savi, ma già l’11 agosto rassegnò le dimissioni, perché «vedendo forse che bene spesso egli proponeva et il V[ice] Legato disponeva ha voluto por fine à questo disgusto» (Biblioteca apost. Vaticana, Urb. lat. 1066, c. 612v).

Morì a Ferrara il 28 marzo 1599. Fu sepolto nella chiesa carmelitana di S. Paolo. La lapide, apposta dalla sorella Elena e dal nipote Alberto, lo celebra sia come politico sia come filosofo.

L’intensa attività politica non distolse Montecatini dagli studi. La sua formazione aristotelica, di tendenza averroistica, trova prima espressione nella Praelectio in libros de moribus ad Nicomachum (Venezia, D. Nicolini da Sabbio, 1561), tenuta il 6 novembre 1560 presso lo Studio ferrarese. Seguirono i Theoremata secundum peripateticae philosophiae distincta (Ferrara, V. Panizza, 1562), oltre mille argomenti ex universa Aristotelis philosophia discussi pubblicamente, nell’arco di tre giorni, nel marzo del 1562. A distanza di quasi 15 anni apparve il commentario In partem III. libri Aristotelis de anima (Ferrara, ed. F. Rossi, 1576). Suddivisa in argumenta, explanationes e scholia e fondata sul commento al De anima di Simplicio, l’opera fu curata dall’allievo Girolamo Bovio, che nella prefazione annuncia che Montecatini, pur assorbito dai gravissima negotia di corte, si proponeva di pubblicare altri volumi, tra cui una Concordia tra la filosofia aristotelica e quella platonica, opera che non vide mai la luce. Nel 1587 apparve il primo tomo sull’Aristotele politico (In Politica, hoc est in Civiles libros Aristotelis progymnasmata, Ferrara, V. Baldini, 1587), indirizzato al cardinale Girolamo Rusticucci, conosciuto da Montecatini a Roma nel 1579. Nel 1591 fu la volta dei Commentarii in VIII Physicorum (Ferrara, B. Mammarello, 1591), dedicati al cardinale Vincenzo Lauria, incontrato – come ricorda lo stesso autore – nel 1571 a Torino al ritorno dalla Francia. Nel 1594 uscì, presso Mammarello, l’Aristotelis Politicorum, hoc est Civilium librorum secundus, con il testo greco corredato della versione latina di Montecatini. Il volume include anche le parafrasi del De republica e del De legibus di Platone, che Montecatini ritiene indispensabili per la comprensione di Aristotele. Una scelta, questa, influenzata da Francesco Patrizi, al tempo docente a Ferrara di filosofia platonica, che nell’introdurre il De republica Montecatini definisce «virum probum, et in omni scriptorum genere, sed praecipue in Platonicorum doctrina exercitatissimum» (c. X2r). Nel 1597 apparve infine, presso V. Baldini, il Politicorum librorum tertius. La Biblioteca Ariostea di Ferrara conserva inedite le Lectiones publicae in librum Meteorologicum (ms. Classense I.121).

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena, Cancelleria ducale, Carteggi di consiglieri, segretari e cancellieri, bb. 15a-c, 16a-b, 17-20; Ibid., Carteggio ambasciatori, Francia, b. 60; Ibid., Firenze, b. 31; Ibid., Parma, b. 3; Ibid., Roma, bb. 125, 127, 160; Ibid., Torino, b. 3; Ibid., Venezia, bb. 65, 69; Ibid., Carteggio dei Rettori dello Stato, Ferrara e Ferrarese, b. 10; Reggio e Reggiano, b. 44; Ferrara, Arch. antico del Comune, Deliberazioni dei Savi, reg. A, cc. 70r, 72v, 79r, 116r, 191v-192v; Arch. segr. Vaticano, Segreteria di Stato, Legazione di Ferrara, I, cc. 81r, 178r, 253v (cfr. G.L. Masetti Zannini, La Capitale perduta. La devoluzione di Ferrara 1598 nelle carte vaticane, Ferrara 2000, pp. 177, 212, 219); Fondo Borghese, I, 638, cc. 4r-6v; II, 71, c. 41r-v; III, 21a, cc. 71r-76r; Ferrara, Biblioteca Ariostea, Classensi, I.528: C. Barotti, Iscrizioni sepolcrali e civili di Ferrara, I, 2, tav. 131; Modena, Biblioteca estense universitaria, α.F.6.2: C. Ubaldini, Chronicon Ferrarense, cc. 9v, 19v-20r, 24v, 67v; Bibl. apost. Vaticana, Urb. lat., 1064: Avvisi (1596), cc. 488r, 498r, 574r; 1065: Avvisi (1597), cc. 849r, 551v, 855r, 556v; 1066: Avvisi (1598- 99), cc. 128r-v, 527r-v, 537r, 612v. V. Prinzivalli, La devoluzione di Ferrara alla S. Sede secondo una relazione inedita di C. Capilupi, in Atti della Deputazione ferrarese di storia patria, X (1898), pp. 187, 193; G.B. Spaccini, Cronaca modenese (1588-1636), Modena 1911, pp. 37 s.; P. Antolini, Sei lettere del card.e P. Aldobrandini al card.e B. Cesi, in Atti e Memorie della Deputazione ferrarese di storia patria, XXII (1915), pp. 62, 87; A. Franceschini, Nuovi documenti relativi ai docenti dello Studio di Ferrara nel sec. XVI, ibid., s. 3, VI (1970), ad ind.; Die Hauptinstruktionen Clemens’ VIII. für die Nuntien und Legaten, a cura di K. Jaitner, Tübingen 1984, pp. 243-244; G. Pardi, Lo Studio di Ferrara nei secc. XV e XVI, Ferrara 1903, pp. 51 s., 164 s.; A. Superbi, Apparato degli huomini illustri della città di Ferrara, Ferrara 1620, pp. 83 s.; M.A. Guarini, Compendio historico delle chiese di Ferrara, Ferrara 1621, pp. 175 s.; A. Libanori, Ferrara d’oro, III, Ferrara 1665, c. 43; A. Maresti, Cronologia et istoria de Capi, e Giudici de savii della città di Ferrara, Ferrara 1683, pp. 80 s.; F. Borsetti, Historia almi Ferrariae Gymnasii, II, Ferrariae 1735, pp. 188-190; G.A. Barotti, Memorie istoriche intorno agli scrittori ferraresi, II, Ferrara 1798, pp. 195-198; E. Callegari, La devoluzione di Ferrara alla S. Sede (1598), Rivista storica italiana, XII (1895), pp. 37 s.; A. Solerti, Vita di T. Tasso, Torino 1895, ad ind.; Id., Ferrara e la corte estense nella seconda metà del sec. XVI, Città di Castello 1903, pp. XLIV s.; B. Nardi, Saggi sull’aristotelismo padovano, Firenze 1958, ad ind.; A. Gasparini, Cesare d’Este e Clemente VIII, Modena 1959, pp. 37, 133, 141 s.; E. Garin, Storia della filosofia italiana, III, Torino 1966, ad ind.; R. Montagnani, G.B. Laderchi nel governo estense (1572-1618), in Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le antiche province modenesi, s. 10, XII (1977), pp. 101, 106, 108-112; J. Salmons, La devoluzione di Ferrara allo Stato della Chiesa secondo un inedito delle «Istorie Veneziane» del doge N. Contarini, in Studi secenteschi, XXVIII (1987), p. 213; XXIX (1988), pp. 208 s., 225; C.H. Lohr, Latin Aristotle Commentaries, II, Firenze 1988, pp. 270 s.; A. Antonioni, Serie delle prolusioni dell’Università di Ferrara, in Università e cultura a Ferrara e a Bologna, Firenze 1989, pp. 254-256; C. Vasoli, Francesco Patrizi, Roma 1989, pp. 210 s.; S. Chiellini, Per la storia degli insegnamenti umanistici, in La rinascita del sapere. Libri e maestri dello Studio ferrarese, a cura di P. Castelli, Ferrara 1991, pp. 236 s.; L. Spruit, Species Intelligibilis: from perception to knowledge, Leiden 1995, pp. 192- 195; Storia di Ferrara, VI, Il Rinascimento, Ferrara 2000, ad ind.; M.T. Fattori, Clemente VIII e il Sacro Collegio, Stuttgart 2004, pp. 57, 125.