MINCUCCI, Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 74 (2010)

MINCUCCI, Antonio

Andrea Labardi

MINCUCCI, Antonio. – Conosciuto anche come Antonio da Pratovecchio, nacque a Pratovecchio (ora in provincia di Arezzo) intorno al 1380 da Marco e da Antonia dei Geri. Ricevuti i rudimenti del sapere nella propria terra da Giovanni Visorati, prima dei venti anni fu inviato a Firenze per perfezionarsi nelle lingue antiche e nella filosofia. Attese in seguito a Bologna agli studi giuridici sotto la guida di Floriano da San Pietro (Floriano Sampieri), Pietro d’Ancarano e Antonio da Budrio.

Il significativo esordio del M. nella vita pubblica avvenne nel 1409 in occasione del concilio di Pisa, dove si collocava nella cerchia dei giuristi schierati dalla parte di Gregorio XII, pontefice di obbedienza romana. Successivamente, intorno al 1410, ebbe a Bologna la cattedra di istituzioni e del Digestum novum che tenne con qualche interruzione per molti anni, prima ancora di addottorarsi.

Presente al concilio di Costanza (1414-18), dov’era stato invitato da Sigismondo di Lussemburgo, il M. fu creato conte palatino e consigliere imperiale. Nel 1422 era a Siena impegnato in una disputa con i docenti del locale Studium circa la corretta lezione di un passo del Digestum novum che egli dimostrò ricorrendo alla Littera Fiorentina (cfr. Caprioli, p. 75).

Solo nel 1424, il 21 agosto, il M. sostenne a Bologna l’esame privato per il conseguimento del dottorato in iure civili, solennemente conferitogli nella chiesa di S. Pietro due mesi più tardi.

Durante gli anni immediatamente successivi la presenza del M. è attestata a Siena, dove insegnò tra il 1425 e il 1427 e di nuovo a Bologna, dove tenne la cattedra del Digestum novum. Da Bologna il M. passò a Padova, città in cui insegnò almeno dall’aprile del 1429 fino a una data anteriore al maggio del 1431. Nel corso dell’incarico patavino, sebbene fosse «primum vespertinus, deinde matutinus iuris civilis esplicator» (Riccoboni, c. 15v), fu esortato dagli allievi a estendere alla glossa feudistica di Iacopo Colombi quella attività di rielaborazione che già a Bologna aveva riservato al testo delle consuetudini feudali, onde adeguarlo alla struttura del Corpus iuris giustinianeo.

Sempre durante il soggiorno patavino il M. estese la sua rete di relazioni anche al di là delle aule universitarie. Significativi furono in tal senso i legami con il monastero camaldolese di S. Maria della Vangadizza di Badia Polesine, legami che risalivano a quando egli nell’ottobre del 1422, a Bologna, era stato investito dall’abate Antonio dal Ferro di un livello sopra immobili siti nella contrada del Guasto. Molti anni più tardi, nel 1452, risulterà livellario di beni vangadicensi nel Bolognese (Griguolo, p. 107).

Nel 1431 il M. insegnò nello Studio fiorentino: qui contribuì alla riforma degli statuti dell’ateneo e terminò il suo lavoro di riordinamento sui Libri feudorum. A questo impegno non arrise però il successo desiderato, benché il M., avvalendosi dell’intercessione del cardinal Bessarione, avesse ottenuto, nel 1462, dall’imperatore Federico III, l’approbatio della sua compilazione, senza peraltro che questa venisse inserita nel Corpus iuris, dove l’opera continuò a essere proposta secondo la recensio vulgata.

Convocato il concilio di Basilea, anche il M. vi intervenne nella veste di consultore cesareo. Qui al M. si offrì l’opportunità di stringere amicizia con altri fautori delle tesi conciliariste tra i quali spiccava Enea Silvio Piccolomini. Di fronte al prestigioso consesso il suo patrocinio non si limitò alla tutela degli interessi imperiali, ma si esercitò altresì in favore di Alfonso d’Aragona, ostacolato dal pontefice nelle sue pretese al trono di Napoli, e di Venezia nel contenzioso che l’opponeva a Ludovico di Teck, patriarca di Aquileia (Leicht, p. 18).

Stando a Maccioni, in tale occasione il M. scrisse un consilium sulla scorta del quale Sigismondo di Lussemburgo, dopo che Eugenio IV, il 18 dic. 1431, aveva sciolto l’assemblea conciliare stabilendone la convocazione a Bologna, rivendicò a sé, in quanto imperatore, la potestà di adunare e sciogliere simili consessi.

Nel 1436 il M. tornò ad abitare e a insegnare a Bologna, dove rimase sino al termine della propria esistenza; in linea con una prassi non infrequente, il 7 marzo 1438, vi ottenne il dottorato in diritto canonico, a più di dieci anni di distanza da quello in diritto civile (Griguolo, p. 104). L’anno successivo gli fu riconosciuta la cittadinanza felsinea che lo agevolò nell’esercizio di vari uffici. Un privilegio ottenuto nel 1456 gli consentì infine la massima discrezionalità nella scelta degli argomenti di lezione (Savigny).

Il M. morì a Bologna nel 1464 circa, lasciando almeno tre figli: Giovanni Battista, Filippo e Bartolomeo (Griguolo, p. 108).

Quest’ultimo, bandito nel 1468 da Licanorio Gozzadini, ebbe a Bologna la lettura di greco, retorica e poesia dal 1470 al 1473. Giovanni Battista, addottorato nel 1460, salì sulla cattedra di diritto civile l’anno successivo rimanendovi fino 1468, quando anch’egli subì il bando. Tuttavia nel 1473 tornò a essere annoverato tra i doctores dello Studio (Fantuzzi, VII, pp. 107, 113).

Opere. L’attività scientifica e professionale del M. si è riflessa in più scritti e, fra questi il suo Repertorium iuris super operibus Bartoli fu stampato due volte a Milano da Giovanni Antonio d’Onate, rispettivamente nel 1481 e nel 1486 (Indice generale degli incunaboli [IGI], nn. 745 s.). Nel 1498 l’opera fu riedita da Johann Siber a Lione e da Paganino Paganini a Venezia (Gesamtkatalog der Wiegendrucke, II, nn. 2249, 2254), e anche nel XVI secolo il suo lavoro continuò a destare interesse e fu edito a Milano da parte di Giovanni Angelo Scinzenzeler, rispettivamente nel 1518 e del 1519; nonché a Venezia nel 1548 dagli editori Girolamo Scoto e Battista Torti.

In forma manoscritta si conservano alcuni Singularia Baldi del M. (Lipsia, Universitäts­bibliothek, 1054, cc. 275v-281v; Lione, Bibliothèque municipale, 385, cc. 126-134v), che testimoniano il suo interesse per l’opera di Baldo degli Ubaldi. La più importante fatica del M., i De feudis libri sex, tradita da più manoscritti (Dolezalek, III, ad ind.), fu edita da Johannes Schilter a Strasburgo, nel 1695, in appendice al terzo volume del suo Codex iuris Alamannici feudalis.

Maccioni (p. 61) ricorda un suo commentario all’Infortiatum non altrimenti noto, mentre Diplovataccio (p. 380) gli attribuisce un tractatus quartarum. Di alcune sue recollectae sulla seconda parte del Digestum novum dà notizia un antico inventario ferrarese (Franceschini). Prova inequivocabile dell’interesse del M. per questo genere è la recollecta super titulo de soluto matrimonio, presente nel manoscritto 191 della Biblioteca del bolognese Collegio di Spagna (I Codici …, pp. 546 s). Inoltre sempre manoscritta si legge una sua summula usucapionis (Lipsia, Universitätsbibliothek, 1654, cc. 203v-208v), mentre non mancano consilia e quaestiones (Leicht, pp. 24-30; Dolezalek, III, ad ind.; D. Maffei - P. Maffei, pp. 77, 91).

Fu il più volte citato Migliorotto Maccioni, docente nello Studio pisano, ad attirare l’attenzione del pubblico colto sul M., pubblicando a Livorno, nel 1764, le Osservazioni e dissertazioni varie sopra il diritto feudale. Ai suoi accenti entusiastici non fa eco il giudizio di Savigny – condiviso anche da Leicht – secondo il quale il carattere complessivo della produzione del M. non presenta aspetti di significativa originalità. Tra i suoi allievi è ricordato il giureconsulto aretino Francesco Accolti (Spagnesi, 1*, p. 214).

Fonti e Bibl.: I rotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio bolognese dal 1384 al 1799, a cura di U. Dallari, IV, Bologna 1924, p. 197; C. Piana, Lauree in diritto civile e canonico conferite dall’Università di Bologna secondo la relazione del Liber sapientium (1419-1434), in Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, XVII-XIX (1965-68), pp. 284 s.; T. Diplovatatius, Liber de claris iuris consultis, a cura di F. Schulz - H. Kantorowicz - G. Rabotti, in Studia Gratiana, X, Bononiae 1968, pp. 380 s.; A. Riccoboni, De Gymnasio Patavino …, Patavii 1598, p. 15v; G. Panciroli, De claris legum interpretibus, Lipsiae 1721, p. 198; M. Maccioni, Osservazioni e dissertazioni varie sopra il diritto feudale concernenti l’istoria e le opinioni di A. da Pratovecchio, Livorno 1764; G. Fantuzzi, Scrittori bolognesi, VII, Bologna 1789, pp. 15, 107, 113; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, VI, 2, Modena 1790, pp. 531-533; E.A. Laspeyres, Über die Entstehung und aelteste Bearbeitung der Libri Feudorum, Berlin 1830, pp. 123-130; F.C. von Savigny, Geschichte des römischen Rechts im Mittelalter, V, Stuttgart 1850, pp. 89-97; L. Moriani, Notizie sulla Università di Siena, Siena 1873, p. 21; A. Gaudenzi, Notizie ed estratti da manoscritti e documenti, IV, L’approvazione imperiale dei libri dei feudi di A. da Pratovecchio, in Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, III (1884-85), pp. 486-522; P.S. Leicht, A. da Pratovecchio nelle sue relazioni con Padova e con Venezia, in Studi e memorie per la storia dell’Università di Bologna, VII, Bologna 1922, pp. 15-30; G. De Vergottini, Lo Studio di Bologna, l’Impero e il Papato, in Studi e memorie per la storia dell’Università di Bologna, n.s., I (1956), p. 79; G. Dolezalek, Verteichnis der Handschriften zum römischen Recht bis 1600, I-IV, Frankfurt a.M. 1972; P. Weimar, Die legistische Literatur der Glossatorenzeit, in Handbuch der Quellen und Literatur … Privatrechtsgeschichte …, I, a cura di H. Coing, München 1973, p. 187; P. Nardi, Mariano Sozzini, giureconsulto senese del Quattrocento, Milano 1974, pp. 21, 23, 69; A. Franceschini, Inventari inediti di biblioteche ferraresi del secolo XV …, in Atti e memorie della Deputazione prov. ferrarese di storia patria, s. 4, II (1982), p. 122; Le Pandette di Giustiniano, Storia e fortuna della «Littera fiorentina». Biblioteca Medicea - Laurenziana …(catal.), a cura di E. Spagnesi, Firenze 1983, p. 38; S. Caprioli, Visite alla Pisana, in Le Pandette di Giustiniano. Storia e fortuna di un codice illustre, a cura di E. Spagnesi, Firenze 1986, p. 75; A. Belloni, Professori giuristi a Padova nel secolo XV. Profili bio-bibliografici e cattedre, Frankfurt a.M. 1986, pp. 138-140; M. Ascheri, Diritto feudale e moderno. Problemi del processo, della cultura e delle fonti giuridiche, Rimini 1991, pp. 125 s.; I codici del Collegio di Spagna di Bologna, a cura di D. Maffei et al., Milano 1992, pp. 546-548, 584; E. Spagnesi, Il diritto, in Storia dell’Università di Pisa, 1*. 1343-1737, a cura della Commissione rettorale per la storia dell’Università di Pisa, Pisa 1993, p. 214; D. Maffei - P. Maffei, Angelo Gambiglioni, giureconsulto aretino del Quattrocento, Roma 1994, pp. 55, 77, 91; P. Griguolo, A. M. da Pratovecchio e il monastero della Vangadizza, in Quaderni per la storia dell’Università di Padova, XXXVI (2003), pp. 101-108; Enciclopedia Italiana, XXIII, p. 348; Novissimo Digesto italiano, IX, p. 714.

A. Labardi

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