GUSSALLI, Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 61 (2004)

GUSSALLI, Antonio

Giuseppe Monsagrati

Nacque a Soncino (Cremona) il 26 genn. 1806 da Pietro e da Teresa Vigani. Ben poco si conosce della sua origine, ma il tenore di vita successivo fa pensare a una condizione agiata, e d'altronde la famiglia paterna era annoverata tra quelle notabili della Lombardia; quanto alla sua educazione, pur essendosi compiuta durante la Restaurazione austriaca, essa risentì comunque della tradizione di studi e di aperture verso l'esterno che aveva caratterizzato l'ambiente milanese nella seconda metà del Settecento.

Le letture - che gli sono attribuite - di autori come i Verri da un lato, Rousseau, Diderot e gli enciclopedisti dall'altro, adombravano forse, insieme con lo sforzo di riallacciarsi alla cultura illuministica e al recente passato napoleonico della Lombardia, anche il fastidio per i troppi condizionamenti imposti dal centralismo viennese dopo la Restaurazione.

Tuttavia questo, se anche ci fu, fu solo un riflesso che non alterò il profilo di una personalità delineatasi essenzialmente fin dall'inizio con i tratti dell'intellettuale dotato di interessi che lo portavano a contatto con molteplici esperienze: da quelle letterarie (il G. fu molto amico di F. Ambrosoli e G.B. Niccolini, e fu in relazione con C. Cattaneo e, più tardi, con A. Manzoni) a quelle artistiche (il lungo rapporto con lo scultore L. Bartolini e con l'incisore P. Toschi) a quelle musicali, in cui si segnalò soprattutto come ammiratore di G. Rossini: mai però, se non per qualche contraccolpo del lavoro di studio, a quelle politiche.

Nell'insieme, le inclinazioni e le frequentazioni del G. lo collocavano nel filone del classicismo e del purismo: un classicismo e un purismo che implicavano il rifiuto reciso del romanticismo, la rivendicazione di un'identità culturale italiana legata soprattutto al suo passato, la ricerca costante di un'eredità linguistica negli scrittori italiani del Trecento, senza tuttavia le angustie xenofobe di B. Puoti o le pedanterie di F. Ranalli (con cui pure fu in contatto) o le rivisitazioni nostalgiche e fondamentalmente reazionarie di S. Betti e A. Cesari. Piuttosto era forte in lui e nella sua vocazione pedagogica (risulta che nel 1834 il G. fosse occupato come istitutore presso la famiglia Trivulzio Poldi di Milano) il senso della funzione civile e civilizzatrice che anche per l'uomo moderno avrebbe potuto avere la cultura classica; e da questo punto di vista l'incontro che più segnò e meglio orientò le scelte future del G. fu quello con P. Giordani, di oltre trent'anni più grande di lui e già affermato come maestro di gusto e di stile, che lo educò a un amore quasi fanatico per G. Leopardi e gli trasmise la sua stessa avversione per il potere quale era incarnato dai sovrani del tempo, in particolare per il potere papale, per il clero e per ogni forma di dogmatismo: la religione, proclamerà un giorno sulla sua scia il G., non è che "un ossido speciale del cervello umano" (Pellizzari, 1911, p. 12).

I primi contatti documentati tra i due risalgono alla primavera del 1832, quando il Giordani, espulso dalla Toscana, si era stabilito definitivamente a Parma: qui lo conobbe il G. che ne ricevette una commendatizia per G.P. Vieusseux grazie alla quale durante il successivo soggiorno fiorentino poté entrare nel giro degli scrittori dell'Antologia. Prese piede di lì una lunga amicizia fatta di molte confidenze epistolari e di proposte di collaborazioni a progetti che, come quello di traduzione di alcuni scritti in latino di B. Beverini da inserire in una edizione di Studi letterari nella storia lucchese del sec. XVI fatti da Antonio Gussalli e da P. Giordani ideata nel 1843, non sempre andarono in porto; sorte non dissimile toccò alla versione della Spedizione di Carlo Odoardo Stuart, scritta in latino da G.C. Cordara, che il G. completò nel 1845 e che ebbe due edizioni, una a Milano e l'altra a Piacenza, entrambe alleggerite dalla censura della prefazione scritta per l'occasione dal Giordani che vide la luce solo nella terza edizione milanese dello scritto (1861). Un apprezzamento per la "maestria del traduttore" sarebbe poi stato espresso da G. Carducci che, ricevuto in dono il libro nel 1862, diceva di averlo letto d'un sol fiato (Lettere, II, pp. 39-41).

Alla sua morte, nel 1848, il Giordani lasciò tutte le sue carte al G. che si mise subito al lavoro per raccogliere in un'edizione completa gli scritti del suo amico: aggirando le molte difficoltà sollevate dalle autorità austriache apparvero così tra il 1854 e il 1855 presso la casa editrice milanese Borroni e Scotti i sette volumi dell'Epistolario, il primo dei quali introdotto da un lungo saggio di Memorie intorno alla vita ed a scritti inediti di P. Giordani completate da Antonio Gussalli in cui, tra molte reticenze e omissioni, erano ricostruite le principali vicende biografiche dello scrittore piacentino, analizzata la sua produzione saggistica e restituito al suo profilo morale quel carattere di uomo libero e virtuoso che le persecuzioni politiche e le gelosie private potevano aver messo in ombra. Quanto ai criteri di trascrizione delle lettere, numerosi tagli furono dettati dal timore degli interventi polizieschi, sollecitati non di rado dalle simpatie bonapartiste del Giordani; interventi che colpirono poi sotto forma di sequestri e di divieti di commercializzazione la seconda parte dell'opera, altri sette volumi comprendenti gli Scritti editi e postumi del Giordani, pubblicati ancora a Milano tra il 1856 e il 1863 e introdotti da un ulteriore proemio redatto dal G. per giustificare le norme editoriali e il taglio interpretativo prescelti. Nemmeno nella liberale Italia poté invece essere pubblicato un altro inedito del Giordani, una sorta di scherzo dal forte contenuto razionalista e anticlericale, che il G. fece uscire a Londra nel 1863 intitolandolo Il peccato impossibile.

Nel 1877 F. Tribolati raccolse e diede alle stampe a Milano un volume di Prose del G., comprendente, oltre alle già menzionate versioni del Beverini e del Cordara e alla presentazione di una versione delle Massime di F. de La Rochefoucauld lasciata inedita da F. Ambrosoli, sia le Memorie sul Giordani sia il proemio all'ottavo volume dei suoi scritti: nell'uno e nell'altro caso il testo risultò arricchito rispetto alla versione uscita sotto la dominazione austriaca.

Accolta con più di una perplessità da qualche recensore che la giudicò inutilmente pletorica e da chi (per es., R. Bonghi) contestò aspramente il concetto stesso di un magistero giordaniano, la raccolta degli scritti - e soprattutto l'Epistolario - suscitò invece in Toscana l'entusiasmo degli Amici pedanti, il gruppo di giovani intellettuali che, nato per difendere la prosa italiana da ogni imbastardimento, aveva individuato proprio nel classicismo del Giordani e del Leopardi l'unico valido modello stilistico da offrire alle nuove generazioni.

Fu, questa, un'infatuazione destinata a durare poco ma che ispirò il ringraziamento collettivo al G. apparso in La Rivista di Firenze del 20 luglio 1856, e quindi indusse G. Chiarini e G. Carducci a intrattenere un cordiale rapporto di stima e amicizia con lui, il primo allacciando una lunga corrispondenza, il secondo indirizzandogli un sonetto e accettando di compilare per il XIV volume delle Opere del Giordani, allora in preparazione, una scelta di Pensieri e giudizi di letteratura e di critica estratti dalle sue lettere; furono sempre gli Amici pedanti, infine, che, approfittando di un viaggio del G. in Toscana, gli dedicarono un opuscolo (Ad A. G. quando nell'agosto 1858 passava da Firenze, Giuseppe Chiarini, Giosue Carducci, Ottaviano Targioni Tozzetti, paghi che ammirarono da presso l'amico degno di Pietro Giordani, Firenze 1858) in cui figuravano alcune brevi composizioni in prosa e in versi scritte per l'occasione.

Le molte difficoltà frapposte dall'Austria al suo lavoro di editore di testi e di studioso, acuendo la sua sensibilità patriottica, furono all'origine del giudizio entusiastico che il G. diede nel 1861 dell'avvenuta unificazione italiana, un evento da lui visto con gli occhi dell'intellettuale finalmente libero di esercitare senza costrizioni di sorta il proprio mestiere. Nella valutazione che, scrivendo al Chiarini, egli diede della svolta del 1859-60 colpisce sia il compiacimento per la soluzione unitaria, sia la gratitudine manifestata verso la collaborazione francese che l'aveva resa possibile; il G. infatti fu sempre tra quei milanesi che serbarono una profonda gratitudine per Napoleone III e che nel 1870 videro con raccapriccio la prospettiva di un'egemonia tedesca sull'Europa. Appassionato d'opera e di concerti, socio fondatore nel 1864 della Società del Quartetto subito impostasi come luogo d'elezione della cultura musicale milanese, anche in età avanzata, sollevato ormai da ogni occupazione, il G. continuò a frequentare i teatri e a passare le sue serate nel salotto della contessa Clara Maffei.

Alla sua morte, avvenuta in Milano il 24 maggio 1884, la moglie Costanza Antivari s'incaricò di consegnare personalmente tutti i manoscritti giordaniani di proprietà del defunto alla Biblioteca Laurenziana di Firenze.

Fonti e Bibl.: Soncino, Parrocchia di S. Maria Assunta e S. Giacomo, Registro dei battesimi, 1806. Lettere del G. o a lui dirette sono conservate presso la Biblioteca Braidense di Milano; cinque lettere a F. Mordani nella Raccolta Piancastelli della Biblioteca comunale di Forlì, cinquantasei a G. Roberti nella Biblioteca comunale di Bassano del Grappa. Sparse e assai limitate le notizie sulla sua attività e sulle sue vicende, che sono conosciute soprattutto in relazione alla sua vicinanza al Giordani e ai contatti con i giovani toscani: in proposito si rinvia a E. Costa - C. Benedettucci - C. Antona-Traversi, Lettere inedite di Giacomo Leopardi e di altri a' suoi parenti e a lui, Città di Castello 1888, pp. 252-259; A. Manzoni, Tutte le opere, VII, Lettere, t. III, Milano 1970, ad indicem; Edizione nazionale delle opere di Giosue Carducci, II, p. 94; P. Giordani, Lettere, a cura di G. Ferretti, II, Bari 1937, ad indicem; G. Carducci, Lettere, I, Bologna 1938, pp. 201, 245, 249, 251 s.; II, ibid. 1938, pp. 39 ss., 84 s., 196 s.; XV, ibid. 1953, p. 328; A. Marpicati, Carducci, gli Amici pedanti e A. G. Quattro lettere inedite, in Nuova Antologia, agosto 1957, pp. 548-552; G. Chiarini, La vita di Ugo Foscolo. Premessi alcuni cenni e documenti su G. Chiarini da G. Mazzoni, Firenze 1910, pp. XIII-XV; A. Pellizzari, Il degno amico di Pietro Giordani. A. G. nell'ultimo decennio del nostro Risorgimento (1859-1870), Barga 1911 (poi in Id., Dal Duecento all'Ottocento. Ricerche e studi letterari, Napoli 1914, pp. 529-544); Id., Giuseppe Chiarini, Napoli 1912, ad indicem; S. Fermi, Saggi giordaniani, Piacenza 1915, pp. 3-32, 58-63, 68 e passim; R. Barbiera, Il salotto della contessa Maffei, Milano 1925, pp. 103 s.; D. Ferrari, Giosuè Carducci e il letterato cremonese A. G., in Cremona, II (1930), pp. 487-490; G. Mazzoni, L'Ottocento, Milano 1934, ad indicem; A. De Gubernatis, Diz. biogr. degli scrittori contemporanei, p. 544; Letteratura italiana (Einaudi), Gli autori, I, Torino 1990, ad nomen. Necr. in L'Illustrazione italiana, 15 giugno 1884, p. 375; G. Chiarini, A. G., in Fanfulla della Domenica, 8 nov. 1885.

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