VENIERI, Antonio Giacomo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 98 (2020)

VENIERI, Antonio Giacomo

Guido De Blasi

VENIERI (Venier, de Veneriis), Antonio Giacomo. – Nacque a Recanati nel 1422 da Antonio di Coluccio (morto nel 1458) e da Maria Criseide Condulmer, parente di Gabriele Condulmer (dal 1431 papa Eugenio IV).

La forma cognominale de Veneriis individua un ramo dei Venier, patrizi veneziani, che secondo l’erudizione locale si impiantò a Recanati sul finire del XIII secolo a seguito di un bando. Nulla si sa di certo del confino nella città marchigiana di membri di questa famiglia, sebbene qualche elemento per considerare la notizia plausibile sussista. La città marchigiana fu infatti nel tardo Duecento in stretti rapporti con Venezia e nel 1310 fu, per esempio, la sede di confino di Pietro Badoer: si trattava dunque di una destinazione nota agli organi di governo veneziani. Sta di fatto comunque che in progresso di tempo i Venieri conseguirono posizioni di prestigio, anche attraverso una accorta politica matrimoniale che li portò a stringere legami con la nobiltà locale e altri veneti.

Questo prestigio raggiunse il massimo livello nel Quattrocento. Giacomo Venieri (zio di Antonio Giacomo e spesso confuso con lui) fu infatti arcivescovo di Ragusa dal 1440 al 1460 e comandante della flotta pontificia. Dei quattro fratelli di Antonio Giacomo – Pietro Paolo, Luciano, Coluccio e Ceccolino –, Luciano intraprese la carriera curiale e fu nominato scriptor della Penitenzieria apostolica il 10 agosto 1455 (Città del Vaticano, Archivio apostolico Vaticano [in seguito AAV], Regg. Vatt., 454, c. 180v; 459, c. 74r).

Le informazioni sulla giovinezza di Venieri sono scarse. Ebbe certo una buona educazione e intraprese inizialmente la carriera militare prima di approdare a quella ecclesiastica.

Secondo Antonio Bonfini, che declamò la sua orazione funebre, fu mandato da Eugenio IV nella Marca Anconitana, presumibilmente nei primi anni Quaranta, per sedare i tumulti contro il pontefice, assoldando Giacomo da Gaiva; la missione ebbe successo. Sempre Bonfini segnala che Venieri decise di abbracciare l’abito ecclesiastico pur essendo in procinto di sposarsi con una nobile fanciulla (Colucci, 1791, p. C). Secondo Giuseppe Antonio Vogel (1859) il giovane Antonio Giacomo ebbe come precettore il camerinese Tommaso Seneca, a ciò incaricato dallo zio Giacomo Condulmer, e introdotto «in Aulam romanam» emerse agli occhi del patriarca di Aquileia Ludovico Trevisan (p. 235).

La nomina a preposto di Faenza, cui un Venieri rinunciò nel 1438 (ibid.), sembrerebbe più pertinente alla biografia dello zio Giacomo.

Condusse gli studi universitari a Bologna, Padova, Siena e Perugia, ma non ottenne un titolo di studio a seguito di un normale percorso accademico. Infatti, solo a distanza di anni dall’ingresso in Curia, quando era già familiare del papa, scriptor della Cancelleria e clericus camerae, fu promosso legum doctor da papa Callisto III (15 ottobre 1457) tramite bolla apostolica (AAV, Reg. Vat., 465, c. 300rv), probabilmente per consentirgli di diventare segretario apostolico (cosa che infatti accadde appena sette giorni dopo; ibid., c. 299v).

Il 9 gennaio 1461 fu eletto vescovo di Siracusa (AAV, Reg. Lat., 572, cc. 84v-85r; 484, cc. 108r-109v). Prese possesso della diocesi per mezzo dell’agostiniano Pietro da Recanati, ma non fece registrare le bolle di nomina nei registri del protonotaro del Regno; tale mancanza causò un’inchiesta commissionata dal viceré Giovanni de Montayo. Il 28 giugno gli furono concesse le facoltà di collettore e nunzio in Castiglia e Leon (AAV, Reg. Vat., 518, cc. 1r-4r, 15r-26v). Il 3 agosto 1461 fu nominato nunzio apostolico in partibus Hispaniae (ibid., 481, cc. 96rv, 279r-280r).

Nel pontificato piccolomineo l’operato di Venieri in Castiglia fu volto prevalentemente al recupero delle decime e di altre somme di denaro per la crociata contro il turco, a favore della quale promosse pure un’insistita attività di predicazione (particolarmente a seguito delle bolle apostoliche del gennaio del 1461). La legazione fu anche caratterizzata dal tentativo di rafforzamento dell’istituto dell’Inquisizione nel Regno, sostenuto anche da una bolla pontificia emanata da Pio II il 14 marzo 1462.

Il 26 gennaio 1463 fu trasferito, sebbene non consacrato vescovo, alla chiesa di Leon (AAV, Arm. 29/30, cc. 72r-73r, 111rv) mentre era collettore della crociata in Spagna. Morto Pio II (1464), Venieri fu inviato a Roma come legato del re di Castiglia per prestare obbedienza al nuovo pontefice, Paolo II Barbo, e nell’occasione pronunciò un’orazione latina (Recanati, Biblioteca Leopardiana, ms. 62, parte 2). Ai primi di maggio del 1465 era ancora a Roma, rappresentando il pontefice in un incontro con gli ambasciatori spagnoli (I. Ammannati Piccolomini, Lettere, 1997, II, pp. 703-706); il seguente 6 giugno il cardinale Juan de Torquemada rinunciò ad alcuni diritti che deteneva sulla diocesi di Leon a favore di Venieri (AAV, Resignationes, 1, c. 31v), il quale fu consacrato vescovo il 22 dicembre dal cardinale Guillaime d’Estouteville nella chiesa di S. Apollinare a Roma.

Nel marzo del 1466 fu nominato ambasciatore del papa a Milano, in occasione della morte del duca Francesco Sforza.

Partì da Roma il 20 marzo con precise istruzioni di passare per Siena e Firenze per chiedere sostegno alla politica milanese. Nella città lombarda, oltre a rappresentare il pontefice nel lutto per la morte del duca e a ufficializzare la protezione che la Chiesa volle garantire a Milano per il mantenimento della pax italica, Venieri si interessò anche a facilitare la presa di possesso della commenda di S. Pietro in Ciel d’oro a Pavia, affidata da Paolo II al cardinale Iacopo Ammannati Piccolomini, il quale però era osteggiato dai reggenti del ducato lombardo.

Rimase nel ducato per pochi mesi: il 4 settembre 1466 era nuovamente a Roma, dove nominò il nipote Gabriele Condulmer vicario generale di Leon. Il 14 aprile 1467 fu inviato da Paolo II nel regno di Castiglia e Leon in qualità di nuncius et orator cum potestate legati de latere (AAV, Reg. Vat., 519, cc. 254r-256r), costituendosi come primo rappresentante pontificio residente in una potenza straniera (Blet, 1982, p. 185).

Cruciale fu il suo ruolo nel riconoscimento di erede al trono di Castiglia di Isabella, figlia di Giovanni II e di Isabella del Portogallo, in contrapposizione alla nipote Giovanna la Beltraneja (1468). Fu poi forte sostenitore dell’unione tra la stessa Isabella di Castiglia e il cugino Ferdinando d’Aragona, emanando in segreto (1469) una dispensa matrimoniale pontificia la cui autenticità fu dibattuta. Paolo II lo impegnò attivamente, nella carica di nunzio apostolico, durante la guerra civile castigliana per la successione reale.

Dal febbraio del 1469 risiedette certamente a Roma, poiché il 25 di quel mese consacrò Alfonso Fonseca, vescovo di Avila, nella cappella privata del cardinale Fortiguerri. Il 6 ottobre 1469 fu trasferito alla meno redditizia diocesi di Cuenca, mantenendo però una pensione di 400 fiorini e l’amministrazione della sede di Leon occupata fino a quel momento (AAV, Reg. Vat., 533, cc. 209v-216v, 288v-292v; 534, cc. 1r-2v).

Nel corso della carriera ecclesiastica accumulò molte ricchezze, che affidò alla gestione del Banco dei Medici di Firenze. Tuttavia, nel 1471, a causa del fallimento del duca di Milano, il Banco fu costretto a ridurre il profitto sugli investimenti dei suoi clienti, tra cui appunto Venieri, che vide fortemente ridotto il suo ricavo.

La lunga carriera diplomatica culminò con la porpora. Venieri fu creato cardinale, ma su proposta del re di Castiglia, il 7 marzo 1473 da Sisto IV. Gli venne assegnato il titolo di S. Vito in Macello il 17 maggio 1473 (AAV, Reg. Vat., 557, c. 248r), che tenne in commenda anche dopo il trasferimento al più prestigioso – e remunerativo – titolo di S. Clemente (tra il marzo e l’agosto del 1476; AAV, Reg. Vat., 574, c. 176rv).

Nonostante il valore di molti dei nuovi porporati, il concistoro del 1473 fu assai criticato dai cardinali creati nei precedenti pontificati, tanto per la qualità dei singoli insigniti quanto per le sostanziali costrizioni che il papa dovette subire dai regnanti nella scelta dei nomi. Venieri non fu esente dai giudizi negativi, come testimonia, tra gli altri, un insigne ecclesiastico della cerchia di Pio II: Iacopo Ammannati Piccolomini, confidente di Pio II, che anni prima, nel 1466, lo definì «coniunctissimus», ebbe a dire in una lettera a Rodrigo Borgia del 19 giugno 1473 che il recanatese «nato nel vizio, è stato innalzato al sacerdozio e alle dignità ecclesiastiche» (I. Ammannati Piccolomini, Lettere, cit., III, pp. 1719 s.) e che la sua nomina costituiva una iattura, tanto più deprecabile a causa del supporto di un’altra figura indegna, Michele Ferreri (che fu segretario sotto Callisto III insieme a Venieri e ad Ammannati), il quale lo sponsorizzò presso Paolo II. Di lì a tre anni però i rapporti tra i due porporati dovettero ricucirsi, tanto che il 23 aprile 1476 Ammannati raccomandò ai senesi per l’ufficio di podestà o capitano di Siena un protetto di Venieri.

Diventato cardinale, Venieri non fu più impegnato in missioni diplomatiche; decise invece di dedicare i suoi ultimi anni alla città natia.

Il rapporto con Recanati fu effettivamente assai buono: quando ottenne la porpora, i concittadini gli inviarono in concistoro alcuni ambasciatori con un omaggio di 200 ducati; poi lo richiesero come protettore della città e, in seguito, loro vescovo. Sempre nel 1473 Venieri iniziò la costruzione di un palazzo nel centro della città, i cui locali al pian terreno sarebbero stati destinati alla comunità servendosi di Giuliano da Maiano e delle sue maestranze (anche insistendo in maniera quasi fastidiosa presso i Medici di Firenze, per i quali stava lavorando, pur di averlo costantemente a Recanati). Tra le tante azioni compiute in favore della patria, nel 1477 Venieri fu anche promotore dell’edificazione di un ospedale gestito dalla confraternita di S. Lucia; al santuario di Loreto, che ricadeva nella giurisdizione del vescovo recanatese, donò sontuosi paramenti e sacre suppellettili; non mancò di raccomandare suoi concittadini per posizioni di rilievo tanto nello Stato della Chiesa quanto in Toscana e di collocare i propri parenti in piccoli benefici ecclesiastici a Cuenca e nelle altre diocesi che aveva retto.

Morì a Recanati il 3 agosto 1479. Il suo corpo, trasportato a Roma, fu sepolto in S. Clemente, suo titolo, dove Sisto IV fece erigere un monumento funebre attribuito all’ambito di Isaia da Pisa.

Lasciò un articolato testamento (Calcagni, 1711, pp. 200-202), in cui tra, le varie disposizioni a favore di parenti e familiares e lasciti per messe, stabilì la sepoltura nella ‘sua’ basilica e affidò l’esecuzione delle sue volontà ai cardinali Ammannati Piccolomini, Marco Barbo e Pietro Foscari. Le disposizioni però non furono onorate: parte dei suoi averi, compreso il palazzo di Recanati, furono confiscati da Sisto IV e impegnati per finanziare la costruzione dell’ospedale romano di S. Spirito in Sassia.

Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Archivio apostolico Vaticano, Arm. 29/30, cc. 72r-73r, 111rv; Reg. Lat., 572, cc. 84v-85r; Regg. Vatt., 454, c. 180v; 459 c. 74r; 465, cc. 299v, 300rv; 484, cc. 108r-109v; 481, cc. 96rv, 279r-280r; 518, cc. 1r-4r, 15r-26v; 519, cc. 254r-256r; 533, cc. 209v-216v, 288v-292v; 534, cc. 1r-2v; 557, c. 248r; 574, c. 176rv; Resignationes, 1, c. 31v; Biblioteca apostolica Vaticana, Capp., 196, cc. 137v-138v. Cronaca di Viterbo dal 1475 al 1479 di Giovanni Juzzo, in Cronache e Statuti della città di Viterbo, a cura di I. Ciampi, Firenze 1872, p. 432; Dispatches with related documents of Milanese Ambassadors in France, III, a cura di V. Ilardi, Dekalb 1981, ad ind.; I. Ammannati Piccolomini, Lettere, I-III, Roma 1997, ad ind.; Carteggio degli oratori mantovani alla corte sforzesca, VII, a cura di M.N. Covini, Roma 1999, pp. 71 s.; Supplementum ad Bullarium Franciscanum, II, a cura di C. Cenci, Grottaferrata 2003, ad indicem.

D. Calcagni, Memorie istoriche della città di Recanati, Messina 1711, pp. 74, 136-139, 195-202, 224; G. Colucci, Delle antichità picene, X, Fermo 1791, pp. C-CXI; M. Leopardi, Libri manoscritti esistenti nella libreria Leopardi in Recanati, Recanati 1826, pp. 6, 16; G.A. Vogel, De ecclesiis Recanatensi et Lauretana, I, Recineti 1859, pp. 234-236; P. Adinolfi, Roma nell’età di mezzo, Roma 1881, p. 312; W. von Hofmann, Forschungen zur Geschichte der Kurialen Behörden, vom Schisma bis zur Reformation, II, Rom 1914, pp. 92, 115, 256; L. Tóth, Analecta Bonfiniana, in Corvina, IX (1929), pp. 182-204 (in partic. p. 202); G. Amadio, La vita e l’opera di Antonio Bonfini, Montalto Marche 1930, pp. 257 s.; P. Romano, Ponte (V rione), II, Roma 1941, p. 101; R. de Roover, The Rise and Decline of the Medici Bank. 1397-1494, Cambridge-London 1963, pp. 274, 460; T. de Azcona, Isabel la Católica. Estudio crítico de su vida y su reinado, Madrid 1964, pp. 62-69, 103-105, 129 s., 156-160, 380-382 (nuova ed. Isabel la Católica, I-II, Madrid 1986, passim; quarta ed. Isabel la Católica. Vida y reinado, Madrid 2004, pp. 88, 112, 114, 120 s., 252, 331 s.); O Garana, I Vescovi di Siracusa, Siracusa 1969, p. 125; E. Pitz, Supplikensignatur und Briefexpedition an der römischen Kurie im Pontifikat Papst Calixts III, Tübingen 1972, pp. 167, 172; P. Blet, Histoire de la représentation diplomatique du Saint Siège des origines à l’aube du XIXe siècle, Città del Vaticano 1982, p. 185; V. Guitarte Izquierdo, Episcopologio Español (1500-1699), Roma 1992, pp. 308 s.; D. Frapiccini, Il cardinale Girolamo Basso della Rovere e la sua cerchia tra contesti marchigiani e romani, in I cardinali di Santa Romana Chiesa. Collezionisti e mecenati, I, «Quasi oculi et aures ac nobilissimae sacri capitis parte», a cura di M. Gallo, Roma 2001, pp. 9-23 (in partic. pp. 15, 20); B. Schwarz, Kurienuniversität und stadtrömische Universität von ca. 1300 bis 1471, Leiden-Boston 2013, pp. 286, 413.

TAG

Biblioteca apostolica vaticana

Girolamo basso della rovere

Penitenzieria apostolica

Isabella del portogallo

Giovanna la beltraneja