Pisanèllo, Antonio di Puccio Pisano detto il

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Pittore e medaglista (n. prima del 1395 - m. 1455). Fu il massimo interprete della cultura tardogotica italiana insieme a Gentile da Fabriano, di cui fu probabilmente allievo. Umanisti e poeti (Guarino Veronese, Basinio da Parma, Porcelio, B. Facio) esaltarono le sue qualità, testimoniando l'alta stima che ebbe presso i Visconti, i Gonzaga, gli Estensi e, infine, presso la corte aragonese di Napoli, ma gli scarsi documenti rendono problematica l'analisi delle sue opere in gran parte perdute o, spesso, conservate in cattive condizioni.

Vita e opere

La sua formazione avvenne probabilmente a Verona, città d'origine della madre dove alla fine del Trecento molti Pisani si erano trasferiti, in un ambiente in cui si stava elaborando la poetica del gotico cortese, ma ancora viva era la forte eredità di Altichiero. Precoci devono essere stati i contatti con Gentile da Fabriano se, come attesta Facio, P. terminò a Venezia la decorazione da quello iniziata nella Sala del Maggior Consiglio in Palazzo ducale (1415-22; distrutta) e più che probabili i rapporti con Michelino di Besozzo e Iacobello del Fiore. Tratti dell'arte veneta e lombarda tardogotica (raffinata aulicità, segno sottile e incisivo, preziosi cromatismi, attenzione per il mondo della natura) in effetti caratterizzano La Madonna della quaglia (Verona, Museo del Castello) e le Scene della vita di s. Benedetto (tre agli Uffizi, una al museo Poldi Pezzoli di Milano), opere che sono state attribuite al periodo giovanile, ma sono contestate da molti critici. Perduti gli affreschi che P. eseguì per Filippo Maria Visconti nel castello di Pavia (1424?), la prima opera firmata sono gli affreschi che completano la tomba Brenzoni, scolpita da Nanni di Bartolo in S. Fermo a Verona (1426 circa): l'Annunciazione e il graticcio fiorito con due angeli che fanno da sfondo a tutto il monumento. Ancora una volta fu chiamato a continuare l'opera di Gentile da Fabriano, morto a Roma nel 1427 mentre attendeva alla decorazione di S. Giovanni in Laterano. Perduti gli affreschi nella ristrutturazione borrominiana della basilica, di questo soggiorno romano (documentato per il 1431-32) rimangono disegni che mostrano anche un interesse per l'antico. Dal 1432 è documentata a più riprese la sua presenza a Ferrara (il soggiorno più lungo è dal 1442 al 1447), a Verona (1433-38), a Mantova, a Milano (1440) e infine a Napoli (1449). Intorno al 1436 si colloca la decorazione ad affresco della capp. Pellegrini in S. Anastasia a Verona, di cui rimane l'episodio di S. Giorgio e la principessa, sintesi stupefacente di naturalismo narrativo e gusto cortese. Gli stessi elementi e la stessa atmosfera si ritrovano nella Visione di s. Eustachio e nella Apparizione della Madonna a s. Antonio Abate e a s. Giorgio (entrambe a Londra, National Gallery). Negli anni 1960-70 sono stati rinvenuti gli affreschi del Palazzo ducale di Mantova, un ciclo cavalleresco in parte lasciato allo stato di sinopie, variamente datato dalla critica al 1439-44 o al 1447 circa. La penetrante abilità ritrattistica di P. (oltre al ritratto discusso dell'imperatore Sigismondo, Vienna, Kunsthistorisches Museum, ci sono giunti quelli della Principessa estense, Louvre, e di Lionello d'Este, Bergamo, Accademia Carrara) trovò un mezzo espressivo eccezionale nella medaglia (nessuno eguagliò il maestro veronese nella sottigliezza del rilievo, nella visione pittorica delle forme, nel ritmo sottile di contorni e scritte entro il cerchio), che coniò anche sul verso con figurazioni: dopo quella per Giovanni Paleologo, in occasione del Concilio di Ferrara (1438), notevoli sono quelle per Filippo Maria Visconti, Niccolò Piccinino, Sigismondo Malatesta, Ludovico Gonzaga, Cecilia Gonzaga, Vittorino da Feltre, Alfonso d'Aragona Iñigo d'Àvalos. Tra i numerosi e bellissimi disegni, si ricordano in particolare quelli del codice Vallardi (Louvre).

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