CONTI, Antonio

Enciclopedia Italiana (1931)

CONTI, Antonio

Giulio Natali

Nato a Padova il 22 gennaio 1677, abbandonata la carriera ecclesiastica e restato semplice abate, si diede tutto agli studî filosofici e poi matematici e fisici. Nel 1713 andò a Parigi, e vi disputò col Malebranche: due anni dopo, passò a Londra, accolto amorevolmente dal Newton, e poi nel Hannover per conoscere il Leibniz. Attraversò l'Olanda, e visitò il Ruysch e il Leuwenhoeck. Dopo un breve soggiorno in Inghilterra, tornò nel 1718 a Parigi, ove la contessa di Caylus lo accolse nel suo cenacolo. Tornò in Italia nel 1726, e morì a Padova il 6 aprile 1749.

Il C. fu uomo di dottrina enciclopedica, ideatore di molte e vaste opere, di poche esecutore. Fu fautore degli antichi in letteratura, sebbene studioso anche delle letterature straniere, massime dell'inglese, e dei moderni in filosofia; ma s'accorse che i filosofi moderni confondevano il progresso della filosofia con quello dell'arte. Il primo tomo delle sue Prose e Poesie (Venezia 1739) contiene il Globo di Venere, poemetto "tessuto con le dottrine platoniche e abbellito con le astronomiche conghietture", il Proteo, idillio in lode di Venezia, e altri componimenti poetici, traduzioni dal greco e dal latino, e dell'Athalie del Racine; il secondo, pubblicato postumo (1756), saggi di critica letteraria e trattatelli estetici in italiano e in francese, che lo pongono, per dirla col Croce, "al più alto livello della speculazione estetica di allora, fatta eccezione del solitario Vico"; il Riccio rapito del Pope, e altre traduzioni dall'inglese. Il C. principiò un poema filosofico e teologico, lo Scudo di Pallade, riduzione poetica della Teodicea del Leibniz. Il Foscolo, che più volte lo onorò di alte lodi, non poco derivò da lui nelle Grazie.

Il verso sciolto delle traduzioni è robusto e nervoso, e prelude a quello da lui usato nelle sue Quattro tragedie (Firenze 1751): il Giunio Bruto, il Marco Bruto, il Druso, il Giulio Cesare. Aveva ideato anche un Cicerone, che non scrisse. La più fortunata di queste tragedie fu il Giulio Cesare (1726), che il C. scrisse dopo aver letto il dramma di Shakespeare. Il C. non imitò nel suo Giulio Cesare quello di Shakespeare; ne ebbe però stimolo a comporlo per correggere in qualche modo l'irregolarità della tragedia inglese, la quale è duplice, la tragedia di Cesare e la tragedia di Bruto, e dar ordine e regola a bellezze sparse, che non gli parevano ben collocate nel dramma di quel "batbaro d'ingegno". Il C. sostenne che, come gl'Inglesi traevano i loro drammi dalla storia nazionale, così dalla propria, che egli circoscriveva alla romana, già prediletta dal Gravina, dovevano trarre i loro gl'Italiani, e rappresentarli in teatri appositamente costruiti, dove il pubblico accorresse, come a una scuola di storia, d'archeologia e di civili e morali virtù. Per questo rispetto, il Druso è la tragedia più interessante, come quella in cui il C. diede più risoluta esecuzione al concetto, allora tutto suo, di tradurre sulla scena la realtà storica con un amore tanto scrupoloso della verità da far pensare agli scrupoli del Manzoni. Basti dire che nella prefazione egli distingue i personaggi storici dall'unico immaginario, Planco, l'anima dannata di Seiano. Vero è che nella sua ricostruzione storica la storia è contorno, non fondo, non intuizione profonda, nonostante gli anacronismi, dell'anima antica, com'è nello Shakespeare.

La materia delle tragedie contiane è storica, epperò politici ne sono gli ammaestramenti. Ma non per questo si può dare al C. il merito d'aver tentato mezzo secolo prima dell'Alfieri la tragedia politica. Il contenuto politico delle tragedie del C. (l'esecrazione della tirannide, l'esaltazione dei tirannicidi) è puramente dottrinale: non vi ha parte la passione, anima della tragedia alfieriana.

Bibl.: G. Toaldo, Vita di A. C., premessa al vol. II di Prose e poesie di A.C., Venezia 1756; G. Zanella, A. Pope e A. C., in Paralleli letter., Verona 1885; A. Zardo, Un tragico padovano del sec. scorso, Padova 1884; G. Brognoligo, L'opera letter. di A. C., in Ateneo Veneto, XVII, ii, e XVIII, i-ii (1893-94); A. Salza, L'ab. A. C. e le sue tragedie, Pisa 1898; E. Bertana, Il teatro tragico ital. del sec. XVIII prima dell'Alfieri, suppl. IV al Giornale stor. della letteratura italiana; F. Moffa, Le teorie filosofiche di A. C., Napoli 1902; G. Rossi, Due fonti della ragion poetica del Foscolo, in Rivista d'Italia, agosto 1909; M. Melillo, L'opera filosofica di A. Conti, in Ateneo Veneto, 1911.

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