CONTI, Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 28 (1983)

CONTI, Antonio (Schinella)

Giovanna Gronda

Nacque a Padova il 22 genn. 1677 secondogenito di Pio e di Lucrezia Nani, nobili veneti. Il padre discendeva per via femminile da Sperone Speroni e ne lasciò al figlio Antonio i manoscritti.

Entrato nel 1699 nella Congregazione dei padri dell'oratorio della Fava, in Venezia, vi fu ordinato sacerdote, ma nel 1708 preferì lasciare l'Ordine cui doveva la sua prima formazione platonico-agostistiniana, l'interesse per la cultura francese e per gli studi scientifici moderni. Nel Veneto, dove in quegli anni affluivano testi, scolari e concetti del razionalismo cartesiano e dell'empirismo inglese, il C. ebbe l'agio economico e l'opportunità sociale di dedicarsi liberamente in qualità di abate a studi scientifici e filosofici, a letture di trattati matematici, astronomici, naturalistici e medici. Sotto la guida del cartesiano Michelangelo Fardella, professore al vicino Studio di Padova, il C. lesse le Méditations e i Principes di Descartes e soprattutto la Recherche de la vérité di quel Malebranche che Fardella aveva personalmente conosciuto in Francia assieme all'Arnaud. Il malebranchismo, che in quegli anni costituiva un terreno d'incontro per cartesiani, gassendiani e galileiani, offrì anche al C. un primo strumento di interpretazione delle teorie e ipotesi razionaliste e dei risultati della scienza sperimentale. Tuttavia la contemporanea lettura dell'Essayconcerning human understanding di Locke gli riconfermò quella radicale inconciliabilità tra le due teorie gnoseologiche che egli aveva già colto leggendo il NovumOrganum baconiano: "Ben mi accorsi che il cominciar da' sensi a filosofare era diversissimo dal cominciar da Dio" (Prose e poesie, II, p. 4).

Trasferitosi nel 1708 a Padova, gli studi matematici e algebrici e gli esperimenti fisici svolti a Venezia nonché la lettura della NovaMethodus del Leibniz lo misero in grado di seguire le lezioni del geometra Jacob Hermann, giunto in quell'università da Basilea, e di approfondire sui testi del De l'Hôpital lo studio dell'"analisi occulta". Problemi di calcolo differenziale, d'algebra e di geometria sono argomento in quegli anni delle sue lettere ai matematici italiani interessati all'analisi infinitesimale: il bolognese Gabriele Manfredi, il pisano Guido Grandi, il napoletano, ma professore di matematica a Roma, Celestino Galiani. Nell'ambiente padovano il C. conobbe il medico-ìdraulico Domenico Guglielmini, da cui fu sollecitato a riflettere sulla distinzione tra metodo matematico e fisico, e dal 1710 iniziò un'attiva collaborazione con il biologo naturalista Antonio Vallisnieri, da anni impegnato come professore di medicina pratica a difendere le scoperte biologiche del Redi e dello Harvey. A contatto con la vivace tradizione padovana dello sperimentalismo galileiano, il C. fece propria senza incertezze l'interpretazione meccanicistica della natura, e attingendo a Malebranche, operò una integrazione della teoria dell'infinitamente piccolo con il concetto di materia-estensione. In campo biologico, accogliendo la teoria degli inviluppi, si schierò a fianco del Vallisnieri e su suo invito confutò, indirizzando lo scritto a Filippo Della Torre, Le considerazioni intorno alla generazione de' viventi e particolarmente de' mostri (in Giorn. de' letterati d'Italia, XII[1712], pp. 239-330), l'operetta in cui il medico ferrarese Francesco Nigrisoli sosteneva, sul modello delle forze plastiche di Le Clerc, una teoria della luce seminale.

Con questa confutazione e con contributi epistolari al Vallisnieri e al Bourguet il C. prese posizione a favore di una teoria della generazione che, integrando il meccanicismo con il preformismo sulla base dell'infinita divisibilità della materia, si può accordare con una infinita dilatazione dei tempi della storia e delle specie viventi.

L'interesse contiano per la specifica polemica si accompagnava a quello metodologico per il confronto tra ricerca sperimentale e formulazioni ipotetiche, ed è probabile che, proprio per il desiderio di approfondire i termini filosofici di questo problema, il C. abbia lasciato nel 1713 l'Italia diretto in Francia.

A Parigi, nei due anni dei suo primo soggiorno, ebbe modo, in ripetuti incontri con il Malebranche, di esporre i suoi dubbi sul rapporto esistente tra teorie fisiche e cause prime metafisiche, e di chiarire sempre meglio la propria interpretazione dell'intreccio tra forza e materia. Nell'ambiente cartesiano. dell'Académie des sciences, dominato dalla personalità del Fontenelle, in rapporto con i matematici e geometri Varignon, Reyneau, Parent, Malezieu, con chimici, naturalisti anatomi. come Homberg, E. F. Geoffroy, J. G. Duverney e Petit, il C. approfondì la lezione di critica spregiudicatezza e di fiducia nella possibilità dell'intelletto umano di indagare e di conoscere il reale e prese atto, Con ammirato stupore, dello stretto rapporto tra la sperimentazione della ricerca scientifica e il potere sociale e politico francese. Tuttavia l'attenzionea problemi filosofici più generali, come quello della catena degli esseri e della sua finalità, dell'immediato e delle qualità sensibili, determinò nel C., proprio durante il primo soggiorno francese, una insoddisfazione crescente per la filosofia cartesiana e lo indusse ad approfondire il pensiero di Newton e di Leibniz. Datano a questo periodo i primi contatti avuti con il giovanissimo Pérelle, gli scambi di opinione sul newtonismo e sul rinvio da esso postulato a una struttura ancora sconosciuta della materia; la discussione e le obiezioni critiche al Traité du beau del cartesiano De Crousaz; l'inizio, secondo quanto riferisce il biografo Toaldo, della corrispondenza con Christian Wolff di prevalente argomento leibnizano; ed è dell'aprile 1715, proprio alla vigilia della partenza per Londra e dell'incontro personale con Newton, la lunga lettera che il C. scrisse a Leibniz, comunicandogli una serie di osservazioni sul concetto di armonia universale e sulla distinzione di qualità primarie e secondarie.

Personalmente egli si impegnava in quella attività di mediazione e promozione culturale che proseguì ininterrottamente in Inghilterra, di nuovo in Francia e in Italia dopo il suo ritorno: ad essa si deve in questi anni la stampa a Padova della Geometria del Malezieu (1713) tradotta in latino e l'edizione a Parigi de L'impostore, dialogo di Pier vacopo Martello sopra la tragedia antica e moderna (1714).

Un'analoga responsabilità culturale motiva anche la ripresa della polemica sugli inviluppi, in seguito alla pubblicazione a Ferrara nel 1714 di una apologia del Nigrisoli.

Nei due scritti contiani, iniziati a Parigi ma conclusi a Londra - la Risposta alla difesa del libro delle considerazioni intorno alla generazione de' viventi e la lunga prefazione indirizzata a Scipione Maffei (Venezia 1716) -, l'accento batte sulla necessità di difendere il prestigio del metodo e la serietà della ricerca scientifica confutando teorie inverosimili e inverificabili, sulla netta distinzione fra filosofia sperimentale e filosofia ipotetica, sulla esaltazione dei recenti progressi degli studi in Europa e sulla difesa dei patrimonio culturale italiano tenuto all'estero in poco conto.

Il soggiorno del C. in Inghilterra durò dal 1715 al marzo 1718. Ne rimangono testimonianze nelle lettere agli amici Orsi, Muratori, Vallisnieri e in appunti di diario che ci ragguagliano sulle conversazioni con Newton, sugli incontri con Edmond Halley, Samuel Clarke, Willem-Jakob Gravesande, sui progressi delle sue conoscenze di matematica e di algebra a contatto con matematici e geometri di scuola newtoniana come il Cotes, il Moivre, lo Stirling. I rapporti con i membri della famiglia reale presso i quali era stato introdotto dalla baronessa di Kilmansegge, sua amica, e quelli con i dotti francesi con cui era giunto a Londra come Pierre Rémond de Monmort o ivi conosciuti come Desaguliers e Desmaizeaux, l'aiuto dell'interprete francese Pierre Coste. traduttore di Locke e in seguito - forse per suo suggerimento - dell'opticks newtoniana, favorirono la sua introduzione negli ambienti scientifici: nel novembre 1715, su invito di Newton fu nominato socio della Royal Society, ed ottenne più tardi che ne divenissero membri Orsi, Muratori, Michelotti; i suoi studi e la sua preparazione gli consentirono di assistere ad esperimenti, di conoscere e seguire le ricerche in atto del Taylor e del Maclaurin. Nel resoconto dei primi colloqui con Newton si alternano argomenti di ordine generale e filosofico, come la radicale dicotomia tra il cartesianèsimo e la nuova scienza inglese, e questioni specifiche come la durata finita del moto, i diversi ordini di curve, il calcolo degli incrementi e dei decrementi.

La partecipazione contiana alla vita scientifica inglese comportò anche il tentativo di conciliare i due protagonisti della controversia sulla priorità dei calcolo infinitesimale. Indotto dai rapporti personali con Newton e da quelli epistolari con Leibniz, sollecitato dall'interessamento del sovrano Giorgio I di Hannover, fidando nel suo ruolo di italiano estraneo alla violenta polemica che dal 1699 divideva gli scienziati inglesi e tedeschi, il C., dopo aver esaminato i manoscritti newtoniani ed il materiale d'archivio dei Commercium epistolicum, pur riconoscendo quanto fosse pesato l'intervento ffiretto di Newton sull'operato dei giudici, si provò a convincere il Leibniz ad accettare il verdetto emesso proprio nel 1715 dal comitato scientifico nominato dalla Royal Society. La valutazione contiana è orientata a privilegiare il criterio di semplicità operativa e divulgativa: "La differenza dei calcolo newtoniano e leibniziano è nell'ipotesi; per altro l'argomento ed il calcolci sono gli stessi in tutti i problemi; l'idea alemanna come anche la caratteristica, parve più comoda e più facile che l'inglese, e tutta l'Europa l'ha seguitata" (Prose e poesie, II, p. 36).

Al sopravvenire dell'inverno, per motivi di salute il C. si trasferì dalla capitale a Kensington, dove si legò a nuove amicizie nei circoli whig e si dedicò a studi letterari e poetici, come provano l'abbozzo di un poema in versi sulla filosofia di Newton, l'ideazione di una tragedia intitolata GiulioCesare e la traduzione lasciata incompiuta dell'Essayupon poetry di John Sheffield, duca di Buckingham, conosciuto, insieme con lady Montagu, in quei mesi (Versioni poetiche, pp. 3-7). L'unico scritto a stampa di questi anni tuttavia è, oltre alla Risposta al Nigrisoli, la nota descrittiva dell'aurora boreale osservata a Londra nel marzo (in Giorn. de' letter. d'Italia XXVI [1716], pp. 454-455). Interessi scientifici ebbe anche il viaggio in Olanda e in Germania intrapreso nell'autunno 1716 e durato circa sei mesi con tappe a Rotterdam, Amsterdam, Leyda, Aia, Delft e un lungo soggiorno ad Hannover, dove giunse a metà ottobre, qualche giorno dopo la morte di Leibniz. Conobbe in questo periodo Le Clerc, Bernard, Quesnel, visitò i laboratori dell'anatomo Ruysch e del naturalista van Lceuwenhoek, ed ebbe lunghi colloqui con Eckard, segretario di Leibniz e depositario delle sue carte, dal quale ottenne gran parte dei materiali che confluirono nel Recueil des diverses pièces sur la Philosophie, la Religion Naturelle, l'Histoire, les Mathématiques par Mr. Leibniz, Clarke, Newton et autres auteurs celibres, progettato insieme con il Desinaizeaux e uscito a cura di quest'ultimo ad Amsterdam nel 1720.

Dei molti progettì elaborati al rientro in Inghilterra - un compendio delle Méditations cartesiane, una dissertazione sulla filosofia sperimentale, una prefazione alla traduzione del Marchetti dei De rerum natura lucreziano, edita a Londra nel 1717 a cura dei Rolli - non rimane a stampa che la versione m terzine dell'epistola Eloisa to Abolard del Pope, che fu edita solo dopo la sua morte e che gli ispirò i versi originali di una Lettera di Abolardo a Eloisa (in Versioni poetiche, pp. 9-28). È certo tuttavia che anche l'ultimo anno dei soggiorno inglese, con la permanenza a Hampton Court e le visite alle università di Oxford e di Cambridge, costituì per il C. un utile approfondimento di quella esperienza culturale. In ambito letterario egli si accostò ad autori come Shakespeare e Milton, cui poi si aggiunse lo Swift; segui sui testi di Dryden, Temple, Pope il dibattito critico che-si era sviluppato da tesi classicistiche e razionalistiche alle posizioni dì intervento civile e politico dello Spectator;intese, grazie alle precedenti letture di Bacone e di Locke, i termini filosofici della discussione sulla sensibilità e la fantasia, propria dell'estetica empiristica e nei Pleasures of imagination dello Addison avverti la vitalità di un nuovo modo di accostarsi all'opera d'arte; lesse lo Shaftesbury, preliminare al più tardo e critico studio dello Hutcheson.

Con interesse non minore il C. partecipò ai dibattiti che la fisica newtoniana sollevava in Inghilterra in ambito filosofico e teologico: lesse le opere di Whiston e di Toland, seguì da vicino la polemica epistolare tra Clarke e Leibniz e si accordò con Desmaizeaux perché nel primo tomo del Recueil alle loro lettere facessero seguito le Recherches philosophiques sur la liberté de l'hommo di Collins e le Remarques di Clarke. Se scrivendo agli amici italiani il C. sottolineava ammirato il carattere sperimentale della fisica newtoniana, nella corrispondenza con Nicolas Rémond, Pérelle, Desmaizeaux, De Crousaz, egli non nascondeva la sua perplessità per le implicazioni metafisiche e teologiche dei concetti di tempo e spazio assoluto, il suo interesse per gli studi newtoniani di esegesi biblica e di cronologia e il suo rifiuto delle ipotesi cosmogoniche di tipo finalistico e provvidenziale che i newtoniani inglesi andavano elaborando, da posizioni più o meno ortodosse, per sottrarre il pensiero del maestro alle interpretazioni materialistiche dei Freethinkers.

Rientrato in Francia nel marzo 1718 il C. vi rimase fino al 1726. Sono anni - gli ultimi della Reggenza, i primi del regno di Luigi XV - di vivace partecipazione alla vita intellettuale francese: in contatto epistolare con l'Inghilterra (Montagu, Desmaizeaux) e con l'Italia il C. non cessa di frequentare a Parigi scienziati e matematici (Dortous de Mairan, Réaumur, Saurin, F. Nicole), critici come il Dubos, giornalisti ed eruditi, collaboratori delle Nouvelles littéraires - Desmolets, Granet -, dei Mémoires de Trévoux e del Journal des Savants - Fraguier -, ma approfondisce i suoi rapporti soprattutto con i. membri dell'Académie des inscriptions et belles lettres: non solo latinisti e grecisti come Sallier e Hardion, sotto la cui guida coltiva lo studio dei greco e inizia a tradurre Anacreonte, ma critici e studiosi di cronologia. e di storia delle religioni come Mirabaud, Dumarsais, Fréret. I suoi interventi critici nascono da queste conversazioni e assumono la forma di dialogo e di lettera in lingua francese. Nel Dialogue sur la nature de l'amour (1719, in Prose e poesie, II, pp. LXXVI-LXXXIV), nei sette Dialoghi filosofici e nel Dialogo sopra il sistema delle monadidel Leibnizio (solo in parte editi dal Gamba, 1832, e dal Badaloni, 1972), nella lettera indirizzata nel '21 a Pérelle sulla capacità delle donne alla guerra, agli studi, al governo (in Prose e poesie, II, pp. LXVLXXV), i temi centrali sono ancora quelli dell'osservazione dei dati fattuali, dell'esperienza o dei fenomeni, della distinzibne tra il reale, il possibile e l'ideale, del rapporto tra necessità e convenienza, tra scienza fisica e morale, religione, costumi e leggi, ma la discussione si precisa ora in un confronto puntuale delle ipotesi cartesiane e malebranchiane con il sistema leibniziano delle monadi e con i principi newtoniani dell'attrazione e del vuoto.

Una vivace insofferenza per ogni forma di generalizzazione e di astrazione, l'attenzione al condizionamento storico e fattuale e la connessa preoccupazione per la funzione di utilità, non solo di diletto, della poesia si ritrovano anche nelle lgttere in francese a Madame la Présidente Ferrant e al SignorMarchese Maffei (in Prose e poesie, II, pp. LXXXV-CIV e CVIII-CXXVII), i testi con cui tra il 1719 e il 1722 il C. prese viva parte alla "querelle des andiens et des modernes", e in particolare alla questione omerica, e tracciò un dettagliato resoconto dei dibattiti critici e poetici in corso a Parigi. Di essi discusseanche con iletterati italiani Riva e Buonamici in casa di Lelio e FlaminiaRiccoboni, interessandosi all'attività teatrale della Commedia italiana che era da loro diretta e alla stampa anche di edizioni e traduzioni inglesi e francesi dei capolavori del Boccaccio e del Tasso. In questi anni si legò di stretta amicizia cori la contessa de Caylus, ispiratrice tra l'altro della traduzione dell'Athalie di Racine (stesa insieme con l'importante dissertazione sulla tragedia intorno al 1720, anche se rielaborata in seguito e stampata in Prose e poesie, I, pp. CXLIV-CCLVI). A lei e al figlio, il collezionista d'arte, Philippe Claude de Caylus. il C. rimase legato anche dopo il ritorno in Italia attraverso una fitta corrispondenza, e certo frequentandone la casa egli ebbe modo di conoscere oltre ai militari, ecclesiastici e uomini di governo di cui riferirà nel Discorso istorico e politicosullo stato della Francia dal 1700 sino al 1730, anche fuorusciti inglesi e massoni, come il Bolingbroke e il Ramsay, e liberi pensatori come Robert di Bréhaut, conte di Plélo, il marchese d'Argenson, l'abate di Saint-Pierre, quegli stessi cioè che insieme a Montesquieu potevano ritrovarsi nel circolo di madame de Lambert o, insieme a Pérelle, al club de l'Entresol o - con Nicolas Fréret - alle sedute della Petite Académie attorno a Boulainvilliers nella casa del marchese di Noailles, o infine, con Voltaire, ai caffè Procope e Gradot. Testimonianze sicure della presenza contiana abbiamo tuttavia solo per ciò che riguarda le riunioni organizzate dall'amico G. Oliva, bibliotecario del cardinale di Rohan. In questi ambienti libertini il C. rielabora sia sul piano letterario sia su quello filosofico l'esperienza culturale del soggiorno i nglese. Con l'aiuto del Bolingbroke, grande amico del Pope, traduce, nel 1724, The Rape of the Lock del Pope, nel cui Essay onMan egli riconoscerà più tardi non poche analogie con la propria valutazione del contributo gnoseologico della fantasia e della filosofia congetturale, a condizione di una rigorosa consapevolezza dei limiti attuali delle conoscenze.

La versione contiana del Riccio rapito, pubblicata per la prima volta a Londra nel 1751 (in Versioni poetiche, pp. 29-75), rappresenta un esempio particolarmente interessante dell'opera di traduttore del C., ed esercitò non scarso influsso nell'elaborazione del gusto e della sensibilità rococò all'interno della ricerca linguistica e stilistica del classicismo arcadico.

Anche la pubblicazione dell'Abrégéde la chronologie de M. le chevalier Isaac Newton (Parigi 1725), un sommario della cronologia newtoniana il cui testo.inglese era stato portato in Francia dal C., e le conseguenti polemiche (il Newton reagì duramente sulle Philosophical Transactions del 1726 e il C. fece pubblicare in francese l'articolo replicando con una Réponse auxobservations sur la chronologie de M. Newton avec une lettre de M. l'abbé Conti au sujet de ladite répome, Paris 1726) sono connesse con la volontà continua di confrontare la sua interpretazione del newtonismo con l'elaborazione che le teorie newtoniane avevano subito ad opera di scienziati e filosofi francesi. Lo scambio di influenze reciproche ebbe per conseguenza da parte contiana l'assunzione, sempre più netta in questi anni, di un atteggiamento di scepsi storica e filosofica, pronta ad accogliere non pochi argomenti del deismo quando non. dell'incredulità libertina.

Molteplicità di interessi e desiderio di promuovere la ricerca scientifica italiana il C. conserva anche dopo il rientro in patria negli ultimi. mesi del 1726: lo documentano la ripresa dei contatti con il Vallisnieri, i rapporti epistolari e personali con fisici, matematici e astronomi italiani di orientamento newtoniano (il Crivelli, il Poleni, il Riccati, il Pisenti, Eustachio Manfredi, lo Zanotti) e con vecchie e nuove conoscenze: il Muratori, C. Galiani, ma anche Vico, Cerati, Genovesi, Zorzi.

Durante il viaggio di ritorno incontra a Torino B. A. Lama, già conosciuto a Parigi nel '17, e G. Roma, professori dell'università torinese, e collabora attivamente al rinnovamento del gabinetto di fisica; pochi mesi dopo, presso i riformatori dello Studio di Padova appoggia l'introduzione di un corso di chimica; a Milano progetta, sotto il patrocinio di Clelia Borromeo, la fondazione di una Accademia delle scienze sul modello di quella parigina e della Royal Society, e, attraverso il Vallisnieri che dovrebbe presiederla, sollecita specialisti delle diverse discipline a collaborare a una scelta commentata delle memorie delle più importanti accademie europee.

Il prestigio acquisito in Francia e in Inghilterra, la confidenza prima e l'urto successivo con Newton, i contatti mantenuti con gli accademici francesi, i libri, giornali, strumenti portati dall'estero, le visite di ospiti illustri come Montesquieu nel '28 e Mary Wortley Montagu nel '39, lo stesso ambiente veneziano in cui il C. si muove fra patrizi della Repubblica, ambasciatori europei, lettori colti e curiosi e librai attenti alle ultime novità d'oltralpe, fanno di lui, almeno fino alla metà degli anni 30, un punto di riferimento cui fare capo per uno scambio di informazioni, testi, lettere, notizie e opinioni.

Tra il 1726 e il '29, per esempio, il C. esorta il Ramsay a riscrivere Les voyages de Cyrus;manda al Muratori, al Bentivoglio, al Baldini importanti osservazioni sullo spettacolo tragico in Italia e in Francia; scrive al Vico per sollecitarlo a una ristampa veneziana della Scienza nuova e intanto consiglia al Souciet di richiedere a Napoli tutte le opere vichiane e alla Caylus di leggere la Storia dei Regno di Napoli del Giannone; discute con il Poleni della misura delle forze e al giovane - Algarotti che, impegnato a ripetere all'Istituto delle scienze di Bologna le esperienze newtoniane della rifrazione della luce, gli chiede in prestito i suoi prismi, fa conoscere il giudizio di amici francesi sulle obiezioni dell'antinewtoniano Rizzetti.

Anche per gli anni successivi è l'epistolario - per quella ridotta parte che ne è rimasta - a documentare, ben più delle opere a stampa, la varietà degli interventi e delle letture del Conti.

Nel 1736 ragguaglia Pisenti su una dimostrazione della misura delle forze letta negli Acta eruditorum e sulla formula che ne ha derivato; nel '42 interroga Dortous de Mairan sulle maree; nel '45 discute con il Genovesi degli Elementi di metafisica usciti nel '43; nel '46 con il Muratori commenta la Dissertazione contro il fatalismo (1744) del Moniglia e il Dell'esistenza e degli attributi di Dio (1745) del De Soria; nel '47 infine in una lettera allo Zanotti sottolinea l'importanza dei nuovi esperimenti sull'elettricità.

Litigi familiari, disturbi di salute, un prudente rispetto della censura, ma soprattutto un'ansia di sintesi sistematica intimamente contraddetta da un pirronismo sempre più accentuato concorrono a far sì che gli ampi trattati cui acce nelle sue lettere non giungano a termine e riducano la sua opera a stampa a pochi titoli.

L'anno stesso detsuo arrivo in Italia esce a Faenza la tragedia IlCesare, preceduta da due interessanti scritti sul teatro diretti al Bentivoglio e al Martello.

Ispirata dalla lettura del capolavoro shakespeariano ai tempi dei soggiorno inglese, la tragedia è il primo dei testi teatrali che il C. compose su argomenti di storia romana - Marco Bruto (1742), Giunio Bruto (Venezia 1743), Druso (Venezia 1748) - e che furono raccolti con la prefaz. in Le quattro tragedie del sig. ab. A. Conti (Firenze 1751). Come nella scelta delle piéces francesi che egli tradusse - l'Athalie di Racine e la Mérope di Voltaire (Venezia 1744) - anche nella ideazione e composizione delle proprie tragedie il C. è mosso da. una prevalente tensione filosofica, dalla riflessione sul conflitto etico e storico tra libertà e potere, tra amore della virtù e necessità politica, tema che manterrà viva l'attenzione per questi testi durante tutto il sec. XIX.

Interessi propriamente filosofici e storici sono sottesi anche alle altre opere in versi e in prosa che il C. compone negli anni successivi al suo ritorno e che circolano manoscritte come il Discorso istorico e politico sullo stato di Francia dal 1700 sino al 1730 (fondo udinese), o vengono ppbblicate in raccolte miscellanee, come il componimento poetico Il globo di Venere (Faenza 1733), in opuscoli: le Considerazioni su l'aurora boreale (Venezia 1739), e in volume l'Illustrazione del Parmenide di Platone (Venezia 1743). Alcuni di essi vengono ripubblicati in Prose e poesie insieme alla varia produzione poetica di sonetti teologici filosofici eroici, all'idillio Proteo, alle cantate Timoteo, Cassandra e Orfeo, alle Versioni dall'inglese e dal francese, alle traduzioni dal greco e dal latino tra le quali si distinguono quelle dell'inno callimacheo Sopra il lavacro di Pallade e del carme di Catullo Sulla chioma di Berenice, corredate di eruditissime annotazioni e dissertazioni che interesseranno il Foscolo non meno delle versioni stesse. Nei due tomi trovano posto anche la lettera a Benedetto Marcello sopra la musica degli antichi e i due scritti indirizzati al Cerati in cui il C. sviluppa la sua teoria del bello e sottopone ad attento esame la Inquiryinto the original of our ideas of beauty and virtue deno Hutcheson.

Ma la maggior parte dei trattati e delle dissertazioni di argomento estetico storico e critico è pubblicata nel secondo tomo di Prose e poesie solo in forma di riassunti e di estratti (sulla imitazione, sui fantasmi poetici, sulla poesia greca, su quella italiana, sull'Ewide, sulla Tebaide, sulla Ragion poetica del Gravina, sul Navagerio del Fracastoro). Essi furono desunti dal Toaldo da manoscritti rimasti incompiuti e spesso sono scissi dal contesto più latamente storico o filosofico di cui facevano parte. È possibile tuttavia riconoscere in queste pagine i tratti distintivi della riflessione del C. sulla poesia: il suo interesse per i processi gnoscologici con i quali il piacere estetico è strettamente connesso; il problema degli universali fantastici e quello della storicità delle singole opere poetiche; l'antiprecettismo e insieme la preoccupazione, di eredità soprattutto graviniana, per la funzione didattica e civile della poesia come sapienza riposta; la valutazione, condivisa con il Muratori, della potenza della fantasia, nonché le sue opzioni di gusto per poeti come Omero, l'Ariosto e in anni successivi il Tasso.

Del tutto inedite rimangono invece nel corso del Settecento le opere di maggior respiro progettate dal C. come sintesi storiche e teoriche della sua speculazione filosofica: l'incompiuto Trattato delle idee, il Saggio di storia critica de' ragionamenti intorno Dio, Panima umana e gli altri spiriti e il voluminoso manoscritto Delle potenze conoscitive dell'anima umana che costituivano le due parti - storico-critica e filosofica - dei libro Dell'anima umana cui il C. lavora tra il '45 e il '46 e di cui invia la prefazione al Muratori (ora in buona parte pubblicati da Badaloni in Scritti filosofici). Anche in questi scritti la discussione delle teorie fisiche e filosofiche più recenti - attrazione, vuoto, tempo, spazio, etere, materia, corporeo, incorporeo - si coniuga con un interesse esegetico per la storia delle religioni all'interno di un confronto di tipo sincretistico con la filosofia antica, soprattutto platonica, e di una riflessione costante sui modi e i limiti della conoscenza umana.Una testimonianza dell'ordine generale che l'autore avrebbe voluto dare alla propria opera è conservata nell'ampia prefazione (pp. 1-57, non numerate) al primo tomo delle Prose e poesie che uscì a Venezia presso Giambattista Pasquali nel 1739. Dopo il 1735 infatti, l'anno in cui solo grazie all'intervento di autorevoli amici della nobiltà veneziana uscì assolto dalla denunzia di ateismo presentata nei suoi confronti presso l'Inquisizione veneta (ma lo stesso tribunale nel settembre di quell'anno farà catturare di notte Pietro Giannone che rincasava accompagnato, appunto, dall'abate padovano, dopo una serata di conversari in casa dell'avvocato Terzi), il C. dà avvio alla stampa dei suoi scritti in una edizione che dovrebbe comprenderli tutti, secondo un piano organico e sistematico. L'edizione progettata non vide ma la luce: dopo il primo tomo furono stampati nel 1740 alcuni dei testi che avrebbero dovuto costituime un'appendice e che confluirono nel secondo tomo edito solo nel 1756, ad opera dell'astronomo Giuseppe Toaldo, sette anni dopo che il C., colpito da apoplessia, era morto a Padova il 6 apr. 1749.

Opere manoscritte e a stampa: il più ricco fondo di manoscritti contiani reperiti fino ad ora si trova alla Biblioteca comunale Vincenzo Joppi di Udine. Si tratta di dodici volumi autografi (Manin 1305, 1306, 1348-1357), per lo più ignorati dagli editori ottocenteschi di opuscoli del C. e utilizzati recentemente da G. Gronda per la preparazione di Versioni poetiche, Bari 1966, e da N. Badaloni per la raccolta Scritti filosofici, Napoli 1972. Altre carte contiane si trovano presso la Nationale di Parigi, la Marciana di Venezia, le biblioteche comunali di Padova, Treviso, Verona. Diffusione anche più ampia hanno le lettere, in buona parte ancora inedite e conservate per lo più nei fondi dei corrispondenti stranieri (Londra, Cambridge, Hannover, Neuchâtel) e italiani (Livorno, Forlì, Modena, Venezia, Rovigo, Bologna, Pisa, Firenze, Napoli). Alcune di esse sono effite in raccolte epistolari dei secc. XVIII e XIX; quelle a/e di Leibniz in Der Briofwechsel von G. W. Leibniz mit Mathematikern, a c. di C. I. Gerhardt, Berlin 1899, rist. anast. Hildesheim 1962, pp. 258-308; quelle ale di Newton in The correspondence of I. Newton, a c. diR. A. Hall e L. Tilling, Cambridge 1976, VI, pp. 285-290 e 376-378; quelle a/e di Vallisnieri in Scritti filosofici, pp. 345-457. G. Gronda sta curando l'edizione dell'intero carteggio e ne ha dato ragguaglio in Scienza e letteratura nell'epistolaria di A. C., in corso di stampa negli atti del convegno Scienza e letteratura nella cultura italiana dei Settecento, Bologna 1982.

Fonti e Bibl.: Il secondo tomo delle Prose e poesie, Venezia 1756, ad opera dell'astronomo Giuseppe Toaldo, costituisce la fonte più preziosa della bibliografia contiana. Il volume contiene infatti un lungo scritto del curatore intitolato Notizie intorno la vita e gli studi del siff. abate C. (pp. 1-108) redatto su testimonianze orali del C., pagine di diario e brani di lettere. Le notizie fornite dal Toaldo e quelle che si leggono nelle opere dei contemporanei (tra i quali Vico, Giannone, Genovesi, Algarotti, Cesarotti, Foscolo, Leibniz, Newton, Montagu, Montesquieu, Voltaire) sono state riprese e integrate dai biografi ottocenteschi, ìn particolare da A. Cicutto, Elogio dell'abate A. C., Venezia 1814; P. L. Guinguené, A. C., in Biographie universelle, Paris 255, coll. 122-125; G. Vedova, Biografia degli scrittori padovani, Padova 1832, I, p. 276; G. Baseggio in E. De Tipaldo, Biografie d'ital. illustri, VIII, Venezia 1841, pp. 310-320. Il maggiore interesse critico nel secolo scorso si concentra tuttavia sulla produzione drammatica del C. e sui rapporti delle sue tragedie con i modelli shakespeariani, francesi e italiani, rapporti che vengono studiati sia nelle più importanti storie del genere teatrale, sia in saggi e monografie specifiche, come quelle di A. Zardo, Un tragico padovano del sec. scorso, Padova 384; di F. Colagrosso, LaPrima tragedia di A. C., Firenze 1898 e di A. Salza, L'ab. A. C. e le sue tragedie, in Annalidella Scuola norm. sup. di Pisa, XIII (1899), pp. 1-120. L'unico studio sistematico dell'opera del C. che cerchi di metterne inluce la complessità culturale e la varietà di interessi risale in quegli anni a G. Brognoligo, L'opera letter. di A. C., in Ateneo veneto, XVII (1893), 2, pp. 162-179, 327-350; XVIII (1994), I, pp. 137-209, 311-360; 2, pp. 49-84, 225-254. L'influsso della valutazione estetica formulata all'inizio del Novecento da B. Croce sul C. (in Estetica come scienza dell'espresjione e linguistica generale;Napoli 1902, pp. 245-249) è ravvisabile negli studi propriamente filosofici di F. Moffa, Le teorie filos. di A. C., Napoli 1907, e M. Melillo, L'opera filos. di A. C., in Ateneo veneto, XXXIII (1910), pp. 325-374; XXXIV (1911), pp. 21-165, e in quelli pressapoco coevi di G. G. Rossi, Due fonti della ragion poetica di Ugo Foscolo: G. Vico e A. C., in Rivista d'Italia, XII (1909), pp. 161-204; e di F. Ghisalberti, Il Foscoloe l'abate A. C., in Studi su Ugo Foscolo, Torino 1927, pp. 253-320, dedicati ad indagare i rapporti fra la teorizzazione poetica contiana e quella foscoliana. È solo tuttavia con il libro di J. M. Robertson, Studies in the Genesis of romantic Theory in the Eighteenth Century, Cambridge 1923, pp. 96-119, che la figura del C. assume un ruolo europeo nel quadro della poetica settecentesca, da questo momento la trattazione dei suo pensiero trova posto nelle maggiori opere sulla cultura e letteratura italiana del sec. XVIII e si succedono studi monografici italiani e stranieri: G. Lattuca, Un letterato del primo Settecento, in Atti dell'Accad. degli Arcadi, XIV (1930), pp. 91-163; H. Quigley, Italian Criticism in the 18th Century, in Mél. de philol., de hist. et de littérature offerts à H. Houvette, Paris 1934, pp. 367-391; A. Bobbio, Il pensieroestetico di A. C., in Atti dell'Accademia degli Arcadi, XXII (1940-1941), pp. 85-139; V. Mac Hamm, A. C. and English Aesthetics, in Comparative Lirerature, VIII (1956), pp. 12-27; F. Ulivi, Settecento neoclassico, Pisa1957, pp. 71-107; A. M. Baronio, Ilpensiero estetico di A. C., in Letterature moderne, IX (1959), pp. 192-205; G. Gronda, A. C. e l'Inghilterra, in English Miscellany, XV (1964), pp. 135-174; Id., L'opera critica di A. C. e Tradiz. e innovazione: le versioni poetiche di A. C., in Giorn. stor. della lett. ital., CXLI (1964), pp. 1-37 e CXLVII (1970), pp. 294-353. Parallelamente a una più precisa individuazione del valore della mediazione letteraria contiana, si va tracciando da parte di storici della cultura un profilo del pensatore in ambito filosofico e scientifico: dalle ricerche di E. R. Briggs, L'incredulité et la Pensée anglaise en Franco au début du dix-huitième siècle, in Revued'histoire littéraire de la France, XLI (1934), pp. 497-538; di A. Koyré-I. B. Cohen, Newton and the Leibniz-Clarke correspondence with notes on Newton, C. and Des Maizeaux, in Archives internat. d'histoire des sciences, XV (1962), pp. 63-126, di F. E. Manuel, Isaac Newton historian, Cambridge, Mass., 1963, pp. 21-36 e A Portrait of Isaac Newton, Cambridge, Mass., 1968, pp. 323-358, 451-456, fino al Volume di N. Badaloni, A. C., un abate libero pensatore tra Newton e Voltaire, Milano 1968. Su questa fase della critica si veda la rassegna di R. Ricuperati, Studi recenti ad primo Settecento italiano: Gian Vincenzo Gravina e A. C., in Riv. stor. ital., LXXXII (1970), pp. 611-644. Tra i contributi più recenti, il volume di M. Ariani, Drammaturgia e mitopoiesi: A. C. scrittore, Roma 1977, il saggio di S. Ingegno Guidi, Tra Franciae Italia. Discussioni letterarie nell'epistolario di G. G. Orsi e A. C., in Accademie e cultura. Aspetti storici tra Sei e Settecento, Firenze 1979, pp. 161-209, e l'articolo di G. Pugliese, "Lavorarfantasmi":l'arte poetica di A. C., in Canadian Journal of Italian Studies, IV (1981), pp. 250-255, sono tutti dedicati alla sensibilità teatrale e alla formazione letteraria del C., mentre nei volumi di A. R. Hall, Philosophers at War. The Quarrel between Newton and Leffiniz, Cambridge 1980 e di P. Casini, Newton e la coscienza europea, Bologna, in corso di stampa, la personalità del C. è analizzata in rapporto a Newton e alla diffusione della sua opera e nel saggio di G. Belgioioso, Una polemica filosofica tra Napoli e Venezia: Doria, Vico e C. in Fico a Venezia, Firenze 1982, il C. è studiato nei suoi rapporti con la cultura napoletana.

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