GALFO, Antonino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 51 (1998)

GALFO, Antonino

Guido Gregorio Fagioli Vercellone

Nacque a Modica (Ragusa) il 24 ag. 1740 (ma secondo Ch. Sommervogel il 13), primogenito di Carmelo e Anna Sigona.

Il padre, nato a Modica intorno al 1705, fu giureconsulto di chiara fama e sostenne le cariche di avvocato fiscale della gran corte di Modica e del Real Patrimonio, e poi di giudice supremo della medesima corte; ma fu anche appassionato cultore delle lettere classiche e della filosofia, e volle che il suo primogenito ricevesse una buona educazione, che egli stesso gli impartì per la parte umanistica, mentre affidò ai gesuiti di Modica quella scientifica e religiosa.

Al momento delle scelte il G. rifiutò di assecondare la volontà paterna che lo destinava agli studi giuridici e il 20 dic. 1756 entrò nel noviziato della Compagnia di Gesù, della quale l'anno successivo vestì l'abito. Venne ben presto destinato come precettore dapprima al collegio dei gesuiti di Palermo, poi a quello di Messina, nei quali insegnò letteratura, conquistandosi presto una fama di dottrina e di eloquenza che lo portò anche a predicare con successo.

L'improvvisa morte del padre per un incidente (la caduta da un balcone) e la conseguente decadenza economica della numerosa famiglia, spogliata dai creditori, segnarono per il G. l'inizio di un periodo travagliato, che culminerà nel 1767 con l'editto d'espulsione dei gesuiti dalla Sicilia. Povero e senza appoggi, il G. si trovò a peregrinare per varie città d'Italia, fino ad approdare alla fine del 1768 a Roma, dove all'inizio conobbe una vita d'espedienti e di umiliazioni. Furono proprio queste miserie a fornirgli lo spunto per una composizione letteraria abbastanza originale, il poema eroicomico L'imbasciata (Roma 1770), che lo fece conoscere nei circoli letterari e mondani romani: in esso egli narrava, con minuzioso e amaro umorismo, "le sventure a che soggiacque per l'abolizion dell'Ordin suo" (Narbone, IV, p. 111), con toni a volte quasi picareschi.

Il poema, fatto pervenire al re di Napoli Ferdinando IV, gli procurò qualche rinomanza anche nel Regno e una pensione che ricevette per tutta la vita. Accolto dunque nel mondo letterario romano, il G. fu sostenuto dalla benevolenza di Pio VI e dall'amicizia di molti dotti porporati. La pubblicazione di una tragedia, Il Socrate (Roma 1780), gli valse le lodi del Metastasio, di E.Q. Visconti e delle Effemeridi letterarie di Roma, ma anche una dura querelle con V. Monti, il quale lo attaccò ferocemente più volte (inizialmente, pare, a causa di una satira dal G. fatta circolare contro l'Accademia del Bosco Parrasio nella quale il Monti aveva recitato la sua Prosopopea di Pericle), sebbene in precedenza l'avesse anche lui lodato nel poemetto L'apparizione della poesia agli accademici Forti.

Sta di fatto che in alcune lettere indirizzate a C. Vannetti (16 ottobre e 19 nov. 1779, 3 genn. 1780) e in due sonetti satirici divulgati manoscritti il G. venne definito dal Monti "tristo loyolita", "rifiuto d'Arcadia e di Sicilia", "carca di peccati astuta volpe", "ingrata anima prava" e "bavoso e invidioso accademico quirino". Il Socrate poi fu stroncato nella lettera, sempre al Vannetti, in data 3 giugno 1780, e la polemica culminò con l'Avviso letterario fatto pubblicare dal G. sui numeri del 17 e del 24 giugno 1780 dell'Antologia romana, cui fu controbattuto con Il trionfo della verità, ossia lettera apologetica in cui si risponde alle due lettere… che si leggono sull'Antologia (in Altipoli, a spese del Fanatismo, s.a.). A ogni modo la fama del G. si era ulteriormente accresciuta, tanto che le principali accademie romane (dei Forti, dell'Arcadia, dei Quirini, degli Aborigeni) gli aprirono le porte, insignendolo anche di cariche.

Nel 1781 pubblicò a Napoli Saggio lirico contenente cento sonetti; poté poi pervenire alla pubblicazione in quattro volumi del Saggio poetico (Roma 1789-90), raccolta di tutti i suoi componimenti (a eccezione del sonetto Il volo di Montgolfier): sonetti, versi sciolti, odi, canzoni anacreontiche, discorsi accademici, drammi, dialoghi, idilli, epigrammi, traduzioni (fra cui, nel vol. IV, quella de L'orphelin de la Chine di Voltaire).

Tra questi sono di qualche interesse i canti epitalamici e le ottave eroiche, in particolare La regia (per le nozze Braschi Onesti-Falconieri, nuovamente in competizione col Monti), Il giudizio d'Imene, e il bizzarro L'entusiasmo fanatico, ossia tetra pittura di fantasia delirante.

Tuttavia, il genere nel quale il G. trova la sua espressione più spontanea resta quello satirico, rappresentato principalmente da due poemetti: L'allievo della fama, dieci capitoli in cui, fingendo di istruire un amico ad acquistar notorietà senza fatica, ridicolizza gli imitatori di Dante, i fanatici dell'archeologia, gli "infranciosatori" della lingua italiana; e L'istituto degli spiantati, satira dei finti letterati scrocconi e fannulloni, anch'esso in dieci capitoli. Vanno ricordati infine Il tempio della follia, l'Appendice al tempio della follia, Il pianto di S. Pietro e Il tribunale d'Apollo, alcuni pubblicati anche a parte.

L'ultimo periodo del soggiorno romano fu assai felice per il G., affermato e corteggiato. Tuttavia, quando fu concesso ai gesuiti esiliati di rientrare in Sicilia, egli decise senza esitazioni di tornare in patria (1796). A Modica fu accolto trionfalmente, ricolmato di onori e scelto dai prelati che reggevano la diocesi di Siracusa per delicati incarichi. Il lungo soggiorno romano aveva radicato in lui piacevoli doti d'urbanità cosmopolita e d'eleganza che ne rendevano assai ambita la familiarità in quel mondo un po' isolato e provinciale. In tale vantaggiosa posizione, "trovata l'antica accademia degl'Infuocati di Modica quasi estinta, ne riaccese la gara poetica" (Renda, 1837, p. 258), ne dettò i nuovi statuti, reclutò nuovi validi membri, raccolse fondi e naturalmente ne fu eletto "principe".

Nei primi anni dell'Ottocento il G. fu in relazione col nuovo papa Pio VII, che lo onorò indirizzandogli alcuni brevi.

Morì a Modica il 14 luglio 1815 (secondo G. Renda, suo principale biografo; il 12 luglio 1805, invece, a parere del Gubernale).

Fonti e Bibl.: Il tempio della follia, Lucca (ma Roma) 1778, App., p. IV (lettera del Metastasio al G., Vienna 25 giugno 1778, e alcuni brani dalle Effemeridi letterarie di Roma); Lettera del sig. abate A. Galfo al sig. Pietro Metastasio e risposta…, s.n.t. (Roma 29 luglio 1780, e Vienna 27 agosto 1780); V. Monti, Epistolario, a cura di A. Bertoldi, I, Firenze 1928, pp. 97 s., 120 s., 136, 139 ss., 310; IV, ibid. 1929, p. 270; VI, ibid. 1931, pp. 200, 420 s., 429; G.E. Ortolani, Biogr. degli uomini illustri della Sicilia, III, Napoli 1819, p. 91; G. Renda, A. G., in E. De Tipaldo, Biogr. degli italiani illustri, V, Venezia 1837, pp. 256-258; A. Narbone, Bibliogr. sicola sistematica…, III, Palermo 1854, p. 420; IV, ibid. 1855, pp. 111, 116, 123, 236; G. Renda, Biogr. degli uomini celebri per lettere e per iscienze, che vissero a Modica…, Modica 1869, pp. 113 ss.; L. Vicchi, Vincenzo Monti, le lettere e la politica…, Faenza 1883, pp. 333 ss.; G.M. Mira, Bibliogr. siciliana…, I, Palermo 1875, pp. 385 s.; Ch. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, III, Bruxelles-Paris 1892, coll. 1110 s.; XII, ibid. 1906, col. 1076; G. Leanti, La Sicilia nel sec. XVIII e la poesia satirico-burlesca, Noto 1907, ad indicem; A. Gubernale, Diz. biogr. degli uomini illustri della prov. di Siracusa…, Floridia 1909, pp. 135-138, con ritratto (per il padre Carmelo, p. 138); G. Natali, Il Settecento, Milano 1936, pp. 693, 763, 1068 s., 1104; Diz. dei Siciliani illustri, Palermo 1939, pp. 235 s.; Diz. encicl. della lett. italiana, III, Bari 1967, p. 11.

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