BUSSI, Anton Domenico

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 15 (1972)

BUSSI, Anton Domenico

Salvatore Bono

Nacque a Viterbo in data imprecisabile. Al seguito di G. F. Villa combatté a Candia e venne ferito il 5 ag. 1667; nel 1670 fu accolto nell'Ordine di Malta e partecipò negli anni seguenti ad alcune imprese.

Dal 1676 entrò al servizio della marina pontificia, nei cui ranghi percorse una lungacarriera, sino al comando supremo. Nel 1684 il B. ricevette il comando della galera "San Benedetto", aggregata alla squadra pontificia destinata a operare nel Levante unitamente alla squadra veneziana di Francesco Morosini; la galera del B. partecipò alle azioni che, fra agosto e settembre, sottrassero al dominio turco l'isola di Santa Maura e l'importante fortezza di Prevesa. Fra giugno e agosto dell'anno seguente prese parte alle operazioni per la conquista della fortezza di Corone; anche nell'estate del 1686 la galera del B. operò con le altre della squadra romana e con la squadra veneta nel Levante contribuendo alle vittorie di Navarino, Modone, Nauplia. Nel 1687 il B. partecipò allo sbarco ed alla conquista di Castelnuovo.

Il B., posto a capo nel 1689 della squadra pontificia, con il titolo di governatore, dal papa Alessandro VIII, in sostituzione del dimissionario Camillo Ferretti, diresse i movimenti delle unità (cinque galere e nove legni da carico) e delle truppe pontificie nelle operazioni svoltesi in Levante, nell'estate del 1690, d'intesa con la squadra veneziana al comando di Girolamo Comer. Merito particolare del B. fu l'attacco, effettuato secondo un suo piano, diverso da quelli inutilmente posti in atto in precedenza, per mezzo del quale si riuscì, ai primi di luglio, dopo sei giorni di combattimenti, a conquistare la fortezza di Malvasia, ultima piazzaforte turca in Morea. Il successo fu ancor più significativo per avere ottenuto, nell'agosto dello stesso 1690, la resa della fortezza di Canina e della piazza di Valona, costringendo i Turchi a ripiegare a Durazzo.

Nell'estate 1692 il B. ricondusse la squadra romana in Levante; ricongiuntesi a Nauplia con le unità veneziane e dei cavalieri di Malta, le galere pontificie presero parte alle operazioni di sbarco alla Canea e al tentativo di riconquistare l'isola di Candia, dal quale il comandante veneziano Domenico Mocenigo decise di desistere per il timore del sopraggiungere di una grossa armata turca. Nel 1693 la squadra del B. prese parte all'ultima impresa del veneziano Francesco Morosini e ne protesse le operazioni nel golfo di Egina e nelle acque delle Cicladi.

L'anno seguente il B. svolse, con le truppe ai suoi ordini, un ruolo di grande rilievo nello sbarco all'isola di Scio e nell'attacco e nella conquista della piazzaforte il 15 settembre. Un dettagliato rapporto, inviato dal B. al nunzio pontificio a Napoli, venne pubblicato sotto il titolo di Vera relatione dell'operato delle armi venete et ausiliarie nell'attacco ed acquisto di Scio,spedita a dì 20 settembre dal governatore delle galere pontificie (Roma 1691). Il B. avrebbe voluto attaccare le navi turche, ma il comandante veneziano Antonio Zeno per eccessiva prudenza si oppose al progetto.

Nell'estate del 1695 la squadra romana al comando del B. sostenne vittoriosamente lo scontro con alcuni legni barbareschi; ai primi di giugno, dopo uno scontro sanguinoso, fu catturato un grosso vascello algerino, dotato di trentasei cannoni, nelle acque di Santa Marinella; agli inizi di luglio le navi pontificie catturarono nelle acque calabresi un vascello corsaro tripolino, con tutto l'armamento (ventidue cannoni), le munizioni e il carico. In settembre le galere del B., unite a quelle venete al comando di Alessandro Malaspina, si scontrarono nei pressi di Scio con la flotta turca costringendola a ritirarsi a Smirne.

In riconoscimento della lunga e meritoria attività prestata nella marina pontificia, il B. nel 1696 venne nominato dal papa Innocenzo XII castellano della fortezza di Ferrara. Nel 1699 accolse nel castello la regina Maria Casimira, vedova di Giovanni Sobieski. Contrariamente a quanto afferma il Guglielmotti, non terminò a Ferrara i suoi giorni ma, per motivi di salute, ottenne d'essere destinato al comando del Forte Urbano, posto sulla via Emilia, al confine pontificio-modenese. Quivi si trovava nel 1708 quando il forte venne assediato dagli Austriaci. Non risulta la data della morte.

Bibl.: G. Baruffaldi, Dell'Istoria di Ferrara..., Ferrara 1700, pp. 473, 513; V. Coronelli, Biblioteca universale sacro-profana, VI, Venezia 1706, col. 1579; B. Del Pozzo-R. Solaro di Govone, Ruolo generale de' Cavalieri gerosolimitani della veneranda lingua d'Italia..., Torino 1714, p. 250, G. V. Marchese, La galeria dell'onore..., Forlì 1735, II, p. 563; A. Guglielmotti, La squadra ausiliaria della marina romana a Candia e alla Morea, Roma 1883, pp. 376 ss., 411 ss., 451-496; E.Rossi, Storia della marina dell'Ordine di S. Giovarmi di Gerusalemme,di Rodi e di Malta, Romano 1926, p. 80; A. Valori, Condottieri e generali del Seicento, Roma 1943, pp. 61-62.

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