ANTOLOGIA

Enciclopedia Italiana (1929)

ANTOLOGIA (dal gr. ἄνϑος "fiore" e λέγω "colgo"; lat. florilegium)

Giulio NATALI
Augusto ROSTAGNI
Francesco ARNALDI

Si chiamano antologie le raccolte di prose e poesie scelte, quasi mazzi di fiori, da cui poco differiscono le crestomazie (dal gr. χρηστομάϑεια), raccolte di passi "utili" d'autori classici. L'esempio e il nome derivano dall'Antologia greca (v. sotto).

In Italia non conosciamo antologie anteriori agl'inizî del Settecento: è nota la Scelta di sonetti e canzoni de' più eccellenti autori d'ogni secolo (Bologna 1708-09), compilata da Agostino Gobbi, ispirata da Eustachio Manfredi; cui seguirono le scelte del Ceva, del Tagliazucchi, del Mazzoleni e d'altri. Le antologie pullularono nell'Ottocento sino ai primi del Novecento; e non disdegnarono compilarne uomini di valore, o addirittura sommi (Foscolo, Leopardi, Carrer, Tommaseo, Cantù, Ambrosoli, Carducci, Pascoli). L'abuso ha generato una reazione; e oggi prevale in Italia il criterio che si debbano leggere i maggiori testi in edizioni integre, evitando lo spezzettamento delle antologie. Ma forse queste potranno sempre rendere utili servigi alla cultura generale, limitate agli autori minori e alle opere minori degli autori maggiori.

Antologia Greca.

Col nome di Antologia si designano le raccolte di epigrammi greci che l'antichità ci ha tramandate, in cui sono compresi epigrammi non soltanto dell'età classica, ma specialmente dell'età ellenistica e bizantina. Le due principali raccolte superstiti (che in buona parte, per il contenuto, coincidono l'una con l'altra) si distinguono con gli appellativi di Palatina e di Planudea, e hanno una lor propria storia che bisogna ricostruire. In generale, l'Antologia si è formata di mille e mille rivoli, modificandosi e accrescendosi attraverso i tempi, ai materiali vecchi aggiungendo o sovrapponendo materiali nuovi fin quasi sul limitare dell'evo moderno. La sua storia è perciò uno dei più notevoli fenomeni che mostrano come l'antica cultura si andò di continuo evolvendo.

Anzitutto, il concetto di epigramma va inteso in senso molto largo; tanto più che anch'esso ha variato di secolo in secolo a seconda dei gusti e delle tendenze. Generalmente si è considerato epigramma ogni piccolo componimento in distici elegiaci (quantunque non manchino epigrammi in altri metri); e questa larghezza di significato ha permesso che si componessero e si accogliessero nell'Antologia ogni sorta di piccoli componimenti d'argomento e di tono svariatissimi. Il gusto per l'epigramma, così largamente inteso, fu vivo anche nei bassi tempi: a ciò si deve la conservazione di questa parte della poesia greca, che altrimenti sarebbe andata perduta insieme con la maggior parte del resto.

Già nell'età classica, al primo svegliarsi dello spirito scientifico ed erudito, vi fu chi pensò a raccogliere i più antichi epigrammi specialmente di Simonide, che per lo più si conservavano anonimi sulle pietre. Ma l'idea di una collezione, in cui s'intrecciassero i fiori di tutti i tempi, fu concepita forse per la prima volta nell'età alessandrina, da Meleagro di Gadara, poeta e filosofo cinico del 100 circa a. C.; e questa collezione, intitolata Corona (Στέϕανος), diventò la base di tutte le successive raccolte e costituisce il primo fondo della nostra Antologia. Lì Meleagro a un buon mazzo di componimenti suoi proprî, pieni di grazia, riuniva quelli di oltre quaranta poeti, dai classici del VII e del VI secolo fin quasi ai suoi contemporanei, con speciale preferenza per taluni alessandrini, come Leonida di Taranto, considerati maestri dell'epigramma; e premetteva al tutto una lunga dedicatoria, anche in distici elegiaci, all'amico Diocle, dove descriveva le caratteristiche dei singoli poeti della Corona, paragonando ciascuno di essi a un diverso fiore (Anthologia Pal., IV, 1). I poeti compresi erano (nell'ordine in cui il proemio di Meleagro li annovera): Anite, Moiro di Bisanzio, Saffo, Melanippide, Simonide, Nosside, Riano, Erinna, Alceo di Messene, Samio, Leonida di Taranto, Mnasalca, Panfilo, Pancrate, Timne, Nicia di Mileto, Eufemo, Damageto, Callimaco, Euforione, Dioscoride, Egesippo, Perse, Diotimo, Menecrate, Niceneto, Faenno, Simmia, Partenio, Bacchilide, Anacreonte, Archiloco, Alessandro Etolo, Policlito, Polistrato, Antipatro Sidonio, Ermodoro, Posidippo, Edilo, Asclepiade, Platone, Arato, Cheremone, Fedimo, Antagora, Teodorida, Fania.

Un supplemento alla Corona di Meleagro fu composto, circa un secolo più tardi (nel sec. I d. C.), da Filippo di Tessalonica, il quale alla sua nuova Corona premetteva un consimile proemio, in distici elegiaci (Anth. Pal., IV, 2), da cui appare che insieme con poesie sue proprie egli aveva raccolto epigrammi dei principali poeti fioriti per lo più in quell'intervallo di tempo: Antipatro di Tessalonica, Crinagora di Mitilene, Antifilo, Tullio Laurea (liberto di Cicerone), Filodemo, Parmenione, Antifane, Automedonte, Diodoro Zona, Bianore, Antigono, Diodoro Sardiano, Eueno. La poesia si era trasportata dalla Grecia a Roma; e la maggior parte infatti di questi poeti, sebbene d'origine greca, vissero sotto l'influsso romano, taluni di essi nella cerchia medesima dei poeti augustei. Dopo Filippo di Tessalonica, prossimo raccoglitore fu il poeta Stratone di Sardi, probabilmente vissuto nel sec. II d. C.; il, quale tuttavia, a differenza dei predecessori, restrinse la scelta a un unico genere di argomenti, l'amore dei fanciulli; onde intitolò Μοῦσα παιδική questa sua raccolta di cui abbiamo gli avanzi nel libro XII dell'Antologia Palatina. Ad epigrammi suoi proprî univa quelli di altri molti, d'ogni età, specialmente ellenistici, d'argomento erotico. Ma quasi contemporaneamente, sotto l'imperatore Adriano, non più un poeta, bensì un grammatico abbastanza rinomato, Diogeniano d'Eraclea, diede un'antologia generale, probabilmente ispirata a criterî di stile, e la intitolò 'Ανϑολόγιον ἐπιγραμμάτων con nome affine a quello che più tardi s'impose.

Passiamo dal sec. II, con un brusco salto, al sec. VI d. C., quando dopo lunga pausa risorsero, ormai in piena età bizantina, come l'amore per le lettere in generale, così il gusto e la voga dell'epigramma. In questo tempo un autore d'epigrammi d'occasione, Agatia, avvocato e storiografo, vissuto a Bisanzio sotto Giustiniano, compose una nuova grande raccolta, che può considerarsi come la continuazione cronologica delle precedenti: Κύκλος τῶν νέων ἐπιγραμμάτων, in cui presero posto epigrammi suoi e dei principali autori contemporanei o fioriti negli ultimi secoli. Notevoli specialmente: Metrodoro, del IV secolo, autore di epigrammi aritmetici (Anth. Pal., XIV, 116-146); Pallada di Alessandria, del V; del VI secolo, Agatia stesso, Mariano di Eleuteropoli, Macedonio di Tessalonica, Paolo Silenziario, Giuliano d'Egitto, Leonzio Scolastico, Rufino. Per la prima volta, forse, in questa collezione era adottato l'ordine per materia, simile a quello che più tardi prevalse; mentre nelle precedenti raccolte (eccettuata sotto un certo aspetto la Μοῦσα παιδική di Stratone, la quale denotava già un ordinamento per materia) gli epigrammi, a quanto pare, erano distribuiti alfabeticamente. Anche Agatia premise al suo Κύκλος un prologo: anzi un doppio prologo, parte in trimetri giambici, parte in esametri dattilici (Anth. Pal., IV, 3 e 3 b).

Il VII e l'VIII secolo sono periodi di decadenza e d'oscurità, cui succede nel IX la rinascita della cultura bizantina. Allora, in un nuovo fervore di studî, uomini dotti, come Fozio, Areta e altri, si diedero a ricercare e trascrivere i tesori della letteratura greca in generale. Così anche furono ricercati e trascritti gli epigrammi. E poiché le precedenti raccolte d'epigrammi, da Meleagro ad Agatia, contenevano per lo più il patrimonio di determinate età e costituivano in certo modo la continuazione l'una dell'altra, si ebbero allora, con intendimento storico ed erudito, i tentativi di fonderle tutte quante in una sola, di nuovo genere: cioè in una vera e propria 'Ανϑολογία press'a poco forse com'era stato in altri tempi l'intendimento del grammatico Diogeniano nel suo Ανϑολόγιον, di raccogliere, per allora, gli epigrammi d'ogni età.

L'uomo dotto che si assunse questo compito, alla fine del secolo IX, fu Costantino Cefala (proto-papa del Palazzo imperiale nel 917), probabilmente assistito dalla cooperazione di Areta. Egli dava come sue fonti principali le raccolte di Meleagro, di Filippo, di Agatia, dei quali conservava i proemî; divideva l'opera per materia. L'opera di Costantino Cefala ci è pervenuta: corrisponde a sette dei quindici libri dell'Antologia Palatina: cioè ai libri IV, V, VI, VII, IX, X, XI. Ma intorno ad essa e dopo di essa erano sorte altre sillogi minori, parecchie delle quali ci sono pur conservate: la Silloge Eufemiana (detta così da Eufemo di Hypata, contemporaneo del Cefala) nel cod. Paris. 2720 (sec. XV) e nel Florent., 57, 29; la Silloge Parisina, dipendente dall'Antologia del Cefala, in cod. Paris. gr. 1773 (sec. XIV) S e suppl. 352 (sec. XIII) B.

Principalissimo però dopo Costantino Cefala fu nel sec. XIV il monaco bizantino Massimo Planude, il quale compose una nuova Antologia ('Ανϑολογία διαϕόρων ἐπιγραμμάτων), in sette libri, pur distinti fra loro dalla natura degli argomenti. Qui egli ripubblicava in gran parte l'opera del predecessore, ma introduceva anche delle aggiunte, sia desumendole dalle fonti stesse del Cefala, sia da altre fonti. Dell'Antologia Planudea ci è pervenuto l'autografo nel cod. Marcian. 481 (scritto l'anno 1301). Una silloge dipendente dal Planude è nel cod. Paris. gr. 1773 (sec. XIV). Un'appendice di epigrammi erotici ricavati da Costantino Cefala, mentre erano stati tralasciati da Massimo Planude, si trova in cod. Vatic. gr., 240 (sec. XVI) e Barber. gr. Z, 123 (secoli XV-XVI), pubblicata da L. Sternbach (Lipsia 1890) come Anthologiae Planudeae Appendix Barberino-Vaticana. L'Antologia di Planude fu per molto tempo la sola conosciuta in Occidente; su essa rurono fatte le prime edizioni a stampa, cominciando da quella di Firenze del 1494, curata da Giovanni Lascaris, sino al sec. XVII. Scopertasi alquanto tardi la cosiddetta Antologia Palatina, la Planudea è passata in seconda linea; ma tuttavia non è senza valore, perché risale a un esemplare del Cefala in parte migliore di quello adoperato nell'Antologia Palatina, e contiene inoltre epigrammi che là mancano.

Nel 1607 il Saumaise per primo trascrisse in Heidelberg l'Antologia Palatina, chiamata così perché si conserva nel Cod. Palat. 23, sec. XI, che deriva da un esemplare in onciale, e che oltre all'Antologia contiene anche, alla fine, le Anacreontee, e in origine conteneva anche Nonno. Questo codice adunque dalla Biblioteca Palatina di Heidelberg passò nel 1623 a Roma, dono del duca Massimiliano I di Baviera al pontefice Gregorio XV; nel 1797 poi, tagliato in due parti, fu portato dai Francesi a Parigi; infine, dopo la pace di Parigi, nel 1816 la prima parte (Libri I-XII) ritornò a Heidelberg, la seconda rimase a Parigi.

L'Antologia Palatina comprende 15 libri così distribuiti. Libro I: Epigrammi cristiani. Libro II: Descrizione delle statue del pubblico ginnasio di Zeusippo composta dal poeta Cristodoro Tebano (sec. V d. C.). Libro III: Epigrammi Ciziceni, sul tempio d'Apollonide madre d'Attalo e d'Eumene (in Cizico). Libro IV: I proemî delle varie antologie, di Meleagro, di Filippo, di Agatia. Libro V: Epigrammi erotici. Libro VI: Epigrammi dedicatorî. Libro VII: Epigrammi sepolcrali. Libro VIII: Epigrammi di Gregorio teologo. Libro IX: Epigrammi epidittici. Libro X: Epigrammi protreptici. Libro XI: Epigrammi conviviali e burleschi. Libro XII: Musa puerile di Stratone da Sardi. Libro XIII: Epigrammi di diversi metri. Libro XIV: Epigrammi aritmetici; enigmi; indovinelli. Libro XV: Miscellanea.

Manca tuttora un'edizione critica completa che soddisfaccia le esigenze della scienza. Una ne fu cominciata da H. Stadtmüller, Anthologia Graeca epigrammatum Palatina cum Planudea, Lipsia 1894-1906, I (Palatinae, I-VI, Planudeae, V-VII), II, pars prior (Palat., VII, Planudeae, III); III, pars prior (Palatinae, IX epp. 1-563 Planudeae, I); peraltro bisogna ancora ricorrere all'edizione didotiana di Fr. Dübner, in 2 voll., Parigi 1871-1888 (un 3° vol., curato da Ed. Cougny, 1890, contiene un'appendice di epigrammi ricavati da altre fonti). Utile ancora, specialmente per i commenti, l'edizione di Fr. Jacobs (fondata sulla recensione di Ph. Brunck, Strasburgo 1772-1776), Lipsia 1794-1814, in 13 volumi. Una scelta di epigrammi commentati (ma in parte desunti da fonti epigrafiche) in J. Geffcken, Griechische Epigramme, Heidelberg 1916. Una nuova edizione ha cominciata P. Waltz, testo e trad. franc., libri I-V, Parigi 1928.

Bibl.: Susemihl, Geschichte der Griechischen Literatur in den Alexandrinerszeit, II, p. 566 segg.; R. Reitzenstein, Epigramm und Skolion, Giessen 1893; L. Schmidt e R. Reitzenstein, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I, p. 2380 segg.; U. v. Wilamowitz, Sappho und Simonides, Berlino 1913; J. Cichorius, Römisches aus der griech. Anthologie, in Römische Studien, Lipsia 1922, p. 244 segg.; J. Geffcken, Studien zum Griech. Epigramme, in Neue Jahrb. für kl. Alt., 1917, p. 88 segg.

Antologia Latina.

Il titolo di quest'opera, richiamando quello dell'Antologia greca può indurre in errore. Mentre quest'ultima è una raccolta antica, l'Anthologia Latina, sive poësis Latinae supplementum, quale ci si presenta nell'edizione teubneriana di Bücheler e Riese, non è che una silloge, fatta da editori moderni, di epigrammi e poesie disperse in codici e monumenti diversissimi, e in gran parte tardi, prendendo lo spunto da un'antica raccolta, contenuta in un codice, detto, dal nome del Saumaise che ne fu possessore, Salmasianus. Nella silloge di Bücheler e Riese è comunque raccolto tutto quel ch'è fiorito sui margini e oltre i margini dell'arte e della letteratura latina sino al sec. VI.

La raccolta del Codex Salmasianus è risultata molto probabilmente dalla fusione di varie sillogi anteriori, fatte scegliendo centoni, rarità metriche, sententiae, composizioni versificate su tesi retoriche di scuola, epigrammi e poesiole su personaggi storici e mitologici, su curiosità naturali e artistiche, epigrammi satirici, erotici e osceni. Dei libri in cui originariamente era divisa la raccolta sono andati perduti i primi cinque, sostituiti in parte, specie dal Vossianus Q. 86 e dal Parisinus 8071, e forse anche altri componimenti. Un'idea del Salmasiano e di queste sillogi può esser data al profano dall'Appendix Vergiliana e dai Priapea. Il Salmasiano contiene persino una tragedia (n. 17) intitolata Medea, centone virgiliano composto, secondo quanto ci dice Tertulliano, da Osidio Geta, e una controversia (n. 21) in 285 esametri. Ma i componimenti più interessanti, anche storicamente, sono quelli scritti da alcuni poeti vissuti in Africa negli ultimi anni del dominio dei Vandali. Anzi da alcuni accenni a persone e fatti dei Vandali si può conchiudere che la raccolta fu fatta tra il 532 e il 534. Il poeta di cui è stato raccolto il maggior numero di componimenti è Lussorio, un grammatico, a cui è dovuto tra l'altro un elegante epitafio per la bimba di un capitano vandalo. Notevoli nel codice anche i 100 indovinelli di Sinfosio, destinati ad essere nei secoli seguenti un modello imitatissimo di questo genere di letteratura, e il famoso Pervigilium Veneris, conservatoci anche dal codice Paris. 8071.

Nell'edizione di Bücheler e Riese, precedono i componimenti del Codice Salmasiano pochi carmi di codici anteriori. I più importanti sono il frammento del poema di Rabirio (?), conservatoci da un papiro ercolanense, e le due precationes, Terrae ed omnium herbarum, dell'età augustea. Seguono il Salmasiano numerosi componimenti tratti da codici dell'VIII, IX e X secolo, tra i quali i cosiddetti carmina Einsidlensia.

Interessantissimi, come documenti di storia e d'umanità, sono i due volumi di carmina epigraphica, completati nel 1926 dal Lommatzsch, con un supplemento, contenente una scelta di carmi epigrafici scoperti o editi dopo il 1896. La raccolta va dal Carme Arvale alle epigrafi cristiane del VI secolo. Nel 1895 M. Ihm pubblicò gli epigrammi di papa Damaso, come primo volume di supplementa all'Antologia.

Oltre al Salmasianus (secoli VII-VIII) sono da citare per sillogi secondarie i codd. Vossianus Q. 86 e Bernensis 611. Sugli altri numerosi codici, da cui son tratti gli altri carmi dell'Antologia, non è qui il caso di fermarsi. Le due precationes sono nel Vossianus Q. 9. Le prime raccolte di componimenti latini secondarî sono dovute allo Scaligero (1573) e a P. Pithoeus (1590). Seguirono nel sec. XVIII la raccolta di P. Burmann in 2 volumi, e nel sec. XIX quella più ampia di H. Meyer, pure in due volumi. La raccolta più recente è quella di Bücheler e Riese (2ª ediz 1894-1906), con i due supplementi dello Ihm e del Lommatzsch. Il Salmasianus è stato edito anche dal Bährens nel IV volume dei Poëtae Latini minores. I carmina epigraphica sono stati editi, dopo il Bücheler, dall'Engstrom (1912). Naturalmente alcuni carmi appartenenti a determinati poeti hanno avuto edizioni a parte, o si trovano in altre edizioni o collezioni. Anche i carmina epigraphica non rappresentano che una scelta fatta su più ampie collezioni epigrafiche e su periodici.

Bibl.: Per l'Antologia latina in genere e per la sua storia, v. M. Schanz, Gesch. d. Röm. Lit. Monaco 1920, IV, ii, pp. 69-70 e l'articolo di F. Marx, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I, col. 2391 segg. Per i poeti d'Africa e in genere del Salmasianus, Schanz, op. cit., p. 70 segg. e Levy, art. Luxorius, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XIII, col. 2102 segg.

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