Antimicrobici
I farmaci antimicrobici comprendono tutte quelle sostanze in grado di inibire, a concentrazioni tollerate dall'organismo, un processo metabolico o una via di sintesi presente a livello del microrganismo infettante. Esistono antimicrobici prodotti da microrganismi e sostanze di sintesi: la diversa derivazione ha fatto sì che queste sostanze venissero denominate, rispettivamente, antibiotici e chemioterapici. Nell'ambito degli antimicrobici possono essere distinti: gli antibatterici, che agiscono principalmente contro batteri, gli antimicotici, attivi contro gli agenti responsabili di micosi, gli antivirali, in grado di contrastare le infezioni legate a virus. Numerose classificazioni vengono proposte per questa categoria di farmaci, che, peraltro, data la frequente esigenza di far ricorso a terapie antimicrobiche, rappresentano uno dei capitoli economicamente più rilevanti per la spesa farmaceutica. L'impiego di un antimicrobico deve esser giustificato da precise indicazioni cliniche e deve esserne evitato l'uso incongruo e non mirato, vale a dire senza una diagnosi accertata o presunta del tipo di agente responsabile.
sommario: Aspetti storici e sociali. I. 'Antibiotici empirici' della medicina antica e popolare. 2. Chemioterapici e antibatterici. 3. Alexander Fleming e la penicillina. 4. L'era antibiotica: impatto sociale ed economico. Aspetti farmacologici. I. Definizioni e classificazioni. 2. Resistenza batterica. 3. Trattamento antibatterico: principi generali. 4. Famiglie di antimicrobici. □ Bibliografia.
Aspetti storici e sociali di Vittorio Alessandro Sironi
I. 'Antibiotici empirici' della medicina antica e popolare
Già alcuni millenni prima di Cristo, ebrei e cinesi erano soliti ricorrere all'uso di muffe, ricavate polverizzando ramoscelli d'issopo o lasciando decantare a lungo il latte di soia, per risanare piaghe e ferite infette. Decotti, polveri e unguenti dotati di empirico potere curativo per le infezioni sono ancora di abituale impiego presso molte popolazioni 'primitive'. Alcuni popoli dell'America centrale utilizzano un rimedio ricavato dai chicchi ammuffiti di mais, il cuxum, mentre in America latina una tribù boliviana guarisce dalla febbre puerperale con un decotto a base di coca e muffe del mais e della patata. In Africa è frequente l'applicazione locale sulle piaghe di 'terre medicamentose', una pratica che ricorda l'uso delle 'terre sigillate',
Anche nella medicina popolare è diffuso l'impiego di sostanze ritenute dotate di potere antimicrobico naturale. Comune è il ricorso, per favorire la cicatrizzazione delle ferite di animali o di persone, all'applicazione locale di ragnatele di muschio, di polvere delle travi, di muffe del pane, del latte e del formaggio. Nelle foruncolosi e nelle impetigini viene indicata l'assunzione di lievito. Ancora più del semplice miele, la
2. Chemioterapici e antibatterici
Tra la fine del 19° secolo e l'inizio del 20°, mentre si constata l'insufficienza della sierovaccinoterapia nella lotta contro le infezioni, la 'rivoluzione farmacologica', realizzata dalla comparsa dei farmaci di sintesi prodotti dalla nascente industria farmaceutica, favorisce l'affermarsi dell'idea che per debellare definitivamente le malattie infettive non sia più possibile affidarsi solo a rimedi costituiti da sostanze naturali (cioè già disponibili in natura), ma sia necessario ricorrere a una 'terapia chimica', mediante l'uso di sostanze artificiali (composti realizzati per sintesi chimica in laboratorio). Assertore convinto della 'chemioterapia' è un geniale scienziato tedesco, P. Ehrlich. Egli ritiene possibile identificare sostanze che, introdotte dall'esterno nell'organismo malato, siano in grado, per affinità chimica, di riconoscere i germi patogeni e di distruggerli senza danneggiare altri organi: composti in grado di agire come 'proiettili magici', uccidendo selettivamente i microbi responsabili della malattia senza arrecare danno all'ospite e realizzando quella therapia sterilisans magna a lungo perseguita, ma mai attuata, dalla medicina ottocentesca. Un nuovo farmaco messo in commercio nel 1910 per la cura della sifilide, il
Anche se, dopo i primi entusiasmi, sul piano terapeutico i risultati non sono così brillanti com'era sembrato inizialmente, l'idea di Ehrlich è comunque vincente. La chemioterapia, dopo un lungo periodo di stasi, con la scoperta nel 1935 dei
In
Nei primi anni del Novecento le osservazioni sulla competitività biologica (azione antimicrobica delle muffe e dei lieviti e antagonismo batterico) diventano sempre più numerose: nel 1907 il batteriologo francese C.J.H. Nicolle ottiene dal Bacillus subtilis una sostanza attiva contro il bacillo della tubercolosi; nel 1921 il biologo tedesco R. Lieske descrive il potere inibente di varie muffe sui microrganismi; nel 1924 i microbiologi francesi A.
Anche se, sul piano culturale, da un lato "il fatto che l'antagonismo batterico fosse così ben noto - come afferma Fleming nel 1946 - ha ostacolato più che favorito l'inizio dello studio sugli antibiotici", dall'altro il predominio in ambito medico e farmacologico della concezione chemioterapica spinge alla ricerca di composti artificiali costruiti chimicamente in laboratorio, piuttosto che all'identificazione di meccanismi o prodotti naturali quali armi vincenti nella lotta alle malattie infettive.
3. Alexander Fleming e la penicillina
Nel 1928, Fleming, che lavora al St. Mary's Hospital di
L'interesse statunitense per la penicillina nasce dal convergere simultaneo di due esigenze: una industriale, per una produzione in grado di fornire un ottimo profitto economico; l'altra militare, per un medicinale in grado di procurare, sul piano sanitario, la superiorità sull'avversario. Il 'progetto penicillina', inizialmente segreto, è secondo solo al 'progetto
4. L'era antibiotica: impatto sociale ed economico
Il termine 'antibiotico', nel significato di sostanza dotata di potere antibatterico, è introdotto nel linguaggio medico da S.A. Waksman nel 1942. L'impatto degli antibiotici sulla medicina e sulla società è enorme, tale da rappresentare nel dopoguerra, insieme ai miglioramenti dell'alimentazione e dell'igiene ambientale, il principale fattore in grado di influenzare in modo significativo la durata e la qualità della vita, tanto da indurre a parlare di 'era antibiotica'.
Oltre alle penicilline (dal Penicillium se ne ottengono quattro diversi tipi, ma solo la penicillina III, come la chiamano gli inglesi, o penicillina G, come è denominata dagli statunitensi, si mostra attiva sui germi gram-positivi) in pochi anni si identificano altri antibiotici. Alcuni, come la
La cefalosporina C, identificata nel 1945 a
A partire dagli anni Cinquanta, in coincidenza del fenomeno storico dell'esplosione farmacoterapica, la scoperta e l'isolamento di nuovi antibiotici procede a ritmo sempre più intenso: tra le tappe di maggior significato occorre ricordare, nel 1957, la scoperta a opera di P. Sensi delle rifamicine, dotate di intensa attività antitubercolotica e, nel 1961, la messa a punto dell'ampicillina, la prima penicillina semisintetica, capostipite dei β-lattamici semisintetici e sintetici, antibiotici in grado di aggirare la resistenza batterica di cocchi produttori di penicillasi. Un cenno particolare meritano la scoperta, nel 1950, della nistatina, primo di un gruppo di antibiotici antimicotici, nel 1963 l'identificazione da parte di alcuni ricercatori guidati da A. Di Marco della daunomicina, che apre la serie degli antibiotici antineoplastici e, nel 1986, l'introduzione in terapia dell'
Dal 1945 l'impiego in terapia degli antibiotici fornisce alla medicina farmaci innovativi e risolutivi nei confronti di malattie infettive da sempre ritenute inguaribili. All'ottimismo scientifico dei ricercatori, all'entusiasmo curativo dei medici, all'euforia economica degli industriali farmaceutici, al trionfalismo degli epidemiologi si sostituiscono presto però in ambito medico-farmacologico i primi insuccessi terapeutici, in campo politico-industriale le difficoltà economiche e scientifiche della ricerca, nel settore statistico-sociale la delusione nel constatare il persistere di numerose infezioni. All'origine di queste difficoltà vi sono due fenomeni concomitanti: uno biologico, l'altro metodologico. L'insorgenza della resistenza batterica porta i germi patogeni dapprima a richiedere per la loro eliminazione dosi sempre crescenti di antibiotico, poi alla selezione di ceppi insensibili (resistenti) al farmaco, che risulta così inefficace. Il cattivo uso e l'abuso degli antibiotici ne determinano l'impiego indiscriminato e non selettivo anche in infezioni banali o l'utilizzazione ingiustificata nel corso di infezioni non batteriche: oltre che all'inadeguatezza professionale del medico, anche un'acritica accettazione della propaganda farmaceutica promossa da un'industria in grado di produrre antibiotici sempre più potenti, ma spesso attenta maggiormente agli aspetti economici piuttosto che ai progressi scientifici, è responsabile di questo stato di cose che favorisce, particolarmente nell'ambiente ospedaliero, la ricomparsa di gravi e talvolta ancora letali infezioni.
Aspetti farmacologici (Red.)
I. Definizioni e classificazioni
Si chiamano 'antibiotici' le sostanze chimiche prodotte da varie specie di microorganismi (batteri, funghi, actinomiceti ecc.) in grado di sopprimere la crescita di altri microrganismi o anche di distruggerli. Le molecole di antibiotici sono numerosissime e differiscono notevolmente fra di loro, non solo da un punto vista chimico-fisico, ma anche per quanto attiene alle loro proprietà farmacologiche, allo spettro di azione e al meccanismo di azione. Per la maggior parte di esse è nota la struttura chimica ed è stata possibile la sintesi chimica; poche molecole sono estratti bruti o solo parzialmente purificati. I chemioterapici sono, invece, molecole ad azione antimicrobica unicamente derivate da sintesi chimica.
Un farmaco antimicrobico ideale dovrebbe possedere una attività antimicrobica il più possibile selettiva; essere battericida, in grado cioè di distruggere il microrganismo, più che batteriostatico, in grado cioè di rallentare la crescita batterica; possedere uno spettro di azione ampio; non indurre resistenza; non essere influenzato nella sua azione dai fluidi organici (essudati, enzimi plasmatici ecc.); possedere caratteristiche di assorbimento e distribuzione tali da raggiungere rapidamente, e mantenere a lungo, concentrazioni efficaci.
Tutte queste caratteristiche non sono ancora riscontrabili in un solo farmaco e pertanto sempre nuove molecole sono in fase di studio.Le possibilità di classificare i farmaci antimicrobici sono numerose. La classificazione più semplice è quella che si basa sull'efficacia clinica, in funzione della gamma di microrganismi che il farmaco è in grado di inibire. Sono considerati due livelli: farmaci ad ampio spettro, attivi cioè contro un gran numero di microrganismi (per es., tetracicline e cloramfenicolo, attivi sia su gram-positivi, sia su gram-negativi, sia su rickettsie) e farmaci a spettro ristretto (per es. la penicillina G, attiva solo su gram-positivi e neisseria).
Sulla base del meccanismo d'azione gli antimicrobici vengono invece distinti nelle categorie di seguito elencate.
a) Farmaci in grado di inibire la sintesi della parete della cellula microbica (bacitracine, cefalosporine, cicloserina, penicilline,
b) Farmaci in grado di inibire il funzionamento della parete cellulare (
c) Farmaci in grado di inibire la sintesi proteica (cloramfenicolo, eritromicina, lincomicina,
d) Farmaci in grado di inibire la sintesi degli
2. Resistenza batterica
Per resistenza batterica si intende la capacità di un microrganismo di non risentire dell'azione di un antimicrobico. Esistono vari meccanismi responsabili di questo fenomeno: 1) produzione di enzimi che inattivano il farmaco: gli stafilococchi, per es., producono una β-lattamasi che inattiva la penicillina G; 2) modificazione della permeabilità al farmaco: gli streptococchi, per es., possiedono una parete naturalmente impermeabile agli aminosidi; 3) modificazione di un sito d'azione del farmaco: per es., i germi resistenti all'eritrocina possiedono una proteina modificata a livello del ribosoma 50S; 4) sviluppo di una via metabolica che cortocircuita la reazione inibita dal farmaco: alcuni batteri sulfamido-resistenti, per es., impiegano
L'origine della resistenza batterica può essere genetica e non genetica. La maggior parte dei germi resistenti compare a seguito di mutazioni e della selezione che ne è seguita. La resistenza può comparire a seguito della mutazione di un sito cromosomico, che controlla la sensibilità a un certo antibiotico (sito d'azione del farmaco, recettori del farmaco): la presenza del farmaco permette di selezionare i germi resistenti che si moltiplicano, mentre quelli sensibili muoiono. Alcuni batteri contengono dei frammenti di genoma extracromosomico, chiamati episomi o plasmidi. Esistono classi di plasmidi che contengono geni per la resistenza agli antimicrobici e ai metalli pesanti, in genere attraverso la sintesi di enzimi inattivanti. I plasmidi possono far apparire la resistenza alla penicillina, per es. se codificano la sintesi della β-lattamasi, oppure al cloramfenicolo, se codificano enzimi che lo inattivano ecc. La resistenza batterica di origine non genetica è quella posseduta, per es., da germi che, in un periodo della loro permanenza nell'organismo, non si moltiplicano e quindi non possono essere attaccati dai farmaci che, in generale, agiscono sui germi in fase di moltiplicazione. Per es., i
3. Trattamento antibatterico: principi generali
È necessario tenere presenti alcuni problemi connessi con l'impiego di antimicrobici. Questi farmaci infatti non sono del tutto innocui: inducono fenomeni di ipersensibilità; possono, distruggendo la normale flora batterica, dar luogo a superinfezioni; determinano fenomeni di resistenza batterica. Pertanto, un antibatterico (antibiotico o chemioterapico) verrà impiegato solo in presenza di un'accertata infezione microbica. Di notevole importanza al fine di identificare l'antimicrobico specifico per il germe causa della malattia, è l'impiego di un test, detto antibiogramma, volto a saggiare la sensibilità del microrganismo verso un certo numero di antimicrobici. Sarà importante, inoltre, che il trattamento venga effettuato su indicazione del medico e prolungato per un periodo sufficiente a evitare ricadute.
4. Famiglie di antimicrobici
Si possono distinguere le seguenti famiglie.
a) Tetracicline (
b) Amfenicoli (cloramfenicolo, tiamfenicolo). Sono antibiotici batteriostatici che agiscono sulla sintesi delle proteine e sono attivi nei confronti di talune salmonelle,
c) Penicilline (amoxicillina, ampicillina, bacampicillina,
d) Cefalosporine (cefaclor, cefadroxil, cefalexina, cefaloridina ecc.). Sono antibiotici battericidi di buona efficacia e tollerabilità, che agiscono bloccando la sintesi della parete cellulare. Si distinguono, da un punto di vista pratico, in orali e iniettabili; nell'ambito di queste due categorie vengono ulteriormente distinte in farmaci di prima, seconda e terza generazione. Le cefalosporine di prima generazione sono attive verso un vasto spettro di germi gram-positivi e poco attive verso i gram-negativi. Le cefalosporine di seconda generazione (per es. cefaclor) sono utili nel trattamento delle infezioni respiratorie da haemophilus influenzae; quelle di terza generazione (cefixime, cefoperazone) sono particolarmente resistenti all'azione della β-lattamasi prodotta dai germi gram-negativi, hanno una lunga emivita e quindi possono essere somministrate in un'unica dose al giorno. Il loro impiego va comunque limitato e controllato per rallentare il diffondersi di resistenze.
e) Monobattami (aztreonam). Sono sostanze simili alle cefalosporine, elettivamente impiegate nel trattamento delle infezioni urinarie da germi identificati come sensibili attraverso l'antibiogramma.
f) Carbapenemi (imipenem, meropenem). Sono gli antibiotici a spettro d'azione più ampio, essendo attivi sia su gram-positivi (esclusi enterococchi e alcuni streptococchi), sia su gram-negativi (esclusi alcuni pseudomonas). Vengono impiegati in genere a livello ospedaliero, quando devono essere combattute gravi infezioni causate da germi resistenti ai comuni antibiotici.
g) Sulfamidici (sulfametizolo, sulfadiazina, sulfametxazolo ecc.) e
h) Macrolidi (eritromicina, midecamicina, roxitromicina,
i) Lincosamidi (lincomicina, clindamicina). Sono antibiotici efficaci verso i gram-negativi e gli anaerobi. La lincomicina, farmaco capostipite, viene impiegata nelle infezioni da gram-positivi, particolarmente in soggetti allergici alle penicilline. La clindamicina viene impiegata nelle infezioni da stafilococchi e da anaerobi e, inoltre, trova particolare indicazione in presenza di osteomieliti, per la proprietà di accumularsi nel
l) Aminoglicosidi (streptomicina,
m) Fluorochinoloni (ofloxacina,
n) Glicopeptidici (vancomicina, teicoplanina). Sono antibiotici ad azione battericida, che inibiscono la sintesi della parete cellulare. Rappresentano i farmaci di prima scelta nel trattamento delle infezioni stafilococco ed enterococco resistenti o nei pazienti allergici alle penicilline. La vancomicina presenta nefrotossicità e ototossicità.
o) Derivati imidazolici (metronidazolo, clortrimazolo, econazolo ecc.). Vengono impiegati soprattutto come antiprotozoari (entamoeba histolytica), come antimicotici, sia sistemici sia topici (candidosi, tricomoniasi ecc.), e trovano, inoltre, indicazione nel trattamento di microsporidiosi, isosporidiosi, blastocitosi.
p) Antimicotici (amfotericina B, derivati imidazolici). L'amfotericina B è il farmaco di scelta per le micosi sistemiche, ma presenta marcati effetti collaterali (nefrotossicità, nausea, vomito) che ne limitano l'impiego esclusivamente in ambiente ospedaliero. Altri antimicotici sono rappresentati dai derivati imidazolici (v. sopra).
q) Antimicobatteri (rifampicina, isoniazide, pirazinamide, etambutolo e streptomicina). Il trattamento della tubercolosi richiede l'impiego di almeno tre farmaci contemporaneamente.
r) Antivirali (ribavirina, amantadina,
bibliografia
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