HBsAg, antigene

Dizionario di Medicina (2010)

HBsAg, antigene

Maria Cristina Morelli

Antigene (un tempo chiamato anche antigene Australia) di superficie del virus dell’epatite B (➔ HBV, virus), legato cioè al rivestimento lipidico esterno del virus. Titolazione. HBsAg viene identificato sia nel sangue con metodo radioimmunologico sia nel citoplasma degli epatociti con l’immunofluorescenza. I corrispettivi anticorpi sviluppati dall’organismo contro tali antigeni sono rappresentati da: HBsAb, la cui comparsa indica la guarigione dalla infezione e l’acquisizione dell’immunità specifica contro il virus; HBcAb, inizialmente di tipo IgM (marcatori di infezione acuta) e successivamente sostituiti da IgG, che possono persistere per tutta la vita, sia nelle infezioni croniche sia nei soggetti che hanno eliminato il virus; HBeAb, la cui comparsa indica il passaggio dalla fase replicativa alla fase non replicativa. L’HBsAg si evidenzia in circolo assai precocemente dopo la penetrazione del virus nell’organismo e precede solitamente di 1÷7 settimane l’aumento delle transaminasi, della bilirubina e la manifestazione dei sintomi clinici dell’epatite; vi permane per tutta la durata della malattia, per poi negativizzarsi. La scomparsa di HBsAg e la comparsa del rispettivo anticorpo HBsAb rappresenta il segno della guarigione clinica e dell’immunità contro il virus. Esiste un ‘periodo finestra’ che corrisponde al periodo in cui l’HBsAg si negativizza (4÷8 settimane dopo la comparsa dei sintomi) e il paziente non ha ancora sviluppato gli anticorpi. In questo periodo l’anticorpo anti-core (anti-HBcAg) può essere l’unico marcatore evidenziabile nel siero. La persistenza di HBsAg nel sangue per più di 6 mesi indica uno stato di epatite cronica o una condizione di portatore.

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