GUERRIERI GONZAGA, Anselmo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 60 (2003)

GUERRIERI GONZAGA, Anselmo

Paola Bernasconi

Secondo di sei figli, nacque a Mantova il 19 maggio 1819 dal marchese Luigi e da Maria Rasponi, nobildonna ravennate.

Il G. crebbe nella casa della prozia Marianna Guerrieri, vedova del conte Anselmo Zanardi, donna di grande cultura, il cui salotto era frequentato dagli uomini più dotti dell'epoca e che possedeva una preziosa biblioteca di classici latini e italiani e dei migliori prosatori e poeti inglesi e francesi: di tale patrimonio librario sicuramente si giovò la formazione giovanile del G., il quale ebbe un'infanzia caratterizzata da una salute cagionevole che ne favorì l'impegno negli studi. Dotato di "un ingegno pronto e penetrante e di memoria tenace", studiò il greco e il latino, il francese e il tedesco, si appassionò alle letterature, anche a quelle straniere, e fin dalla prima infanzia prese a comporre versi. Agli studi filosofici, compiuti presso il ginnasio e il liceo di Mantova, seguirono quelli universitari alla facoltà giuridica dell'ateneo di Padova, dove si laureò con lode nel 1840. Dalla tesi avrebbe poi ricavato un saggio intorno allo spirito e alla lettera del paragrafo CLXVIII della prima parte del codice penale austriaco.

Assunto come praticante presso il tribunale di Padova, il G. non tardò ad accorgersi di preferire l'esercizio forense a quello della magistratura giudicante; a tale scopo si recò a Milano dove, prima di intraprendere la professione, fece pratica presso l'Ufficio fiscale diretto da E. Guicciardi.

Con funzioni e competenze analoghe a quelle delle future avvocature erariali, nell'ordinamento amministrativo austriaco l'Ufficio fiscale patrocinava tutte le cause riguardanti l'interesse materiale dello Stato; era inoltre il consulente legale del governo negli affari di pubblica amministrazione, e dava pareri nelle controversie che riguardavano i Comuni e gli istituti di beneficenza, la cui tutela era esercitata dal governo. Per la qualità dei compiti che tale ufficio era chiamato a svolgere in campo giuridico e amministrativo, gli alunni, che vi erano ammessi gratuitamente, si trovavano a lavorare in un orizzonte più vasto di quello che potesse presentarsi presso un qualsiasi studio privato; inoltre la dipendenza diretta dal governo non impediva che l'attività fosse caratterizzata da una certa autonomia.

In seguito a tale esperienza il G. poté aprire nel 1847 il proprio studio di avvocato a Cassano d'Adda. Intanto, a Milano, prese a frequentare quel "ritrovo di colti e arditi patrioti" che era la casa Maffei, luogo del celebre salotto tenuto dalla contessa Clara. La distinzione sociale e la levatura culturale lo misero in grado di inserirsi senza difficoltà nell'ambiente intellettuale, tanto da essere presto noto come uno dei giovani più promettenti "tra quelli che con più ardore promovevano il rinnovamento politico, economico, morale d'Italia", insieme con personalità come quelle con cui era in rapporti di amicizia quali C. Correnti, C. Tenca, T. Massarani, G. Borromeo, C. Giulini. Fu in questo periodo che ebbe inizio la sua collaborazione alla Rivistaeuropea con articoli che trattavano problemi economici e sociali (Polemica sulla questione delle mete e dei calmieri, gennaio 1846; Delle società milanesi di patronato per carcerati e liberati dal carcere, aprile-maggio 1846) o confermavano l'ampiezza dei suoi interessi culturali (I Nibelunghi, gennaio 1847).

Particolare rilievo ebbe nella sua evoluzione la conoscenza che, attraverso la Società d'incoraggiamento d'arti e mestieri, fece di C. Cattaneo, del quale era un profondo estimatore e dal quale ricavò quella concezione del lavoro intellettuale come impegno anche divulgativo per la modernizzazione tecnologica e per lo sviluppo; nella stessa direzione andava la sua partecipazione come studioso di diritto al Congresso degli scienziati che si tenne a Venezia nel 1844.

Anche sul piano politico la posizione del giovane G. non parve risentire della sua condizione sociale: in gioventù fu infatti attratto da G. Mazzini, dal suo programma politico e morale e dalla sua azione patriottica; di lui apprezzò il ruolo di propulsore della coscienza politica nel paese, ma non sempre ne condivise i metodi settari. Certamente risentì del suo influsso il ruolo che ebbe nei moti milanesi del marzo 1848 sia come promotore dell'insurrezione delle Cinque giornate, insieme con gli elementi più radicali e il gruppo della Rivista europea, sia come esponente, in rappresentanza della provincia di Mantova, del governo provvisorio, di cui incarnò l'ala fermamente contraria, pur in posizione minoritaria, all'annessione al Piemonte; e tuttavia, in calce al decreto che il 12 maggio sanciva la fusione comparve anche la sua firma: un cambiamento che il Mazzini avrebbe attribuito alle pressioni del Correnti e che il G. avrebbe poi cercato di correggere affermando che la fusione sarebbe divenuta effettiva solo dopo la liberazione dell'intera penisola

Il 28 luglio 1848 il G. fu inviato con G. Carcano a Parigi, in veste di ministro degli Esteri del governo provvisorio, per chiedere l'intervento armato francese a protezione dell'indipendenza della Lombardia.

Con il ritorno degli Austriaci in Lombardia il G. subì il sequestro dei beni e fu costretto a un lungo esilio che, iniziato in Toscana e poi a Genova, lo portò nel 1850 a Ginevra: qui incontrò il Mazzini che nel 1851 lo inviò in Germania con l'incarico di allacciare i contatti fra i patrioti tedeschi e quelli italiani. Presto, però, la lunga fase di crisi in cui, con il fallimento del moto milanese del 6 febbr. 1853, era entrato il mazzinianesimo, lo indusse, una volta stabilitosi a Parigi, ad accostarsi a D. Manin e al suo progetto di unificazione nazionale sotto la dinastia sabauda. Ogni residua esitazione venne meno dopo che il G. ebbe assistito al discorso che C. Cavour tenne l'8 apr. 1856 al congresso convocato a Parigi a conclusione della guerra di Crimea: presentato allo statista piemontese dal Correnti, da quel giorno il G. iniziò a essere tenuto in considerazione come possibile collaboratore ed esecutore delle direttive cavouriane.

Allo scoppio della guerra con l'Austria il G., che nel frattempo si era naturalizzato sardo, fu chiamato a far parte della commissione consultiva della Lombardia (che dal nome del presidente fu detta commissione Giulini) istituita dal Cavour il 4 maggio 1859 per dare al di fuori di ogni ufficialità un parere sull'ordinamento amministrativo della regione, impegno che portò a termine con grande solerzia e piena adesione alla linea piemontese, in particolare redigendo i documenti relativi a settori quali le ferrovie, le dogane, le imposte, il debito pubblico. Tornò a Milano il 4 giugno 1859, prima del ritiro degli Austriaci. Accertata l'evoluzione in senso liberale del G. e la sua fedeltà al Cavour (fu lui a tradurre il saggio di H. Treitschke sullo statista edito a Firenze nel 1873), rifiutò l'incarico per dedicarsi alle elezioni politiche. Eletto al Parlamento italiano come deputato di Asola, sedette nei banchi della Destra dal 1860 al 1867.

In questi anni il G. ebbe qualche parte di rilievo nella cauta ma non immobilistica politica estera italiana. Nel marzo 1863 gli venne affidata da M. Cerruti, segretario generale agli Esteri, la delicata gestione dei rapporti diplomatici confidenziali con il Comitato dei fuorusciti ungheresi stabilitosi in Italia, rapporti che continuarono fino al 1866, al tempo della guerra, e che il G. svolse, a giudizio del presidente del Consiglio B. Ricasoli, "con prudenza e zelo sia nel tener vive le nostre relazioni coi distinti emigrati ungheresi, sia contribuendo a promuovere il riordinamento della legione Ungherese che era destinata a ricevere nuovo incremento". Nel 1864 il G. si recò in Germania per portare l'appoggio italiano ai piccoli Stati renani nel loro movimento democratico e nelle loro aspirazioni nazionali contro la minaccia degli Stati centrali. In questo stesso anno, durante la discussione alla Camera sul bilancio del ministero degli Affari esteri, partì da lui l'esortazione al ministro degli Esteri E. Visconti Venosta a intervenire per risolvere la questione di Roma ("il capo temporale del Governo che siede a Roma occupa materialmente una parte del territorio nazionale"): mentre si dimostrò molto cauto riguardo alla questione polacca, ritenendo che l'Italia non potesse intervenire in considerazione dell'atteggiamento della Francia e dell'Inghilterra, sulla questione romana dimostrò il suo antico spirito risorgimentale chiedendo di non attenersi alle rigide consuetudini della diplomazia, quali la prudenza, perché l'indipendenza e la libertà della patria sono ambizioni legittime. Nel febbraio 1867 il G. ricoprì per circa due mesi (fino al 17 aprile) la carica di segretario generale agli Esteri in sostituzione di M. Cerruti. Nonostante non venisse rieletto alla Camera rimase un uomo di fiducia del Visconti Venosta che gli affidò nel 1869 l'incarico (ufficioso, ma a nome del governo nazionale), di recarsi in Spagna per controllare la candidatura al trono di Madrid di Amedeo Ferdinando Maria di Savoia, duca di Aosta.

Divenuto sempre più fermamente un conservatore convinto, il G. non riuscì a mantenere l'appoggio di quella parte dell'elettorato che non condivideva alcune sue scelte di politica finanziaria, come ad esempio il voto sulla tassa sul macinato. Già nel 1865, in un discorso agli elettori poi pubblicato in forma di opuscolo col titolo Uomini vecchi? O uomini nuovi? (Firenze), il G. aveva mostrato la propria avversione ai cambiamenti manifestando scarsa fiducia in un eventuale rinnovo della classe dirigente e rivendicando alle cosiddette consorterie moderate il merito di quanto era stato fatto per il paese e il diritto di guidarlo ancora.

Rieletto nel 1874, uscì definitivamente dalla vita politica nel 1876 con l'avvento al potere della Sinistra e poté così dedicare i suoi ultimi anni all'antica passione per le lettere, che concretizzò in una vasta produzione di sonetti e in un attento lavoro di traduzione delle opere di Orazio (le Odi e gli Epodi, editi entrambi a Imola nel 1877 e nel 1879) e di W. Goethe, fra cui Fausto, Arminio e Dorotea parte 1ª (Firenze 1873), e l'Eufemia (Milano 1877). Tra i suoi lavori più originali vi è l'Enciclopedia poetica per i fanciulli italiani (Milano-Roma 1913), scritta per appagare la curiosità dei nipoti sui più svariati campi della conoscenza con particolare riguardo al settore scientifico; in un linguaggio semplice e con l'aiuto della rima il G. spiegava Il moto della terra, Lapluralità dei mondi, Dio e l'universo, le stagioni e i fenomeni della natura che più colpiscono i bambini, ma anche La storia, La famiglia, La città, La nazione, Chi ha fatto l'Italia?

Il G. si spense improvvisamente nella sua villa di Palidano di Gonzaga (Mantova) il 24 sett. 1879.

Fonti e Bibl.: C. Correnti, Commemorazione di A. G., Mantova 1886; Commemorazione del socio A. G. (R. Accademia Virgiliana), Mantova 1886; L. Sartoretti, A. G.: discorso, Mantova 1886; Ed. naz. degli scrittidi G. Mazzini (per la consultazione cfr. Indici, a cura di G. Macchia, II, 1, ad nomen); G. Massari, Diario dalle cento voci 1858-1860, a cura di E. Morelli, Bologna 1959, ad ind.; Atti della Commissione Giulini per l'ordinamento temporaneo della Lombardia (1859), a cura di N. Raponi, Milano 1962, passim; La insurrezione milanese del marzo 1848. Memorie di C. Correnti…, A. G.G.…, a cura di L. Ambrosoli, Milano-Napoli 1969, ad ind.; Documenti diplomatici italiani, s. 1, 1861-1870, IV, VII-VIII, XII; s. 2, 1870-1896, IV, ad indices; C. Pagani, Uomini e cose in Milano dal marzo all'agosto 1848, Milano 1906, pp. 31, 38, 57 ss., 91 s., 120, 132, 140, 144, 158 s., 189, 192, 205, 222, 239 s., 261, 266-269, 299, 435, 441, 447 s., 450 s., 460 s.; T. Massarani, C. Correnti nella vita e nelle opere, Firenze 1907, pp. 126, 141, 143, 147 s., 255, 568-574, 602 ss., 613, 627, 633; L. Tonazzi, Le missioni diplomatiche di A. G. dal 1863 al 1869, in Boll. stor. mantovano, II (1957), pp. 241-250; Storia di Milano, XIV, Milano 1960 (cfr. Indice, p. 398); R. Salvadori, Mantova, La storia, III, Mantova 1963, pp. 593-612; F. Chabod, Storia della politica estera italiana, Bari 1965, ad ind.; N. Raponi, Politica e amministrazione in Lombardia agli esordi dell'Unità, Milano 1967, pp. 155-320; A. Berselli, Il governo della Destra. Italia legale e Italia reale dopo l'Unità, Bologna 1997, ad ind.; Annuario biogr. universale compilato sotto la direz. di A. Brunialti, III, Torino 1888, pp. 221 ss.; V. Spreti, Enc. stor.-nobiliare italiana, III, pp. 649 ss.

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