ANGOLA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1991)

ANGOLA

Guido Barbina
Giampaolo Calchi Novati

(III, p. 330; App. II, I, p. 185; III, I, p. 96; IV, I, p. 127)

La popolazione angolana è di 9.385.725 ab. (stima 1988), di cui circa il 30% vive in aree urbane (14% nel 1970). Il gruppo etnico più importante è quello degli Ovimbundu (38%), seguito dai Kimbundu (19%), dai Kongo (11%) e dai Lunda (7%); la presenza portoghese si è fortemente affievolita dopo l'indipendenza, mentre i Cubani sono più di 30.000. In A. vivono anche 100.000 rifugiati provenienti per gran parte dalla Namibia.

La capitale Luanda si è ingrandita molto negli anni Ottanta superando il milione di abitanti e assumendo, almeno nella parte centrale, un aspetto europeo con alti grattacieli e larghe strade: la città continua ad avere una grande forza attrattiva su tutto il paese, allargandosi nei quartieri poverissimi della periferia.

Condizioni economiche. - L'economia è regolata da piani governativi che, a causa della guerra civile che affligge il paese sin dal momento della sua indipendenza, hanno ben scarsa efficacia.

Le attività produttive che sono controllate direttamente dallo stato hanno goduto dei maggiori investimenti: soprattutto l'agricoltura ha segnato qualche progresso grazie a un centinaio di nuovi progetti messi in atto negli anni Ottanta; le cooperative agricole controllano specialmente la produzione alimentare e la pesca, mentre all'iniziativa privata sono concesse solo le attività di piccole dimensioni. Anche se tutte le più importanti aziende portoghesi sono state nazionalizzate negli anni Settanta, un'apposita legislazione cerca oggi di attirare in A. investimenti stranieri, senza grandi risultati.

Il settore primario è ancora al primo posto per il numero di addetti (ancora oltre il 50% alla fine degli anni Ottanta), ma solamente il 2,8% del territorio viene coltivato; le principali produzioni commerciali sono quella del caffè (diffuso nelle prov. di Uíge, Cuanza Norte, Cuanza Sul, Luanda), che però nell'ultimo decennio è stata interessata da una grave e costante crisi, e quella della canna da zucchero (330.000 t nel 1989), assistita da tecnici cubani.

La difficoltà delle comunicazioni e l'insicurezza dei territori agricoli hanno però compromesso tutti i progetti di sviluppo per queste produzioni. Altre importanti colture commerciali, ora in crisi, sono quella della sisal, colpita dal recente calo del prezzo sul mercato mondiale, e quella del cotone (11.000 t nel 1989), che ha subito una drastica riduzione dopo la partenza dei Portoghesi, in quanto gli esperti sovietici chiamati a rimpiazzarli non sono riusciti a migliorare la situazione, tanto che dal 1983 l'A. ha dovuto ricorrere alle importazioni.

Il settore minerario, che offre grandi prospettive, si è scarsamente sviluppato dopo l'indipendenza. L'estrazione dei diamanti è monopolio di una compagnia statale, e il paese esporta l'8% della produzione mondiale di gemme. Una vasta zona diamantifera è però controllata dall'UNITA (União Nacional para a Indipendência Total de Angola), che ne ha ceduto lo sfruttamento alla compagnia sudafricana De Beers. Le aree petrolifere − per lungo tempo presidiate dalle truppe cubane − forniscono l'85% delle esportazioni (22,5 milioni di t nel 1988). Nel 1985 sono state riattivate le miniere di ferro di Kassinga.

Il settore industriale ha segnato scarsi progressi e riguarda soprattutto alcuni beni di consumo immediato del settore alimentare e tessile. I trasporti all'interno sono ancora nettamente insufficienti e la rete ferroviaria attualmente in servizio è di 2952 km.

Bibl.: M. Wolfers, J. Bergerol, Angola in the front line, Londra 1983

Storia. − Per le divisioni risalenti ai tempi della lotta di libe razione dal colonialismo e le interferenze delle grandi potenze, l'in dipendenza (11 novembre 1975) non risolse la situazione di crisi e di vera e propria guerra interna. Il potere centrale, controllato dal MPLA (Movimento Popular de Libertaçao de Angola), il movimento che con più coerenza aveva combattuto il Portogallo cercando di comportarsi come un partito non-tribalista e non-regionalista, s'impose grazie all'aiuto dell'URSS e all'intervento delle truppe cubane, ma non riuscì a debellare completamente l'opposizione armata dell'UNITA (União Nacional para a Indipendência Total de Angola) di J. Savimbi, forte di un certo seguito fra gli Ovimbundu della regione centro-meridionale e spalleggiato apertamente dal Sudafrica, che voleva difendere se stesso e la Namibia. Il governo si trovò a fronteggiare una grave emergenza economica, dovendo in pratica rimpiazzare tutte le infrastrutture nonché i vuoti lasciati dall'esodo massiccio dei 300÷400.000 Portoghesi. La guerra - la si consideri una guerra civile o una guerra esportata dal Sudafrica − rese ancora più difficile la ricostruzione. Nemmeno l'unità del MPLA era a tutta prova. Il gruppo dirigente raccolto attorno al presidente A. Neto era implicitamente contestato da una fazione capeggiata da N. Alves, che impersonava l'anima ''africanista'' e ''movimentista'' del MPLA. Lo scontro degenerò nel maggio 1977 in un tentativo di colpo di stato dello stesso Alves, represso a fatica e a prezzo di perdite molto dolorose.

Dopo una vasta epurazione nelle organizzazioni di massa, il MPLA si rafforzò con il suo primo Congresso nel dicembre 1977: il partito si proclamò marxista-leninista e assunse la nuova denominazione di MPLA-PT (Partido de Trabalho). Due emendamenti costituzionali furono introdotti nel 1976 e nel 1980. L'11 novembre 1980, quinto anniversario dell'indipendenza, fu inaugurata la prima Assemblea popolare.

Il 10 settembre 1979 era morto in ospedale a Mosca il presidente Neto. La successione toccò a uno dei suoi più stretti collaboratori, allora ministro della Pianificazione, J. E. Dos Santos. Nella speranza di togliere alla guerriglia dell'UNITA i suoi ''santuari'', l'A. ha cercato il dialogo sia con lo Zaire che con il Sudafrica. Determinante, in termini militari, continuava a essere comunque l'alleanza con Cuba e con l'URSS (un trattato di amicizia e cooperazione è stato firmato con l'Unione Sovietica nel 1976).

Un'intesa raggiunta a Lusaka con il Sudafrica nel 1984 non pose fine all'azione dell'UNITA, vera spina nel tessuto statale, produttivo e delle comunicazioni. L'UNITA godeva anche dell'appoggio degli Stati Uniti, interessati a ottenere il ritiro delle truppe cubane collegando a esso l'indipendenza della Namibia (la politica detta del linkage). Una controffensiva militare dell'esercito angolano e delle forze armate cubane portò nel 1986 quasi alla sconfitta dell'UNITA, ma all'ultimo il Sudafrica − che dal 1975, con brevi pause, teneva reparti del suo esercito nel territorio angolano − fece intervenire l'aviazione salvando Savimbi.

Pur confermando le opzioni marxiste, l'A., la cui economia è integrata piuttosto nel mercato mondiale di parte capitalista, ha moltiplicato in questi anni i segnali di apertura all'Europa e all'Occidente. Nel 1985 ha aderito alla Convenzione di Lomé con la CEE, che aveva prima avversato bollandola di ''neocolonialismo''. L'erosione provocata dalla guerra ha avuto una certa parte nel processo di riconsiderazione degli obiettivi economici, nel senso di una liberalizzazione volta sia a rendere più dinamico il mercato che a ottenere apporti dal mondo occidentale. Il petrolio è sfruttato prevalentemente da compagnie americane. Pesante è il drenaggio di valuta per l'acquisto di armi e il mantenimento delle forze armate.

Nel 1988, con la mediazione degli Stati Uniti, è stato concluso un ampio accordo a tre (A., Cuba e Sudafrica) per la fine delle ostilità, il ritiro delle truppe sudafricane, l'indipendenza della Namibia e la partenza scaglionata dei Cubani entro il 1991. Nel congresso del dicembre 1990 il MPLA si è pronunciato per l'avvio di un processo di democratizzazione nella vita politica ed economica basato sull'adozione del multipartitismo e sulla liberalizzazione del mercato. Contemporaneamente, con la mediazione del Portogallo, sono state avviate dirette trattative di pace tra il governo e l'UNITA.

Bibl.: M. Wolfers, J. Bergerol, Angola in the front line, Londra 1983; G. Bottazzi, Angola, società e storia, Palermo 1983; F. Bridgland, Jonas Savimbi. A Key to Africa, Edimburgo 1986; K. Somerville, Angola, Londra 1986; T. Hodges, Angola to the 1990s: the potential for recovery, ivi 1987.

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