SECCHI, Angelo

Enciclopedia Italiana (1936)

SECCHI, Angelo

Giorgio Abetti

Astronomo, nato a Reggio Emilia il 18 giugno 1818, morto a Roma il 26 febbraio 1878. Sulla fine del 1833 entrò nella casa di noviziato della Compagnia di Gesù a S. Andrea al Quirinale in Roma. Dopo due anni entrava nel Collegio romano. Nel 1841 veniva chiamato alla cattedra di fisica e matematica nel collegio dei gesuiti in Loreto. Costretto ad abbandonare la patria a causa dell'allontanamento dei gesuiti da Roma, seguiva nell'esilio i suoi maestri, padre F. De Vico, direttore del Collegio romano, e padre G. B. Pianciani; si recava dapprima al collegio dei gesuiti a Stonyhurst in Inghilterra, indi in quello di Georgetown presso Washington, dove aveva occasione di conoscere e divenire amico del celebre idrografo F. M. Maury, direttore dell'osservatorio navale degli Stati Uniti. Le importanti e numerose ricerche del Maury nel campo della fisica del mare e dell'atmosfera, nonché nella meteorologia, ebbero grande influenza sul S., che portò poi in Europa i suoi metodi per gli studi di climatologia e della previsione del tempo.

Nel 1849, tolto il bando alla Compagnia di Gesù da Roma, il S. tornava in Italia e veniva chiamato a succedere al De Vico nella direzione dell'osservatorio del Collegio romano, al quale fece in breve acquistare, nel campo del nuovo ramo dell'astronomia, l'astrofisica, e in quello della geofisica, fama mondiale; e anche quando, nel 1873, i gesuiti furono allontanati dal Collegio romano, egli, per l'interessamento di Q. Sella, M. Minghetti e A. Scialoja, rimase al suo osservatorio.

Quali fossero gl'intendimenti del S. per lo sviluppo del nuovo osservatorio, che al Collegio Romano stesso egli era riuscito a costruire accanto a quello antico, si legge in una sua celebre memoria sull'Astronomia in Roma nel pontificato di Pio IX. Parlando in questa del suo orientamento verso la fisica che qualcuno pensava avvenisse a detrimento degli studî classici di astronomia egli conclude: "ma il tempo ha fatto giustizia, e senza vanità possiamo dire che ora, sulle nostre pedate, sorgono altrove osservatori esclusivamente fisici per lo studio dei corpi celesti, come a Oxford, a Berlino, a Parigi stessa, a Calcutta ed altri siti. Questa fisica degli astri allora bambina, si è svolta nell'intervallo di 25 anni, dacché lavora l'osservatorio e questo ha tenuto un qualche posto nel suo avanzamento".

Nel 1852 rintracciò nel cielo i due frammenti in cui si era spezzata la cometa di Biela nella sua apparizione del 1846, e nel 1853 scoprì una nuova cometa con nucleo multiplo, stabilendo anche la tenuità della materia di cui sono composte le comete. Con i nuovi strumenti, di cui poté dotare il nuovo osservatorio, fondato su tre dei quattro grandi pilastri sui quali doveva sorgere la cupola della chiesa di S. Ignazio, nel 1859 egli si occupò specialmente dell'osservazione di Marte, scoprendone due canali oscuri fra due grandi continenti equatoriali, di colore rosso; ed è appunto al S. che si deve il nome di canali, accettato più tardi dallo Schiaparelli. Il S. ben presto comprese che fra le ricerche più importanti che si potevano fare per il progresso dell'astrofisica erano quelle di fisica solare, e tutte le sue numerose indagini, con altre allora note, sono raccolte nella sua opera Le Soleil (Parigi 1875-1877). Poté osservare le due eclissi totali di Sole del 1860 in Spagna, eseguendo le prime fotografie della corona solare. Quella del 1870 in Sicilia fu disturbata dalle nubi, ma nella stessa lo Young, in condizioni di cielo più favorevoli, poteva stabilire che lo strato invertente deve essere, rispetto alle dimensioni del Sole, di piccolo spessore, come il S. aveva previsto. Sulle protuberanze solari fece il S. numerose e geniali osservazioni, iniziando poi nelle Memorie della Società degli spettroscopisti italiani, fondate da lui e da P. Tacchini, la lunga e ininterrotta serie di immagini spettroscopiche del bordo solare, che viene continuata tuttora.

Alle prime notizie delle osservazioni di spettroscopia stellare il S. con un prisma obiettivo e con varî spettroscopî volle vedere, come egli stesso ebbe a scrivere, se, come sono innumerabili le stelle, fosse pure proporzionatamente varia la loro composizione, trovando "che mentre le stelle sono numerosissime, pure i loro spettri si riducono a poche forme ben definite e distinte che per brevità noi chiamiamo tipi". La scoperta dei suoi famosi tipi spettrali era avvenuta e l'esame di 4000 stelle gli permetteva di classificarle in 5 tipi.

Sulle nebulose, nelle quali trovò le masse oscure, sulla grandezza e struttura dell'universo, sull'unità delle forze fisiche, egli fece scoperte e lavori, che fra l'altro sono raccolti nel suo libro Le stelle (Milano 1877). Sono anche celebri i suoi lavori geodetici, la base misurata sulla Via Appia, il suo meteorografo.

Opere: Le numerosissime pubblicazioni del S. si trovano principalmente nelle Memorie dell'Osservatorio del Collegio Romano, nel Bollettino meteorologico dello stesso osservatorio, nei Conptes rendus de l'Académie des sciences de Paris, negli Atti dell'Accademia pontificia dei Nuovi Lincei, nel Nuovo Cimento, nelle Astronomische Nachrichten, ecc. E, accanto alle opere già citate più sopra, si possono ricordare: Discorso intorno alla vita e alle opere di P. Pianciani, Roma 1862; L'unità delle forze fisiche, ivi 1864; rist. voll. 2, Milano 1874; Le recenti scoperte astronomiche, Roma 1868.

Bibl.: F. Denza, Il P. A. S. commemorazione, Torino 1878; G. Cacciatore, Il P. A. S. commemorazione alla R. Accademia di Palermo (5 maggio 1878); C. Bricarelli, Della vita e delle opere del P. A. S., con completo elenco dei suoi scritti, in Memorie della Pont. Acc. dei Nuovi Lincei, IV, 1888; E. Millosevich, Commemorazione del P. A. S., Roma 1903; J. Pohle, P. A. S., Colonia 1904; P. Maffi, Il P. A. S., commemorazione tenuta nel Teatro Municipale di Reggio nell'Emilia il 21 luglio 1918; G. Abetti, P. A. S., Milano 1928.