FEDUCCI, Angelo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 46 (1996)

FEDUCCI, Angelo (Angelo da Bibbiena)

Pierre Jugie

Figlio di Niccolò, era originario di Bibbiena (prov. di Arezzo). Fu ammesso a sostenere l'esame per il magistero in teologia nel 1363, il che induce a situare la data della sua nascita attorno al 1330, tenuto conto della normale durata del corso degli studi. Si ritiene che abbia ricevuto gli ordini presso il monastero francescano del Monte della Verna, non lontano da Bibbiena. Questa ipotesi è avvalorata dall'attaccamento dimostrato dal F. nei confronti di questo santuario, il cui altare delle Stimmate fu da lui consacrato nel 1375. Studiò teologia presso alcuni conventi (non precisati) della Toscana, finché Urbano V, il 30 apr. 1363, accordò a Gabriele il Vecchio da Volterra, francescano e dottore in teologia, la facoltà di conferire, insieme con altri quattro dottori della facoltà di teologia di Pisa, il titolo di magister al Feducci.

Secondo il Benoffi (1830), succedette nel 1366 ad Andrea Medici da Ferrara nell'incarico di procuratore generale dei francescani presso la Curia, avendo così l'opportunità di far valere le proprie qualità presso le supreme autorità della Chiesa. Ricoprì questa carica fino al 23 marzo 1374, giorno in cui fu nominato vescovo di Pesaro. Durante la sua permanenza in Curia, allora residente in Avignone, fu incaricato di varie missioni diplomatiche.

Il 4 maggio 1370 Urbano V lo inviò presso il doge di Genova, Gabriele Adorno, al fine di coinvolgerlo nella lega contro Bernabò Visconti. che già raggruppava Firenze, Lucca, Pisa, Padova e Bologna (egli era anche raccomandato ai governi di Firenze, Pisa e Lucca). Era ancora a Genova quando il 26 giugno e il 27 luglio riceveva il diritto di percepire le procuratorie (80 fiorini d'oro). Il 18 apr. 1372 Gregorio XI lo inviò di nuovo nella città ligure con l'incarico di assistere, e poi di sostituire, Tommaso di Frignano, ministro generale dei francescani, incaricato di ristabilire la pace tra i Genovesi, la potente famiglia dei Fieschi (in particolare Giovanni Fieschi, turbolento vescovo di Vercelli) e i marchesi Del Carretto e di Monferrato (il 20 aprile il F. ricevette per questa missione 50 fiorini dalla Camera apostolica). Il 29 giugno il papa chiese ai Genovesi l'invio di ambasciatori e invitò il vescovo di Vercelli a recarsi presso di lui al fine di negoziare alla Curia la soluzione del conflitto. Tornando da Vercelli, il F. fu depredato a Grandona, presso Alessandria, da uomini al servizio di Giovanni, bastardo di Monferrato. Il 29 agosto il papa esortava Ottone di Brunswick, reggente del Monferrato, ad adoperarsi per la restituzione dei beni rubati.

Intanto Gregorio XI tentava di ristabilire la pace nel Lazio in modo da poter riportare a Roma la sede apostolica, ma i disordini proseguivano. Tra il 7 e il 12 sett. 1373 il papa inviò bolle alle autorità romane, a Luca Savelli e agli altri membri della famiglia, ai conti di Anguillara, agli Orsini, al vescovo di Camerino e al tesoriere del Ratrimonio di S. Pietro in Tuscia, invitandoli a coadiuvare il F., suo nunzio, nell'opera pacificatrice e a mettere fine alle devastanti scorrerie dei Savelli e degli Anguillara nei dintorni di Roma. Il F. ricevette 98 fiorini d'oro per questa missione che, a quanto pare, rimase infruttuosa. Egli fu tuttavia ricompensato, il 23 marzo 1374, con la nomina a vescovo di Pesaro; il 15 aprile pagò per il vescovato 300 fiorini a titolo di servizi comuni.

Ben presto il F. lasciò di nuovo la Curia per recarsi in Toscana: fu inviato presso il vescovo di Arezzo, Giovanni Albergotti, che aveva appena condotto una delicata missione in Lombardia. Con l'autorizzazione di quest'ultinio, il 25 genn. 1375, consacrò l'altare maggiore della chiesa delle Stimmate del Monte della Verna, e assegnò alla chiesa alcune reliquie dei santi Giovanni Battista, Sebastiano e Bartolomeo apostolo. Il giorno successivo benedisse il cimitero e concesse ottanta giorni di indulgenza ai fedeli che fossero venuti a fare le loro devozioni alla Verna durante determinate feste.

Ciò non costituiva l'unico obiettivo della sua missione: mentre cominciava a delinearsi lo scenario della guerra degli Otto santi, i cardinali Pierre Flandrin e Iacopo Orsini avevano preso accordi con gli ambasciatori di Arezzo, il F. e Filippo "de Testis" riguardo alla presa del castello di Castiglione Aretino da parte delle truppe pontificie. Il 24 marzo 1375 l'Albergotti ricevette l'ordine di far restituire il castello al commissario del papa e di ratificare gli accordi. Il 17 aprile seguente il F. si recò insieme con Pietro de Murles a Bologna presso il cardinale G. Noellet, che stava tentando di imbastire una tregua con Barnabò Visconti, tregua entrata poi in vigore in maggio. Da allora non si hanno più notizie del F. fino al 1378, quando seguì da vicino gli avvenimenti che portarono al grande scisma d'Occidente con la doppia elezione di Urbano VI e di Clemente VII.

Sono una fonte preziosa le deposizioni che egli rilasciò, in veste di seguace dell'antipapa Clemente VII, a Barcellona, tra la fine di agosto e la fine di settembre del 1379, e a Medina del Campo, in Castiglia, durante l'inverno del 1380 e la primavera del 1381. Apprendiamo che durante il primo conclave, il 7 e 8 apr. 1378, fu sollecitato a prendere parte ai conciliaboli delle autorità municipali romane per cercare di imporre l'elezione di un papa romano o almeno italiano. Il F. afferma di esser stato testimone, a fianco del cardinale di Firenze, Pietro Corsini, dei tentativi di intimidazione da parte di Bartolomeo Prignano (Urbano VI), eletto ma non intronizzato. Questi aveva cercato di far uscire, sotto la minaccia di fare intervenire i banderesi, i cardinali rifugiati a Castel Sant'Angelo, al fine di essere intronizzato. Dopo l'elezione di Roberto di Ginevra, Clemente VII, il 20 settembre a Fondi, il F. prese partito per quest'ultimo e fu da lui inviato, tra questa data e i primi di ottobre, a Genazzano presso i cardinali italiani per invitarli a recarsi a San Giovanni in Caricaro, e negoziare la loro partecipazione all'incoronazione dell'antipapa. Egli falli in questa missione perché nessuno raccolse l'invito. Per queste azioni il F. fu scomunicato da Urbano VI, forse verso la fine del 1378, anche se in seguito egli attribuì questa sentenza al mancato pagamento di una tassa imposta da questo papa ai vescovi.

Il F. comunque rimase fedele a Clemente VII, che seguì ad Avignone. Da lì, verso la metà di agosto del 1379, partì con due compagni alla volta di Barcellona, nell'intento di conquistare alla causa di Clemente i re di Castiglia e del Portogallo. Testimoniò in occasione di un'inchiesta sull'inizio dello scisma fatta istituire dal re di Castiglia, che tuttavia mantenne il suo atteggiamento neutrale. Nel novembre 1379 i due inviati giunsero alla corte di re Ferrando del Portogallo, dove il cardinale Pedro de Luna, legato di Clemente VII, con molta abilità riuscì ad indurre il sovrano a schierarsi dalla parte del papa avignonese (inizio gennaio 1380). Insieme con il legato e con Bonifazio Ammannati il F. si recò quindi a Medina del Campo, alla corte di Giovanni I di Castiglia, dove dal 23 nov. 1380 al 19 maggio 1381 si svolse il famoso processo sullo scisma. Egli rese la sua deposizione il 6 dic. 1380 e il 4 marzo 1381. Il 19 maggio il F. e l'Ammannati inviarono una lettera da Salamanca, in cui annunciavano trionfalmente a Clemente VII l'adesione della Castiglia.

Tornato ad Avignone, verso il 21 ott. 1382 il F. riparti alla volta di Milano per recarsi da Bernabò Visconti (e non da Luigi duca d'Angiò, come erroneamente scrive Antoine de Sérent), che aveva lasciato passare le truppe del duca dirette a Napoli, dopo l'accordo per il matrimonio tra Lucia Visconti e il primogenito del duca. Non abbiamo ulteriori notizie della sua missione. Quale ricompensa per i suoi servigi Clemente VII lo trasferì, il 18 genn. 1383, al ricco vescovato portoghese di Coimbra (tassato per 2.000 fiorini). Clemente VII considerava vacante il seggio il cui titolare era invece in missione in Inghilterra (regno che sosteneva Urbano VI) per conto del re di Portogallo. Le esitazioni portoghesi tra le due obbedienze e infine l'adesione al papa di Roma non favorirono il F., che continuò a portare il titolo di vescovo di Pesaro. Giunto di nuovo in Portogallo, ricevette, il 24 marzo 1384, la facoltà di assolvere gli assassini di Martino, vescovo di Lisbona.

Il suo ultimo incarico lo condusse presso Pietro IV d'Aragona, la cui fedeltà a Clemente VII cominciava a vacillare (il 18 apr. 1385 ricevette il pagamento per questa missione). Da quel momento se ne perdono le tracce, forse a causa del suo decesso. Nella bolla del 1º sett. 1398 Quamvis ad regimen, che confermava la crociata predicata contro il re di Castiglia, Bonifacio IX menziona il F., "olim Pensauriensis episcopus", tra i criminali fautori dell'adesione di quel regno alla causa di Clemente VII. A quel tempo il F. era quindi forse già morto.

Sembra del tutto improbabile una sua missione presso il re di Polonia e l'imperatore, come riportano alcuni autori, visto che nessuna fonte diplomatica ne fa menzione. La "fonte" per questa notizia dovrebbe essere il Tractatus de origine, nobilitate et excellentia Tuscie, redatto da Mariano da Firenze verso il 1516-17 (edizione parziale a cura del Cresi). Questo riporta che il F. sarebbe stato ricompensato con il vescovato di Pesaro per le sue missioni in Toscana, in Germania e nel regno di Polonia per conto di Urbano VI (confondendo Urbano V con Urbano VI). Marco di Lisbona, nel 1586, riprende il passo quasi parola per parola, senza citarne la fonte. Il Wadding, nell'edizione del 1637, fa da eco a queste note, aggiungendo che il F. sarebbe stato inviato da Urbano VI per far aderire l'imperatore alla sua causa. Il Tognocchi precisa ancora che l'imperatore era Carlo IV e il re di Polonia Casimiro il Grande, morto nel 1370, collocando l'avvenimento sotto Urbano V e Gregorio XI. Infine il Benoffi riassume affermando che Urbano VI inviò il F. nel 1378 in Germania e in Polonia per mantenere questi popoli nella sua obbedienza. Aggiunge poi che egli ebbe successo rientrando a Roma con grandi onori.

Opere: L. Wadding, Annales minorum, IV, Lugduni 1637, pp. 220 s.; VIII, Romae 1733, p. 332, afferma che il F. "scripsit egregie et copiose in Cantica", ma non indica la sua fonte (si veda F. Stegmüller, Repertorium Biblicun Medii Aevi, II, Madrid 1950, p. 109, n. 1345).

Fonti e Bibl.: E. Martène-O. Durand, Thesaurus novus anecdotorum, II, Paris 1717, pp. 1098 s.; L. Wadding, Annales minorum, I, Romae 1731, pp. 167, 174; VIII, ibid. 1733, pp. 230, 250 s., 271, 276, 325, 327, 332; Bullarium franciscanum, a cura di K. Eubel, VI, Romae 1902, pp. 358 (n. 865), 440 (n. 1089), 475 (n. 1188), 520 (n.1296), 530 (n. 1329), 531 (n. 1330a), 661; VII, ibid. 1904, pp. 245 (n. 673), 252 (n.700); A. Segré, Idispacci di Cristoforo da Piacenza, procuratore mantovano alla corte Pontificia (1371-1383), in Arch. storico ital., s. 5, XLIII (1909), p. 72; Vitae paparum Avenionensium, a cura di G. Mollat, II, Paris 1914-1922, pp. 523, 584, 616 s., 658, 695, 736, 738 ss., 785, 805, 808, 822; F.A. Benoffi, Codice diplomatico della Verna e delle S. Stimmate, Firenze 1924, pp. 64, 559, 581; Suppliques de Clément VII, a cura di K. Hanquet, Roma-Bruxelles 1924, p. 410, n. 1375; K.-H. Schäfer, Die Ausgaben der apostolischen Kammer unter den Päpsten Urban V. und Gregor XI. (1362-1378), Paderborn 1937, pp. 382, 430, 448; H. Hoberg, Taxae pro communibus servitiis, Città del Vaticano 1949, p. 94; Urbain V. Lettres communes, a cura di M.-H. Laurent-P. Gasnault, M.-A-M. Hayez, Paris 1954-86, n. 6250; Grégoire XI. Lettres secrètes et curiales intéressant les pays autres que la France, a cura di G. Mollat, Paris 1962-65, nn. 653, 655 s., 836, 838, 945, 2155 s., 2158, 2166, 2570, 3240; Acta summorum pontificum res gestas Bohemicas aevi praehussitici et hussitici illustrantia, a cura di J. Ersil, II, Praga 1980, p. 661 n, 1153; Marcos de Lisboa, Croniche degli ordini instituiti dal P. S. Francesco, II, Venezia 1586, p. 768; Fr. Gonzaga, De origine seraphicae religionis franciscanae, Venezia 1603, I, p. 268; S. V. Contini, Chronica seraphici Montis Alvernae, Firenze 1630, lib. V, cap. 3; G. Mannucci da Poppi, Le glorie del Casentino, Firenze 1674, p. 21; A. Tognocchi, Genealogicum et honorificum theatrum Etrusco-minoriticum, Firenze 1682, pp. 26 s., 90, 109, 187; F. Ughelli-N. Coletti, Italia sacra, II, Venetiis 1717, col. 860; Johannes a Sancto Antonio, Bibliotheca universa franciscana, III, Matris de Agreda, 1733, p. 273; G.-M. Mazzuchelli, Gliscrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, p. 1202; G. G. Sbaraglia, Supplementum et castigatio ad Scriptores Ordinis minorum ... a Waddingo descriptos, Romae 1806, pp. 41 s. [e rist. Roma 1908, p. 44]; F. A. Benoffi, Dei procuratori generali dei minori nella Curia romana, Pesaro 1830, pp. 15 ss.; N. Valois, La France et le Grand Schisme d'Occident, Paris 1896, I, pp. 25, 44, 79, 202, 231; II, pp. 70, 208, 210; K. Eubel, Die avignonesische Obedienz des Mendikanten-Ordens... zur Zeit des grossen Schismas (Clemens VII. und Benedikt XIII.), Paderborn 1900, p. 35 n. 271; D. Pulinari, Cronache dei frati minori della provincia di Toscana, a cura di S. Mencherini, Arezzo 1913, p. 162; A. de Sérent, Ange de Bibbiena, in Dict. d'hist. et de géogr. eccl., III, Paris 1924, coll. 14 s.; F. A. Benoffi-S. Mencherini, La Toscana serafica, in Miscell. francescana, XXXIII (1933), p. 370; M. Seidlmayer, Peter de Luna (Benedikt XIII.) und die Entstehung des grossen abendländischen Schismas, in Gesammelte Aufsätze zur Kutturgeschichte Spaniens, IV (1933), p. 212; A. Natale, La Felice Società dei balestrieri e dei pavesati a Roma, in Arch. della Soc. rom di storia patria, LXII (1939), p. 62; L. Bartoccetti, Serie dei vescovi delle diocesi marchigiane, in Studi piceni, XV (1940), p. 117; M. Seidimayer, Die Anfange des grossen abendländischen Schismas, Münster 1940, pp. 32, 42, 52, 58, 63, 210 s., 221, 265, 284; R. Canestrari, La serie dei vescovi di Pesaro, in Pesaro sacra. Memorie storiche, Pesaro 1953, p. XVII n. XLVI; J.-C. Baptista, Portugal e o scisma de Ocidente, in Lusitania sacra, I (1956), pp. 80-82, 156; O. Prerovsky, L'elezione di Urbano VI e l'insorgere dello scisma d'Occidente, Roma 1960, pp. 48, 111, 146; G. Mollat, Thomas de Frignano, OFM, et la diplomatie pontificale, in Archivum franciscanum historicum, LV (1962), p. 522; Id., Grégoire XI et les frères mineurs, ibid., LVI (1963), p. 465; D. Cresi, Elenchi di illustri frati minori in un'opera inedita di Mariano da Firenze (XVI sec.), ibid., LVII (1964), p. 195; R.-C. Logoz, Clément VII (Robert de Genève), sa Chancellerie et le clergè romand au début du grand Schisme (1378-1394), Lausanne 1974, p. 32; M. Dykmans, La troisième élection d'Urbain VI, in Archivum historiae pontificiae, X (1977), p. 247; J. Coste, Les lettres collectives des papes d'Avignon à la noblesse romaine, in Aux origines de l'Etat moderne. Le fonctiannement administratif de la Papauté d'Avignon. Actes de la Table ronde ... Ecole française de Rome ... Avignon ... 1988, Rome 1990, p. 169; C. Eubel, Hierarchia catholica..., I, Monasterii 1913, pp. 204, 414.

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