VICI, Andrea

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 99 (2020)

VICI, Andrea

Cristiano Marchegiani

– Nato (il 9 novembre per Busiri Vici, 1891, p. 3) a Palazzo di Rocca Contrada (Arcevia), castello del preappennino marchigiano, da «mastro» Arcangelo Vici (1698-1762) e da Angela Fattorini, Andrea Giuseppe Francesco Venanzo fu battezzato il 29 novembre 1743 (Santini, 2017, p. 37); fratelli maggiori furono Girolamo (1733-1811), Camilla (1737-1803) e Maria Felice (1742-1778).

Arcangelo di Andrea di Girolamo, valente capomastro attivo in specie a Jesi (palazzi Guglielmi Baleani e Ripanti vecchio, ospedale diocesano, duomo) e a Fano (palazzo Montevecchio), discendeva da una schiatta di muratori rilevata dal tardo Cinquecento a Palazzo, la quale prese poi cognome dal ricorrente nome Vico (Villani, 1998, pp. 150 s.): originato forse da Borgo Vico di Como, date le pregresse presenze comacine. Infondate, invero, la discendenza dalla «patrizia e vetusta casa Vici da Stroncone» e le «nove generazioni di architetti» vantate sin da Girolamo, 1619-1682 (Busiri Vici, 1956, p. 128).

Vici fu allievo del pittore Francesco Appiani a Perugia (Orsini, 1806), dove nel 1757-60 compì studi secondari, e del pittore Stefano Pozzi a Roma (Busiri Vici, 1956, p. 129). Alla scuola del nudo in Campidoglio conseguì il premio di terza classe nel settembre del 1762 (Roma, Archivio storico dell’Accademia di S. Luca, Registri, 33 bis, Antichi premiati dal 1754 al 1848: Scuola del Nudo, c. 9v). Si formò quindi nello studio di Luigi Vanvitelli, gestito nella sua permanenza partenopea da Carlo Murena. Morto questi nel maggio del 1764, tornò nella Marca dopo aver sposato il 29 settembre la romana Teresa Storace (Paoluzzi, 2008, p. 353). Presentato al vescovo di Osimo e Cingoli, Pompeo Compagnoni, dal fratello Girolamo, pievano di Offagna, per il paese anconitano progettò il monastero della Visitazione (1767-71), che nel 1774 accolse sua sorella Maria Felice, l’ampliamento della parrocchiale e la canonica (1770-73). Da Osimo partecipò senza successo al concorso del 1768 dell’Accademia reale di belle arti di Parma, disegnando un regale scalone.

Dal 1769 coadiuvò Vanvitelli nei lavori dell’Annunziata di Napoli e della reggia di Caserta in luogo di Giuseppe Piermarini, inviato alla corte di Milano. Declinata la proposta della cattedra di architettura all’Accademia di Mantova, vacante dal luglio del 1771 per la morte di Giambattista Spampani, altro allievo di Vanvitelli, rappresentò questi a Roma nel 1772 nella causa della Mola di Pantano (Busiri Vici, 1891, p. 6). Morto Vanvitelli il 1° marzo 1773, il 29 dicembre Vici scrisse da Roma a un imprecisato erudito per la prefazione di un in folio di suoi eleganti rilievi dell’Arco traianeo di Ancona tradotti dal regio incisore Carlo Nolli, pubblicato qualche tempo dopo (Busiri Vici, 1986, p. 89).

Formato in senso scientifico da padre François Jacquier (Diario di Roma, 1817, n. 76, 17 settembre, p. 1), lettore di fisica sperimentale alla Sapienza, dal 1773 di matematica al Collegio romano, dal 1774 risulta una sua intensa attività peritale per enti ecclesiastico-religiosi e per privati (architetto dei Sacchetti nel 1776, dei Doria nel 1803-05, dei Falconieri nel 1811; Paoluzzi, 2008, pp. 355, 357). Nel 1776 il favore del neocardinale Guido Calcagnini, nuovo vescovo osimano, compensò l’insuccesso al concorso per la sacrestia vaticana e inconcludenti progetti come la riforma in «libreria» del vecchio palazzo maceratese del cardinale Mario Compagnoni Marefoschi dinanzi al nuovo palazzo (fogli e relazioni non datati di tre «idee»; Roma, Archivio Busiri Vici).

Contestuale in Osimo al «restauro» di casa Bellini e all’inattuato prospetto per palazzo Mazzoleni, l’ampliamento del seminario e collegio Campana (1776-88) è imperniato sulle sovrapposte ellissi della sala teatrale a guscio, affine a un’idea di Gabriel-Pierre-Martin Dumont nel tomo X di tavole (1772) dell’Encyclopédie (Marchegiani, 2005, pp. 147 s.), dell’oratorio di nitore vanvitelliano e del refettorio, eco del borrominiano della romana casa dei filippini. Ribadiscono il pregnante sintetismo il conservatorio delle Pupille (1777-88), il monumento del vescovo Compagnoni e l’altare del Crocifisso in duomo (1776-77), ispirato alla dellaportiana edicola nel transetto di S. Giovanni in Laterano, nonché la chiesa delle Salesiane di Offagna (1778-84).

Nel 1780 Vici condusse con l’idrostatico Pio Fantoni il concordato fra Stato pontificio e Granducato di Toscana per prosciugare la Val di Chiana romana. Mappò nel 1781 con l’agrimensore Domenico Sardi lo stagno Maccarese a Ostia (Fea, 1831). Architetto della S. Casa di Loreto dal 23 maggio 1781, progettò nel 1788 per la basilica dieci altari e migliorie al palazzo apostolico. Nel 1782, primo architetto della Fabbrica di S. Pietro (Busiri Vici, 1956, p. 135), disegnò per Montecchio (Treia) la nuova collegiata, su stirata croce greca inscritta, una casa di correzione e una di lavoro, d’austero funzionalismo, nonché un monumento a Pio VI: semibusto bronzeo in edicola a giorno eretta nel 1785 nella panoramica piazza maggiore (Giornale delle belle arti, n. 10, 6 marzo 1784; ibid., n. 42, 22 ottobre 1785).

Operò per villa Montegallo presso Offagna (1784-89), ma la riforma attribuitagli dello stravagante casino è anteposta da fonti coeve all’erezione della tenuta dei Gallo in contea nel 1759: difatti, il teatrale spirito tardobarocco che ramifica il vecchio nucleo stride – come la pragmatica impostazione grafica dell’anonima pianta conservata nella villa e il datato lessico della relativa legenda – con l’asciutto classicismo del caffehaus e della chiesina ad aula ovale schierati con altri padiglioni viciani sui lati divaricati della lunga corte d’onore. Rarefattasi ormai ogni eco barocca, un brillante scenografismo risolve semmai particolari situazioni, così come nel congegno androne-scala di palazzo Solari a Loreto (1789). L’architecture parlante di fogli dell’Archivio Busiri Vici relativi alla cappella presbiteriale per la chiesa delle Clarisse di Città della Pieve (1780), al geometrizzante tempio del Sacramento di Offagna (1787-91), all’ovale schiacciato del coro delle Clarisse di Montelupone (1789), assume per l’Urbe un’aria tridentina nel monastero di S. Anna ai Falegnami, riformato a norma «delle istituzioni salesiane» (Chracas, n. 1972, 23 novembre 1793, p. 15).

Ascritto il 7 settembre 1781 alla fiorentina Accademia del disegno, il 4 settembre 1785 Vici fu accolto fra gli accademici di merito di S. Luca. Subentrato nel 1786 al defunto Carlo Marchionni quale primo ingegnere della Congregazione delle Acque (Paoluzzi, 2008, p. 355), bonificò la Valle Umbra e realizzò il canale Pio presso la cascata delle Marmore (1786-93). Esperto di questioni legali, una sua Relazione del novembre del 1786 «sopra i riparti delle spese dei tetti [...] di diversi condomini» uscì sul Giornale delle belle arti nel febbraio del 1787 (n. 9, pp. 66-71), anno in cui aderì al «Congresso accademico di agricoltura, manifatture e commercio» istituito dal tesoriere generale monsignor Fabrizio Ruffo (Gazzetta universale, n. 56, 14 luglio 1787).

Il 14 maggio 1790 i Vanvitelli concessero a Vici parte della propria sepoltura in S. Maria in Vallicella (Morelli, 1969, p. 121); nel pavimento del transetto, presso la porta del campanile, commessi marmorei di chiaro disegno viciano abbinano la lapide del 1736 e l’ovale cingente di lauro l’epigrafe «LOCVS INDE DATVS / ANDREAE VICIO ADFINI / POSTERIQ. EIVS / ANNO MDCCLXXXX». Confermò tale stima la sorella di Murena, lasciandogli nel 1793 un erudito manoscritto e «tutti i disegni» fraterni (p. 128), il cui spirito vanvitelliano pare immutato nella chiesa di S. Francesco a Foligno, ricostruita da Vici a partire dal 1796 secondo il vitruvianesimo del Nicola Salvi di S. Maria in Gradi a Viterbo.

Virtuoso al Pantheon dal 1792 (V., A., 1940), «uomo esatto» e probo, atto «al sodo scrivere» (Missirini, 1823, p. 302), Vici fu «sotto segretario» di S. Luca dal 1793, cosegretario con Francesco Navone dal 1796, segretario e archivista nel 1801 (Busiri Vici, 1895, p. 263; Paoluzzi, 2008, p. 357). Sottopose all’assenso papale una revisione degli statuti nel gennaio del 1795, con Navone e Anton von Maron, autore del suo splendido ritratto (1790) per la galleria degli accademici. Alla fine del 1796 contribuì con 100 scudi all’armamento richiesto dalla paventata aggressione francese (Vigesimasesta nota, 1796). Proclamandosi la Repubblica Romana, il 15 febbraio 1798 ebbe la protezione imperiale (Busiri Vici, 1990), ma subito diresse il Dipartimento degli edili con Giuseppe Barberi e Giuseppe Camporese. Con questi e con Paolo Bargigli ideò l’«altare patrio» per la festa della Federazione del 20 marzo in piazza S. Pietro; architetto pubblico da aprile, fu tra i responsabili dell’illuminazione cittadina (Paoluzzi, 2008, p. 367). Caduta la Repubblica, nel 1800 esibì un cristologico schema cruciforme per il nuovo duomo di Camerino, distrutto dal terremoto del 1799 (delle tre soluzioni da lui presentate si preferì la basilicale): fu questo il maggiore di analoghi interventi, fra cui il restauro del palazzo apostolico di Perugia (1781; Fumi, 1901) e della ternana parrocchiale di Torre Orsina (1791), la perizia sui problemi fondali del duomo di Spoleto (1803; Andreani, 2002, p. 477) e il rifacimento di palazzo Lepri a Bevagna (1800), il cui oblungo vestibolo con ballatoio su arcaiche semicolonne doriche è un creativo asserto di classicismo romantico.

Nel 1801 la stima del palazzo del marchese Francesco Vivaldi entro gli «avanzi del Mausoleo d’Augusto» sollevò polemiche pubbliche che richiesero una rassicurante attestazione nell’agosto del 1807 (Alla Sagra Congregazione, 1807). Pastore arcade dal 22 luglio 1804, proposto da Antonio Asprucci e Vincenzo Pacetti, «Filone Lindeo» presentò nel 1809 un progetto di «risarcimento del locale» del Bosco Parrasio, ineseguito (Busiri Vici, 1971, pp. 70-74 e fig. 6). All’epoca Ferdinando III, già granduca di Toscana, gli chiese di riformare un altrui progetto di facciata del palazzo principesco di Salisburgo (1803-05) e nel 1815, alla Restaurazione, gli affidò la cura dei «reali palazzi» toscani a Roma (Paoluzzi, 2008, pp. 360, 370).

Architetto del tribunale delle Strade e della presidenza delle Ripe (1803-09), nel 1805 Vici diresse lo spurgo del porto di Ripa Grande (p. 368). Dal 9 dicembre 1810 ingegnere capo di prima classe «per i lavori di ponti ed argini, navigazione, disseccamenti, porti marittimi» dei dipartimenti del Tevere e del Trasimeno, affiancato da Clemente Folchi, «ingegnere aspirante» così come dal dicembre del 1809 lo era il quattordicenne figlio Francesco (Bollettino delle leggi, 1810, pp. 433, 526), verificò licenze e abusi sul tratto urbano del Tevere, che spurgò, rimuovendo intralci e «ruine lungo l’alveo» (La Padula, 1969, p. 127). Dal 1812 fu «direttore degli acquedotti romani», e il figlio «aspirante ingegnere per le acque di Roma, acquedotti e fontane» (Martinet, 1812).

Principe dell’Accademia di S. Luca dal dicembre del 1802 al 1805, ottenne da Pio VII il 9 aprile 1804 di spostare la scuola del nudo, così come ideato con Antonio Canova, in parte dell’ex monastero delle Convertite al Corso, e il 23 settembre 1806 l’estensione a vita, per i principi accademici, del titolo di conte palatino con croce di cavaliere (Guattani, 1807).

Studiò la redazione di un «codice artistico» per dirimere questioni «fra gli esecutori delle opere spettanti alle Arti ed i loro committenti», discusso con gli «architetti accademici» in sedute mensili da lui promosse, derivandone la stesura di settantotto Quesiti pratici di architettura (Missirini, 1823, pp. 308-332). Anticipò l’iniziativa napoleonica di cimiteri per Roma, avendone progettati due nel 1806, «uno fuori Porta Pia e l’altro fuori Porta Angelica» (La Padula, 1969, p. 91); e pubblicò quindi specifiche idee in proposito (Vici, Progetto di architettura..., 1807, pp. 27-31): già tema di seconda classe del concorso Clementino bandito nel 1803. Con Canova e il principe accademico Vincenzo Camuccini sottopose nel 1807 al papa un Piano di pubblici studj accademici, mancando ancora scuole d’arte (Racioppi, 2016, p. 132), aperte a S. Luca tre anni dopo con la riforma napoleonica. Professore di architettura dal 29 dicembre 1810 (Busiri Vici - Paoluzzi, in Andrea Vici architetto..., 2009, p. 47), nel 1811, «primo consigliere» nel principato canoviano, progettò nel «locale delle Convertite» una «sala di pubblica esposizione pei lavori degli operatori delle buone Arti» (Missirini, 1823, pp. 338-342; Busiri Vici, 1895, tav. IV); a novembre fu accolta la petizione presentata in agosto con Canova per porre su suo progetto le scuole d’arte nell’ex Collegio germanico (Paoluzzi, 2008, p. 359). Entro il 1811 abbozzò con l’architetto Pierre-Adrien Pâris e monsignor Nicola Maria Nicolai lo statuto pubblicato nel 1812, includente anche «studenti artegiani» e la tutela del patrimonio monumentale (Racioppi, 2016, pp. 135-137): riflesso dell’impegno, dal 1810, nell’Accademia romana di archeologia, nella commissione per la conservazione dei monumenti pubblici e fabbriche civili istituita il 9 luglio, e, da responsabile tecnico, in quella per la conservazione delle chiese di Roma. Vicepresidente di S. Luca dal 12 gennaio 1812, presidente fra il 1814 e il 1816, con il «principe perpetuo» Canova e con altri accademici compilò lo statuto approvato il 15 dicembre 1817 (Busiri Vici, 1895, p. 9).

Vici abitò dal 1784 nel palazzetto Accoramboni a S. Luigi dei Francesi, poi in quello Pallotta al Corso e dal 1800 nella casa ristrutturata in via del Pozzetto 117 (Martinet, 1812; Busiri Vici - Paoluzzi, in Andrea Vici architetto..., 2009, p. 44).

Provato dalla morte del figlio il 12 settembre 1816 più che dall’intenso lavoro, che gli diede fama pur senza opere «testimonj del suo sapere» in Roma (G.G. De Rossi, in Accademia romana, 1817, p. 168), si spense il 10 settembre 1817, infierendo un’epidemia di tifo.

Presenti gli accademici con alla testa Canova, esequie e sepoltura si ebbero nella Chiesa Nuova (Diario di Roma, 1817). Superstite di sette figli, Barbara (1796-1863) sposò nel 1815 Giulio Cesare Busiri (da cui gli architetti e accademici Busiri Vici) e nel 1819, vedova, Clemente Folchi (da cui i Folchi Vici; Busiri Vici, 1956, p. 143).

Opere. Memorie sopra alcune fabbriche di Bramante Lazzari..., in Giornale delle belle arti, n. 47, 26 novembre 1785, pp. 370-373 (I), n. 48, 3 dicembre 1785, pp. 378-382 (II); Progetto di architettura, in G.A. Guattani, Memorie enciclopediche romane sulle Belle Arti, Antichità etc., II, Roma 1807, pp. 27-31; Quesiti pratici di architettura. Parere [...] sulla stima delle fabbriche (29 gennaio 1806), ibid., III, Roma 1807, pp. 118-124; Quesiti pratici di architettura..., 13 settembre 1806, ibid., IV, Roma 1808, pp. 115-122; Breve notizia istorica dell’insigne Accademia detta di S. Luca, ibid., pp. 126-128.

Fonti e Bibl.: Gazzetta universale, n. 74, 15 settembre 1781, p. 589 (Firenze, 14 settembre); Giornale delle belle arti, n. 10, 6 marzo 1784, pp. 74-76; ibid., n. 42, 22 ottobre 1785, pp. 333 s. e tav. fuori testo; ibid., n. 49, 10 dicembre 1785, pp. 386 s.; Gazzetta universale, n. 56, 14 luglio 1787, p. 448; Giornale delle belle arti, n. 9, 31 [sic] febbraio 1787, pp. 66-71; ibid., n. 29, 21 luglio 1787, p. 227; ibid., n. 33, 18 agosto 1787, pp. 259-261; Chracas, Diario ordinario, n. 1972, 23 novembre 1793, pp. 14-17; Vigesimasesta nota delle offerte..., Roma 1796, pp. 10 s.; Monitore di Roma, n. 1, 21 febbraio 1798, p. 8; B. Orsini, Memorie de’ pittori perugini del secolo XVIII..., Perugia 1806, pp. 74-77; G.A. Guattani, Memorie enciclopediche..., II, Roma 1807, pp. 95-98; Alla Sagra Congregazione particolare deputata da nostro Signore, Romana Fabricae..., Roma 1807; Bollettino delle leggi, Roma 1810, n. 68, pp. 432 s., 526; J. Martinet, Annuario [...] del Dipartimento di Roma per l’anno 1812, Roma 1812, pp. 161 s.; Accademia romana di archeologia, in G.A. Guattani, Memorie enciclopediche..., VI, Roma 1817, pp. 165-171 (in partic. pp. 167-169: «estratto dell’elogio» pronunciato dall’accademico G.G. De Rossi); Diario di Roma, 1817, n. 76, 17 settembre, pp. 1 s.; M. Missirini, Memorie per servire alla storia della Romana Accademia di S. Luca..., Roma 1823, pp. 302 s., 308-347, 359 s., 372-374; C. Fea, Storia delle saline d’Ostia..., Roma 1831, p. 28; A. Busiri Vici, A. V. di Palazzo..., in Id., Giubileo della felicità, della sventura e dell’arte..., Roma 1891, pp. 3-38; [Id.], Sessantacinque anni delle scuole di belle arti..., Roma 1895, passim; L’opera dell’architetto A. V. nella Basilica di Loreto, nuovi documenti dal 1788 al 1816, in Nuova rivista misena, VIII (1895), 11-12, pp. 177-185; L. Fumi, Inventario e spoglio dei registri della Tesoreria Apostolica di Perugia e Umbria dal R. Archivio di Stato in Roma, Perugia 1901, p. 314; V., A., in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXXIV, Leipzig 1940, p. 327; A. Busiri Vici, L’architetto A. V. d’Arcevia allievo del Vanvitelli, in Atti dell’VIII Convegno nazionale di storia dell’architettura..., Caserta... 1953, Roma 1956, pp. 127-143; A. La Padula, Roma e la regione nell’epoca napoleonica..., Roma [1969], pp. 47, 91, 102, 127, 139; G. Morelli, Appunti bio-bibliografici su Gaspar e Luigi Vanvitelli, in Archivio della Società romana di storia patria, s. 3, XXIII (1969), pp. 117-136; A. Busiri Vici, Un’interessante elezione del 1804 nell’Accademia dell’Arcadia, in Strenna dei Romanisti, XXXII (1971), pp. 65-76; A. Montironi, A. V. d’Arcevia e la Libreria Marefoschi a Macerata, in Antichità viva, XIV (1975), 4, pp. 41-50; Ead., L’attività di A. V. d’Arcevia ad Osimo, in Annali della Facoltà di lettere e filosofia [dell’Università di Macerata], X (1977), pp. 389-406; La Pontificia Accademia romana di archeologia, a cura di C. Pietrangeli, Roma 1983, pp. 32, 92; A. Busiri Vici, L’Arco di Trajano di Ancona in una pubblicazione del 1773, in L’Urbe, n.s., XLIX (1986), 3-4, pp. 89-94; Id., Scritti d’arte, Roma 1990, p. 288; V. Villani, Palazzo Castrum Palatii, Ostra Vetere 1998, pp. 150-157, 225 s.; L. Andreani, Regesti, in La cattedrale di Spoleto. Storia, arte, conservazione, a cura di G. Benazzi - G. Carbonara, Milano 2002, pp. 461-489; C. Marchegiani, Passaggio al Neoclassico. Dalla salle oblongue verso la cavea vitruviana: geometrie teatrali nel secondo Settecento fra Parigi e Roma, in Studiolo, III (2005), pp. 133-168; M.C. Paoluzzi, V., A., in Architetti e ingegneri a confronto, III, L’immagine di Roma fra Clemente XIII e Pio VII, a cura di E. Debenedetti, Roma 2008, pp. 353-372; A. V. architetto e ingegnere idraulico. Atlante delle opere, a cura di M.L. Polichetti, Cinisello Balsamo 2009 (in partic. C. Busiri Vici - M.C. Paoluzzi, A. V., pp. 38-49); C. Marchegiani, Il seminario tridentino: sistema e architettura. Storie e modelli nelle Marche pontificie, Pescara 2012, pp. 161-177; P.P. Racioppi, L’Accademia nel periodo francese. I nuovi Statuti del 1812, in Roma-Parigi. Accademie a confronto. L’Accademia di S. Luca e gli artisti francesi XVII-XIX secolo, a cura di C. Brook et al., Roma 2016, pp. 129-139; P. Santini, Un importante documento inedito riguardante A. V. di Arcevia..., in Studi arceviesi, VII (2017), pp. 36-38.

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