MARIANI, Andrea

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 70 (2008)

MARIANI, Andrea

Rita De Tata

– Nacque a Bologna il 21 apr. 1593 da Cesare, tessitore di seta originario di Lucca, e da Vittoria Onesti, pure di famiglia lucchese.

Attratto in un primo tempo dalle belle lettere e dalla poesia, passò poi agli studi filosofici sotto l’insegnamento di Melchiorre Zoppio, professore di filosofia morale presso lo Studio bolognese e fondatore, nel 1588, dell’Accademia dei Gelati, alla quale il M. fu ascritto col nome di Affidato. Forse proprio in quell’ambiente ebbe modo di conoscere il cardinale Maffeo Barberini, futuro Urbano VIII, legato pontificio di Bologna negli anni 1611-14 e anch’egli membro dell’Accademia dei Gelati. Le biografie più antiche riportano la notizia che il M. avrebbe trascorso alcuni periodi a Padova e a Roma prima di conseguire la laurea in filosofia a Bologna il 15 ott. 1618. Si può ipotizzare che a Roma, dove Barberini aveva fatto ritorno nella seconda metà del 1617, il M. abbia frequentato il circolo di letterati riuniti attorno al cardinale e che insieme con loro abbia visitato le antichità che avrebbero in seguito ispirato alcune sue composizioni poetiche.

Subito dopo la laurea il M. ottenne dal Consiglio comunale la dispensa dal difetto di origine paterna per poter esercitare l’insegnamento presso lo Studio e iniziò la lettura di logica, che tenne fino al 1625. Nel 1626 passò all’insegnamento di filosofia ordinaria, come da tempo aveva chiesto; la cattedra però gli fu solamente riservata, perché fu contemporaneamente chiamato a insegnare medicina nel collegio gesuitico di Mantova, riformato e accresciuto dal duca Ferdinando Gonzaga con l’intento di dotare la città di un vero e proprio Studio. Durante gli anni trascorsi a Mantova il M. conseguì anche la laurea in medicina, conferitagli a Padova il 26 apr. 1628, e conobbe F.R. Galli, lettore di Sacra Scrittura, e il siciliano P.A. Cavalli, medico primario del duca, poi divenuto cappuccino col nome di Francesco da Scicli. Passato il Ducato al ramo cadetto dei Gonzaga Nevers, il M. ebbe l’incarico di maestro particolare di filosofia del figlio del duca Carlo I, Carlo principe di Rethel; tuttavia l’avanzare delle truppe imperiali verso la città lo spinse, alla fine del 1629, a tornare a Bologna, dove riprese l’insegnamento della filosofia, che avrebbe tenuto, con alcune interruzioni, fino al 1659.

Nell’estate 1630 scoppiò a Bologna, come in gran parte dell’Italia settentrionale, una gravissima epidemia di peste, propagata dalla discesa dei lanzichenecchi verso il Mantovano; il M. ebbe così modo di studiare l’evoluzione del contagio, traendone conclusioni esposte in De peste anni 1630 Bononiae, cuius genus fuerit, et an ab aere. Praelectio… (Bologna 1631).

Il M. vi rigettava la tesi dell’unzione come via di diffusione dell’epidemia, le cui cause andavano invece ricercate in varie circostanze, sia di tipo meteorologico (un inverno mite seguito da una primavera calda e ventosa), sia astrologico (una particolare angolazione di Saturno), sia contingenti, come la guerra di Mantova e le esalazioni derivanti dai cadaveri insepolti; proprio quest’ultimo fattore qualificava la peste del 1630 come peste bubbonica, cioè la forma più grave e contagiosa.

Nel 1634 il M. fu chiamato dal granduca di Toscana Ferdinando II de’ Medici a insegnare medicina teorica all’Università di Pisa, ma anche questa esperienza ebbe breve durata, perché la presenza del M. presso l’ateneo toscano è attestata solamente per un anno accademico. La breve permanenza gli dette comunque modo di conoscere l’erudito e poeta Paganino Gaudenzi, già in contatto con l’ambiente culturale barberiniano dell’Accademia degli Umoristi, che vi teneva la cattedra di eloquenza. Tornato a Bologna, il M. riprese l’insegnamento e si dedicò con successo all’esercizio della professione medica (era definito l’Esculapio dei suoi tempi) e fu richiesto da importanti personaggi. A testimonianza di questa attività rimangono alcuni consulti medici manoscritti, presso la Biblioteca comunale dell’Archiginnasio (Autografi, LXXXVII.22004) e la Biblioteca universitaria di Bologna (Mss., 84.II.38), ma soprattutto la testimonianza di Marcello Malpighi, che lo ebbe come maestro. In un suo frammento di autobiografia (ibid., 2085, vol. VI, c. 1), Malpighi ricorda infatti come suoi iniziatori allo studio della medicina Bartolomeo Massari, che gli aveva aperto la strada dello studio anatomico attraverso la dissezione dei cadaveri, e il M., che gli aveva insegnato la pratica della cura medica secondo una visione innovativa rispetto a quella seguita dalla maggior parte del mondo accademico bolognese dell’epoca. Il M. si rifaceva, infatti, alla scuola di Ippocrate e agli insegnamenti di A. Cesalpino, K. Hoffmann, F. Buonamici, C. Cremonini, svalutando il metodo della tradizione araba e dei suoi seguaci medievali. Questo indirizzo diede luogo a un aspro contrasto in seno al Collegio medico bolognese, che vedeva i novatori M., Massari, Malpighi, C. Fracassati, G.B. Capponi opposti ai tradizionalisti G.A. Cocchi, O. Montalbani, P. Mini, T. Sbaraglia, sostenitori della medicina galenica.

Di pari passo con l’attività scientifica il M. si dedicava agli interessi letterari, coltivati nell’ambito dell’Accademia dei Gelati. Nel 1625 uscì a Venezia la prima edizione di un suo volume di epigrammi dal titolo Ruinarum Romae. Epigrammata extantium vel in sacra loca transformatarum anno iubilei 1625, ripubblicato in versione accresciuta nel 1641, a Bologna.

Nell’opera le antichità romane venivano rivisitate seguendo un preciso percorso topografico, secondo moduli presenti nella letteratura antiquaria precedente. All’intento apologetico riecheggiante l’agostiniana città celeste edificata sulle vestigia della civiltà classica latina, il M. affiancava l’esibizione di una notevole erudizione antiquaria e il senso, già barocco, della mutabilità delle opere umane.

Nella seconda edizione l’opera fu dedicata al cardinale Bernardino Spada, distintosi come legato a Bologna durante la pestilenza del 1630, e fu arricchita da alcuni distici composti in onore del M. da colleghi e amici illustri: lo scozzese T. Dempster, professore di umane lettere a Bologna, F. de Sanabria, rettore del Collegio di Spagna, i già citati P. Gaudenzi e F.R. Galli.

A seguito del soggiorno mantovano, nel 1629, il M. pubblicò a Bologna un foglio dal titolo Versi latini al re di Francia, a Carlo duca di Mantova e del Monferrato e ad altri, e per la casa di Virgilio mutata in rocca. Nel 1659, anno in cui fu nominato professore emerito, uscì a Venezia un altro volume di poesie latine del M., gli Statuarum Romae epigrammatum libri III.

L’opera, ispirata all’epigrammatistica classica greca e latina rivisitata con sensibilità barocca, si articola in tre libri: il primo dedicato al principe Leopoldo de’ Medici, il secondo al nobile bolognese Cornelio Malvasia, studioso di astronomia e matematica e protettore di G.D. Cassini e G. Montanari, il terzo al friulano Ciro di Pers, probabilmente conosciuto all’epoca degli studi bolognesi del poeta.

Gli ultimi anni della vita del M. furono dedicati alla devozione e alle letture religiose, testimoniate dalla scrittura di una Vita della rev. madre Maria Antonietta Honesti di Savoia (Bologna 1655) e dalla preparazione di un libro sugli Affetti del Messia supplicante in Croce, rimasto inedito (in Fantuzzi, p. 263). Nel 1659 ricevette il titolo di professore emerito e l’anno dopo il medico genovese F.M. Tiscornia, priore del Collegio di medicina e arti di Bologna, propose al Senato di dedicare al M. un monumento celebrativo nel palazzo dell’Archiginnasio, sede dello Studio; il permesso venne concesso con qualche difficoltà e l’opera fu realizzata nel 1661 dal pittore Carlo Cignani.

Il M. morì a Bologna il 25 sett. 1661 per una febbre acuta contratta dopo un viaggio a Ferrara. Fu sepolto nell’arca che aveva acquistato nella basilica di S. Petronio nel 1654 e il 1° dicembre una solenne orazione funebre fu recitata in suo onore dall’allievo C. Fracassati, raccolta in un volume in memoria del M. pubblicato l’anno seguente con contributi, fra gli altri, di G.B. Capponi, A. Muscettola, E.A. Beraud, G. Desideri.

Dal matrimonio contratto nel 1630 con Cecilia Scotti, sorella del professore di medicina teorica e poi di anatomia Costanzo, erano nate due figlie, entrambe avviate al convento, e due figli, Mariano e Mario. Il primo, addottoratosi in leggi il 17 ag. 1667, tenne per tre anni la cattedra di istituzioni legali e morì nel 1670 a 29 anni. Mario, nato il 15 ott. 1634 (e non nel 1654, come riporta Fantuzzi, p. 269), si laureò in filosofia il 10 luglio 1662, pubblicando la tesi dibattuta (Theoremata philosophica quae in patrio Archigymnasio discutienda serenissimo Alexandro II Mirandulae etc. duci Marius Marianus philosophus Bononiensis vovebat, Bononiae 1662). Intraprese, come il padre e il fratello maggiore, la carriera accademica, ottenendo prima la cattedra di logica e poi quella di filosofia. Nel 1683 conseguì anche la laurea in diritto, che gli permise di assumere varie volte l’incarico di giudice degli Anziani. Accademico Gelato anch’egli, compose molte poesie rimaste però inedite e mantenne rapporti amichevoli con Malpighi, menzionato anche nel suo testamento del 1679. Tale testamento, pubblicato dopo la sua morte avvenuta il 21 sett. 1709 (Testamento e codicilli, Bologna 1716), prevedeva l’erezione di un collegio destinato a ospitare 4 o 5 giovani nobili meritevoli negli studi ma privi di mezzi economici. Il progetto non fu però realizzato a causa di un lungo contenzioso ereditario con i discendenti della famiglia materna, che vide alla fine prevalere le ragioni degli Scotti.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, Senato, Partiti, 16-17, 19, 21, 23; Assunteria di Studio, Requisiti dei lettori, vol. 17, nn. 15-17; Arch. notarile, Notaio Sassi Nanne, prot. A, c. 88 (19 febbr. 1591); Notaio Cignani Pompeo, 16 atti dal 1630 al 1654; Bologna, Arch. arcivescovile, Parrocchia di S. Biagio, Morti, 1585-76; Registri battesimali, 1633-34, c. 272v; Ibid., Biblioteca universitaria, Mss., 4207: L. Montefani Caprara, Delle famiglie bolognesi, vol. 56, cc. 120r-127r; Ibid., Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, Mss., B.36.19: Ragioni de’ Scotti contro il dottore Mariani; C. Fracassati, Andreae Mariani phil. et medici Bonon. emeriti Lessus, Bononiae 1662; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, V, Bologna 1786, pp. 261-263, 269 s.; H.B. Adelmann, Marcello Malpighi and the evolution of embriology, Ithaca-New York 1966, pp. 124 s.; S. De Maria, Sull’antiquaria bolognese del Seicento, in Studi e memorie per la storia dell’Università di Bologna, n.s., III (1983), pp. 515-518; D. Biagi Maino, La gratitudine e la memoria. I monumenti affrescati d’età barocca, in L’Archiginnasio. Il palazzo, l’Università, Bologna 1987, pp. 124 s.; A. Mazza, Carlo Cignani e la memoria di A. M. all’Archiginnasio, in L’Archiginnasio, XCIX (2004), pp. 97-116.

R. De Tata