CICALA, Andrea di

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 25 (1981)

CICALA, Andrea di

Norbert Kamp

Nacque da Paolo conte di Alife e di Golisano (od. Collesano) e da Sica Musca. La famiglia era originaria di Castelcicala in Campania, ma il C. passò la giovinezza nei feudi paterni in Sicilia, dove è ricordato per la prima volta nel giugno del 1216, a Palermo, testimone, insieme ai fratelli Simone e Matteo e a numerosi nobili, dell'atto con cui Paolo donò il castello siciliano di Roccella al monastero campano di Montevergine.

Il C. successe al Padre nella signoria di Golisano, ma non ne ottenne il titolo comitale connesso. L'imperatore Federico II nel 1236 gli concesse in feudo anche la signoria di Polizzi. Per tutt'e due i feudi pagò regolarmente le decime reali alla Chiesa di Cefalù. Nel febbraio del 1231 poté indurre il vescovo Aldoino di Cefalù a rinunciare ai diritti vescovili sulla chiesa di S. Filippo a Collesano a favore del monastero di Montevergine. Sposò una sorella del conte Aldoino di Ischia Maggiore, che nel suo testamento (nov. 1234) lo nominò tutore delle sue figlie e amministratore dei suoi beni in Sicilia.

Il matrimonio aveva introdotto il C. nell'ambiente della nobiltà di corte e ciò spiega anche perché l'imperatore lo nominasse, all'inizio di ottobre del 1239, senza che egli in precedenza avesse ricoperto l'ufficio di giustiziere, capitano della parte settentrionale del Regno, affidandogli cosi le, più alte funzioni amministrative e militari in tutte le province del Regno da Porta Roseti fino al Tronto. Quest'ufficio era stato creato dall'imperatore dopo lo scioglimento del governo di reggenza, allo scopo di poter mettere più rapidamente in stato di difesa il Regno e di poter disporre immediatamente delle risorse finanziarie e militari, visto che il papa aveva pronunciato per la seconda volta la scomunica nei suoi confronti. Appena insediato, il C. mise in atto le ulteriori riforme ordinate dall'imperatore e accolse il giuramento di fedeltà dai nuovi portulani della Puglia, dell'Abruzzo e della Campania e più tardi anche dagli ufficiali provinciali superiori.

Le vicende della guerra in corso imponevano al C. di occuparsi innanzitutto dell'amministrazione e del restauro dei castelli, tanto più che l'imperatore gli aveva conferito ampi poteri a tal proposito. Insediò nuovi castellani a Bari, a Trani e a Monticello. Le fortificazioni di Montecassino, Rocca Ianula e Castel Volturno furono rafforzate per ordine suo, e aumentate contemporaneamente le truppe di guardia. Nella Marsica e in Abruzzo riorganizzo completamente l'amministrazione dei castelli. Ai feudatari che non adempivano i loro obblighi confiscò i castelli e li affidò a castellani imperiali. Con l'acquisto di altri castelli, anche oltre i confini del Regno, nel ducato di Spoleto, pensò di proteggere ancor meglio le frontiere settentrionali. I giustizieri delle singole province gli mandarono i mercenari occorrenti per presidiare i nuovi castelli. Nell'ambito di queste misure per la sicurezza esterna e interna, il C. propose all'imperatore anche la distruzione di alcuni castelli nei casi in cui si riprometteva vantaggi strategici; d'altra parte, allo scopo di poter sorvegliare meglio i castelli, nel gennaio del 1240 creò l'istituzione dei visitatores castrorum, che avevano il compito di ispezionare tutti i castelli due volte la settimana. Con queste iniziative nell'ambito dell'amministrazione dei castelli e con i suoi progetti di incrementare il numero di quelli che dipendevano direttamente dalla Corona, il C. divenne in breve tempo primo consigliere dell'imperatore in tutte le questioni riguardanti la sicurezza interna.

Nello stesso tempo il C. assunse anche la sorveglianza sulle chiese vacanti; dai loro proventi assegnò a nobili romani come Manuele Frangipane le rendite in denaro concesse dall'imperatore. Nel novembre del 1239 per desiderio di Federico II, accolse sotto la sua particolare tutela l'università di Napoli al fine di garantime il libero accesso agli studenti provenienti dal Regno, dalla Terrasanta, ma anche dall'Italia settentrionale, e per salvaguardare i loro privilegi.

Verso la fine del 1239 il C. fece venire in Terra di Lavoro, con il consenso dell'imperatore, la moglie Margherita che si stabilì nel castello di Teano. Allora il C. stava in trattative con il Comune di Rieti e cercava di catturare il nipote del papa, Mattia, per assicurare all'imperatore un pegno ùnportante per le ulteriori trattative con Gregorio IX. Il giustiziere di Capitanata, Riccardo di Montefuscolo, glicomunicò nello stesso periodo le istruzioni dell'imperatore relative al modo diprocedere contro la città di Benevento.Nello stesso mese e senza aspettare l'ordine dell'imperatore il C. mandò a reEnzo, legato imperiale nell'Italia settentrionale, un grande contingente di cavalieri, arcieri e saraceni.

Nel genn. 1240 Federico Il gli conferì anche funzioni giurisdizionali riservate fin allora alla Magna Curia. Le lunghe e firequenti assenze dal Regno della corte imperiale, a cui questo tribunale era legato, avevano reso necessaria la creazione di un'istanza di appello supplementare nel Regno stesso a cui rivolgersi direttamente, e Federico II aveva pensato di collegarla alristituzione dei due capitani. Per il disbrigo di queste nuove funzioni l'imperatore assegnò al C. due giudici che in precedenza avevano fatto parte della Magna Puria.

Nello stesso periodo il C. iniziò la riscossione della collecta generalis. Ma si vide anche costretto, nel febbraio del 1240, a ordinareun'inchiesta generale sugli esattori delle tassedell'anno 1239 e contro alcune persone policaticamete sospette nella contea di Fondi, in Abruzzo e in Molise. Per mettere sottopressione il Comune di Terni, che si rifiutava di ubbidire all'imperatore che aveva invaso lo Stato della Chiesa, imprigionò varicittadini ternani residenti nel Regno, principalmente a Napoli. Aprì un procedimentopenale nei confrenti dei procuratori e delcastellano di Pettorano, che nel marzo del1240 erano stati accusati di cattiva amministrazione e di comportamento sconveniente nei confronti di un membro della famiglia imperiale. Nella primavera del 1240gli spettò anche il compito di dare esecuzione al divieto di esportazione di cavalli dalRegno.

Nell'aprile del 1240 il C. accettò l'invito di partecipare alla Dieta imperiale convocata a Foggia, dove si consultò con l'imperatore sulle misure da adottare contro i ribelli di Rocca Alberici e dove, insieme ai giudici della Magna Curia Simone e Roberto di Tocco, portò a termine due cause, una riguardante i beni del duomo di Aversa, l'altra relativa ai matrimoni delle nobili abruzzesi Mabilia e Margherita de Raiano.

Nel quadro delle riforme amministrative decise a Foggia, il 3 maggio 1240 l'imperatore nominò il C., che nell'esercizio delle sue funzioni si era distinto per l'eccezionale spirito d'iniziativa, la singolare avvedutezza e per la sua incorruttibile lealtà, capitano e maestro giustiziere delle province tra Porta Roseti e il Tronto, le stesse che gli erano già state sottoposte nella qualità di solo capitano, attribuendogli in tal modo funzioni vicereali nella parte settentrionale del Regno. Nei territori sottoposti alla sua giurisdizione il C. diede esecuzione ai nuovi statuti dei giudici, notai e medici promulgati a Foggia e citò contemporaneamente alla corte imperiale i procuratori demaniali con l'invito di presentare i rendiconti della amministrazione. Nel 1240 raccolse presso San Germano un consistente esercito di cavalieri e sostituì il castellano di Rocca Ianula Guglielmo di Spinosa con Giovanni di Trentenaria.

Nel giugno del 1241il, C. riuni a Melfi i prelati delle sue province per comunicare loro l'ordine dell'imperatore che imponeva di confiscare tutti i tesori delle chiese per, finanziare con il ricavo la guerra che si stava combattendo. A tal fine mandò nelle singole province una serie di delegati: il giudice Pietro da Melfi in Basilicata, il notaio Martino da Airola a Montevergine, Giovanni Capuano da Napoli nella contea di Molise, Tommaso Castulus nella diocesi di Valva. I tesori confiscati furono depositati nell'agosto del 1241 a San Germano, dove i prelati in parte li riscattarono. Il resto ancora nello stesso mese fu portato per ordine del C. a Grottaferrata presso l'imperatore.

Nel luglio del 1241 il C. si occupò deltrasferimento da Napoli a Salerno dei legati e dei prelati dei concilio caduti inmano all'imperatore. Egli stesso si recò daFederico II che era accampato nel pressidi Rieti e l'aveva sollecitato di mandarglialtri cavalieri. Verso la fine del 1241 vennenuovamente incaricato di preparare la riscossione della colletta generale. QuandoRuggero de Amicis, il quale esercitava lostesso ufficio del C. in Calabria e in Sicilia, tra il 1242 e il 1243 fu mandatocon una missione diplomatica a Baghdad eal Cairo, sembra che il C. assumesse perun certo periodo anche le sue funzioni, il che significa che con la qualifica di capitaneus Regni governava tutto il Regno.

Nel maggio del 1242, alla testa di un discreto esercito di cavalieri, attaccò Rieti e fece devastare i dintorni; ma non portò l'attacco contro Roma come si temeva. Nel settembre fu a Salerno, dove decise una querela del monastero di S. Maria Mater Domini presso Nocera contro la Corona a favore dei monastero. Dopo aver partecipato nel febbraio del 1243 alla Curia imperiale di Foggia, si recò a Taranto e riorganizzò l'amministrazione dei beni confiscati dalla Corona. Dopo la defezione di Viterbo nel settembre del 1241, che costituiva un grave colpo per la politica imperiale nell'Italia centrale, il C. ebbe nuovamente il compito di riscuotere una colletta e di organizzare il contributo del Regno per l'esercito imperiale. Nell'agosto del 1245, sempre nella sua qualità di capitano e maestro giustiziere della parte settentrionale del Regno, condusse un'inchiesta nel territorio del monastero di Montecassino. Per ricompensarlo dei suoi servizi Federico II gli concesse nella primavera del 1242 i castelli di Acri e di Corigliano e altri feudi in Calabria.

La deposizione dell'imperatore da parte del concilio di Lione sembra aver susci, tato anche nel C. dubbi sulla legittimità del suo governo. Anche se non conosciamo particolari più precisi, sembra certo che si lasciasse convincere all'inizio del 1246 da Tebaldo Francesco, Guglielino di Sanseverino ed altri a partecipare all'attentato contro l'imperatore. Egli infatti aiutò i congiurati, anche dopo la scoperta dei loro piani: approfittando della sua autorità diretta sui castelli della Corona, aprì loro il castello di Capaccio ritenuto inespugnabile, nel quale i ribelli resistettero fino al 17 luglio 1246, giorno in cui il castello fu riconquistato dagli Imperiali.

Secondo il necrologio del monastero di Montevergine, che il C. aveva sempre favorito, egli era già morto il 17 maggio: sembra quindi essere deceduto già nel corso delle prime azioni dei congiurati, tanto più che il feudo di Casalrotto che il C. aveva ottenuto dal monastero di Cava contro il pagamento di un censo, risulta tornato alla Camera già prima del 21 maggio 1246. Nel necrologio di Montevergine è ricordato anche il giorno di morte della moglie Margherita: il 19 giugno.

Gli sopravvisse soltanto una figlia di nome Costanza, alla quale nel 1254 Innocenzo IV confermò i feudi di Polizzi e di Golisano. Nel 1277-78 sposò il nobile marsigliese Ugo de Conches e, rimasta vedova, nel 1279-80Malgerius de Brussoes, anchegli francese.

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