CAYATTE, André

Enciclopedia del Cinema (2003)

Cayatte, André

Carlo Chatrian

Regista, soggettista e sceneggiatore francese, nato a Carcassonne (Aude) il 3 febbraio 1909 e morto a Parigi il 6 febbraio 1989. Ancorato al dettaglio realistico e alla precisa definizione psicologica dei personaggi, C. fu uno specialista del cinema a tesi. La sua fama è legata soprattutto a una serie di film su temi giudiziari; tra questi, Justice est faite (1950; Giustizia è fatta) si aggiudicò il Leone d'oro a Venezia e nel 1951 l'Orso d'oro a Berlino, mentre Nous sommes tous des assassins (1952; Siamo tutti assassini) ottenne il Premio speciale della giuria a Cannes. Conquistò un altro Leone d'oro con il bellico Le passage du Rhin (1960; Il passaggio del Reno), e l'Orso d'argento per Il n'y a pas de fumée sans feu (1973; Non c'è fumo senza fuoco), sulla corruzione degli uomini politici. Penalizzato dall'avvento della Nouvelle vague, C. ottenne rilevanti successi di pubblico negli anni Settanta. Fu soggettista e sceneggiatore (spesso con altri) dei suoi film.

Figlio di un industriale, si laureò in giurisprudenza a Toulouse e poi in lettere alla Sorbonne. A Parigi, pur conducendo una fortunata carriera di romanziere e poeta, esercitò la professione di avvocato; fu inoltre giornalista ed editore di riviste letterarie e, accostatosi al mondo del cinema nel 1937 in qualità di avvocato, nel 1938-39 scrisse (in collaborazione con altri) le sceneggiature di due film. Dopo essersi dedicato a un'intensa attività di soggettista e sceneggiatore (che proseguì fino al 1946), fece il suo debutto nella regia nel 1942, durante l'occupazione nazista della Francia, con adattamenti di classici letterari francesi e film d'avventura. Al pari di molti suoi colleghi, la Liberazione non costituì una cesura nella sua carriera e, nel dopoguerra, continuò a lavorare con alcuni grandi sceneggiatori dell'epoca. Nel 1949 con Jacques Prévert, per Les amants de Vérone (Gli amanti di Verona), rivisitazione in chiave contemporanea della vicenda di Romeo e Giulietta ed esempio di 'cinema nel cinema': fu il suo primo vero successo, in cui si trovano accenti neorealisti e allusioni al tragico dopoguerra che la Francia stava vivendo. Con Charles Spaak collaborò per la fortunata tetralogia sulla giustizia, in cui mise a frutto la sua esperienza di avvocato: Justice est faite, sull'eutanasia; Nous sommes tous des assassins, sulla pena di morte; Avant le déluge (1954; Prima del diluvio), sull'irresponsabilità morale dei giovani borghesi; Le dossier noir (1955; Fascicolo nero), sugli abusi della polizia. Tali film gli causarono difficoltà con la censura e, anche se ottennero un enorme successo, provocarono accese polemiche che ne relegarono spesso in secondo piano le specifiche caratteristiche cinematografiche: sia le qualità (coraggio nella denuncia, obiettività nell'esposizione dei diversi punti di vista), sia i difetti (didascalismo, prolissità, enfasi). Abile a mettere in scena i meccanismi di sceneggiature raffinate, C. fu altrettanto attento a concedere spazio agli interpreti: dal giovanissimo Serge Reggiani in Les amants de Vérone alla coppia Bourvil-Michèle Morgan nel noir Le miroir à deux faces (1958; Lo specchio a due facce). Rispetto ad altri colleghi, lo stile sobrio e l'attenzione per le tematiche legate all'attualità, come l'accenno alla bomba atomica in Avant le déluge, gli risparmiarono in una certa misura gli attacchi contro il realismo psicologico francese, lanciati da François Truffaut e dal gruppo dei "Cahiers du cinéma". Venne da loro comunque accostato alla generazione degli anni Quaranta, e con l'avvento della Nouvelle vague la sua attività si ridusse notevolmente. C. cercò allora di adeguarsi a questa nuova sensibilità; ma l'ingenuo tentativo di duplicità dei punti di vista in La vie conjugale (1964; Vita coniugale) dimostrò come le questioni relative all'intervento di una forte soggettività gli fossero del tutto estranee. L'ideale di obiettività, verso cui il cinema di C. tese sempre, risultò perdente nella lotta con il cinema moderno. Il regista dovette aspettare la vague socio-politica degli anni Settanta per conoscere, sia pure in maniera episodica, il ritorno al successo, in particolare con Mourir d'aimer (1971; Morire d'amore), sul contrastato amore tra un'insegnante e un suo alunno. C. terminò la carriera realizzando film moralisti (come Les chemins de Katmandou, 1969, Katmandu; Il n'y a pas de fumée sans feu; La raison d'État, 1978, Ragione di Stato), lontani da quel realismo dagli accenti sinceri che ne aveva marcato gli esordi.

Bibliografia

G. Braucourt, André Cayatte, Paris 1969.

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