ANDRADA E SILVA, José Bonifacio de

Enciclopedia Italiana (1929)

ANDRADA E SILVA, José Bonifacio de

Carlos Magalhães de Azeredo

Uomo di stato, scienziato, poeta, l'Andrada è tra le massime figure della storia brasiliana. Nacque a Santos nella allora provincia di San Paolo, il 13 giugno nel 1763; di lì, compiuti i primi studî, si trasferì all'università di Coimbra nel Portogallo, ove seguì i corsi di diritto e specialmente di scienze naturali. Giovanissimo, fu ammesso all'Accademia reale delle scienze di Lisbona. Viaggiò circa dieci anni in Europa (a Pavia fu tra gli uditori di Alessandro Volta), acquistandovi fama di mineralogista eminente, e guadagnando, al ritorno in Portogallo, la cattedra di geognosia all'università di Coimbra. Pubblicò numerose monografie scientifiche. Quando il paese fu invaso dalle truppe francesi e la famiglia reale riparò in Brasile, egli partecipò valorosamente alla difesa, come ufficiale dell'esercito portoghese. Tornato in Brasile pochi anni dopo, vi sentì e vi animò con energia le aspirazioni all'indipendenza, che si sviluppavano rapidamente sin dal ritorno del re Giovanni VI a Lisbona, soprattutto come reazione alla politica delle Cortes lusitane, le quali tendevano a distruggere l'unità amministrativa del Brasile, dividendolo in tante distinte capitanie, tutte dipendenti dal governo di Lisbona, come ai primi tempi della conquista. Ma quando esse ordinarono al principe luogotenente, don Pedro, di partire per l'Europa "allo scopo di viaggiarvi, e perfezionare la propria educazione", il principe, incoraggiato da un gruppo di eminenti cittadini brasiliani, disubbidì al comando, e dichiarò ufficialmente la sua ferma intenzione di rimanere in Brasile.

Fra quei cittadini, Andrada prese ben presto, per le sue qualità intellettuali e politiche, il primo posto. Nominato da don Pedro ministro dell'interno e degli affari esteri, egli, col consiglio e con l'azione, divenne il maggiore artefice dell'indipendenza del suo paese. Cominciò col difenderne l'unità minacciata, convocando un'assemblea di procuratori provinciali delegati a collaborare con l'amministrazione centrale di Rio de Janeiro; incoraggiò il principe a recarsi nella provincia di Minas, dove le popolazioni l'acclamarono al passaggio per le diverse città, e ad accettare il titolo di "Difensore perpetuo del Brasile", che gli offriva il senato municipale di Rio de Janeiro, chiedendogli con lo stesso atto la convocazione di una costituente. D'altra parte, con l'aiuto di alcuni insigni patrioti, promoveva e organizzava la campagna militare contro le truppe di occupazione e le divisioni navali portoghesi, che in breve, nonostante la loro tenace resistenza in qualche punto del Brasile, furono sconfitte o si arresero. Così si operò di fatto il distacco del regno del Brasile da quello del Portogallo; cosicché il famoso grido "Indipendenza o morte!" lanciato dal principe sulle sponde del ruscello Ypiranga, a piccola distanza da S. Paolo, il giorno 7 settembre 1822, non fu se non la consacrazione di uno stato di cose già definitivo, reso più compiuto poi dalla proclamazione dell'Impero, il 12 ottobre dello stesso anno. Nell'anno seguente, ai 3 di maggio, data commemorativa della scoperta del Brasile, si adunava a Rio de Janeiro l'assemblea costituente, con l'intervento di molti fra i più stimati cittadini della capitale e delle provincie. Molto l'entusiasmo, ma grande la confusione delle idee e delle dottrine politiche che li dividevano, e assoluta l'inesperienza del regime parlamentare, nuovo, del resto, dovunque. Dominava in alcuni gruppi un odio implacabile contro i Portoghesi residenti nel Brasile; in altri, la frenesia dei principî democratici troppo radicali, inconciliabili col sistema monarchico adottato dalla nazione. Le sedute dell'assemblea, agitate sin da principio, divennero sempre più tempestose, e Andrada, in dissidio con l'imperatore, abbandonò il ministero (luglio 1823), e con i suoi fratelli, Antonio Carlos e Martim Francisco, si mise alla testa dell'opposizione.

La rottura fra il grande uomo di stato e il sovrano fu uno dei fatti deplorevoli di quel critico periodo; tanto più che l'A., autoritario e intollerante di ogni resistenza nel governo, lungi dall'agire come elemento moderatore dell'assemblea costituente, si rivelò violento oppositore. Egli ed i fratelli, con discorsi infiammati, alla tribuna, e con articoli ancora più intemperanti nel loro giornale, il Tamoyo, contribuirono a rinfocolare sempre più l'ambiente già saturo di elettricità faziosa. Don Pedro I, allora, offeso dalle accuse e dalle invettive con le quali alcuni oratori demagoghi lo prendevano personalmente di mira, decise di sciogliere la costituente manu militari, facendo arrestare e deportare i principali agitatori, tra i quali i fratelli Andrada (novembre 1823). Il giovane principe (aveva appena venticinque anni), assai vivace anche lui di carattere, fiero dei suoi allori di liberatore della patria e fondatore dell'Impero, era persuaso che, fra tanto infuriare di passioni, sarebbe riuscito impossibile all'assemblea di compiere l'alta missione affidatale. Temeva poi anche che il turbamento degli animi, alimentato dalle discussioni tumultuose e dagli articoli incendiarî, si estendesse all'esercito e al popolo, provocando gravi sommosse, di cui qualche prodromo già si scorgeva. Sciolta la costituente, il principe si affrettò a nominare una commissione di politici e giureconsulti che elaborasse la costituzione: la quale - sebbene non emanata direttamente dai rappresentanti del popolo, ma data dal sovrano - fu, e rimase sino alla caduta della dinastia, una delle più liberali del mondo.

Andrada passò in Francia il tempo del suo esilio. Colà scrisse gran parte delle sue poesie: odi civili e liriche di amore alcune, e le altre schiettamente classiche di spirito e di stile. Il romanticismo, che trionfava già da un pezzo in Europa, ebbe scarsissima, per non dir nessuna, influenza su di lui. Seguiva intanto da lontano i fatti del suo paese, li meditava, e finiva col convincersi che occorreva appoggiare, rinforzare, non indebolire, l'autorità della corona, al di sopra dei partiti in lotta. Tornato in Brasile nel 1829, si riconciliò con l'imperatore, e tentò, ma troppo tardi, di dominare o moderare le successive crisi politiche, che dovevano poco dopo determinare la rinuncia di don Pedro I al trono. Quando questi, irritato e stanco di tanti conflitti e desideroso, inoltre, di venire in Europa a rivendicare per la giovane sua figlia, donna Maria II, la corona portoghese, usurpata dal fratello di lui, don Miguel, si risolse ad abdicare, nell'aprile 1831, l'ultima sua cura, prima di lasciare il Brasile, fu quella di affidare all'Andrada "suo vero amico", il delicato ufficio di tutore del nuovo imperatore, don Pedro II, bambino di soli cinque anni. Sospettato però di mene restauratrici, dirette a favorire il ritorno di don Pedro I, Andrada fu arrestato, per ordine della Reggenza, nel palazzo imperiale, e si ritirò nell'isola di Paquetá, piccolo eden di meravigliosa bellezza che fiorisce in un angolo della baia di Rio de Janeiro. Trasferitosi più tardi a Nictheroy, vi si spense il 6 aprile 1838. Se alcuni errori egli commise, immensi furono i servizî da lui resi alla grande opera rivoluzionaria e costruttrice della emancipazione del Brasile. Meritamente, si aggiunse al suo nome il titolo di "patriarca dell'indipendenza".

José Bonifacio de Andrada e Silva, nipote del precedente, figlio di una sua figlia e di suo fratello Martim Francisco, nacque a Bordeaux, nel 1827, durante l'esilio della famiglia. Fu uomo di stato, giureconsulto, poeta. Per lunghì anni professore nella facoltà di diritto di S. Paolo, l'illustrò con la notevole sua dottrina giuridica, e fu amatissimo dagli studenti per le sue straordinarie qualità morali. Deputato, senatore, ministro, spiccò soprattutto come uno dei più grandi oratori della tribuna parlamentare brasiliana. Nella memorabile campagna per l'abolizione totale della schiavitù, che costituì la questione sociale predominante nell'ultimo decennio dell'Impero, rifulsero la sua affascinante eloquenza e la sua bontà di apostolo. "Il mio cuore fece quanto poteva", disse, morente (1886), poco prima della vittoria di quella santa causa. Tra i suoi contemporanei, egli lasciò l'esempio di un'assenza di ogni egoismo, di una purezza di carattere, quali raramente si incontrano negli ambienti politici. Per ciò, Joaquim Nabuco lo rappresentò come un Lohengrin portato tra le contese e le miserie parlamentari, e presto ricondotto via, dal bianco cigno dell'ideale. I versi che pubblicò, non molto numerosi, piacciono tuttavia per la freschezza delle immagini, per la profonda dolcezza dell'ispirazione e del ritmo. Famoso, fra i suoi poemi, il canto funebre per il generale Andrade Neves, caduto eroicamente in guerra.

Bibl.: E. J. da Silva Maia, Elogio hist. de J. B. de Andrade e Silva, Rio de Janeiro 1858; J. M. Pereira da Silva, Varôes illustres de Brazil, Parigi 1858, II, p. 249 segg.; J. M. L. Coelho, Elogio hist. de J. B. de Andrade, Lisbona 1877; J. B. de Andrada e Silva, Apontamentos genealógicos da familia Andrada, in Rev. de Inst. hist. et geogr., LXXVI (1913), I, p. 23.

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