Anatolia

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1991)

Anatolia

C. Barsanti

(gr. ᾽Ανατολή)

L'Asia Minore, corrispondente grosso modo al territorio asiatico della Rep. di Turchia, iniziò a essere denominata A. (᾽Ανατολή, sinonimo di Oriente) solo a partire dal 10° secolo. La grande penisola che si protende dall'Asia Anteriore, tra il mar Nero e il Mediterraneo, separata dalla penisola balcanica dagli stretti dei Dardanelli e del Bosforo, è morfologicamente un vasto altopiano attraversato da alti rilievi montagnosi solcati dal percorso di fiumi, che solo nel caso delle ampie vallate meridionali consentono di risalire dalla costa sino al tavolato interno. I confini orientali sono segnati dall'altopiano armeno.

All'incrocio delle grandi strade che collegavano l'Europa all'Asia e i paesi del mar Nero al Mediterraneo, l'A., sin dall'Antichità, fu il punto di contatto tra Occidente e Oriente, il territorio dove diverse tradizioni sociali e culturali si confrontavano e si fondevano, conferendo alla regione un particolare carattere di vitalità e di contrasto, accentuato anche dalla presenza di molteplici etnie. Le esperienze delle civiltà di differente estrazione culturale hanno del resto lasciato, fino a epoca relativamente recente, la loro impronta nella vita dell'A., attribuendo ognuna un proprio carattere a quelle regioni dove si svilupparono. Si possono comunque distinguere nell'ambito di questo policentrismo culturale due predominanti correnti di civilizzazione anatolica: una orientale o asiatica, fiorita soprattutto sugli altopiani dell'interno, l'altra, di stampo occidentale o greco-romana, dominante invece nelle regioni costiere.

Nell'evoluzione storico-culturale delle diverse regioni anatoliche si possono del resto individuare perfettamente queste differenze, sia nelle manifestazioni artistiche, sia nella religione, sia nella vita economica e sociale. Rispetto alle regioni costiere, urbanizzate, industriali, dedite ai traffici commerciali, abitate in prevalenza da popolazioni greco-romane, partecipi attivamente alla vita politica e intellettuale dell'Impero romano prima e bizantino poi, le regioni dell'entroterra anatolico erano invece di stampo sostanzialmente agricolo, con una società legata tenacemente alle tradizioni ancestrali, al margine delle principali attività commerciali e culturali.

Nella storia dell'A. bizantina si possono distinguere varie fasi che, attraverso i secoli, ne mutarono profondamente l'aspetto politico-economico, territoriale e culturale.

Fino ai primi decenni del sec. 7° l'A. visse un ininterrotto periodo di benessere economico; essa conservava ancora una suddivisione in province, riunite amministrativamente nelle tre grandi diocesi d'Asia, del Ponto e d'Oriente, i cui limiti territoriali, definiti dagli imperatori Diocleziano (284-305) prima e Costantino (324-337) poi, furono solo in parte ritoccati da Giustiniano (527-565), il quale, tra l'altro, abolì una netta separazione tra poteri civili e militari in alcune province d'importanza strategica sul limes orientale, preludendo significativamente al successivo regime tematico. In questo primo periodo, ed esattamente durante il regno di Giustiniano, meritano di essere ricordate numerose opere edilizie legate al suo nome; oltre a una serie di opere di carattere militare nelle province orientali (costantemente minacciate dai Sasanidi), che previdero soprattutto il rafforzamento delle cinte murarie di Dara, Amida / Diyarbakır, Edessa / Urfa, Martyropolis (Silvan), Theodosiopolis (Erzurum), Melitene (Eski Malatya), Costantina (Viranşehir, in Mesopotamia), Carrhae (Harran). Procopio (De Aed., V, 1-6) registra anche importanti opere di carattere civile, come il riassetto dei grandi percorsi viari e dei regimi idrici, la costruzione e la ricostruzione di intere città danneggiate da terremoti (per es. Anazarba, od. Anavarza), di ponti (a Tarso, sul fiume Cidno, a Misis, sul Piramo, e inoltre sul Siberis e sul Sangario), di acquedotti (a Nicea e a Trebisonda), di complessi termali (a Nicomedia, a Nicea e a Pithiae in Bitinia), nonché un gran numero di edifici ecclesiastici, tra i quali il grandioso santuario giovanneo a Efeso che fu ricostruito a somiglianza dell'Apostoleion di Costantinopoli (con pianta a croce libera e sei cupole), per il quale fu tra l'altro appositamente inviato dalla capitale un ricco arredo marmoreo.

Risalgono a questo periodo anche la chiesa della Panaghia di Antalya, la basilica episcopale e la c.d. basilica a pilastri di Ieràpoli di Frigia (Pamukkale), la chiesa di Alaşehir (l'antica Filadelfia di Frigia), la chiesa della Panaghia a Tomarza e la basilica III di Viranşehir in Cappadocia (quest'ultima identificabile forse con la metropoli di Mokissos fondata da Giustiniano nel 536), alcune chiese di Binbirkilise (Madenşehir) in Licaonia e molti altri edifici ecclesiastici sorti in Cilicia, in Caria, in Bitinia, nel Tur'Abdin e nel Ponto che, nel loro insieme, offrono una preziosa testimonianza delle diversificate tradizioni artistiche dell'Anatolia. Lo stesso dicasi per una serie di chiese la cui fondazione si colloca invece alla fine del sec. 6°, come la Kızıl Kilise di Sivrihisar in Cappadocia e la ormai scomparsa chiesa di Martyropolis, nonché per la chiesa della Dormizione della Vergine di Nicea, che è andata purtroppo distrutta intorno al 1924, con la sua splendida decorazione musiva, caratterizzata da una complessa semantica trinitaria, che rifletteva, come le forme architettoniche dell'edificio, le mode artistiche della capitale, circostanza peraltro spiegabile con la sua contiguità geografica.

A questa prima fase ne seguì una seconda, durante la quale, a partire dal 611 e fino all'843 ca., l'A. subì prima le invasioni dei Sasanidi (che nel 615 raggiunsero addirittura le rive del Bosforo, minacciando la stessa capitale) e poi quelle incessanti degli Arabi. Durante questi due secoli si assistette a un profondo declino della vita civile. Numerose città furono assediate, conquistate, saccheggiate e distrutte; non tutte però si risollevarono dalla catastrofe e quelle che risorsero videro comunque il proprio nucleo urbano ridotto e contratto, assumendo per lo più l'aspetto di munite roccaforti. Le città che maggiormente ebbero a soffrire furono evidentemente quelle che si trovarono sulle direttrici principali delle invasioni, come Cesarea di Cappadocia (Kayseri), Ancyra (Ankara) e Sardi (Sart), le quali, per difendersi, abbandonate le aree pianeggianti, si arroccarono sulla sommità delle antiche acropoli. Nell'ambito di questo periodo le uniche attività edilizie documentate in A. sono del resto proprio le opere di fortificazione urbana, come per es. le fortificazioni sull'acropoli di Sardi, molto probabilmente dell'epoca di Costanzo II (641-668), come pure le fortificazioni delle acropoli di Pergamo e di Ankara; le opere fortificate di Efeso, di Mileto, di Prusa ad Olympum (Bursa), di Apollonia in Pisidia (Apolyont) nonché i forti di Metabole sul fiume Sangario, di Altıntaş in Frigia e molti altri, sempre ubicati strategicamente a guardia delle principali strade, possono essere invece ricondotti a Leone III (714-741).

Nell'ambito di questi drammatici eventi venne tra l'altro attuata una profonda trasformazione amministrativa del territorio anatolico con la costituzione dei temi: unità amministrative a carattere decisamente militare, che costituirono il fondamento di un forte esercito locale, a capo delle quali era preposto uno stratega con poteri civili e militari. Tale trasformazione, promossa da Eraclio (610-640), che istituì i grandi temi degli Opsiciani, degli Armeni, degli Anatolici e fors'anche il tema marittimo dei Carabisiani sulla costa meridionale dell'A., ebbe come primo concreto esito la leva militare di massa, che permise di contrastare e quindi di respingere l'invasione persiana. Le riconquiste territoriali di Eraclio ebbero tuttavia breve durata: cessato il pericolo persiano, ai confini sudorientali dell'A. si addensò infatti la minaccia degli Arabi i quali, dopo aver consolidato il loro dominio in Egitto, in Siria e in Mesopotamia, rivolsero la loro attenzione all'Anatolia. Nel 647 Mu'āwiya irruppe in Cappadocia, occupando Cesarea; contemporaneamente la flotta araba espugnò Costanza di Cipro (649), assediò Rodi (654), conquistò Coo e saccheggiò Creta. Dal 663 le scorrerie arabe si susseguirono con cadenza annuale, devastando tutto il territorio anatolico, da cui furono deportati gli abitanti. Nel 672 vennero conquistate Smirne e le città della Cilicia; dal 674 al 678 la flotta araba assediò Costantinopoli. Dopo un periodo di tregua, nel 717-718, Maslama si ripresentò dinnanzi alla capitale, mentre parallelamente si intensificarono nell'entroterra anatolico le razzie che, dopo un momento di arresto a seguito della vittoria riportata da Leone III ad Akroenos nel 740, ripresero incessanti dal 781 fino all'843, anno in cui prese alfine il via la controffensiva bizantina. Attraverso alterne vicende, l'azione si fece sempre più decisa e, a partire dall'859, si poterono riconquistare vasti territori con le città di Samosata (Samsat) e di Amida e nel contempo sedare le rivolte degli eretici pauliciani.

In questa terza fase si attuò dunque il progressivo ristabilimento dell'autorità imperiale su quasi tutta l'A. e quindi il ritorno agli antichi confini; questo soprattutto allorquando Niceforo Foca riuscì a rimpossessarsi nel 962 delle città costiere della Cilicia, che erano in mano araba fin dal 650 e che costituivano le principali basi per gli attacchi alla Cappadocia e all'A. occidentale. Difatti lo stesso Hārūn al-Rashīd aveva provveduto, sul volgere del sec. 8°, a rinforzare le mura di Tarso, di Adana e di Misis, nonché quelle dell'entroterra, come a Sisium (Sis) e ad Anazarba.

Questa terza fase, che grosso modo coincise cronologicamente con la dinastia macedone (867-1054), fu caratterizzata da un'opera di ricostruzione generale che previde innanzitutto l'arginamento della profonda crisi economica in cui versava tutta l'A.; crisi dovuta anche allo spopolamento delle campagne e quindi all'abbandono di molte colture agricole, a un sensibile calo demografico e a una stasi nei traffici commerciali. E nell'ambito di questo drammatico panorama svolse un ruolo fondamentale proprio il regime tematico, che non configurava solo entità amministrative, ma anche territori di colonizzazione delle truppe alle quali veniva infatti attribuita la proprietà ereditaria dei fondi assegnati.Se si eccettuano testi d'interesse puramente geografico, come il De Thematibus di Costantino VII Porfirogenito (913-959), i documenti testuali relativi all'A. bizantina sono molto esigui, vaghi e incerti; i testi agiografici possono comunque rivelarsi utili per lo studio delle singole regioni dove sorsero i grandi centri monastici. Parlando della geografia dell'A. bizantina bisogna tener conto tra l'altro di un fenomeno importante, relativo alla sua toponomastica. Si riscontra infatti la sopravvivenza tenace dei nomi creati nel corso della storia più che millenaria del paese. Nomi di regioni di origine etnica (Ionia, Caria, Lidia, ecc.), o amministrativa (per es. Asia), continuarono a essere impiegati in senso strettamente geografico ancora molto tempo dopo i cambiamenti sopravvenuti con il riordinamento in temi.

Il regime tematico si perfezionò con la progressiva suddivisione dei grandi temi originari. All'inizio del sec. 10° il territorio anatolico comprendeva difatti i temi degli Opsiciani, degli Ottimati, di Paflagonia, di Armenia, di Caldea, di Colonea, e quelli Cesariano e Anatolico. Alla morte di Basilio II (1025) si contavano invece ben venticinque unità amministrative, in massima parte temi, che includevano anche ducati e catapanati, sotto il diretto controllo degli strateghi, sicché tra l'altro quelli che godevano di una posizione preminente nell'apparato burocratico bizantino furono proprio gli strateghi dell'Anatolia. I temi dell'A. rappresentavano infatti la base della potenza militare bizantina, il retroterra dal quale il potere centrale traeva denaro, uomini e approvvigionamenti. Ma se da un lato l'organizzazione tematica poté favorire la ripresa e lo sviluppo dell'economia anatolica, dall'altro, attraverso il progressivo disgregamento delle piccole proprietà fondiarie, incamerate via via nell'ambito di vasti latifondi, portò alla definizione di una potente aristocrazia militare che in più casi contrastò l'autorità centrale per salvaguardare i propri interessi, privilegi ed egemonie. Questo processo di feudalizzazione determinò peraltro un lento disfacimento degli effettivi militari e quindi un indebolimento della difesa territoriale. Dal sec. 10° all'11° l'A. visse tuttavia un periodo di rinnovato benessere, dovuto soprattutto a una vasta ripresa dei traffici commerciali e a una rinascita della vita urbana, anche se una novella di Leone VI (887-912), con la quale venivano abolite le autonomie cittadine, fece sì che quelle città che per secoli erano state centri dell'amministrazione provinciale divenissero esclusivamente centri dell'organizzazione ecclesiastica. Ragion per cui il concetto di polis divenne da allora esclusivamente associato alla presenza di un vescovo, arcivescovo o metropolita, che partecipava pure alle elezioni degli ufficiali locali e all'amministrazione finanziaria della città. L'autorità episcopale rappresentava pertanto l'ultima vestigia delle antiche autonomie cittadine.

L'A. aveva del resto sempre avuto un'intensa vita religiosa, e perfino nel tragico periodo delle invasioni arabe furono fondate nuove comunità religiose, soprattutto in Cappadocia, le quali in seguito, durante i secc. 10° e 11°, furono centri di un'intensa attività artistica, testimoniata dal ricco repertorio figurativo delle chiese rupestri che, dopo una prima fase in cui si svilupparono tradizioni pittoriche squisitamente locali, accolsero invece influssi metropolitani, sia a livello iconografico, sia a livello stilistico (si vedano per es. la Karanlık Kilise, la Elmalı Kilise, la Çarıklı Kilise e la Tokalı Kilise). La tangenza dell'arte della capitale in questa lontana provincia anatolica si ravvisa peraltro anche nelle forme architettoniche attribuite alle nuove chiese rupestri a croce inscritta, le cui facciate esterne conservarono tuttavia una tipica decorazione locale ad archeggiature cieche. Le altre testimonianze superstiti per la pittura monumentale anatolica di età macedone sono piuttosto esigue; si segnalano infatti un affresco in un arcosolio nella Santa Sofia di Nicea, frammenti di affreschi nel S. Giovanni di Efeso, a Xanthos e nel S. Nicola di Myra, quest'ultimo con un'iscrizione che menziona Costantino IX Monomaco e Zoe.

È invece più cospicua la documentazione relativa alla produzione di numerose botteghe di scultori attivi nelle diverse regioni anatoliche, specie di quelle che lavoravano in Bitinia il marmo proconnesio e in Frigia il marmo sinnadico.

Dopo il sec. 9°, accanto a celebri santuari, mete tradizionali di grandi pellegrinaggi - come il S. Giovanni a Efeso, il S. Michele a Chonae, il S. Nicola a Myra, il S. Teodoro a Euchaita, i Quaranta Martiri di Sebaste, per citare solo i più famosi -, sorsero, grazie anche a munifiche donazioni imperiali o private, nuovi centri monastici, come il monastero di S. Lazzaro sul monte Galesio presso Efeso, il monastero di Niceforo al Latmo, il monastero di Luca lo Stilita a Calcedonia. Le città che ospitavano questi santuari potevano tra l'altro incrementare la propria economia con l'afflusso di pellegrini e con l'istituzione di fiere annuali.Alla dinastia macedone, ed esattamente a Basilio I (867-886), si deve la ricostruzione della chiesa di S. Anna a Trebisonda (884-885), dove, nel 914, sorse anche la chiesa dedicata alla Theotokos Chrysocephalos; al medesimo periodo risale la costruzione dell'enigmatica chiesa di Dereağzı in Licia e, molto probabilmente, anche quella del S. Clemente di Ankara, nonché del S. Giovanni di Pelekete e della c.d. Fatih Cami di Tirylie in Bitinia, dove fu ristrutturata anche la chiesa degli Arcangeli a Sige. Nelle numerose comunità religiose di questa regione fiorirono peraltro diversi scriptoria ai quali è stata ricondotta la produzione di molti manoscritti miniati di età macedone.

Nei primi anni del sec. 11° si colloca invece la ricostruzione delle due chiese del complesso episcopale di Sebaste di Frigia (Selçikler) e forse la costruzione della chiesa sull'acropoli di Pergamo.Tra le opere di carattere militare si ricordano soprattutto le ricostruzioni, a opera di Michele III (842-867), delle cinte urbane di Ankara e di Nicea, siglate e datate da una serie di iscrizioni all'anno 859.

Dopo l'era degli imperatori macedoni, che avevano consolidato i possessi bizantini in A., riportando i confini dell'impero sino ad Aleppo e occupando anche gran parte del Regno d'Armenia - il che ebbe come conseguenza la deportazione, a opera di Costantino Monomaco (1042-1055), degli Armeni nei territori della Cilicia, dove, in prosieguo di tempo, si costituì, tra la fine del sec. 11° e l'inizio del 12°, il regno della Piccola Armenia sotto la dinastia dei Rupenidi -, la situazione generale si deteriorò gradualmente, precipitando tragicamente nel 1071. Quell'anno vide la catastrofica sconfitta dell'imperatore Romano IV Diogene (1068-1071) a Manzikert, che spianò la strada all'avanzata dei Turchi selgiuqidi guidati da Alp Arslan, i quali, in breve tempo, si impossessarono di gran parte dell'A., dalla Cilicia all'Ellesponto. Nel 1081 fu fondato il sultanato di Rūm, che ebbe vita fino al 1320, con capitale dapprima (1081-1097) a Nicea (Iznik), indi a Iconium (Konya). Nel 1308 il sultanato di Rūm si frantumò territorialmente in diversi sultanati, tra i quali quello di Karaman e quello degli Artuqidi di Diyarbakır. In questo vasto territorio, mai più riconquistato integralmente dai Bizantini, si assistette a una splendida fioritura artistica testimoniata, sul piano architettonico, dalla Ulu Cami di Diyarbakır (1091-1092), dalla Grande moschea di Urfa (1155), dalla moschea Alaeddin di Konya (1155), da quella di Sivas (1196-1197), da quella di Divriği (1228) e da numerosi caravanserragli, nonché madrase come la Karatay (1251) e la Ince Minareli (1258) a Konya e la Çifte a Erzurum (1253). Per l'architettura civile, oltre a svariati palazzi, si ricordano soprattutto le fortificazioni di Alanya (1226). Parallelamente si sviluppò la produzione dei tappeti e della ceramica invetriata (Konya, Akşehir, Kayseri).

L'imperatore Alessio I Comneno (1081-1118) riuscì a ristabilire il dominio bizantino sulla parte occidentale dell'A., sfruttando anche l'arrivo degli eserciti crociati che infatti riconquistarono Nicea (1097), permettendo parallelamente l'occupazione bizantina di Smirne, di Efeso e di altre città della Lidia. I crociati, che viaggiavano lungo l'antica strada militare alla volta di Antiochia, ignorando gli accordi con Bisanzio, crearono dei principati indipendenti nei territori sottratti ai Selgiuqidi, a Edessa e ad Antiochia, mentre in Cilicia, nel montuoso entroterra del Tauro, si costituì il regno della Piccola Armenia con capitale Sis, situata sulla strada strategica che attraversa la grande piana cilicia. Proprio in questa regione, sui fluttuanti confini dell'Impero bizantino, sorsero, durante il regno di Alessio Comneno, ed esattamente tra il 1097 ed il 1099, le fortezze di Seleucia (Silifke) e i castelli di Korykos. Altri siti fortificati furono alternativamente possesso degli Armeni, dei Bizantini e dei Latini, come per es. Anazarba e Seleucia, che passò infatti agli Ospitalieri. Le fortezze di Amuda e di Haruniye furono invece costruite ex novo dai Cavalieri Teutonici, rispettivamente nel 1212 e nel 1236; il forte di Trapesak fu invece fondato nel 1175 dai Templari. Ed è piuttosto sorprendente che i Latini si avvalessero di propri architetti, impiegando anche elementi architettonici prefabbricati, provenienti da Rodi. L'abilità delle maestranze e degli architetti locali, attivi nel regno della Piccola Armenia, è infatti testimoniata da oltre sessantadue forti sorti nel corso del sec. 12°, che costituirono un importante sistema di difesa a guardia delle strade che attraversavano la catena del Tauro e la piana della Cilicia.

L'imponente cittadella fortificata che sovrasta ancor oggi Anavarza, costruita e ricostruita nel secondo decennio del sec. 12°, ne offre l'esempio meglio conservato.

Oltre ai monumenti architettonici, l'arte fiorita nel regno della Piccola Armenia, caratterizzata da un'eclettica commistione di influenze armene, bizantine e latine, è inoltre documentata da una splendida produzione di manoscritti miniati; tra gli artisti più celebri si rammentano Toros Roslin (sec. 13°) e Pidzak (sec. 14°).

Dopo Alessio I, al quale è stata attribuita anche la costruzione della piccola chiesa cupolata sorta nella cittadella di Alanya, l'opera di consolidamento dei possessi bizantini in A. fu proseguita dal figlio Giovanni (1118-1143), al cui nome è legata la creazione di un'imponente serie di fortificazioni, come Lopadium (1130) e Anchyraus (1140) nella pianura della Misia, Anaea a guardia della costa, a S di Efeso.

Un programma analogo fu realizzato da suo figlio Manuele Comneno (1143-1180) al quale si deve l'organizzazione del munito sistema difensivo di Neocastra nella regione egea, realizzato tra il 1163 e il 1173, comprendente una serie di fortezze, tra le quali quelle di Pergamo, Asar, Malagina e Kütahya, del cui elaborato complesso fortificato si conservano cospicui resti.

Alla conquista latina di Costantinopoli (1204) seguì la divisione dell'Impero bizantino, ma i Latini sottovalutarono l'importanza strategica dell'A., dove infatti riuscirono ad avere un solo caposaldo a Pegae, sulla costa meridionale del mar di Marmara. Durante il ventennio di occupazione latina essa divenne importante base militare e grande centro commerciale. Il resto dell'A. rimase invece in mano dei Bizantini, i quali riuscirono a riorganizzare nuove compagini statali. Si deve infatti a Teodoro I Lascaris (1204-1222) la creazione dell'Impero di Nicea, mentre a un ramo della famiglia comnena si deve la costituzione dell'Impero di Trebisonda, che rappresentò tra l'altro, fino al sec. 15°, un solido baluardo contro l'egemonia turca.

Durante l'Impero di Nicea l'A. bizantina visse un periodo di notevole prosperità, testimoniato da una vivace attività culturale e anche da una serie di opere edilizie, promosse soprattutto da Giovanni III Ducas Vatatze (1222-1254), come il restauro delle fortificazioni di Smirne (1222-1223) e le fortificazioni di Magnesia - sede dell'amministrazione imperiale del tesoro e della zecca -, che previdero una munita cinta urbana e una cittadella. Fu realizzato inoltre il raddoppiamento della cinta muraria di Nicea, dove Teodoro II Lascaris (1254-1258) fondò una chiesa dedicata al martire locale s. Trifone, e infine a Nimphaeum (Kemalpaşa) nella valle dell'Hermos, la residenza dei Lascaridi, sorse un grande palazzo e una possente cittadella. Non meno importanti la fortezza di Tripolis che domina il corso del fiume Meandro e numerose altre opere analoghe a guardia dei confini dell'impero anatolico. A Giovanni Vatatze si deve inoltre la riconquista di Pegae (1224), che venne dotata di un munito sistema fortificato a protezione del porto. Sempre al nome di Giovanni Vatatze è legata la fondazione sul monte Sipilo di due monasteri, noti con il nome di Sosandra, oggi perduti, nei quali vennero sepolti Teodoro II Lascaris e lo stesso Giovanni Vatatze. Per quest'epoca si ricordano inoltre la costruzione della chiesa E di Sardi, le chiese nr. 4 e nr. 8 sull'isola del lago Bafa, la chiesa di Eǧri Dere e la chiesa del profeta Naum a Filadelfia (la moderna Alaşehir), le cui vestigia rivelano il carattere eclettico dell'architettura lascaride che privilegiò, tra l'altro, eleganti decorazioni policrome nei paramenti murari esterni degli edifici.

Contemporaneamente, nel lontano Impero di Trebisonda, mutilato dopo la perdita di Eraclea Pontica (Ereğli; 1224), si ebbe un'altrettanto intensa attività edilizia, con la creazione di un complesso sistema di fortificazioni a difesa della stessa Trebisonda, articolato in tre cinte murarie, completate nel 1324. Nella città, Manuele I Comneno fondò la chiesa della Santa Sofia (1291), il monumento più emblematico della cultura artistica di questa isolata provincia bizantina, che conserva tra l'altro ampi resti dell'originaria decorazione pittorica. Nel sec. 13° sorsero anche un arsenale e un castello veneziano. Lungo la costa pontica numerose furono peraltro le fondazioni genovesi e veneziane, come ad Amastris.

Ma se anche l'effimero Impero di Nicea segnò l'ultima rinascita dell'A. bizantina, la ripresa di Costantinopoli nel 1261 allentò i legami della capitale con l'A.: la politica imperiale era ormai orientata verso obiettivi occidentali e il territorio asiatico restò sempre più esposto al pericolo turco. L'A., abbandonata a se stessa, vide allora le sue risorse economiche ridotte allo stremo, l'autorità imperiale sovente puramente nominale, mentre le più importanti attività commerciali erano da tempo gestite dai veneziani e dai genovesi, che sin dall'epoca di Alessio I Comneno avevano ottenuto privilegi e concessioni. Nel sec. 14° l'Impero bizantino non conservava ormai in A. che isolate roccaforti, come Nicea, Nicomedia, Sardi, Filadelfia e i porti di Eraclea Pontica, Focea e Smirne, mentre il resto del territorio era in saldo possesso dei Turchi. L'ultima roccaforte bizantina a crollare, nel 1392, fu Filadelfia.

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