Analisi infinitesimale

Enciclopedia della Matematica (2013)

analisi infinitesimale


analisi infinitesimale settore della matematica che comprende il calcolo differenziale e integrale nonché la teoria dei limiti, delle serie, delle frazioni continue e dei prodotti infiniti. Il nome deriva dal concetto di infinitesimo introdotto nel Seicento con il vago significato di quantità piccolissima e successivamente precisato dalla teoria delle funzioni. Storicamente l’analisi infinitesimale concerne le questioni e i problemi legati all’andamento di successioni all’infinito o al comportamento di funzioni nelle immediate vicinanze di un punto nel quale possono eventualmente non essere definite. L’origine remota può essere fatta risalire alle indagini degli antichi filosofi greci sui concetti di spazio e di tempo, indagini incentrate sui procedimenti di calcolo (algoritmi) infiniti. A questo filone di ricerca appartengono i dibattiti sui paradossi di Zenone, i postulati sulla continuità e il metodo di calcolo detto per esaustione usato da Euclide e Archimede. Quest’ultimo, in particolare, calcolò il valore di π prendendo in considerazione la circonferenza come lunghezza limite comune dei perimetri dei poligoni regolari iscritti e circoscritti. Le ricerche di Archimede, abbandonate per circa due millenni, vennero riprese tra il secolo xvi e il xvii da B. Cavalieri, che introdusse il metodo degli indivisibili per il confronto tra aree e volumi, e da altri allievi di Galileo (E. Torricelli, V. Viviani). La geometria analitica di Cartesio e Fermat fornì un nuovo metodo per affrontare gli infinitesimi con l’introduzione dei concetti di rapporto incrementale di una funzione e di limite di tale rapporto (concetto di derivata) necessari a trattare i problemi di tangenza alle curve. Questi concetti furono approfonditi da vari studiosi e si ebbe così la prima definizione di integrale come limite di una successione di somme integrali (Mengoli, allievo di Cavalieri) e l’intuizione che l’operazione di integrazione è l’inverso della derivazione (I. Barrow, il maestro di Newton che fu in stretto contatto con gli allievi di Galileo). Nel secolo xvii il calcolo differenziale e integrale assunse forma completa con I. Newton (per il quale la derivata è una funzione e la sua primitiva è una funzione integrale) e G.W. Leibniz (a cui si deve, tra l’altro, la tecnica della derivazione e dell’integrazione), che ne definirono le basi indipendentemente l’uno dall’altro: tra i due divampò anche una polemica sulla priorità dell’invenzione del nuovo calcolo, non a caso chiamato «calcolo sublime» per la sua capacità di risolvere problemi scientifici e matematici che fino ad allora non avevano trovato un’adeguata descrizione. La polemica fu ripresa dai loro discepoli e divenne anche conflitto diplomatico tra stati. Il nuovo calcolo si sviluppa attorno ai concetti di serie, derivata e integrale e i problemi da cui muove riguardano il calcolo approssimato di funzioni non elementari (per le quali si cercano sviluppi in serie che ne forniscano valori approssimati tanto accurati quanto si vuole), la determinazione delle tangenti a una curva o dei valori di massimo o minimo di una funzione (calcolo differenziale), la valutazione delle aree o dei volumi di figure a contorno curvilineo (calcolo integrale). Tali problemi si rivelarono ben presto legati da un intreccio indissolubile, che esigeva la ricerca di concetti basilari unificanti. Le applicazioni dei nuovi strumenti concettuali e di calcolo, in particolare alla meccanica e alla risoluzione del problema del moto dei corpi (ricerca delle traiettorie percorse dai corpi partendo dalle leggi che regolano le variazioni infinitesimali del moto), portarono tra i secoli xvii e xviii allo sviluppo della teoria delle equazioni differenziali e al calcolo delle variazioni. Nel xix secolo la sistemazione in forma più rigorosa della materia mise finalmente in luce che alla base di tali nozioni, strumenti e procedure occorreva porre un concetto unificante, che venne identificato in quello di limite, formalizzato in prima istanza da L.A. Cauchy (Corso d’analisi, 1821), protagonista di una revisione critica dell’analisi e dei suoi fondamenti, e poi, in forma ancora attuale, da K.Th. Weierstrass. Tale concetto sostituì le espressioni qualitative usate fin a quel momento, suscettibili di non poche obiezioni sul piano del rigore, e l’enfasi sulla questione per molto tempo problematica e principale (i comportamenti verso l’infinito e l’infinitesimo) nel frattempo si attenuò. L’analisi infinitesimale risulta quindi un campo di problemi storicamente determinato, all’interno di questioni più generali che riguardano una più precisa definizione del concetto di funzione e un’analisi dei concetti di continuità e di misura, conseguenza anche degli studi sulle funzioni analitiche a opera di L.A. Cauchy, sulle serie di Fourier e sulla generalizzazione delle nozioni di misura e di integrale, avvenuta soprattutto per opera di B. Riemann e di H.L. Lebesgue. Accanto ai settori classici, all’analisi infinitesimale moderna possono essere ricondotti parecchi altri settori a cavallo con l’algebra (funzioni algebriche), con la geometria (rappresentazioni conformi), con la topologia (superfici di Riemann) e con la geometria differenziale (teoria della relatività, gruppi di Lie). Dalla tendenza all’astrazione che caratterizza l’analisi infinitesimale nascono invece la teoria degli spazi hilbertiani, la teoria degli spazi funzionali astratti (analisi funzionale) e la teoria delle strutture. Analisi matematica è la locuzione più generale oggi in uso per indicare questo ambito di studi nel suo insieme.

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