AMPLIFICATORE elettrico

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)

AMPLIFICATORE elettrico (ingl. electric amplifier; ted. elektrischer Verstärcher)

Renato KOCH

Sistema capace di accrescere l'ampiezza di una grandezza elettrica utilizzando l'energia fornita da una sorgente esterna. Un amplificatore elettrico è un sistema avente due morsetti di entrata e due morsetti d'uscita: l'amplificazione di potenza reale è possibile solo se il sistema è attivo, cioè se esso contiene sorgenti di energia, la cui erogazione al circuito esterno, attraverso i morsetti di uscita, è controllata dalla grandezza applicata all'entrata.

L'impiego di tubi elettronici (v. termoionici fenomeni, XXXIII, p. 593; radiocomunicazioni, XXVIII, p. 710), aventi resistenza di entrata molto elevata, rappresenta il mezzo più idoneo per ottenere, con il minimo dispendio di energia all'entrata, un controllo pronto e flessibile dell'energia che la sorgente di alimentazione anodica a corrente continua eroga al circuito esterno, in modo da riprodurre esattamente la legge di variazione nel tempo della grandezza d'entrata. L'impiego degli amplificatori elettrici è quanto mai importante e diffuso nel campo radiotecnico (v. radiocomunicazioni, XXVIII p. 710, e in questa App.), telefonico (v. telecomunicazioni, in questa App.) ed in quello degli apparecchi di misura in generale.

La grandezza elettrica, che viene applicata all'entrata dell'amplificatore, detta segnale, è caratterizzata dall'ampiezza, dalla frequenza fondamentale, dalla forma di variazione nel tempo e dallo spettro di frequenza.

Le ampiezze dei segnali da amplificare possono avere un campo di variazione tra 0 e 180 dB (da 1 μV nei radioricevitori ad alcuni kV nei radiotrasmettitori). La frequenza dei segnali può variare da 0 a 30.000 MHz (ordine di grandezza delle massime frequenze finora utilizzate). Nei riguardi della forma di variazione nel tempo si possono avere segnali costanti (in c. c.), sinusoidali, periodici e non periodici; i segnali a radiofrequenza possono essere modulati, cioè composti dall'onda portante modulata da un segnale di frequenza inferiore e forma qualsiasi, e non modulati, cioè composti dalla sola onda portante. Lo spettro di frequenza del segnale rappresenta l'intervallo di frequenze, entro il quale sono comprese tutte le sue componenti: esso può avere estensioni variabili da poche decine di Hz a diverse centinaia di MHz.

Caratteristiche di un amplificatore. - Il funzionamento di un amplificatore è caratterizzato dall'amplificazione, dalla fedeltà di riproduzione e dalla larghezza della banda passante.

L'amplificazione è il rapporto fra la grandezza di uscita vu e la corrispondente grandezza di entrata ve: in generale essa ha un modulo A ed una fase ϕ:

La fedeltà di riproduzione è il grado di precisione con cui l'amplificatore riproduce all'uscita le caratteristiche essenziali del segnale d'entrata ed, in particolare, la sua forma di variazione nel tempo. L'amplificazione e la fedeltà di riproduzione variano con l'ampiezza e con la frequenza del segnale d'entrata.

La larghezza della banda passante di un amplificatore è l'intervallo di frequenza entro il quale l'amplificazione e la fedeltà di riproduzione si mantengono costanti, o quanto meno subiscono variazioni inferiori ad un livello prefissato (per es. 2 dB per il modulo e 0,1 μsec per il tempo di ritardo).

Un amplificatore si dice lineare quando assicura per tutto il campo delle frequenze di lavoro una riproduzione fedele del segnale d'entrata. A tale scopo esso deve soddisfare le seguenti condizioni:

a) nello spettro di frequenza della grandezza d'uscita devono figurare solo le frequenze esistenti in quello del segnale d'entrata;

b) la grandezza di uscita deve possedere tutte le frequenze che figurano nel segnale d'entrata e mantenere inalterata la legge di distribuzione delle ampiezze delle singole componenti di frequenza diversa;

c) lo sfasamento presentato dalle singole componenti all'uscita nei confronti delle corrispondenti componenti all'entrata, deve essere eguale a 0°, o a 180°, o almeno direttamente proporzionale alla frequenza delle singole componenti.

Se le condizioni a) b) e c) non sono soddisfatte, l'amplificatore si dice non lineare: la grandezza d'uscita non riproduce fedelmente il segnale d'entrata, ma presenta distorsioni.

Si chiamano distorsioni non lineari, quelle relative alla mancata verifica della a), cioè dovute alla comparsa nella grandezza d'uscita di componenti di frequenza pari ad un multiplo o ad una combinazione lineare delle frequenze del segnale d'entrata e causate dalla esistenza nell'amplificatore di elementi non lineari (tubi elettronici con caratteristiche dinamiche curvilinee (fig. 1), elementi contenenti materiali ferromagnetici, impedenze non lineari).

Se la risposta dell'amplificatore, cioè l'andamento dell'amplificazione, non è costante, la condizione b) non è più soddisfatta e la distribuzione delle ampiezze delle componenti del segnale di uscita differisce da quella del segnale d'entrata: si verificano cioè distorsioni di frequenza, dovute essenzialmente alla variazione, con la frequenza, delle impedenze degli elementi costituenti i circuiti dell'amplificatore.

Se infine non è soddisfatta la condizione c), si verificano distorsioni di fase, le quali si manifestano mediante un'alterazione della forma del segnale, che può non portare inconvenienti nella riproduzione di segnali destinati ad impressionare l'udito, ma è nociva in molte altre applicazioni (televisione, radiolocalizzazione, modulazione ad impulsi, ecc.), (fig. 2).

Teoria dell'amplificatore lineare. - Uno stadio amplificatore può essere rappresentato, nella sua forma più semplice, secondo lo schema della fig. 3 a, dove vg è il segnale d'entrata applicato alla griglia del tubo amplificatore, e Za l'impedenza di carico anodica, ai capi della quale si ricava il segnale amplificato va. Se lo stadio amplificatore è lineare, il circuito anodico può essere sostituito da uno degli schemi equivalenti b e c nei quali esso è, rispettivamente, considerato come un generatore di tensione costante −μ vg oppure come un generatore di corrente costante −Svg, dove ra, μ ed S sono la resistenza interna, il coefficiente di amplificazione e la pendenza del tubo elettronico amplificatore.

Considerando lo stadio amplificatore come un quadripolo lineare attivo, si possono scrivere le seguenti equazioni lineari:

dove Y11, Y12, Y21, ed Y22 sono grandezze complesse funzioni delle costanti dell'amplificatore ed hanno le dimensioni di un'ammettenza. In particolare, come si rileva facendo successivamente va = 0 e vg = 0 nelle [1], Y11 è l'ammettenza di entrata dello stadio, Y12 è l'ammettenza di reazione dell'uscita sull'entrata, Y21 è l'ammettenza mutua, Y22 è l'ammettenza d'uscita.

Con riferimento agli schemi b e b′ della fig. 4, che rappresentano lo stadio amplificatore come un quadripolo del tipo a π, quando siano trascurabili le impedenze dei reofori elettrodici del tubo e l'influenza del tempo di transito elettronico, si ha:

e sostituendo nelle [1] si ricavano immediatamente l'ammettenza d'entrata dello stadio Ye:

e le espressioni dell'amplificazione di tensione, di corrente e di potenza dello stadio:

dove le grandezze contrassegnate con asterisco rappresentano le grandezze complesse coniugate di quelle senza asterisco.

Le amplificazioni risultano, in generale, complesse e caratterizzate da un modulo e da una fase, entrambi variabili con la frequenza del segnale applicato.

Quando si possa trascurare l'effetto della Yag, cioè per frequenze relativamente basse oppure per valori molto piccoli di Cag, e nel caso che l'impedenza di carico sia ohmica (Ra), l'amplificazione di tensione [4] si riduce a:

Se il segnale applicato non è sinusoidale ma periodico di forma qualsiasi, esso può essere sviluppato in serie di Fourier (v. fourier, XV, p. 823) e la trattazione dell'amplificatore può essere ricondotta al caso dei segnali sinusoidali, applicando il principio di sovrapposizione.

Se il segnale applicato non è periodico, si esprimono il segnale stesso e la risposta dell'amplificatore in integrali di Fourier e dalla loro combinazione si ottiene il segnale di uscita.

Teoria dell'amplificazione non lineare. - Se l'amplificatore contiene elementi non lineari, la determinazione delle grandezze che ne caratterizzano il funzionamento esige la conoscenza della legge di variazione di tali elementi.

Quando il comportamento non lineare è dovuto alla curvatura delle caratteristiche dinamiche dei tubi elettronici, conviene esplicitare la funzione rappresentativa delle curve caratteristiche ia = f (va, vg) mediante uno sviluppo in serie.

Adottando uno sviluppo in serie di potenze, supponendo costante il coefficiente di amplificazione del tubo ed ohmica la impedenza di carico Ra, si può scrivere, limitatamente alle componenti alternative:

Nel caso di un tubo del tipo pentodo si ha raRa, ed i coefficienti dello sviluppo in serie si identificano con le derivate successive della ia rispetto a Vog, cioè con la pendenza e le sue derivate:

Lo sviluppo è in generale rapidamente convergente e quindi è sufficiente prendere i soli primi termini.

Se il segnale d'entrata è costituito da due componenti di frequenza diversa:

si ha, limitandosi ai primi tre termini:

Per effetto della non linearità di funzionamento del tubo elettronico, nel segnale d'uscita compaiono pertanto, oltre alle componenti riproducenti il segnale d'entrata ed ai termini in c. c. dovuti ad un effetto di rettificazione, componenti a frequenze armoniche ed a frequenze date dalle combinazioni lineari n ω1 ± m ω2 delle frequenze che figurano nel segnale d'entrata. Si verificano cioè distorsioni non lineari, definite complessivamente dal coefficiente di distorsione:

oppure dai coefficienti di distorsione relativi all'armonica di ordine nmo:

dove Ia1, Ia2, Ia3, ... sono le ampiezze delle componenti alternative della corrente anodica di frequenza fondamentale, di 2ª armonica, di 3ª, ecc. La determinazione dei coefficienti di distorsione può essere fatta con metodi grafici o analitici.

Amplificatori a reazione - Reazione negativa. - Si dice che nell'amplificatore esiste una reazione, quando una frazione β della grandezza d'uscita viene ricondotta all'entrata.

La reazione può essere dovuta a cause parassite ed in tal caso esercita in generale conseguenze dannose; può essere introdotta invece volutamente in una forma e con un valore convenienti, allo scopo di migliorare il funzionamento dell'amplificatore.

Se A è l'amplificazione in assenza di reazione e con riferimento alla fig. 5, si ha:

dove A′ è l'amplificazione dello stadio in reazione, quando si mantenga costante il valore della tensione d'uscita.

Il prodotto Aβ viene definito coefficiente di reazione ed è assunto come positivo, quando la somma vettoriale di vg e di β va è maggiore della ampiezza di vg.

Se ∣ 1 − Aβ ∣ 〈 1 la reazione si chiama positiva in quanto produce un aumento di amplificazione (A′ > A).

Se invece ∣ 1 − Aβ ∣ > 1 la reazione si chiama negativa o controreazione (A′ 〈 A).

L'uso della reazione negativa consente di ridurre le distorsioni non lineari dello stadio amplificatore nel rapporto

Se il circuito di reazione è ohmico l'angolo di fase di β è uguale a o, e la reazione tende ad assicurare un'amplificazione costante in valore e fase per tutto il campo di frequenze per cui è A β ≫ 1. Se si desidera invece che l'amplificazione varî con la frequenza secondo una legge determinata, β dovrà variare con la frequenza secondo la legge reciproca di quella desiderata.

I vantaggi della riduzione delle distorsioni non lineari, di frequenza e di fase d'uno stadio amplificatore mediante la reazione negativa, sono accompagnati da una diminuzione dell'amplificazione ed avvengono, in un certo senso, a spese di questa. Perciò nessun miglioramento può essere ottenuto nel rapporto segnale-rumore esistente all'entrata dell'amplificatore, mediante l'impiego della reazione negativa.

I sistemi impiegati in pratica per introdurre una reazione negativa si distinguono in reazione di corrente ed in reazione di tensione, a seconda che la tensione di reazione applicata all'entrata sia proporzionale alla corrente o alla tensione di uscita (fig. 6). Spesso i due tipi di reazione vengono applicati contemporaneamente. L'uso della reazione negativa è molto diffuso negli amplificatori, specialmente in quelli per frequenze acustiche. È necessaria sempre una grande cura nel regolare il valore e la fase della tensione di reazione, particolarmente negli amplificatori a più stadî.

Rumore di fondo negli amplificatori. - Il rumore di fondo è quel complesso di oscillazioni irregolari che si manifesta all'uscita quando aumenta progressivamente l'amplificazione: esso rappresenta un disturbo in quanto diminuisce la qualità di riproduzione del segnale desiderato.

Tra le cause del rumore di fondo, alcune sono di natura contingente ed eliminabili mediante opportuni accorgimenti costruttivi (resistenze di contatto variabili, ronzio di alimentazione negli amplificatori alimentati in c. a., effetti microfonici, ecc.), altre invece, quali le fluttuazioni di tensione per l'agitazione termica nei circuiti elettrici e le fluttuazioni di corrente nei tubi elettronici, sono sempre presenti perché indissolubilmente legate alla natura fisica dei fenomeni che hanno sede negli amplificatori. Poiché tali cause sono comunque irregolari nel tempo, lo spettro di frequenza del rumore di fondo è indefinitamente esteso da o ad ∞ con ampiezza costante.

Il fenomeno dell'agitazione termica nei circuiti, messo in evidenza nel 1928 da J. B. Johnson e H. Nyquist, può essere portato in conto ponendo in serie ad ogni resistenza Rc una f. e. m. fluttuante Ec, il quadrato del valore efficace della quale è dato, per l'intervallo di frequenza f2f1 da:

e se Rc è costante con la frequenza da:

dove T = temperatura assoluta e K = 1,37•10-23T/°C è la costante di Boltzmann.

Gli effetti dovuti alla struttura granulare e discontinua del flusso elettronico nei tubi sono stati messi in evidenza da W. Schottky (v. termoionici fenomeni, XXXIII, p. 590) e nei loro diversi aspetti possono essere interpretati, dal punto di vista quantitativo, mediante una resistenza Req applicata all'entrata del tubo e la corrispondente tensione di agitazione termica alla temperatura ambiente:

dove

ed F è un fattore di correzione che porta in conto i diversi effetti.

Alle frequenze più elevate il tubo contribuisce al rumore con una ulteriore componente di fluttuazione:

dove:

è la resistenza in parallelo all'entrata del tubo, dovuta al tempo di transito elettronico tkg fra griglia e catodo.

In presenza del rumore di fondo, la possibilità di utilizzazione del segnale d'uscita, cioè la prestazione degli amplificatori, è legata al valore del rapporto tra le ampiezze del segnale e del rumore (rapporto segnale-rumore), la cui determinazione può essere fatta portando in conto le diverse cause, secondo lo schema in fig. 7, dal quale, indicando con

la resistenza equivalente d'entrata dello stadio, si ricava:

Classificazione degli amplificatori. - I diversi tipi di amplificatori possono essere classificati partendo da differenti punti di vista ed in particolare dai seguenti:

a) secondo la grandezza che essi sono destinati ad amplificare (amplificatori di tensione, di corrente, di potenza);

b) secondo il tipo di circuito impiegato per accoppiare l'uscita di un tubo elettronico all'entrata del tubo successivo (amplificatori a resistenza-capacità, a trasformatore, a circuiti accordati, ad accoppiamento diretto);

c) secondo la gamma di frequenza di lavoro (amplificatori per corrente continua, per frequenze acustiche, per radiofrequenze, per videofrequenze, ecc.);

d) secondo il funzionamento dei tubi elettronici impiegati nell'amplificatore, ed in1 particolare secondo la frazione del periodo di variazione nel tempo del segnale d'entrata, durante la quale circola corrente anodica, cioè secondo il valore dell'angolo di circolazione θ (amplificatori in classe A, in classe B, in classe C). Vedi radiocomunicazioni, XXVIII, p. 710.

Amplificatori di tensione. - Negli amplificatori di tensione ha sempre grande importanza la riproduzione fedele del segnale d'entrata. Pertanto si impiegano stadî funzionanti in classe A ed aventi una caratteristica di lavoro rettilinea.

La determinazione dell'amplificazione per ogni stadio può essere il valore dell'impedenza, presentata ai morsetti anodo-catodo del tubo dal circuito esistente fra di esso e l'entrata del tubo successivo.

Amplificatori di tensione a basse frequenze. - Hanno per oggetto l'amplificazione di tensione per la gamma di frequenze compresa fra o e 20.000 Hz.

a) Amplificatori ad accoppiamento diretto o per corrente continua. - Sono caratterizzati dall'accoppiamento diretto della placca di un tubo alla griglia del tubo seguente, mediante l'impiego di sole resistenze. Sono adatti perciò all'amplificazione di tensioni continue o di bassissima frequenza. Gli schemi più usati sono riprodotti in fig. 8. L'inserzione in controfase e l'uso della reazione negativa (v. fig. 8 d ed f), consentono di eliminare gli inconvenienti dovuti a piccole variazioni delle tensioni di alimentazione. Si possono ottenere amplificazioni molto elevate, dell'ordine di diverse centinaia per ogni stadio.

b) Amplificatori a resistenza-capacità. - Sono costituiti da uno o più stadî del tipo indicato in fig. 9. Alle frequenze intermedie gli effetti delle capacità in serie ed in parallelo possono essere trascurati: in base allo schema semplificato (fig. 9 c) si ha perciò:

o anche quando ra Rc (pentodi):

Lo sfasamento fra vu e vg è di 180°.

Alle frequenze più basse e più alte l'amplificazione diminuisce rispettivamente per effetto della capacità in serie Cc (schema 9 d) e delle capacità in parallelo Cg e Cp (schema 9 e), e si ha:

con

Per f=fi1 ed f=f2 si ha rispettivamente Aa = Ab = 0,707 Am, ed uno sfasamento di 45° in ritardo o in anticipo.

L'amplificazione di uno stadio a resistenza-capacità va posta in relazione con l'estensione della gamma di frequenza da amplificare. Quanto più la gamma si estende verso le frequenze elevate, tanto più bassi bisogna rendere i valori di Rc ed Rg, a parità di Cs.

È conveniente perciò usare tubi che abbiano un'elevata pendenza ed il minimo valore di capacità d'entrata e d'uscita: per questa ragione sono preferibili tubi del tipo pentodo, con i quali si ottengono, per ogni stadio, amplificazioni dell'ordine di 200÷300. Impiegando triodi si hanno distorsioni minori, ma l'amplificazione per stadio è inferiore a 100.

Talvolta, per ridurre la caduta di tensione nella resistenza Rc, si sostituisce ad essa un'impedenza: l'accoppiamento è così ad impedenza-capacità.

c) Amplificatori a trasformatore. - In questo tipo di amplificatore l'accoppiamento dell'anodo di un tubo alla griglia del successivo è fatto per mezzo di un trasformatore (fig. 10). Lo schema equivalente (10 b) dell'amplificatore a trasformatore è piuttosto complicato per il gran numero di fattori che entrano in giuoco. Esso può essere semplificato (10 c) trascurando le perdite per isteresi e per correnti parassite nel nucleo e trasferendo al primario le grandezze secondarie. Ulteriori semplificazioni sono ammissibili, rispettivamente per le frequenze intermedie (10 d), per le più basse (10 e) e per le più alte (10 f), ricavando così le corrispondenti amplificazioni:

dove μ è il coefficiente di amplificazione del tubo e

il rapporto delle spire del trasformatore;

dove

dove

Alle basse frequenze la diminuzione dell'amplificazione è determinata dal valore di f1, cioè dell'induttanza primaria. Alle alte frequenze il limite è determinato da f2, ma l'andamento dell'amplificazione varia con il valore di Q0. se si vuole un andamento uniforme si deve fare Q0 = ~ 0,8..

I requisiti che si richiedono al trasformatore sono perciò una elevata induttanza primaria per amplificare bene le basse frequenze, una bassa induttanza di dispersione ed una bassa capacità distribuita, per estendere il limite di amplificazione alle alte frequenze. L'uso dei materiali ferromagnetici ad alta permeabilità (permalloy) facilita oggi la costruzione di trasformatori adeguati.

Gli amplificatori a trasformatore si prestano per l'impiego di triodi, cioè di tubi a bassa resistenza interna, ma risultano in generale più costosi di quelli a resistenza - capacità e danno una minore amplificazione. Essi vengono utilmente impiegati quando si debba adattare l'impedenza d'uscita dell'amplificatore all'impedenza di carico, per eccitare uno stadio simmetrico con uno stadio dissimmetrico, e quando si voglia avere un basso valore della resistenza di griglia, per ridurre gli effetti di una eventuale corrente diretta o inversa di griglia.

Amplificatori di tensione a radiofrequenza. - A differenza dell'andamento aperiodico richiesto per l'amplificazione delle basse frequenze, nel campo delle radiofrequenze si esige un'amplificazione selettiva, secondo l'andamento ideale rettangolare, di una banda compresa fra f1 ed f2 e corrispondente allo spettro di frequenza del segnale d'entrata. Al valore dell'amplificazione nell'interno della banda è legata la sensibilità dell'amplificatore; alla ripidità dell'andamento in corrispondenza delle frequenze estreme è legata la sua selettività.

Si impiegano tubi del tipo pentodo, che presentano i vantaggi di una ridottissima capacità di reazione Cag e di uno smorzamento minimo dei circuiti oscillatorî, in dipendenza dell'elevato valore della ra, accoppiati con circuiti accordati secondo gli schemi tipici riportati in fig. 11.

Per l'accoppiamento diretto (11 a) ed a trasformatore (11 b), l'amplificazione in corrispondenza della frequenza di risonanza è data rispettivamente dalle:

che si semplificano, se ra ≫ ω0 L Q e Rg ≫ ω0 L Q.

Nell'amplificatore a circuiti accoppiati, detto anche a filtro di banda, l'amplificazione è funzione del coefficiente di accoppiamento K e dei coefficienti di risonanza dei circuiti Q1 e Q2:

e, in corrispondenza dell'accoppiamento critico

raggiunge un valore massimo:

che non può superare la metà del valore dell'amplificazione ad accoppiamento diretto [26], a parità di

Gli stadî a filtro di banda sono, di norma, utilizzati nell'amplificazione a frequenza fissa (amplificatori a media frequenza dei radioricevitori), e presentano il vantaggio di una elevata selettività. Quando si richieda l'amplificazione selettiva di segnali di frequenza variabile in una gamma molto estesa, come negli stadî amplificatori di entrata dei radioricevitori, si usano invece accoppiamenti diretti od a trasformatore, nei quali l'accordo dei circuiti viene variato mediante la regolazione della capacità o dell'induttanza.

L'amplificazione per ogni stadio può essere superiore a 100 fino a frequenze di 1 ÷ 2 MHz, e poi diminuisce fino a raggiungere solo poche unità, usando tubi e circuiti normali, verso i 30 MHz. Il numero degli stadî utilizzati in cascata è limitato dagli accoppiamenti parassiti fra entrata ed uscita, i quali, specialmente alle frequenze più elevate, possono provocare oscillazioni e deformazioni della curva di amplificazione. In generale non si supera il numero di 3 stadî in cascata operanti sulla stessa frequenza. Quando si vogliano avere amplificazioni maggiori, si ricorre ad uno o più cambiamenti di frequenza, come per es. nei radioricevitori supereterodina.

Gli stadî amplificatori a radiofrequenza sono soggetti a lavorare con segnali di ampiezze variabili entro limiti molto estesi. Per segnali molto forti, le distorsioni dovute alla curvatura delle caratteristiche non possono più essere trascurate. L'inconveniente maggiore è dato dal fenomeno della modulazione incrociata, che si verifica quando all'entrata dell'amplificatore siano applicati due segnali modulati aventi frequenze portanti diverse e vicine, e si manifesta con il passaggio della modulazione di un segnale sulla frequenza portante dell'altro segnale e viceversa. Il calcolo delle distorsioni può essere fatto mediante lo sviluppo [9]; l'entità delle distorsioni è determinata dal valore del rapporto

Amplificatori di potenza. - Negli stadî ampiificatori di potenza lo scopo da raggiungere è l'erogazione alla resistenza di carico esterna di una potenza di valore determinato, riproducente il segnale d'entrata con il massimo rendimento e con il minimo livello di distorsioni. Gli elementi del progetto di uno stadio di potenza vertono sulla scelta del tubo elettronico, in relazione al valore della potenza utile da erogare ed alla massima potenza dissipabile sull'anodo del tubo e sulla determinazione delle condizioni più favorevoli per il suo funzionamento (tensioni di alimentazione elettrodiche, angolo di circolazione, tensione di eccitazione), in relazione alla resistenza del carico.

Il principio fondamentale da osservare per conseguire un rendimento elevato nella conversione in c. a. dell'energia assorbita dalla sorgente di alimentazione anodica a c. c., è quello di far circolare la corrente anodica in corrispondenza della frazione di periodo, durante la quale la tensione istantanea anodica assume i valori minimi, in modo da rendere minima la potenza dissipata in calore sull'anodo del tubo

Questo principio viene attuato impiegando stadî amplificatori funzionanti in classe B ed in classe C, ai quali si ricorre ogni qual volta la potenza erogata sia considerevole e quindi prevalente l'esigenza di un rendimento elevato.

La scelta dei diversi elementi del progetto di uno stadio di potenza, che si può rappresentare come in fig. 12, viene fatta basandosi sulla famiglia delle caratteristiche statiche anodiche e mutue del tubo, e tracciando su di esse la caratteristica dinamica corrispondente alla resistenza di carico Ra (fig. 13), definita dall'equazione:

e rappresentata nel piano (Ia, Va) dalla retta tracciata per Voa e formante con l'asse delle ascisse un angolo α tale che sia cotg α = Ra.

Limitando l'angolo di circolazione della corrente anodica, aumenta il valore della potenza utile a parità di potenza assorbita e perciò aumenta il rendimento. Sussiste inoltre la possibilità di un maggior rendimento, utilizzando un pentodo anziché un triodo.

Il valore massimo istantaneo della tensione di griglia, che può estendersi ai valori positivi negli amplificatori ad elevato rendimento, deve restare sempre inferiore al valore minimo della tensione anodica:

La scelta delle migliori condizioni di lavoro dello stadio si fa in base alle caratteristiche di funzionamento del tubo, che rappresentano l'andamento dell'ampiezza della corrente o della tensione alternativa anodiche in funzione della tensione eccitatrice o anche in funzione della Vog.

Quando l'angolo di circolazione è inferiore a 360° (stadî in classe A-B, B e C) la corrente alternativa anodica non è più sinusoidale e deve perciò essere rappresentata con uno sviluppo in serie di Fourier. La potenza utile è in questo caso data da

dove V1a ed I1a sono le ampiezze delle componenti a frequenza fondamentale, uguale a quella del segnale d'entrata. I coefficienti dei termini a corrente continua ed a frequenza fondamentale dello sviluppo in serie si possono ricavare in funzione dell'angolo di circolazione mediante le relazioni:

ed il rendimento è dato da:

Conoscendo i coefficienti β e K è possibile ricavare tutti i dati di funzionamento dello stadio per via grafica, procedendo in modo analogo al caso di grandezze anodiche sinusoidali.

In tutti i casi nei quali l'impedenza del carico non è puramente ohmica, le caratteristiche dinamiche assumono la forma di un'ellisse, con l'asse maggiore disposto secondo la retta di lavoro; tale ellisse risulta tanto più schiacciata quanto maggiore è il fattore di potenza dell'impedenza di carico (fig. 14). D'altro canto la potenza utile risulta tanto inferiore a quella erogata ad un carico puramente ohmico, quanto minore è il fattore di potenza.

Amplificatori di potenza in controfase. - Uno stadio amplificatore in controfase è costituito da due tubi uguali, disposti come in fig. 15, con le griglie eccitate in opposizione di fase e le uscite combinate in un trasformatore con un avvolgimento primario a presa centrale simmetrica.

L'inserzione simmetrica o in controfase di due tubi presenta il vantaggio di eliminare nel circuito d'uscita le distorsioni non lineari di ordine pari e la saturazione a corrente continua del nucleo del trasformatore d'uscita; essa consente perciò una maggiore potenza indistorta ed è molto utile specialmente nell'amplificazione di potenza per frequenze acustiche.

L'eccitazione delle griglie di uno stadio in controfase viene normalmente ottenuta per mezzo di un trasformatore a presa centrale oppure utilizzando un tubo invertitore di fase.

L'analisi completa del funzionamento di uno stadio in controfase può essere fatta servendosi della famiglia delle caratteristiche composte nel piano (Ia, Va), costruite in base alle famiglie di caratteristiche anodiche dei due tubi disposte in opposizione rispetto allo stesso asse delle Va.

Amplificazione di potenza a frequenze acustiche. - a) stadî in classe A. Vengono impiegati per l'amplificazione di potenze dell'ordine di pochi W, quando si voglia ottenere una riproduzione esente da distorsioni come nei radioricevitori; l'adattamento dell'impedenza di carico viene fatto mediante un trasformatore.

b) stadî in classe B. Vengono impiegati per l'amplificazione di grandi potenze acustiche quando è importante che il rendimento sia elevato come negli stadî modulatori dei radiotrasmettitori con modulazione anodica sullo stadio finale. Per avere una riproduzione lineare, viene impiegato sempre lo schema in controfase. Le distorsioni sono in generale maggiori di quelle degli stadî in classe A, ma possono essere ridotte con l'uso della controreazione.

c) stadî in classe A-B. Il funzionamento in classe A-B è caratterizzato da un angolo di circolazione 360° > θ > 180°. L'inserzione in controfase con l'uso di triodi o di tetrodi a fascio consente di spingere il funzionamento oltre la classe A senza un aumento eccessivo delle distorsioni e con un aumento del rendimento. Vengono utilizzati per potenze d'uscita limitate (radioricevitori e amplificazione sonora).

Amplificazione di potenza a radiofrequenza. - a) amplificazione di segnali di ampiezza costante. In tutti i casi nei quali l'ampiezza della tensione eccitatrice di griglia è costante (ad es. amplificatori di potenza per trasmettitori telegrafici, telefonici con modulazione di ampiezza sull'anodo dello stadio finale, con modulazione di frequenza o di fase, ad impulsi, per forni ad induzione, ecc.) conviene impiegare stadî funzionanti in classe C, i quali presentano il vantaggio di assicurare rendimenti elevati (dal 60% all'80%) e di sfruttare pienamente la massima potenza erogabile dai tubi elettronici utilizzati.

Il funzionamento per tensioni di griglia positive richiede la disponibilità di una notevole potenza di eccitazione. La potenza di uscita è proporzionale al quadrato della tensione anodica e la corrente alternativa di uscita è proporzionale alla tensione anodica a c. c. L'amplificazione di potenza è piuttosto bassa. I criterî di progetto sono sostanzialmente quelli già indicati. I migliori risultati si ottengono per angoli di circolazione θ = 120° ÷ 150°. I limiti di potenza erogata sono costituiti dalle massime potenze dissipabili sugli elettrodi del tubo, dalla corrente di emissione in relazione al tipo di catodo, dalla potenza di alimentazione disponibile e dal rendimento desiderato.

Il dimensionamento del circuito oscillatorio si fa partendo dal rendimento:

dove Q1 e Q2 sono i coefficienti di bontà del circuito rispettivamente in assenza ed in presenza del carico, e stabilendo Q2 = 6 ÷ 10.

b) amplificazione di segnali di ampiezza variabile. Il caso più frequente è quello di segnali a radiofrequenza modulati in ampiezza del tipo:

nei quali l'ampiezza varia fra 0 e 2 VgM per m = 1 (modulazione al 100%).

È necessario usare stadî in classe B o A-B, nei quali la potenza d'uscita è proporzionale al quadrato della tensione eccitatrice d'entrata ed il funzionamento è lineare.

Per non avere distorsioni nelle creste di modulazione, è necessario che, in assenza di modulazione, cioè per una tensione eccitatrice di ampiezza V, il tubo sia regolato per erogare una potenza pari ad

di quella massima erogabile nel funzionamento in classe C. Di conseguenza, a parità di potenza media fornita dallo stadio, bisogna impiegare tubi più costosi ed il rendimento medio:

non supera in generale il 30%.

Per raggiungere rendimenti maggiori sono stati escogitati altri iipi di amplificatori lineari, dei quali il più diffuso è il Doherty (fig. 16), fondato sostanzialmente sull'accoppiamento di due stadî amplificatori, uno dei quali A2, normalmente bloccato, entra in azione in corrispondenza delle creste positive di modulazione, erogando la metà della potenza totale, e costringendo l'altro stadio A1 ad erogare l'altra metà della potenza, a causa del dimezzamento della sua impedenza di carico, assicurato attraverso la linea in λ/4. In assenza di modulazione lavora solo lo stadio A1 regolato in condizioni di massimo rendimento.

L'amplificatore tipo Doherty, oltre ad assicurare un rendimento complessivo elevato (60%), consente di ridurre notevolmente le distorsioni ed il ronzio di alimentazione facendo un largo uso della controreazione.

c) neutralizzazione: v. radiocomunicazioni, XXVIII, p. 710.

Amplificatori a larga banda passante. - Sono caratterizzati da un andamento costante dell'amplificazione e da distorsioni di fase trascurabili per un intervallo di frequenze molto esteso, corrispondente allo spettro del segnale applicato. Trovano largo impiego nella televisione, nelle misure oscillografiche, nella modulazione di frequenza, di fase, ad impulsi, nella radiolocalizzazione, nei sistemi di comunicazione a più canali ed in generale nella maggior parte delle applicazioni delle altissime frequenze.

L'amplificazione a larga banda può essere selettiva od aperiodica a seconda che i segnali applicati siano, oppure no, caratterizzati da un'onda portante.

Gli amplificatori selettivi a larga banda sono del tipo a filtro di banda con due o più circuiti accoppiati, accordati sulla stessa frequenza o su frequenze alquanto discoste e spesso smorzati da resistenze in parallelo (fig. 17). La difficoltà principale è nel contenere entro limiti tollerabili i ritardi di tempo nella riproduzione delle componenti del segnale di frequenza diversa, per limitare le conseguenti deformazioni del segnale; nello stesso tempo occorre assicurare una buona selettività per frequenze esterne alla banda passante; il problema si presenta spesso arduo dato il gran numero di stadî in cascata necessarî per raggiungere un'adeguata amplificazione (fino a 30÷40 stadî), come ad es., negli amplificatori a media frequenza per radiolocalizzatori e per televisione.

Gli amplificatori a larga banda aperiodici sono del tipo a resistenza capacità. L'estensione dell'intervallo di frequenze viene conseguita introducendo opportune reti di compensazione per ognuna delle cause che tendono a ridurre l'amplificazione verso le frequenze più basse (condensatore di accoppiamento Cc o condensatori di fuga del catodo e di griglia schermo) o verso le frequenze più alte (capacità d'entrata o di uscita dei tubi).

I tubi da impiegare nell'amplificazione a larga banda sono costruiti appositamente in modo da avere pendenza molto elevata (10÷15 mA/V) e capacità d'entrata e d'uscita più basse possibili: la loro prestazione è perciò caratterizzata dal coefficiente di merito

Un tipo particolare di amplificatore a larga banda, che ha trovato recentemente larga diffusione, specialmente per adattare l'alta impedenza di uscita dei tubi alla bassa impedenza d'entrata di una linea di trasmissione, è l'amplificatore ad accoppiamento catodico (cathode follower amplifier) che rientra essenzialmente nella categoria degli amplificatori a controreazione (fig. 18).

L'amplificazione è inferiore all'unità:

Il tubo si comporta come se avesse un coefficiente di amplificazione

ed una resistenza anodica

Limiti dell'amplificazione. - Il funzionamento di un amplificatore è soggetto a limitazioni nei riguardi sia dell'ampiezza, sia della frequenza del segnale applicato.

Il valore minimo dell'ampiezza del segnale, suscettibile di essere amplificato utilmente, è vincolato all'entità del rumore proprio all'entrata dell'amplificatore ed al valore del rapporto segnale-rumore; i valori minimi del rapporto segnale-rumore in relazione al tipo di servizio da espletare sono i seguenti: radiolocalizzazione 6 dB; telegrafia 14 dB; telefonia commerciale 20 dB; radiodiffusione 40 dB; televisione 60 dB.

Oltre all'impiego di tubi a basso rumore proprio (silentodi), il mezzo più efficace di cui si dispone per ridurre l'entità del rumore proprio dell'amplificatore, dovuto alle fluttuazioni di tensione nei circuiti e di corrente nei tubi, è rappresentato dalla riduzione della larghezza della banda passante al valore minimo necessario all'intelligibilità del segnale. Perciò i limiti estremi dell'amplificazione di piccole tensioni si raggiungono nella telegrafia (circa 1 μV), dove la banda passante può essere limitata a poche decine o centinaia di Hz. Alle altissime frequenze è possibile ottenere una sensibile riduzione del rumore dovuto ai tubi, impiegando il principio della controreazione, limitatamente ai casi di amplificatori aventi più di due coppie di terminali, e quando almeno due coppie siano attraversate da correnti fluttuanti coerenti, cioè dovute alla stessa causa di rumore. Un'applicazione di questo principio è rappresentata dagli amplificatori con griglia a terra.

Con l'aumentare della frequenza del segnale da amplificare diventa progressivamente sempre più difficile l'attuazione di circuiti oscillatorî e di tubi aventi caratteristiche elettriche e meccaniche adeguate.

Per quanto riguarda i circuiti oscillatorî, l'impiego dei tipi usuali a costanti concentrate diventa praticamente impossibile per frequenze superiori a 150÷200 MHz non solamente per l'aumento delle perdite, ma soprattutto per la difficoltà di attuare capacità ed induttanze di valori sufficientemente piccoli e di formare con essi circuiti a frequenza di accordo definita, nel senso che non risultino prevalenti gli effetti imprecisati degli elementi parassiti rispetto a quelli desiderati.

Per questa ragione, per frequenze superiori ai 100÷150 MHz e fino a 2000÷3000 MHz (λ = 15 ÷ 10 cm.), si ricorre all'impiego di circuiti risonanti a costanti distribuite del tipo a linee parallele (o meglio concentriche, per ridurre le perdite per irradiazione) di lunghezza finita, mediante i quali si possono ottenere coefficienti di risonanza dell'ordine di qualche migliaio ed impedenze parallelo variabili fra alcune decine ed alcune centinaia di k Ω.

Per frequenze superiori a 2000÷3000 MHz è necessario abbandonare i concetti e le forme convenzionali e ricorrere a nuovi principî, che consentono l'eliminazione di qualsiasi elemento parassita e secondo i quali l'energia a frequenza elevatissima viene messa in giuoco sotto forma di campo e. m. che si propaga attraverso una successione di spazî limitati da superfici conduttrici di forma opportuna. In questi sistemi la funzione di circuiti oscillatorî è assolta dai cosiddetti risuonatori a cavità (v. radiocomunicazioni, in questa App.), collegati fra loro da guide d'onda (v. antenna, in questa App.).

I risuonatori a cavità presentano coefficienti di risonanza dell'ordine delle decine di migliaia ed impedenze parallelo dell'ordine di alcuni MΩ, ed assicurano quindi una elevata stabilità della frequenza di accordo.

Nei casi particolari in cui si desideri la variazione della frequenza di accordo entro vasti limiti si ricorre all'uso di circuiti del tipo detto butterfly oppure a cilindro (fig. 20) o simili, i quali presentano caratteristiche costiuttive ed elettriche in parte a costanti concentrate e in parte a costanti distribuite ed offrono una grande flessibilità di impiego nel campo da 300 a 1500 MHz.

Riassumendo, si può affermare che fino alle frequenze più elevate oggi utilizzate e cioè fino ai 30.000 MHz, è possibile attuare circuiti aventi caratteristiche adeguate, per l'impiego negli stadî amplificatori.

Le difficoltà che si incontrano nell'impiego dei tubi amplificatori sono dovute essenzialmente agli effetti dei tempi di transito elettronici negli spazî interelettrodici ed alle induttanze dei reofori di collegamento degli elettrodi.

In dipendenza di tali effetti le ammettenze caratteristiche del tubo non sono più rappresentabili mediante le relazioni [2], ma divengono funzioni non lineari della frequenza.

L'amplificazione è limitata dai valori delle componenti reali delle ammettenze d'entrata e d'uscita e si ha:

L'influenza maggiore è esercitata dalla conduttanza d'entrata:

dove K = 1 ÷ 2.

Perciò l'amplificazione è legata al rapporto

che deve essere reso più elevato possibile.

Mediante la riduzione delle dimensioni e delle distanze interelettroniche (tubi del tipo ghianda), mediante l'aumento della pendenza e l'inserzione in controfase, si ottengono amplificazioni notevoli fin verso i 600 MHz; frequenze fino a 2000÷3000 MHz si possono raggiungere con l'impiego dei moderni tubi del tipo lighthouse (o disk-seal), (v. termoionici tubi, in questa App.) appositamente costruiti per l'uso con circuiti a linee concentriche o a cavità risonanti. Per annullare l'accoppiamento di reazione della capacità griglia placca, essi vengono impiegati in uno schema particolare con la griglia a terra (fig. 19), nel quale il segnale d'entrata è posto in serie con il segnale d'uscita, cosicché il tubo, nei riguardi del circuito esterno, si comporta come se avesse un coefficiente di amplificazione μ+1.

Dato lo schema di inserzione, i tubi lighthouse richiedono una potenza di eccitazione di valore non trascurabile e si prestano, perciò, più che per l'amplificazione di tensione, per l'amplificazione di potenza (fino ad alcune decine di W) ed a larga banda (amplificazioni da 15 a 6 dB per frequenze fino a 3000 MHz).

Negli amplificatori con griglia a terra è possibile conseguire un rumore proprio molto ridotto, il che costituisce un notevole vantaggio per l'uso come amplificatori di piccole potenze.

Sistemi per l'amplificazione alle frequenze più elevate. - Per frequenze superiori a qualche migliaio di MHz, l'amplificazione diviene inattuabile con l'impiego di tubi fondati sui principî usuali. Gli indirizzi, che la tecnica moderna segue per raggiungere ulteriori progressi, sono sostanzialmente basati sull'accoppiamento diretto dei fasci elettronici con i circuiti oscillatorî, sedi dell'energia ad altissima frequenza, e sul controllo dei fasci elettronici mediante variazione della velocità, anziché della intensità o della densità come nei tubi normali.

Una forma di attuazione di questi principî è costituita dai tubi a modulazione di velocità, il tipo più diffuso dei quali è costituito dal klystron (v. termoionici tubi, in questa App.).

Purtroppo i klystron presentano l'inconveniente di possedere un rumore proprio molto elevato (dell'ordine di 200÷300 volte quello dei tubi ordinarî), e questo fatto ne restringe l'uso all'amplificazione di potenze non troppo piccole e non li rende adatti all'impiego negli stadî amplificatori d'ingresso dei ricevitori per altissime frequenze.

Un sistema, sviluppato ancor più recentemente, e che sembra suscettibile di aprire la via alla soluzione del problema dell'amplificazione di piccole potenze alle frequenze più elevate, è costituito dai tubi ad onda progressiva (travelling wave tubes; fig. 21).

Nei tubi di questo tipo il circuito è costituito da un lungo avvolgimento ad elica a passo ravvicinato, che viene eccitato ad una estremità dal segnale a radiofrequenza da amplificare e diventa sede di un campo e. m., che si propaga lungo l'elica ed ha una velocità assiale molto inferiore a quella della luce e legata al passo dell'avvolgimento.

La sorgente emittente genera un fascio elettronico che si muove internamente od esternamente all'elica, nella stessa direzione di propagazione assiale e con una velocità che risulta molto vicina alla velocità del campo elettro-magnetico in assenza di elettroni.

In queste condizioni fra il fascio elettronico ed il campo e. m. avviene uno scambio periodico di energia, in base al quale il fascio cede energia al campo, con il risultato di aumentare l'ampiezza dell'onda e. m., che si ricava all'altra estremità dell'elica. Il sistema si comporta perciò come un amplificatore.

Per effetto della distribuzione stazionaria del campo e. m. lungo l'elica, si determinano nel fascio accelerazioni e ritardi che si traducono in una modulazione di velocità, la quale si trasforma con il procedere del fascio in modulazione di intensità. I gruppi di elettroni, così formatisi, agiscono in fase sulla distribuzione locale del campo e. m. e contribuiscono a rinforzarlo, generando il processo di amplificazione.

Lo scambio di energia fra fascio elettronico e campo e. m. nei tubi ad onda viaggiante è molto più efficace di quello che si svolge nei tubi a modulazione di velocità.

L'analisi teorica del funzionamento può essere fatta, partendo da ipotesi alquanto semplificative e risolvendo le equazioni di Maxwell nello spazio occupato dal sistema, imponendo le condizioni ai limiti sulle superfici dell'elica e del fascio elettronico.

L'amplificazione in un tubo ad onda progressiva è data da:

dove L è la lunghezza dell'elica e ∣ δ ∣ è la componente immaginaria di un termine correttivo della costante di propagazione del sistema per l'onda e. m. amplificata ed è una funzione complicata della frequenza e delle caratteristiche dell'elica e del fascio elettronico.

L'amplificazione è tanto maggiore quanto più vicino all'elica è il fascio elettronico e quanto minore è il raggio dell'elica.

Il rumore proprio del sistema è provocato principalmente dalla dispersione del fascio elettronico e dagli elettroni che non raggiungono l'anodo. Perché esso sia basso, conviene che il potenziale acceleratore del fascio non sia troppo elevato e che il fascio sia lontano dall'elica, in contrasto con la condizione di massima amplificazione.

Il problema si risolve aumentando la lunghezza dell'elica e perciò l'amplificazione.

Per una frequenza di 3600 MHz e con una Δf = 800 MHz nei laboratorî della Bell Telephone si è ottenuta un'amplificazione di circa 20 dB, con un rumore di fondo inferiore a quello dei tubi normali, impiegando un tubo lungo circa 30 cm. (fig. 22).

I risultati lasciano perciò prevedere ulteriori favorevoli sviluppi ed un impiego vantaggioso specialmente nella tecnica delle comunicazioni a più canali ad altissima frequenza.

Organi di regolazione negli amplificatori. - Gli amplificatori contengono in generale degli organi ausiliarî mediante i quali è possibile regolare il valore dell'amplificazione, della frequenza di accordo (negli amplificatori selettivi) e la larghezza della banda passante.

a) Regolazione dell'amplificazione. Ha particolare importanza negli amplificatori di tensione i quali devono in generale erogare una tensione costante per segnali d'entrata variabili entro vasti limiti di ampiezza.

Per adattare il valore dell'amplificazione a quello del segnale d'entrata, si preferisce, in generale, negli stadî a bassa frequenza, agire sui circuiti modificandone l'attenuazione (fig. 23), e negli stadî a radiofrequenza sui tubi elettronici, modificandone le condizioni di funzionamento ed in particolare la pendenza (fig. 24). Agendo contemporaneamente su più stadî è possibile variare l'amplificazione entro vasti limiti.

Negli amplificatori di potenza la regolazione dell'amplificazione, cioè della potenza d'uscita, viene fatta modificando la tensione di eccitazione e la tensione di alimentazione anodica.

Una grande importanza assume in molti casi e specialmente nei radioricevitori, la regolazione automatica dell'amplificazione (controllo automatico di volume o di sensibilità, c. a. v.), ottenuta facendo variare la polarizzazione di griglia dei tubi amplificatori mediante l'applicazione di una tensione continua proporzionale alla tensione d'uscita dell'amplificatore e ricavata in generale dallo stadio rivelatore. Quando le caratteristiche dei tubi lo consentano il c. a. v. è esteso, oltre che agli stadî a radiofrequenza ed a media frequenza, anche agli stadî di bassa frequenza (fig. 25). Mediante l'azione contemporanea su più stadî, e facendo entrare in azione il c. a. v. solo quando il segnale d'entrata supera un valore prestabilito (c. a. v. ritardato), si riesce ad ottenere un andamento della amplificazione complessiva che risulta molto vicino a quello ideale. Nella radiotelefonia commerciale viene impiegata una forma particolare di regolazione automatica dell'amplificazione per mantenere costante il grado di modulazione del trasmettitore, indipendentemente dal livello di voce che agisce sul microfono (voice operated gain adjusting device: vogad).

Delle varianti di regolazione dell'amplificazione manuale od automatica sono pure impiegate nel campo delle frequenze acustiche, per - restringere il campo di variazione dei livelli sonori, diminuendo l'amplificazione in corrispondenza dei segnali di ampiezza elevata ed aumentandola invece in corrispondenza dei segnali di piccola ampiezza (compressione dei suoni). Il processo della compressione è impiegato nei radiotrasmettitori per diminuire le variazioni del grado di modulazione, mentre in ricezione l'adozione del processo inverso (espansione dei suoni) assicura una riproduzione fedele. L'impiego simultaneo di questi processi (compander) viene usato nella radiotelefonia per migliorare il rapporto segnale-rumore.

b) Regolazione della frequenza di accordo. Viene impiegata nei casi in cui si richieda un'amplificazione selettiva di segnali variabili entro una vasta gamma di frequenza, cioè principalmente negli stadî a radiofrequenza dei ricevitori, e viene ottenuta modificando la frequenza di accordo dei circuiti agendo su un organo variabile (condensatore o induttanza).

Se vi sono più stadî amplificatori in cascata, la regolazione della frequenza di accordo deve essere fatta con un comando unico il che pone il problema dell'allineamento di diversi circuiti, che consiste nel far in modo che, per ogni posizione del regolatore di sintonia, i diversi circuiti risultino accordati su una frequenza uguale e coincidente con quella indicata dalla scala tarata. Il problema presenta particolare interesse negli amplificatori a cambiamento di frequenza (ricevitori supereterodina).

Nei ricevitori viene pure frequentemente impiegata, per assicurare la permanenza dell'accordo degli stadî amplificatori sulla frequenza del segnale d'entrata, la regolazione automatica della frequenza di accordo, basata sull'uso di uno stadio discriminatore che fornisce una tensione di ampiezza proporzionale allo scarto di frequenza, la quale, attraverso l'azione di un servomotore (meccanico o a tubi elettronici), procura il ripristino dell'accordo dei circuiti sulla frequenza desiderata.

c) Regolazione della banda passante. Serve ad ottenere nei diversi casi il miglior compromesso fra le esigenze contrastanti della riproduzione fedele del segnale e del livello minimo di rumore.

La regolazione della larghezza di banda può essere ottenuta negli stadî ad amplificazione selettiva mediante la variazione dell'accordo, del coefficiente di risonanza, o meglio del coefficiente di accoppiamento dei circuiti accordati, oppure inserendo filtri selettivi (ad es. filtri a quarzo nei ricevitori telegrafici). Negli stadî aperiodici per frequenze acustiche, invece, la variazione della curva di risposta è ottenuta per mezzo dei regolatori di tono, costituiti da reti delle quali si modifica la legge di variazione dell'impedenza con la frequenza (fig. 26).

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