Amianto

Dizionario di Economia e Finanza (2012)

amianto


Minerale, varietà di serpentino o di anfibolo costituito di fibre sottilissime più o meno flessibili. Per l’alta resistenza alla fusione e alla combustione, ha trovato diffusamente impiego nella preparazione di tessuti incombustibili, nell’isolamento elettrico e termico, nell’edilizia. La produzione di a. è andata crescendo (quasi 5 milioni di t/anno) fino al 1980, quando, a causa della sua comprovata tossicità e dell’introduzione di forti restrizioni nella sua utilizzazione, ha cominciato progressivamente a diminuire. È noto che gli addetti all’estrazione e alla lavorazione dell’a. possono essere colpiti dall’asbestosi o dal molto più raro mesotelioma, anche se non è accertato il rapporto fra esposizione alle polveri di a. e insorgenza della malattia, che comunque si può sviluppare a lunga distanza (anche di 20-40 anni). È diversa la nocività dei vari tipi mineralogici di a.: meno pericoloso è il crisotilo (o a. bianco), appartenente al gruppo dei serpentini; molto più pericolose sono le altre varietà (crocidolite, amosite ecc.), appartenenti agli anfiboli. Ricerche universalmente riconosciute hanno mostrato che il rischio di sviluppo del cancro al polmone, per individui esposti ad ambienti contenenti fibre di a., è maggiore per gli uomini che per le donne, e 10 volte maggiore per i fumatori rispetto ai non fumatori. Frammenti di a. si possono trovare nell’aria, provenienti dalle particelle eliminate dai freni o dalle frizioni di auto e autocarri, mentre, all’interno degli edifici, essi provengono dall’invecchiamento e dal deterioramento di manufatti in cemento-amianto. Anche le operazioni di bonifica, se non adeguatamente eseguite, possono comportare gravi rischi per gli addetti ai lavori, motivo per cui è sempre più diffusa la tendenza a evitare la rimozione dei materiali contenenti a. e ad adottare, invece, trattamenti di manutenzione basati sull’incapsulamento.

Normativa

I limiti di concentrazione di a. ammessi, variabili nei vari Paesi e armonizzati a livello europeo, sono generalmente differenziati per tipo mineralogico e ambiente. La legislazione italiana per gli ambienti di lavoro considera il limite di esposizione all’a. di 0,1 fibre per cm3 di aria, come media ponderata nel tempo di riferimento di 8 ore. In Italia, in applicazione della l. 257/1992, relativa alla cessazione dell’utilizzo dell’a., sono stati emanati dal ministero della Sanità il d. m. del 6 settembre 1994 (per attuare la sostituzione dei manufatti contenenti a.), quello del 14 maggio 1996 (per disciplinare la bonifica dei siti industriali dismessi e la manutenzione di manufatti in cemento-a. per l’accumulo di acqua potabile) e il d. m. del 20 agosto 1999 (per disciplinare ulteriormente le operazioni di bonifica, con particolare riferimento ai requisiti richiesti ai rivestimenti incapsulanti dei manufatti in cemento-amianto e ai relativi protocolli di applicazione). Il d. legisl. 257/2006, in attuazione della direttiva comunitaria 2003/18/CE, stabilisce inoltre norme e criteri per la protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall’esposizione all’a. durante la loro attività.

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