AMERICA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1991)

AMERICA

Domenico Ruocco
Monica Turi

(II, p. 837; App. I, p. 108; II, I, p. 152; III, I, p. 79; IV, I, p. 111)

Evoluzione del quadro politico. − Il quadro politico ha subito diversi cambiamenti negli ultimi decenni: è aumentato il numero dei paesi indipendenti, è mutato lo status di alcuni territori e sono state risolte alcune questioni di confine in aree contese. I paesi di nuova indipendenza sono, sul continente, il Belize e, nella zona insulare, Antigua e Barbuda, Bahama, Dominica, Grenada, St. Christopher e Nevis, St. Lucia, St. Vincent e Grenadine.

L'Honduras britannico, già autonomo nel 1964, nel 1973 ha assunto la denominazione di Belize ed è divenuto indipendente nel 1981 nell'ambito del Commonwealth; Bahama ha assunto anch'essa l'autonomia interna nel 1964 e ha conseguito l'indipendenza nell'ambito del Commonwealth dal 1973; Antigua e Barbuda, stato associato al Regno Unito dal 1967, è indipendente nell'ambito del Commonwealth dal 1981; Dominica, già stato associato al Regno Unito dal 1967, è diventata repubblica indipendente nell'ambito del Commonwealth nel 1978; Grenada, stato associato al Regno Unito dal 1967, è indipendente dal 1974 nell'ambito del Commonwealth, ha subito l'intervento armato degli Stati Uniti e di altri paesi caribici nel 1983, dopo la crisi esplosa, in seguito a un colpo di stato e all'uccisione del primo ministro M. Bishop, nel regime filocubano al potere dal 1979: dal 1984 è governata dal Nuovo Partito Nazionale; St. Christopher e Nevis, stato associato al Regno Unito dal 1967, è indipendente nell'ambito del Commonwealth dal 1983; St. Lucia, stato associato al Regno Unito dal 1967, è indipendente nell'ambito del Commonwealth dal 1979; St. Vincent e Grenadine, stato associato al Regno Unito dal 1969, è indipendente nell'ambito del Commonwealth dal 1979.

La politica britannica della concessione graduale dell'autonomia prima e dell'indipendenza poi ha portato alla moltiplicazione degli stati nell'A. Centrale, essendo prevalsa la tendenza allo smembramento, dopo il fallito tentativo di accorpare nella Federazione delle Indie Occidentali (1958-61) i territori britannici caribici. Si aggiunga che alcuni gruppi insulari, che godevano di un'amministrazione unitaria in periodo coloniale, si sono suddivisi, perché alcune isole, piuttosto che rimanere aggregate alle maggiori diventate indipendenti, hanno preferito ottenere l'indipendenza o conservare lo status di colonia con autonomia interna. Così è avvenuto per Anguilla, isola già facente parte dello stato associato di St. Christopher, Nevis e Anguilla, che dal 1976 è una dipendenza britannica con autonomia interna; per Cayman, isole legate alla Giamaica, divenute colonia britannica al tempo della concessione dell'indipendenza a Giamaica; per Turks e Caicos, anch'esse dipendenze della Giamaica, che sono rimaste colonia britannica con autonomia interna; infine per Montserrat, che ha rifiutato di far parte degli stati associati al Regno Unito, preferendo rimanere colonia britannica. Nelle Antille dell'A. Meridionale, Aruba si è staccata dal gruppo delle Antille Olandesi nel 1986 e ha assunto un proprio statuto in vista della concessione dell'indipendenza nel 1996; Trinidad e Tobago, già stato indipendente nell'ambito del Commonwealth (1962), formano una repubblica dal 1976. La Federazione delle Indie Occidentali, che raggruppava all'atto della costituzione quasi tutte le colonie britanniche caribiche, e che avrebbe dovuto inglobare anche Honduras britannico, Guiana, Isole Vergini e aderire al Commonwealth, è risultato un tentativo effimero di riunire in un'entità statale unitaria territori tanto distanti e diversi.

Nell'A. Meridionale hanno conquistato l'indipendenza la Guiana, stato del Commonwealth dal 1966 e repubblica dal 1970, e il Suriname, già colonia olandese, nel 1980.

In A. Centro-Meridionale persistono ancora varie questioni irrisolte. Le più gravi, che hanno provocato rappresaglie, minacciose dispute internazionali e interventi militari, sono state le rivendicazioni dell'Argentina sulle isole dell'Atlantico del Sud e sull'Antartide, gli interventi destabilizzanti e l'alimentazione della guerriglia in vari paesi centroamericani. L'Argentina per anni ha manifestato la sua ostilità al Cile per il possesso di alcune isole del Canale di Beagle, ma ha dovuto accettare, con l'intermediazione della Chiesa, la definitiva attribuzione delle isole Picton, Nueva e Lennox al Cile, che in tal modo consolida e legittima i suoi diritti sullo Stretto di Drake e sulla Penisola Antartica. Ben più tragico epilogo ha avuto l'avventura bellica contro il Regno Unito per la conquista delle Malvine. Le rivendicazioni argentine sull'Antartide si basano sul presupposto che le isole dell'Atlantico meridionale siano considerate territorio argentino: perciò il settore dell'Antartide rivendicato dall'Argentina coincide in parte con l'Antartide britannica e in parte con il settore cileno.

Cuba continua a rivendicare la base di Guantanamo (111 km2), concessa agli Stati Uniti nel 1903. Il regime di F. Castro dopo aver respinto gli attacchi portati dagli esuli cubani, ha incoraggiato movimenti sovversivi o favo rito l'installazione di governi rivoluzionari in alcune repubbliche centroamericane, contro i quali gli Stati Uniti hanno operato interventi diretti (a Grenada nel 1983) o indiretti (nel Nicaragua con aiuti agli antisandinisti).

Per quanto riguarda il contenzioso tra Panama e Stati Uniti per la zona del Canale con il nuovo trattato, firmato nel 1977 da J. Carter e O. Torrijos, la scadenza dell'affitto è stata fissata al 1999; gli Stati Uniti conservano le basi militari e assumono la difesa del Canale fino a tale data; la sovranità della zona del Canale è tornata a Panama dal 1979.

L'epoca del colonialismo può considerarsi conclusa anche se sull'A. latina persistono forme di neocolonialismo economico e ideologico. In questo sub-continente le grandi inquietudini sociali non si sono ancora sopite. Instabilità politica, corruzione, guerriglia, regimi dittatoriali, colpi di stato, presenza di militari al governo sono fenomeni ricorrenti, sicché quasi nessun paese ne è rimasto immune per lunghi periodi. Non di rado le libere democrazie hanno avuto vita effimera, per le loro debolezze intrinseche e per le prevaricazioni di gruppi di potere economico o militare. Negli ultimi anni sembra affermarsi, sotto la pressione dell'opinione pubblica internazionale, la tendenza all'instaurazione di regimi democratici, di governi militari meno dispotici, di dittature più tolleranti, come è avvenuto in Argentina, Perù, Uruguay e Brasile, in Paraguay, Cile e Nicaragua.

I cambiamenti politici hanno portato spesso a grandi riforme interne, a criteri diversi di gestione del territorio che hanno avuto effetti geografici ed economici molto rilevanti, sia per la distribuzione della popolazione e la crescita delle città, sia per l'utilizzazione delle risorse, per le vie di comunicazione e le direttrici del commercio internazionale.

Per la situazione politica v., più avanti, la bibliografia specifica.

Geografia antropica. − Negli ultimi decenni (1950-1980) il quadro demografico ha subito notevoli mutamenti. Nel continente americano si sono registrate tendenze decisamente difformi; in particolare l'A. latina registra alla fine degli anni Ottanta un tasso medio d'accrescimento annuo dell'1,8%, sensibilmente diverso da quello dell'A. anglosassone, i cui aumenti di popolazione sono contenuti entro lo 0,7% annuo. Nell'ultimo quindicennio la popolazione dell'A. Settentrionale è aumentata del 25,6%. Questo incremento è la risultante di andamenti contrastanti con la compensazione tra Stati Uniti, dove per il calo della natalità l'aumento demografico è stato di circa il 17% (di poco inferiore rispetto al Canada), e Messico (+60%) e vari altri paesi istmici (dove si passa dal 29,5% del Guatemala, al 42,5% della Costa Rica, al 48% di El Salvador e di Panama, al 65% del Nicaragua e alla punta di oltre il 69% dell'Honduras). Nel complesso nei periodi più recenti si è manifestata una generale flessione negli incrementi demografici ed è probabile che tale tendenza divenga sempre più decisa con il diffondersi dello sviluppo sociale e culturale. Con tali ritmi di crescita, conseguenza soprattutto di alti tassi di natalità, la popolazione dell'A. Centrale è destinata a raddoppiarsi in pochi anni. Difficilmente questi ritmi potranno essere tenuti dall'incremento dei redditi, e tale scompenso causerà ulteriori problemi economici. Per l'A. Settentrionale va segnalato l'ulteriore slittamento verso Sud-Ovest del baricentro della popolazione a causa del crescente peso demografico della zona centro-occidentale del Canada, degli Stati Uniti e del Messico. Detto baricentro è ubicato ora oltre il Mississippi, negli Stati Uniti, e tende a spostarsi verso Sud-Ovest per la più consistente e rapida crescita demografica di California e Texas. Significative modificazioni si sono avute anche nell'A. Meridionale. I tassi d'incremento della popolazione presentano valori piuttosto elevati. Fra i paesi che hanno fatto segnare i minori incrementi demografici va ricordato l'Uruguay (0,4% annuo nel 1980-86); quelli più alti si sono avuti in Venezuela (2,8%), Brasile (2,2%), Paraguay (3,2%), Perù (2,6%) ed Ecuador (2,5%), ma anche in altri paesi (Argentina e Chile) continuano a rimanere relativamente elevati.

L'esplosione demografica rimane il problema principale dell'A. latina. Nonostante le potenziali risorse, la crescita della popolazione è troppo alta perché lo sviluppo dell'economia apporti sostanziali progressi. Masse di diseredati si spostano tuttora dalle regioni povere verso le città e intensi flussi migratori si verificano verso i paesi relativamente più ricchi. Le città crescono a dismisura, ma il rinnovamento architettonico interessa zone limitate, sicché i quartieri poveri e insalubri, formati da baracche e senza servizi, occupano una parte considerevole dell'area urbana. Le periferie delle città dell'A. latina sono tristemente note per il degrado urbano e sociale; prendono nomi diversi, ma tutte sono caratterizzate da precarie condizioni di vita, da gravissime carenze igienico-sanitarie, dal dilagare della delinquenza comune e da miserie materiali e morali. Le più note, per estensione e gravità, sono quelle di Rio de Janeiro (favelas), di Lima (barriadas), di Bogotá (tugurios), di Caracas (ranchos) o di Buenos Aires (villas miserias), ma nessuna delle grandi città latino-americane ne rimane immune. Nell'A. anglosassone il fenomeno è nel complesso contenuto e limitato a poche città (New York e New Orleans principalmente) dove interi quartieri abitati da popolazioni di colore hanno subito gravissimi processi involutivi. Sono molti però i centri urbani in cui si avvertono i sintomi di un deterioramento urbanistico; per lo più si tratta dell'abbandono delle zone centrali da parte degli abitanti più abbienti e del conseguente avvio di forme di degradazione architettonica e sociale.

L'evoluzione demografica delle città americane mostra tendenze assai diverse nei due sub-continenti, e anche al loro interno gli andamenti sono abbastanza differenziati. Sono sufficienti pochi esempi per illustrare le caratteristiche salienti del fenomeno nei due domini culturali. Nell'A. anglosassone, gli aumenti di popolazione registrati per le città nell'ultimo ventennio risultano in genere inferiori al 20%, se si eccettuano pochi casi nel Canada (Edmonton, Toronto, Vancouver) e altri più numerosi negli Stati Uniti (che escludono quasi tutte le maggiori aree metropolitane e includono invece città del Sud quali Atlanta, Dallas, Houston), che hanno avuto un notevole sviluppo industriale e commerciale. In questi due paesi l'aumento della popolazione è stato minore, diffuso sul territorio e non concentrato nelle principali metropoli. Nell'A. anglosassone oltre l'80% della popolazione vive nelle città, sicché l'urbanizzazione interessa non solo le aree metropolitane tradizionali della fronte atlantica, ma anche le nuove dell'Ovest e del Sud. La drammatica caduta della natalità è stata accompagnata dallo svuotamento di persone dalle aree centrali delle maggiori città e dal calo in esse dei posti di lavoro. La rivitalizzazione dei centri urbani è un problema comune ormai nelle città nordamericane e richiede interventi adeguati sul piano urbanistico, economico e sociale, sia per un riutilizzo delle strutture esistenti sia per la loro riqualificazione. Molto diversa è la situazione nell'A. latina, dove all'elevatissimo incremento demografico è corrisposto un ancor più forte addensamento di popolazione nelle grandi città, e in particolare nelle capitali, già di per sé eccessivamente grandi e degradate. Gli squilibri tra la loro area metropolitana e il resto del paese tendono ad accentuarsi, aggravando la qualità della vita urbana e anche i problemi sociali ed economici a livello nazionale.

Tra i casi significativi: Buenos Aires è passata nella sua area metropolitana da 8.352.900 ab. nel 1970 a 9.766.000 nel 1985; San Paolo da 5.978.977 ab. nel 1970 a 10.997.000 nel 1989; Lima da 2.541.300 ab. nel 1970 a 6.053.900 nel 1988; Santiago da 2.516.421 ab. nel 1969 a 4.913.062 nel 1987; Bogotá da 1.697.311 ab. nel 1964 a 4.208.000 nel 1985; Città di Messico da 2.902.969 nel 1970 a 15.665.000 nel 1985. Al fenomeno non si sottraggono le capitali degli altri paesi, anche se gli aumenti sono meno rilevanti: Caracas da 2.175.438 ab. nel 1970 a 3.184.900 nel 1985 (sempre nell'area metropolitana); L'Avana da 1.008.450 nel 1967 a 2.014.800 nel 1986; Guatemala da 699.000 nel 1969 a 1.300.000 nel 1983. Con simili aumenti è praticamente impossibile adeguare le strutture insediative e i servizi alle esigenze della popolazione, e gli squilibri economici e le condizioni sociali tendono ad aggravarsi senza che i singoli governi riescano a trovare rimedi efficaci.

Geografia economica. − I progressi compiuti in campo economico emergono innanzitutto dai dati delle grandi produzioni agricole e industriali, per le quali è possibile valutare le variazioni registrate negli ultimi tempi. Per i cereali si sono verificati forti incrementi produttivi, dovuti in parte minore all'espansione delle aree coltivate e in parte molto maggiore all'aumento della resa unitaria, in conseguenza dell'intensificazione delle colture, del miglioramento delle sementi, dell'uso di concimi e di antiparassitari. L'A. nel complesso è fortemente eccedentaria di cereali per l'alimentazione umana e animale, e origina cospicui flussi verso i paesi dell'Europa e di altri continenti. Tuttavia parecchi paesi andini e dell'A. Centrale soffrono la fame, anche perché in essi gli alimenti base (mais, patata) non aumentano in misura adeguata al ritmo d'incremento demografico.

Tra il 1970 e la metà degli anni Ottanta la produzione di frumento è passata da 560 a 958 milioni di q e da 88 a 158 milioni di q rispettivamente per l'A. Centro-Settentrionale e Meridionale; quella di mais è balzata da 1350 e 2350 milioni di q e da 272 a 365 milioni di q rispettivamente nelle due grandi parti del continente americano; quella del riso da 53 a 88 milioni di q e da 96 a 144 milioni di q, rispettivamente. La meccanizzazione ha potuto sopperire al sensibile calo degli occupati in agricoltura nei paesi più evoluti. Stati Uniti, Canada e Argentina sono i grandi esportatori di frumento: con oltre 600 milioni di q di frumento, pari alla produzione dell'Europa, alimentano il commercio internazionale, per i 5/6 extra americano. L'A. produce anche un'ingente quantità di cereali da mangime, di semi oleosi, di legumi e di frutta, tutti in forte aumento e in parte destinati al mercato internazionale, ma sempre con le già segnalate differenze tra paesi più progrediti e paesi poveri.

Per quanto concerne l'attività zootecnica, si è registrata una sensibile riduzione di ovini (oltre 25 milioni di capi) specie nell'A. del Sud, di caprini e di equini, con differenze sensibili da un paese all'altro, cui si è contrapposto un forte aumento di bovini, il cui numero in un quindicennio è aumentato di oltre 60 milioni di capi. Anche per la pesca, nonostante la produzione sia costante nei valori complessivi, si sono registrati notevoli cambiamenti nella graduatoria dei paesi produttori: il primato del Perù è crollato; è balzato avanti il Chile, che contende il primo posto agli Stati Uniti. L'industria estrattiva conserva la sua importanza, ma la quota dei maggiori produttori in genere è diminuita, mentre è aumentata quella dei paesi dell'A. latina. I contributi di Messico, Brasile, Chile, Colombia, Perù, per ricordare solo i principali, sono sensibilmente cresciuti specie per petrolio, ferro, rame, oro e altri minerali; ma non sempre si è avuto un potenziamento dell'industria manifatturiera, per cui una parte considerevole di tali materie prime è destinata agli Stati Uniti e a pochi altri paesi industrializzati. Si tratta di un flusso a senso unico, mentre in senso opposto fluiscono i prodotti manifatturati e della tecnologia avanzata, di cui sono carenti quasi tutti i paesi latino-americani.

Stati Uniti e Canada sono due dei maggiori laboratori mondiali all'avanguardia per quanto riguarda la ricerca scientifica, il progresso tecnologico e lo sviluppo industriale. In particolare gli Stati Uniti, che contano il 5% della popolazione terrestre, forniscono il 25% del prodotto lordo mondiale, consumando quasi il 30% di tutta l'energia utilizzata nel mondo. Quanto al Canada, è l'unico paese economicamente avanzato che può vantare una crescita industriale sostenuta, un settore agricolo in forte attivo e una bilancia energetica ancora largamente favorevole (per dati circostanziati sull'economia e sulla struttura dell'apparato produttivo di Stati Uniti e Canada, v. alle rispettive voci in questa App.). Un parametro della potenza economica di questi due paesi può essere costituito dall'entità del commercio internazionale. A livello mondiale gli Stati Uniti occupano di gran lunga il primo posto per il valore di tale commercio, essendo esso in media pari a circa il doppio di quello delle maggiori potenze economiche europee. Il valore del commercio del Canada (180 milioni di dollari USA) corrisponde a un terzo di quello statunitense, e a sei volte quello degli altri grandi paesi americani (Brasile, Messico, Venezuela). Molti paesi dell'A. sono coinvolti in una grave crisi economica e in un forte indebitamento estero e hanno bisogno di consistenti aiuti finanziari esterni e assistenza tecnologica per avviarsi più decisamente sulla via dello sviluppo.

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Lidia Scarpelli

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