LORENZETTI, Ambrogio

Enciclopedia Italiana (1934)

LORENZETTI, Ambrogio

Arduino Colasanti

Pittore, nato a Siena, morto ivi, probabilmente di peste, nel 1348. Il primo ricordo è la data 1319 scritta sotto una Madonna nella chiesa di S. Angelo in Vico l'Abate, presso Firenze, l'ultimo risale all'11 novembre 1347, quando egli è citato come membro del Consiglio dei paciari. Durante il suo primo soggiorno in Firenze, provato dalla Madonna di Vico l'Abate, il L. fu immatricolato nei registri della corporazione fiorentina dei pittori, ma nel 1324, non sappiamo se durevolmente, era di nuovo a Siena, dove vendeva a Francesco Bandini la metà di un suo podere. La fermezza plastica, la ricerca di effetti di volume, la durezza della linea, più che la rigorosa presentazione frontale, fanno pensare nella Madonna di Vico l'Abate a un'influenza di Giotto, ma anche in quel suo primo saggio noto l'educazione di A. L. appare schiettamente senese nella semplicità delle grandi superficie, nelle chiuse zone del colore non chiaroscurato, nell'intensità contemplativa, nei tipi della Vergine e del Bambino, che ricordano Duccio, nell'uso della cuffia bizantina e fino nella tecnica e nell'ornamentazione dei nimbi. Nata e sviluppata su terreno senese, ma non insensibile al precoce contatto con i Fiorentini, l'arte di A. L. annunzia in questa Madonna una decisa e originale personalità. Oltre la tavola di Vico l'Abate, non sono molte le opere superstiti di data certa del L.: due mezze figure del museo Bandini a Fiesole e quattro storie di S. Nicola di Bari nella Galleria degli Uffizî, appartenenti quasi certamente al polittico per la chiesa di S. Procolo a Firenze, su cui il Cinelli lesse la data 1332; gli affreschi esistenti nella sala dei Nove nel palazzo pubblico di Siena, per i quali si hanno ricordi di pagamenti dal 28 aprile 1338 al 29 maggio 1339; la Madonna col Bambino, affrescata nella loggia del Palazzo pubblico di Siena nel 1340; la Presentazione di Gesù della Galleria degli Uffizî, eseguita per l'ospedaletto di madonna Agnese in Siena e portata a Firenze nel 1822, firmata e datata 1342; l'Annunciazione, nella pinacoteca di Siena, firmata e datata 1344; una tavoletta con la rappresentazione del governo, copertura del libro di entrata e uscita del 1344, nel R. Archivio di stato di Siena.

Ricostituire cronologicamente attorno a codesti capisaldi l'attività del pittore è impresa difficilissima e di risultati molto incerti, come appare dalle conclusioni discordanti e spesso opposte di coloro che l'hanno tentata. Si può ritenere che a un periodo intermedio tra la tavola di Vico l'Abate e il polittico di S. Procolo, molti anni lontana da quella, appartenga la deliziosa Madonna del latte del seminario di S. Francesco in Siena in cui l'acuto senso di osservazione realistica visibile specialmente nella posa della Vergine che si piega all'indietro per fare da contrappeso al piccolo Gesù, e nell'ingorda avidità dell'occhio e del gesto del fanciullo, è mezzo alla schietta e immediata espressione del sentimento, che s'intensifica nell'obliquo sguardo della Madonna in note di compiacenza materna e di accorata malinconia. Questo motivo passionale, che deriva da influenze di Giovanni Pisano e che il De Nicola ha identificato con l'ansia della Madre per il destino del suo nato, appare più o meno in quasi tutte le Madonne di Ambrogio, e a volte riunisce in un'identica, rassegnata tristezza il piccolo Gesù e la Vergine, come nella tavola della collezione Platt a Englewood, che può essere datata poco dopo il 1330, e in quelle quasi contemporanee del municipio di Massa Marittima e del convento di S. Petronilla, ora nella Pinacoteea senese, a volte cerca un più appassionato valore nel contrasto dei sentimenti, come nella citata Madonna del latte, nella tarda Madonna che corona il polittico di Badia a Rofeno, e nella stupenda tavoletta della Pinacoteca di Siena (n. 65), rappresentante la Vergine in gloria tra angeli e santi, capolavoro inesplicabilmente conteso dal Rowley al maestro, il quale vi espresse una delle sue più alte trasfigurazioni nella contemplazione della divinità e uno dei suoi sogni più luminosi nello splendore del colore, che altrove si esaurisce in sottili armonizzazioni di accordi tenui (polittico proveniente dal conven. to di S. Petronilla; Madonna della Pinacoteca di Siena, proveniente dalle Serre di Rapolano), qui squilla nella piena luce d'oro, emanante dal fondo come da un sole invisibile.

Se è vero che la modellatura violenta e la grandiosità delle prime forme di Ambrogio progressivamente si attenuano, la serie delle sue Madonne, che tocca il culmine della monumentalità nella tavola di Massa Marittima, nella quale l'abbandono con cui il pittore si concede alle immagini della Madre e del Figlio si obiettiva nei piani larghi di colore e nell'abbraccio caldo e affettuoso, dovrebbe essere press'a poco conchiusa dall'esemplare della collezione Lehman di New York, meno grandiosa delle altre, di una grazia e di una delicatezza estrema, dove dalla semplicità della linea e dall'accordo del manto azzurro, del velo roseo, della veste d'oro e rossobruna della Vergine col manto rosa e la tunichetta bianca del Bambino, sorgono un ardore e un'intensità senza limiti che trasfigurano gli affetti portandoli, dalla naturalezza delle opere precedenti, in una zona sovrumana.

L'elemento architettonico e quello spaziale sono notevolissimi nell'opera di A. L., la cui visione, pur trovando la sua unità sopra tutto con mezzi più fantastici che puramente matematici, si andò a poco a poco coordinando verso un rigore prospettico che nella Presentazione di Gesù degli Uffizî ottiene notevoli effetti di profondità atmosferica e trova la sua espressione massima nell'Annunciazione del 1344 (Pinacoteca di Siena), dove per la prima volta tutte le ortogonali dell'impiantito concorrono in un unico punto. Negli affreschi già nel chiostro, ora nella chiesa di San Francesco a Siena, assegnati su testimonianza del Tizio al 1331 e rappresentanti L'accettazione di S. Ludovico da Tolosa nell'Ordine e Il martirio dei francescani a Ceuta, la fantasia architettonica aiuta con la sua sicurezza la figurazione dei piani spaziali, mentre negli Effetti del buon governo nella città (Palazzo pubblico di Siena) il rigido criterio della scomposizione delle masse degli edifici con un ritmo di luce e di ombra in sagome poliedriche, richiama alla mente il paragone con un moderno sintetismo geometrico razionale.

Questi affreschi della sala dei Nove, nei quali A. L., che il Vasari definì "carattere piuttosto di gentiluomo e di filosofo che di artefice", ornato di varie discipline e non privo di vena poetica, espresse per via di simboli e di rappresentazioni realistiche gli effetti del buono e del cattivo governo, sono, nonostante le esigenze programmatiche che ne indeboliscono alcune parti, il capolavoro del pittore. L'antico senso della bellezza espressiva, la libertà d'invenzione, la forza morale tradotta in forma sensibile nella costruzione artistica, la freschezza dell'osservazione che assorbe e trasfigura il pensiero sottilizzante, vi appaiono nel più alto grado, nella cornice di un paesaggio solenne, in cui il senso episodico della natura, i particolari di novellistica campestre, le curiosità visive a poco a poco riscattate dall'austerità dello stile, divengono volontà espressiva e assurgono a una stupenda visione unitaria in quella distesa panoramica che va dalla Val d'Arbia all'Amiata e a Talamone. Questo modo veramente costruttivo di presentare la prospettiva aerea rende certa l'attribuzione ad A. anche dei due piccoli paesaggi della pinacoteca di Siena, frammenti di una tavola più grande.

Possono inoltre essere attribuite al L. le seguenti: Boston, museo Gardner: S. Elisabetta d'Ungheria; Cambridge (U.S.A.), museo Fogg: S. Agnese (appartenente con la precedente a uno stesso polittico disperso); Cleveland, museo: S. Caterina di Alessandria; S. Galgano, badia di Monte Siepi: affreschi di una decorazione conservata in parte, celebrante S. Galgano (con la collaborazione di aiuti e molto restaurati); Londra, National Gallery: teste di monache (frammento già nel capitolo di S. Francesco a Siena); testa di S. Caterina; mezza figura di Vergine Annunziata (frammenti di affresco); Milano, raccolta Cagnola: Madonna; New York, collezione Blumenthal: Madonna; Minneapolis (U.S.A.): collezione John Vanderlip: S. Caterina e in alto un Profeta; Pompana, cappella di S. Francesco: Madonna (molto guasta e restaurata); Roccalbenga, chiesa dei Ss. Pietro e Paolo: Madonna; Siena, Pinacoteca: n. 52, S. Paolo; n. 53, S. Giovanni Battista; Museo dell'Opera del duomo: S. Francesco, S. Maria Maddalena, S. Caterina e S. Romualdo (di L. solo in parte); ex-convento di S. Agostino: mezze figure del Redentore, di S. Lorenzo e di S. Agostino (unici avanzi delle vaste pitture descritte dal Ghiberti e dal Vasari); seminario di S. Francesco, refettorio: testa e parte di fregio; Torino, collezione Abegg: Sacra famiglia.

V. tavv. CXIII-CXVI.

Bibl.: E. v. Meyenburg, A. L., Zurigo 1903; G. De Nicola, in Boll. d'arte, I (1922-1923), pp. 49-58; R. van Marle, The development of the italian schools of painting, II, L'Aia 1924; E. Cecchi, Trecentisti senesi, Roma 1928; G. Sinibaldi, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXIII, Lipsia 1929 (con bibl.); C. H. Weigelt, La pittura senese del '300, Bologna 1930; B. Berenson, Italian pictures of the Renaissance, Oxford 1932; G. Sinibaldi, I L., Siena 1933.

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