DORIA, Ambrogio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 41 (1992)

DORIA, Ambrogio (Giovanni Ambrogio)

Maristella Cavanna Ciappina

Nacque a Genova attorno al 1550 da Paolo fu Giovan Battista e da Tommasina Grimaldi, dopo Girolamo, Maria, Maddalena, Andrea e prima di Ansaldo e Stefano (ma solo il primo e l'ultimo dei fratelli saranno con lui iscritti al Libro d'oro della nobiltà). Il padre nel 1530 fu uno dei capitani delle guardie della Repubblica - non sembra però aver rivestito altrì incarichi di rilievo - e dovette avviare anche il D. alla carriera militare. In effetti, nel 1575, durante la guerra civile tra i cosiddetti "nobili vecchi", o del portico di S. Luca, e "nobili nuovi", o dei portico di S. Pietro, il D. fu nominato capitano per i "vecchi", e come tale posto a capo delle milizie prese a soldo dai medesimi nobili rifugiati nel Finale, con l'appoggio delle galee e delle soldatesche del principe Giovanni Andrea Doria.

Tra le varie operazioni, il 25 apr. 1575, al D. e a Paolo Giustiniani venne affidato l'incarico di recarsi con una galea del principe Doria a Savona, a prendere possesso dalle manì del podestà della fortezza e del porto, per impedire l'attracco alle navi del partito avversario. Il D. e il collega, che sostituivano i commissari Michele Spinola e Francesco Grillo, erano sollecitati a sospettare anche dei loro predecessori, presenti a Savona dal 3 sett. 1574.

Dopo la fine della guerra civile, il D. probabilmente continuò la carriera militare, seguendo il cursus tradizionale di molti giovani del patriziato; di certo, il 13 luglio 1583 fu ascritto alla magistratura dei Trenta capitani, istituita dal governo "pro custodia civitatis". Dopo un episodico incarico diplomatico-protocollare (fu prescelto per andare incontro alla regina di Danimarca che veniva a imbarcarsi a Genova), la carriera politica del D. si fece più intensa tra la fine del secolo e l'inizio del successivo, in concomitanza con gli anni della stretta autoritaria cui il governo genovese era pervenuto nel tentativo di mantenere a ogni costo l'ordine interno. Il 20sett. 1593 il D. venne inviato nuovamente a Savona, questa volta con Stefano Pallavicini. per controllare la situazione della fortezza. Nel 1596 fu destinato al magistrato delle Triremi, incaricato della costruzione e conservazione delle navi. Nel 1600 venne assegnato al D. un importante incarico diplomatico a Vienna per discutere una causa ormai perduta: quella del marchesato del Finale che il duca Sforza Andrea Del Carretto aveva venduto il 16 maggio 1598 alla Spagna.

A sostituire il precedente ambasciatore Antoniotto Cattaneo erano stati nominati prima Arrigo Salvago e poi Andrea Spinola, ma avevano entrambi declinato l'incafico; il D. invece accettò e partì, con la qualifica di agente, nel febbraio 1600. Nonostante la diligente difesa degli interessi della Repubblica, non poté far nulla per modificare una situazione ormai definita e tornò a Genova nel settembre dello stesso anno.

Al principio del 1604 il D. fu eletto al magistrato degli Straordinari, con funzioni amministrativo-giudiziarie, e l'anno dopo a quello dei Cambi, con eguale funzione, ovviamente per le cause specifiche. Nel corso del 1606 fu eletto tra i cinque patrizi componenti la magistratura recentemente riformata dei Conservatori del mare; quindi, nei due anni seguenti, fu sindicatore del capitanato e della giurisdizione della Valpolcevera e del Bisagno.

Sembra poco probabile che. l'Ambrogi o Doria finito in prigione nel 1608 per aver preso la parola senza autorizzazione in Minor Consiglio contro una proposta dei Collegi possa coincidere con quell'uomo d'ordine che appare il D., anche se in questo periodo diversi nobili "insospettabili" incorsero in analogo incidente.

Di certo, l'11 giugno 1609, il nome del D. fu estratto tra quello dei senatori ed egli venne ascritto per due anni al Collegio dei procuratori. In tale carica, oltre al disbrigo dei consueti affari di Stato, ebbe l'incombenza delle nuove ascrizioni alla nobiltà. Nel 1610 assunse anche la direzione della lotta al banditismo, sostituendo nell'incarico Giorgio Centurione e avendo come collega Bernardo Clavarezza Cibo. Ancora col Clavarezza nel 1611 venne prescelto tra i consultori sugli affari della Germania, che di tanto in tanto si radunavano sotto la presidenza del doge; inoltre fu ancora addetto al magistrato degli Straordinari. Dopo aver espletato nel 1613 l'ufficio di provvisore dell'Olio, venne eletto nel 1614 alla prestigiosa carica di sindicatore supremo, cui toccava giudicare l'operato del doge e dei Collegi. Fu quindi magistrato dell'Annona nel 1616 e ai Cambi nel 1618. Nel corso di questi ultimi anni il D. era entrato più volte a far parte della rosa dei sei candidati al dogato, senza mai essere eletto (gli furono preferiti, di volta in volta, Agostino Pinelli, Tomaso Spinola, lo stesso Clavarezza) a causa o della prassi tacitamente seguita della alternanza dei dogi (uno di parte "vecchia" e uno di parte "nuova", anche dopo la riforma legislativa del '76) o delle ostilità che egli personalmente, o comunque la sua parte politica, incontrava nel gioco di governo. Ma la sua elezione a doge, il 4 maggio 1621, avvenne molto rapidamente e con larga maggioranza. Il D. tuttavia non riuscì neppure ad arrivare alla cerimonia dell'incoronazione: colpito da ictus cerebrale, morì a Genova il 12 giugno 1621.

Quindici giorni prima aveva presenziato alla sua unica cerimonia pubblica: le solenni onoranze funebri per Filippo III. Il corpo del D. venne imbalsamato e, dopo funerali solenni (la messa fu celebrata dall'arcivescovo e l'orazione pronunciata da un dotto medico, Benedetto Riccardi), fu sepolto nella chiesa del Gesù. Aveva sposato Gerolama Centurione di Cristoforo, dalla quale ebbe un unico figlio maschio, Paolo Francesco, e due femmine: Maria, poi sposa di Agostino Spinola, e Paola, sposata a Francesco Lomellini. Il figlio, senatore nel 1651, ebbe da Artemisia Serra numerosa prole.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, Instruct. et relat., Arch. segr. 2707 D n. 72; 2707 G n. 73; Genova, Bibl. civ. Berio, m.r. X, 2, 168: L. Della Cella, Famiglie di Genova, II, c. 55; A. Cebà, Il Doria ovvero dell'orazione panegirica. Dialogo al Senato e popolo genovese, Genova 1621; F. Casoni, Annali della Repubblica di Genova, Genova 1800, V, pp. 20 s.; N. Battilana, Genealogie delle famiglie nobili di Genova, Genova 1825, I, p. 55; B. Pescetto, Biografia medica ligure, Genova 1846, p. 200; A. Roccatagliata, Annali della Repubblicadi Genova, Genova 1873, p. 82; F. Poggi, Le guerre civili di Genova, in Atti d. Soc. ligure di st. patria, LIV (1930), p. 104; L. M. Levati, Dogi biennali, Genova 1930, I, pp. 397-402; II, p. 469 (con bibl.); V. Vitale, Diplomatici e consoli della Repubblica di Genova, in Atti d. Soc. ligure di st. patria, LXIII (1934), p. 113, G. Guelfi Camajani, Il Liber nobilitatis Genuensis, Firenze 1965, p. 160; C. Costantini, La Repubblica di Genova nell'età moderna, Torino 1978, p. 214; V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, II, p. 625.

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