AMBROGIO da Fossano, detto il Bergognone

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 2 (1960)

AMBROGIO da Fossano (A. di Stefano), detto il Bergognone

Angela Ottino Della Chiesa

Le notizie su A. vanno dal 1481 al 1522. Figura per la prima volta nella matricola dei pittori milanesi del 1481, poi in documenti dal 1482 al 1512. Sicuramente attivo, per tali documenti e per date su dipinti, dal 1488 al 1494 alla Certosa di Pavia, nel 1495 a Milano, nel 1498-1500 a Lodi (affreschi distrutti nell'abside dell'Incoronata). Sono del 1508 il polittico di Santo Spirito a Bergamo, del 1510 le tavole dell'Incoronata a Lodi, del 1522 il polittico di Nerviano, ora a Brera, ultima opera datata. In tale carenza di dati biografici, lo si suppone nato, in base alla matricola del 1481, tra il 1451 e il 1456, e ancora si discute sul luogo di nascita (Milano per il Beltrami, Fossano per il Sacchi), sul casato (Fossano, Bergognone), sul soprannome (Brecognone, Bergognone, Borgognone), sulle origini. È comunque pacifico l'ambiente esclusivamente lombardo della sua formazione, del suo mondo poetico, della sua arte.

Fondamentale fu per A. la lezione del Foppa. Tra i due corre all'incirca l'età di una generazione, e vi furono quasi certamente rapporti di alunnato diretto, anche se può dirsi che le conquiste plastiche, formali, prospettiche del grande bresciano non furono veramente comprese e assimilate da Ambrogio. Col tempo le contemporanee opere dei due maestri divergono sempre più come atmosfera e spirito, e profondamente diversa risulta l'intuizione luministica delle forme.

Accanto alla tradizione lombarda e alla lezione foppesca sono palesi influenze fiamminghe e franco-borgognone, a lui giunte col peregrinare degli artisti (Zanetto Bugatto, Antonello da Messina, Rogier. van der Weyden, Petrus Christus, ecc.), e soprattutto con la miniatura. Di queste influenze vicine o lontane nello spazio e nel tempo, mediate o dirette, sarà possibile dire utilmente quando saranno meglio chiariti i rapporti e gli scambi reciproci tra Lombardia, Piemonte e Liguria da una parte, Borgogna, Île-de-France, Reno dall'altra, e l'"ouvrage de Lombardie" dalle lontane origini al rigoglioso fiorire, specie per gli apporti dati e ricevuti, avrà trovato il suo storico. Nell'ultima parte della vita e dell'attività di A., la suggestione leonardesca rimasta affatto in superficie, in uno sforzo saltuario di segno grafico diverso e non sentito, indebolisce se mai e disperde l'intima poesia della sua arte in quanto essa ha di particolare.

Le Sacre Conversazioni dell'Ambrosiana (n. 23) e di Arona (chiesa dei SS. Gratiniano e Felino), dipinte tra il 1480 e il 1485 per un unico committente che vi compare in effigie, aprono la serie delle opere. Pale di dimensioni e di fattura impegnative, che Adolfo Venturi trovava calligrafiche, di stentato ritmo, grosse teste e corpi legnosi, si rifanno alla monumentalità e severità del Foppa ligure e assommano a queste suggestioni, contaminandole senza peraltro dominarle del tutto, quelle del Moretto e del Bembo, di Belbello e di G. A. De Predis. Il tutto è meglio scandito nella registrata armonia della pala dell'Ambrosiana, che dovrebbe essere la prima, ricca di calde e melodiche scale cromatiche di personale inconfondibile impronta. Di tale tempo è pure la Deposizione di Budapest (Museo di Belle Arti, n. 112) riecheggiante precedenti famosi, aperta al centro, tra due quinte di monti e di folla un po' statica, verso un mosso panorama, il primo di vasti orizzonti sotto il respiro ampio del cielo. È il preannuncio di quello stile bergognonesco che, ancora inceppato e pur già efficace, si palesa nella piccola Pietà Cagnola (Gazzada), ove è in nuce tutto A. nella struggente e contenuta devozione dei personaggi, nel penetrante lirismo degli angoli di paese nuovissimi e commossi, nella tavolozza trascorrente di grigi argento, marroni e morbidi ori. Corona di contriti angeli bembeschi a sorreggere un Cristo di addolcito sapore fiammingo, ostensione ingenuamente additiva degli strumenti della Passione e, sul fondo, il profilo incerto di monti, torri, tetti e campanili nel tramonto violetto in un cielo striato di nubi. Conquista immediata, culmine lirico di un sentire commosso che si è fatto pura pittura. Si vorrebbe questa Pietà antecedente alle pale sopra viste e primo incunabolo del Bergognone, ma secondo noi timidità e incertezze sono meglio spiegate, nelle piccole dimensioni della tavola, dalle difficoltà di un nuovo altissimo esprimersi, dalle ricerche di un proprio linguaggio e stile. Contemporanea, se pur diversissima, la Madonna Poldi Pezzoli (n. 640) ove è come un'eco del Giambellino nel monumentale e dolce comporre.

Coi lavori per la Certosa di Pavia, in luogo o dispersi, e con quelli che parallelamente dipinge a Milano e altrove sino al cadere del secolo, entriamo nella maturità dell'artista, nella cosiddetta maniera grigia. Vi si allineano opere famose. Anzitutto la Crocifissione della Certosa datata 1490, ove gli angeli sanno ancora del Bembo, la Maddalena ha ricordi lombardo-liguri, il paesaggio in più sicuri piani echeggia la Deposizione di Budapest, mentre l'artista compiutamente si rivela nel gruppo delle tre Marie e nell'anatomia del Cristo egualmente commossi. Le pale di S. Siro e S. Ambrogio, pure alla Certosa, documentano di quale ampio ritmo e misura fosse capace il Bergognone senza tradire la sua musa. Altrettanto significativi sono gli affreschi con la Vergine adorante, Gian Galeazzo che offre la chiesa, la Madonna del tappeto, l'Incoronazione, come pure quelli minori, non ancora equamente valorizzati, con le smaglianti campiture e l'aulico ritmo a rivelare un fermo e cifrato impianto decorativo, una stesura figurale di oratoria evidenza che non ci si aspetterebbe in un pittore giustamente celebre per piccole opere cariche di pathos religioso e per trepide, affettuose e a lor modo anch'esse devote notazioni dal vero.

Perché più che le grandi pale e i luminosi affreschi, più che le Vergini in trono e le sacre conversazioni e i santi campeggianti da nicchie e fondi di paese, sono i quadretti certosini, sono le Madonne immerse in familiari atmosfere, sono le tavolette delle predelle che fanno universalmente noto il nome del Bergognone: dalla Madonna Lochis (Bergamo, Acc. Carrara, n. 289) che, agli inizi di questo periodo, respirante nell'impianto arcaistico, prospetta in un cortile di fattoria fatto classico di luce stupefatta e ferma nella pace meridiana, alla Madonna del Beato Maconi (Brera n. 259) alitata di religioso pudore; dai pannelli coi fatti di s. Ambrogio a quelli coi fatti di s. Benedetto, già predelle di pale alla Certosa, oggi dispersi nei musei d'Europa (v. elenco di opere in fondo alla voce), ove la narrazione, ora asciutta e riposata, ora lirica e mitica, raggiunge accenti e raffinatezze cromatiche e lineari e una ambientale temperie che possono ben dirsi il culmine della scuola pittorica padana del Quattrocento.

Nelle Pietà e nei santi isolati, lo struggente misticismo, la fervorosa religiosità e le tipiche figure del Bergognone variamente si estrinsecano o si ripetono, mentre la sua lirica più spontanea meglio si abbandona, come sempre, nelle notazioni dei secondi piani, per lo più paesaggi ove il dato naturale è ricreato, in una prospettiva a occhio, dai tocchi del leggerissimo pennello che, come nelle predelle, crea la cosa e l'atmosfera, lo spazio e il luminoso pulviscolo che lo anima, il personaggio e il suo intimo moto. I larghi e lirici piani del paesaggio foppesco sommati alle minute notazioni dal vero dei miniatori lombardi e degli analitici pittori fiamminghi trovano la loro sintesi nella nuova poetica del Bergognone.

Uscito da questo periodo, agli albori del Cinquecento, l'estro dell'artista sembra spegnersi in una serie di opere, impeccabili all'apparenza, ove subentra scialba la maniera e la cifra. Ma tosto si riprende nella serena contemplazione, nei casti toni e nella tersa atmosfera invernale del lirico Battesimo di Cristo nella Parrocchiale di Melegnano (1506), per culminare nella Incoronazione della Vergine nel catino abissale di S. Simpliciano a Milano, opera altissima ove dietro una robusta folla di monumentali santi e devoti si alza a mandorla una fitta e scattante schiera di multicolori angeli musici a circondare nella volta del cielo il mistico triangolo dei protagonisti. Lo riteniamo il più alto affresco di A., che bene afferma la ricuperata valentia anche nella pala di Santo Spirito a Bergamo con la Discesa dello Spirito Santo, nei Santi Sebastiano e Rocco della raccolta Gallarati Scotti a Milano, e soprattutto nel supremo S. Quirino della Acc. Carrara a Bergamo (n. 336), nobile portentoso accordo "tra oro e tabacco biondo".

Siamo così alle quattro tavole dell'Incoronata di Lodi che hanno il loro posto qui, nel 1510 circa, e sono l'espressione più ricca dell'arte nobilmente contegnosa di Ambrogio. Specie nella Annunciazione e nella Presentazione al tempio, solennità di ritmi, ricchezza di materia, misurata gravità di protagonisti e felicità di toni si fondono in un complesso di così alta poesia e nel contempo aulica e sonora da trascendere gli scopi di parata che il sontuosissimo scrigno della chiesa aveva suggerito. Sembra a qualche critico autorevole che la Visitazione e l'Adorazione dei Magi non siano al livello delle due prime tavole.

Noi pensiamo che l'atmosfera più dispersa di queste due scene che si svolgono all'aperto non basti a giustificare quelle riserve.

Il vero Bergognone si arresta a queste pagine dipinte presumibilmente sui sessant'anni. Dopo è, lenta, la fine della creazione. Permane il dignitoso mestiere sempre più stanco, di cui esempio tipico è appunto quella Assunzione della Vergine di Nerviano (ora a Brera n. 308) già ricordata come l'ultima opera datata (1522).

Altre opere: Amsterdam, Rijksmuseum: Madonna col Bambino (759 D 1); Basilea, Kunstmuseum: Nascita di S. Ambrogio (Il miracolo delle api); Bergamo, Accademia Carrara: S. Ambrogio e l'imperatore Teodosio (288); S. Giovanni Evangelista (290); S. Paolo (291); Madonna col Bambino (292); S. Giovanni Evangelista (542); Santa Marta (543); Pietà (334); Berlino, Staatliche Museen: Madonna an trono tra i santi Ambrogio e Giovanni Battista (52); Busto Arsizio, raccolta arch. Paolo Candiani: Madonna col Bambino e Santi; Certosa di Pavia, chiesa: affresco con la Vergine e angeli adoranti il Bambino; Gli Evangelisti e i Dottori della Chiesa (parti di polittico; 1492-94); Certosa di Pavia, Museo: i Santi Agostino, Pietro e Paolo; Firenze, collezione Berenson: Madonna e angeli adoranti il Bambino; Madonna col Bambino; Isolabella, raccolta del principe Vitaliano Borromeo: Il Salvatore; Londra, National Gallery: Madonna col Bambino e due angeli (1077); Madonna col Bambino, S. Caterina da Siena e S. Caterina d'Alessandria (298); Madonna col Bambino (1410); Agonia nell'orto (1077 B); Cristo portacroce (1077 A); Milano, Ambrosiana: S. Elisabetta e S. Francesco; S. Pietro e S. Cristoforo; Milano, Brera: affreschi con figure di Sante e S. Rocco,1495 (22-23-24); affresco con la Vergine incoronata dagli angeli (25); Madonna col Bambino dormiente (783); Ecce Homo (721); i Santi Gerolamo, Ambrogio e Caterina e il Redentore morto nella lunetta (258); S. Rocco che addita la Vergine (257); Milano, Civico Museo del Castello Sforzesco: Cristo sul sepolcro tra due angeli (1118); Elemosina di S. Benedetto; S. Girolamo (341); S. Rocco (448); Milano, Museo Poldi Pezzoli: S. Caterina d'Alessandria (474); Milano, Basilica di S. Ambrogio: affresco con Cristo tra due angeli; Cristo tra i Dottori; Milano, Chiesa di S. Eustorgio: Madonna e Santi; Milano, Chiesa di S. Maria dei Miracoli: Natività; Milano, Chiesa di Santa Maria della Passione: Redentore con gli apostoli; affreschi con Dignitari olivetani (lunette) e santi (sagrestia); Milano, Chiesa di San Pietro in Gessate: affresco con i Funerali di S. Martino; Milano, raccolta del conte Federico Borromeo: Madonna del roseto; Milano, raccolta del conte Vittorio Emanuele Borromeo: Salvator Mundi (parte di politt); Madonna che allatta (parte di politt.: 1492-94); Milano, raccolta del duca Tommaso Gallarati Scotti: Madonna col Bambino; Milano, raccolta Rasini: Cristo risorto; Nantes, Museo: Miracolo di S. Benedetto; Tentazione di S. Benedetto; New York, Metropolitan Museum: Assunzione della Vergine (27.39.1); I dodici apostoli (27.39.2-13); New York (Long Island), raccolta Suida: S. Pietro e S. Giovanni; Pavia, Museo Civico: Cristo portacroce e nove monaci certosini, 1494; Parigi, Louvre: Presentazione al tempio (1181); S. Pietro martire e donatrice (1182); S. Agostino e donatore (1182 A); Philadelphia, Museo: S. Maria Maddalena (259); Pittsburgh, Museo: Trittico con la Madonna e i Santi Paolo e Giovanni Evangelista; Poznań, collez. Raczynski: Madonna; i Santi Cristoforo e Giorgio; Richmond, collez. Cook: Crocifissione; Torino, Galleria Sabauda: Consacrazione di Agostino; Predica di S. Ambrogio; Madonna col Bambino; Madonna col Bambino e monaco certosino ; Washington, National Gallery of Art (coll. Kress): Cristo risorto; Würzburg, Museo: Madonna e angeli adoranti il Bambino.

Ebbe talora a collaboratore (alla Certosa di Pavia intorno al 1494; all'Incoronata di Lodi nel 1498) il fratello minore Bernardino, detto anch'egli Bergognone, ricordato negli annali del duomo di Milano tra il 1517 e il 1518; l'unica sua opera certa è il S. Rocco a Brera, firmata e datata 1523.

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