ALTICHIERO

Enciclopedia Italiana (1929)

ALTICHIERO

Luigi Coletti

. Pittore, nacque da un Domenico a Zevio presso Verona. Si hanno notizie di lui e della sua attività solo fra il 1369 e il 1384. Nel 1379 riceve ducati 792 a saldo dei lavori nella cappella di S. Giacomo, ora S. Felice, eretta da Bonifazio de' Lupi nella chiesa del Santo in Padova. È questo il punto di partenza per la determinazione della sua opera, in gran parte commista a quella di Avanzo, il quale firmava una storia di S. Lucia nella cappella di S. Giorgio presso il Santo a Padova, eretta a spese di Raimondino de' Lupi, fratello di Bonifazio. Questa mescolanza dell'opera dei due artisti ha ingenerato confusione negli storici - p. es. M. Savonarola (Libellus de ornamentis Paduae, in Rerum Italicarum Scriptores, Città di Castello 1902, XXIV, xv, p. 45) attribuisce al solo Avanzo la cappella di S. Felice e al solo A. quella di S. Giorgio - e incertezze nei critici. La cappella di S. Felice è decorata nelle lunette con storia della vita e miracoli di S. Giorgio Maggiore che continuano nella parete orientale. Nella parete di fondo domina la grande Crocefissione scompartita da tre arcate. Nella cappella di S. Giorgio sono rappresentate, in due serie sovrapposte, sul fondo la Crocefissione e l'Incoronazione, sulla parete anteriore storie dell'infanzia del Signore; nei lati storia dei santi Giorgio, Caterina e Lucia, oltre a un grande quadro votivo della famiglia Lupi.

Secondo lo Schubring, A. avrebbe cominciato a dipingere a S. Felice; sarebbe poi passato a S. Giorgio dipingendovi la parte superiore; alla morte di Raimondino (1379) sarebbe ritornato a S. Felice, e vi avrebbe dipinto, con altre cose minori, la Crocefissione. Avanzo, suo scolaro, avrebbe affrescato la parete orientale e avrebbe poi compiuto la decorazione di S. Giorgio, con le scene della zona inferiore. Secondo il Venturi apparterrebbero ad Altichiero: a S. Felice la Crocefissione; a S. Giorgio l'affresco votivo, le storie di S. Caterina, le tre prime e la sesta storia di S. Giorgio, la I, II, III storia di S. Lucia, l'Incoronazione e la Purificazione Secondo il Moschetti: a S. Felice la Crocefissione, la Risurrezione e l'affresco votivo; a S. Giorgio l'affresco votivo, l'Incoronazione, la I storia di S. Giorgio, la I e II di S. Caterina, la III di S. Lucia. La II e III storia di S. Giorgio, la III e IV di S. Caterina e quelle dell'infanzia di Cristo sarebbero invece dovute alla collaborazione di Altichiero e di Avanzo. In verità questa collaborazione è tanto intima che arduo è lo scindere le due personalità. Né mancano altri collaboratori, tra i quali forse quel Sebeto ricordato dal Vasari. Si tratta di una compagnia di pittori affini, che dipingono prima la cappella di S. Felice (ad eccezione di alcune lunette), poi quella di S. Giorgio. A S. Felice, principale artista e guida degli altri è A., al quale, non senza l'aiuto di Avanzo, appartiene la Crocefissione, il suo capolavoro. Le altre parti sono opera probabilmente di aiuti, i quali si ritrovano a S. Giorgio; ma qui l'artista preminente ed influente diviene Avanzo, mentre, secondo noi, è assai difficile scorgervi la diretta partecipazione di A. Vi collaborano scolari di A. che ne continuano la tecnica raffinata, ma gli restano molto inferiori per altezza spirituale e per efficacia espressiva, specie al confronto del rude ma vivacissimo Avanzo. Si ritengono opere di A. gli affreschi della tomba Dotto agli Eremitani di Padova, e quello, bellissimo, della tomba Cavalli a S. Anastasia di Verona (1390). Gli sono stati attribuiti anche, non senza ragione, alcuni frammenti da poco apparsi nel Castelvecchio di Verona, probabilmente lavori giovanili. Perduti sono gli affreschi che, secondo il Vasari, A. avrebbe dipinto nella reggia scaligera e nel palazzo Serenghi a Verona, o piuttosto, poiché pare che il Vasari confonda, a Padova nella reggia carrarese e nel palazzo di Lombardo della Seta. Assai dubbio è che gli appartengano i disegni attribuitigli dallo Schlosser (Uffizî e Louvre).

L'arte di A. si richiama, in largo senso, all'idealità senese che raffina il vero in una visione di soave leggiadria. Ma alla vita egli guarda con attento acume e la rappresenta con nobiltà e scioltezza di composizione, con ampio senso spaziale, con bella inventiva architettonica, con squisita morbidezza di modellato e sottilità di segno, con un prezioso languore di colorito tutto particolare.

Di questa tendenza, nettamente contrapposta alla giottesca, e nella quale egli si trova a contatto da un lato con Tomaso da Modena di cui conobbe certo le opere trevigiane, dall'altro coi frescanti di Mochirolo e di Lentate, A. è l'ultimo elettissimo fiore del Trecento, e l'arte sua diffonde influssi tanto largamente che un suo immediato seguace affresea una Madonna in S. Stefano di Vienna, e tanto durevolmente che echi ancor chiari e vivaci se ne trovano nell'opera del Pisanello. Altri, invece, vede nell'arte dell'A. il più legittimo riaffermarsi dei concetti di Giotto, rispetto alla rappresentazione plastica e spaziale nonché all'intuizione psicologica, se pure complicati di elementi nuovi. V. tavv. CXXXVII, CXXXVIII.

Bibl.: P. Schubring, A. u. seine Schule, Lipsia 1898; id., in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, i, Lipsia 1907 (con la bibl. precedente); G. Gerola, Questioni storiche d'arte veronese, Verona 1908; id., Alcune considerazioni intorno al pittore Avanzo, Padova 1909; L. Testi, La storia della pittura veneziana, I, Bergamo 1909; A. Moschetti, Padova, Bergamo 1912; P. Tosca, La pittura e la miniatura in Lombardia, Milano 1912; F. Filippini, G. Avanzi pittore bolognese del '300, Bologna 1912; E. Sandberg Vavalà, La pittura veronese, Verona 1926; P. Toesca, La pittura fiorentina del Trecento, Bologna 1929.

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