DA SCHIO, Almerico

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 33 (1987)

DA SCHIO, Almerico

Umberto D'Aquino

Nacque a Costozza di Longare (Vicenza) il 25 nov. 1836 dal conte Giovanni e da Maria Calvi. Completati gli studi medi a Vicenza, dopo un periodo passato a Venezia e interrotto nel 1848 per le vicende belliche, si iscrisse nel 1855 alla facoltà di giuásprudenza a Padova, conseguendo la laurea nel 1860.

Nel 1865, dopo qualche anno di professione legale svolta senza entusiasmo e dopo aver frequentato assiduamente l'osservatorio astronomico di Padova ed essersi dedicato a studi matematici, divenne direttore dell'osservatorio meteorologico dell'Accademia Olimpica di Vicenza, carica che tenne fino al 1918. In questa veste organizzò nel Veneto, Trentino ed Emilia una serie di stazioni meteorologiche per rilevazioni termiche, udometriche, fenologiche e per lo studio della radiazione solare. La cospicua e importante serie di dati di queste stazioni fu da lui raccolta e consegnata nel 1890 a Roma all'Ufficio centrale meteorologico.

Dopo aver partecipato nel 1866 alla terza guerra d'indipendenza, divenne nel 1868 consigliere comunale di Schio: salvo brevi interruzioni, fece parte dell'amministrazione comunale della città, anche con incarichi di assessore, fino al 1911. Da segnalare, in questo periodo, il notevole contributo dato dal D. alla preparazione del progetto e all'esecuzione dei lavori dell'acquedotto di Schio, inaugurato nel giugno del 1871. Nel 1869 fu eletto consigliere comunale di Vicenza: tenne anche questa carica per un lungo periodo, fino al 1909, diventando più volte assessore. Dal 1905 al 1920 fu anche membro e, per alcuni periodi vicepresidente, del Consiglio provinciale di Vicenza, eletto nella circoscrizione di Schio. Nel 1874 fondò a Vicenza il locale Circolo alpino, che divenne, l'anno successivo, sezione del Club alpino italiano. Si occupò dell'acquedotto di Vicenza, ultimandone il progetto nel 1889, dopo aver superato una serie di difficoltà sorte con altri tecnici per divergenze sul tracciato: i lavori di costruzione, iniziati subito dopo, furono diretti dall'ing. L. Carli di Verona, che riconobbe nel D. il principale artefice del progetto.

L'interesse per i problemi aeronautici risale al 1884, allorché il sen. F. Lampertico, per conto del ministero della Pubblica Istruzione, lo pregò di esprimere un giudizio sull'aeronave progettata dal professore di matematica vicentino P. Cordenons. Dopo aver dato parere favorevole al progetto, il D. si mise in contatto col Cordenons e seguì con interesse le sue ricerche. Morto il Cordenons nel 1886, il D. cominciò a collaborare coi fratello del professore vicentino, Federico, per la realizzazione del progetto.

Il modello di aeronave progettato da F. Cordenons, elaborando gli studi del fratello, prevedeva un grosso pallone di forma cilindrica con estremità appuntite, da cui pendeva una navicella sorretta da corde, con un'elica mossa da motore per lo spostamento. Poiché a quei tempi era praticamente impossibile reperire sul mercato un motore nello stesso tempo leggero e di potenza sufficiente, il D. fondò nel 1888 la Società vicentina per l'esperimento del motore leggero Cordenons. Nel 1891 il D. presentò il progetto di aeronave di F. Cordenons, cui aveva collaborato, al ministero della Guerra; la commissione esaminatrice espresse parere favorevole, ma subordinò il finanziamento ad una serie di adempimenti impossibili da rispettarsi.

Per nulla scoraggiato, il D. si impegnò a rendere noto il progetto dell'aeronave ad autorità ed appassionati, fino a che riuscì ad ottenere un finanziamento complessivo di 6.000 lire dai reali d'Italia e dai ministeri della Guerra, della Marina e della Pubblica Istruzione. Nel 1895 F. Cordenons, dopo molti infruttuosi tentativi, rinunciò a portare avanti la realizzazione del progetto. Il D., che non aveva mancato di divulgare i progressi compiuti nella realizzazione, dell'aeronave (cfr. L'aeronave Cordenons, in Atti del R. Ist. veneto di lettere, scienze e arti, s. 6, VI [1888], pp. 1356-64; Aeronave Cordenons, ultimi risultati, in Corriere della sera, 1920 sett. 1892), senza perdersi d'animo, costituì l'Associazione in partecipazione per la costruzione e l'eventuale esercizio della prima aeronave. Senza trascurare di tenersi aggiornato sugli ultimi progressi compiuti nella progettazione delle aeronavi dagli altri paesi europei, il D. iniziò così la costruzione a Schio, in un cantiere appositamente attrezzato. Nel 1902 finalmente, dopo molte insistenze, ottenne l'appoggio della brigata specialisti del genio, che distaccò presso il cantiere il ten. E. Cianetti, con l'incarico di coordinare i lavori e fornire assistenza nella confezione dell'involucro e del rivestimento dell'aeronave (tutto il materiale era stato acquistato con i fondi della società del Da Schio). Il giorno 17 giugno 1905 l'aeronave, denominata "Italia" per espressa volontà del realizzatore, venne innalzata nel cielo di Schio con a bordo il D., il Cianetti e un ineccanico, per una serie di voli di prova; il volo inaugurale fu fatto il 21 dello stesso mese.

L'aeronave "Italia" era essenzialmente composta da un grosso involucro a forma di fuso, lungo 37,5 m, appuntito a poppa e a prua, avente una cubatura di circa 1.200 m3 e da una navicella lunga 17,5 m., appesa con corde di seta ad una gualdrappa di tela che abbracciava la parte superiore dell'involucro. A prua recava l'elica (a due pale, diametro 2,8 m) e il motore (un Buchet da 12 cv), a poppa il timone di direzione. Le importanti innovazioni introdotte dal D., che differenziavano questa aeronave da quelle progettate dai fratelli Cordenons, erano costituite dalla carena elastica e dagli aeropiani: la prima, ottenuta disponendo strisce di caucciù nella parte inferiore dell'involucro in senso longitudinale, consentiva di assorbire le variazioni di volume, eliminando il serbatoio supplementare (detto ballonet) e diminuendo così la resistenza al moto; i secondi erano due superfici alari in tela e legno da 10 m2 ciascuna, poste una avanti e l'altra dietro la navicella, capaci di variare l'inclinazione sull'orizzonte e tali quindi da favorire i cambiamenti di quota (cfr., del D., Verso la prima aeronave, Vicenza 1904; Dell'aeronave Italia, Schio 1905; Intorno alle esperienze dell'aeronave Italia, in Boll. d. Soc. aeron. ital., 11 [1905], pp. 167 s.).

Negli anni successivi l'"Italia" fece altri voli, ogni volta cambiando motore (che, come si è detto, rappresentava il problema di più difficile soluzione), fino a che, nel 1909, si fracassò al suolo in un brusco atterraggio.

Il D. allora, nonostante avesse superato la settantina, si rimise al lavoro pieno di idee e di energie, delineando una nuova aeronave, l'"Italia bis", che avrebbe dovuto utilizzare la esperienze fatte. Non gli fu tuttavia possibile iniziare la costruzione per mancanza di finanziamenti (la prima aeronave era costata 170.000 lire, di cui 100.000 pagate dallo stesso D.), anche se il progetto da lui messo a punto, elaborando quello precedente, era di notevole interesse.

Esso prevedeva un tipo di aeronave "dinamostatica", nella quale il sostentamento sarebbe avvenuto in virtù della spinta statica del pallone e di quella dinamica dell'aria sugli aeropiani (cfr. A. Da Schio, L'aeronave dinamostatica, Venezia 1916). Già fin dall'anno 1889, in un discorso tenuto alla Accademia Olimpica di Vicenza, il D., precorrendo i tempi, aveva sostenuto che il traguardo finale del dirigibile sarebbe dovuto essere l'aeropiano, da lui definito come un mezzo che avrebbe dovuto mantenersi sollevato "per impulso proprio e per reazione dell'aria circostante, come un cervo volante"; tale convinzione venne anche ribadita in un articolo pubblicato sul quotidiano Provincia di Vicenza (4 nov. 1894), dal titolo L'aeronave: in esso, parlando dello sviluppo del progetto dell'aeronave Cordenons, affermò la necessità dell'uso, per la propulsione, dell'elica mossa da motore, ritenendola obbligatoria fase di passaggio verso l'aeropiano, che avrebbe dovuto sostenersi e muoversi senza pallone.

Gli appunti del D. sulla navigazione aerea, riportati su quasi 2.900 pagine di quaderno, abbracciano un periodo di tempo che va dal 1897 al 1922 e terminano riconoscendo la superiorità dell'aeroplano sul dirigibile e prevedendo il suo affermarsi negli anni successivi (tali appunti sono ricordati dal D. nelle sue Memorie [Schio 1937] pubblicate a cura dei figli).

Il D. morì a Vicenza ultranovantenne il 28 nov. 1930.

Tra le principali cariche e onorificenze dei D. si ricordano: socio della Società geografica italiana dal 1868, membro dell'Accademia Olimpica di Vicenza dal 1861, membro della Società meteorologica italiana dal 1880, membro corrispondente del R., Istituto veneto di scienze, lettere e arti dal 1881e membro effettivo dal 1885, socio della Società sismologica italiana dal 1886, membro della Società geologica italiana dal 1892, socio corrispondente della Pontificia Accademia romana delle scienze dal 1892, membro dell'Accademia degli Agiati di Rovereto dal 1908, socio della Società belga di astronomia dal 1909, socio d'onore del R. Aero Club d'Italia dal 1925, medaglia d'oro per la meteorologia alla Esposizione di Torino del 1894, medaglia d'oro per l'aeronautica all'Esposizione internazionale di Milano del 1906.

Fonti e Bibl.: Necr. in Le Vie dell'aria, II (1930), 50, p. 3; L'Ala d'Italia, X (1931), 3, pp. 217 ss.; Corriere della sera, 15 dic. 1931, G. Boffito, L'aeronautica nelle città italiane, in Riv. aeron., IV (1928), 11, pp. 395-405; A. D., Vicenza 1937 (pubblicaz. in mem. del D. con scritti di vari); G. Pedace, L'aeronave Italia e A. D., Roma 1955 (commemoraz. tenuta a Schio il 19 giugno 1955, nel 500 dei primo volo dell'"Italia"). Si ringrazia inoltre la Fondazione Caproni di Roma per la documentazione gentilmente fornita.

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