Almeria

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1991)

Almeria

A. Caruso

Almería (arabo Mariyyat al-Bajjāna, al-Mariyya)

Città della Spagna meridionale, capoluogo della prov. omonima, sorge in una ristretta pianura alluvionale chiusa per tre lati da colline, mentre il quarto si affaccia sul Mediterraneo. Il nome arabo al-Mariyya - o anche la sua forma più antica Mariyyat al-Bajjāna 'la torre di guardia di Pechina', la vecchia capitale della prov. più orientale dell'Andalusia - secondo Yāqūt (sec. 13°) potrebbe derivare sia dal verbo ra'a 'vedere', da cui alMariyya 'la visibile', sia dal verbo mari'a 'essere valoroso, salubre', da cui al-Marī'a 'la valorosa, la salubre' (Yāqūt, Kitāb Mu^jam al-buldān, IV, p. 517).

Conquistata dai Cartaginesi nel 238 a.C., occupata dai Romani dal sec. 3° a.C. al 4° d.C., probabilmente devastata dai Bizantini (sec. 6°), la città ebbe un notevole sviluppo urbano e commerciale durante la lunga dominazione musulmana (secc. 8°-15°), interrotta per un solo decennio (1147-1157) dal re Alfonso VII di Castiglia. Nel corso dei secc. 10° e 11°, A. divenne un importante scalo marittimo per i traffici con l'Oriente e assunse, inoltre, la struttura caratteristica delle città ispano-musulmane. Il suo nucleo centrale, la madīna, era l'area urbana fortificata, la quale comprendeva la Grande moschea (al-jāmi'a), il mercato coperto (al-qayṣārīyya), numerosi depositi di merci straniere che ivi erano vendute (al-fanādiq), bagni e mercati permanenti. La madīna era dotata di piazze e di strade che la collegavano con le porte principali della città. Le aree residenziali erano concentrate in strade molto strette che seguivano i livelli del terreno e le case avevano patios interni. La cittadella (al-qaṣaba, l'odierna alcazaba) che sovrastava la madīna da un'altura interna alle mura della città, conservava la forma tradizionale delle cittadelle musulmane, con una torre quadrata e mura nude all'esterno, ma di grande ricchezza decorativa interna. Fuori delle mura cittadine erano sorti nel sec. 11° numerosi sobborghi, limitati a E e a O da renai non molto profondi.

La Grande moschea, che nelle altre città ispano-musulmane si erge generalmente nel centro della madīna, per ragioni economiche fu costruita in prossimità del porto. La sua struttura primitiva, risalente agli ultimi anni del sec. 10°, presentava una sala di preghiera divisa in cinque navate. Sotto il regno del fatā amiride Khayrān (1012-1028), la crescita della popolazione rese necessario l'ampliamento della sala, la quale si arricchì di una navata per ciascuno dei suoi lati, eccetto quello della qibla che conservò il miḥrāb. Il breve dominio del re di Castiglia, l'occupazione almohade e, infine, la riconquista cristiana della città, causarono enormi danni all'edificio che, consacrato al culto cristiano, divenne chiesa cattedrale a partire dal 1492. Danneggiata da un violento terremoto nel 1522, la chiesa subì, nel corso del sec. 17°, profonde trasformazioni che la privarono di tutte le vestigia dell'antica struttura musulmana, a eccezione del miḥrāb che, occultato da aggiunte posteriori, conserva sbiaditi resti delle sue più antiche decorazioni policrome di stucco in nero, azzurro e rosso. Queste decorazioni furono coperte, in seguito, da un'altra sovrapposizione tipicamente almohade, che arricchì l'arco d'ingresso del miḥrāb di un'ornamentazione consistente in foglie o palmette lisce disposte a ventaglio e terminanti in piccole volute e aggiunse ai restanti cinque pannelli un arco floreale cieco di modesto risalto (Torres Balbás, 1953b, pp. 420-422). Modiglioni, frammenti di decorazione in stucco, un'iscrizione coranica in cufico su legno e motivi a fogliame sopravvivono tuttora nell'altare immediatamente adiacente a quello maggiore dal lato dell'evangelio.

L'esistenza in A. di altre moschee consacrate successivamente al culto cristiano è confermata da testimonianze testuali più che da rinvenimenti archeologici. Le chiese di San Pedro e Santiago (sec. 16°), nonché i santuari di San Juan Evangelista nella cittadella, di San Sebastián che, come quello di San Roque, fu costruito fuori delle mura della città, sorsero tutti sui siti di antiche moschee di dimensioni ridotte e di strutture architettoniche alquanto modeste.Più ricca è invece la documentazione relativa allo sviluppo delle arti minori nella città. A., che pur godeva di un porto molto attivo fin dal regno dell'omayyade ῾Abd al-Raḥmān I (756-788), divenne un ricco emporio di merci provenienti dall'Oriente allorché una via marittima diretta la collegò, agli inizi del sec. 12°, con Alessandria d'Egitto. L'importazione di porcellana di tipo cinese, in gran parte di fabbricazione egiziana, è confermata dalle ciotole rinvenute nella cittadella, mentre quella dei manufatti di vetro e di ceramica smaltata, nonché dei tessuti di provenienza orientale, introdusse nuove tecniche e stili. La fabbricazione del vetro, arte importata in Andalusia nella sua forma cinese inalterata, era costituita soprattutto da vetri tagliati o soffiati in stampi. I recipienti di vetro venivano soffiati in A. su imitazione dei manufatti orientali, così come vi venivano eseguite le tecniche di indurimento e di colorazione del vetro, anch'esse d'ispirazione orientale. Quanto ai tessuti, la città eccelleva nella produzione delle stoffe di seta (ṭirāz) di stile orientale, attività che si intensificò soprattutto nel 12° secolo. Particolarmente pregiati, per la complessità dei disegni geometrici, erano i tessuti di stile persiano (jurjānī, iṣfahānī, tushtārī), la cui fama e la cui imitazione determinarono la diffusione del telaio provvisto di numerosi licci che servivano alla realizzazione di tali modelli.

Bibliografia

Fonti:

Abī 'Abd Allāh Yāqūt, Kitāb Mu'jam al-buldān [Il dizionario geografico], a cura di F. Wustenfeld, 5 voll., Leipzig 1866-1873 (rist. anast. 1924).

Letteratura critica:

C.F. Seybold, s.v. Almeria, in Enc. Islam, I, 1913, p. 317.

L. Torres Balbás, Arte almohade, arte nazari, arte mudejar (Ars Hispaniae, 4), Madrid 1949.

Id., Los contornos de las ciudades hispanomusulmanas, al-Andalus 15, 1950, pp. 437-486.

Id., Estructura de las ciudades hispanomusulmanas: la medina, los arrabales y los barrios, ivi, 18, 1953a, pp. 149-177.

Id., La mezqita mayor de Almeria, ivi, 1953b, pp. 412-433.

T.F. Glick, Islamic and Christian Spain in the Early Middle Ages, Princeton 1979.

M.A. Castellano Huerta, El Mudejar en los castillos españoles. Criterios de uniformidad y caracteres diferenciadores, "II Simposio Internacional de Mudejarismo: Arte, Teruel 1981", Teruel 1982, pp. 15-22.

J. Bosch Vilá, s.v. al-Mariyya, in Enc. Islam2, VI, 1989, pp. 560-562.

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