ALGERIA

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

ALGERIA (II, p. 451; App. I, p. 86; II, 1, p. 128)

Eliseo BONETTI
Gennaro CARFORA
Francesco CATALUCCIO

L'A. abbraccia un territorio di 2,3 milioni di km2 con oltre 9 milioni di abitanti. La parte settentrionale del paese (228.762 km2 con 8.931.300 ab., di cui 902.000 Europei), che comprende 12 dipartimenti secondo la nuova divisione amministrativa del 1956, invia 66 deputati all'Assemblea Nazionale Francese; di essi 45 sono musulmani. I due territorî dell'A. Meridionale costituiscono gran parte del paese (2.310.762 km2); però, essendo inclusi nel deserto sahariano, hanno una popolazione di appena 505.000 ab. La popolazione in questi ultimi cento anni si è quadruplicata. Circa 300.000 Algerini lavorano in Francia, mentre i recenti avvenimeriti interni hanno momentaneamente aumentato di 250 mila unità il numero degli Algerini stabilmente residenti in Tunisia (67.000); in Marocco ne vivono 32.000. Ormai l'immigrazione europea nel paese è cessata del tutto. Nelle città sono accentrati il 22% della popolazione indigena e l'80% degli Europei. Nell'ambito dei 12 dipartimenti del nord la parte meno popolata, meno fertile e più povera anche nei riguardi dei prodotti minerarî è l'A. Occidentale. Qui la colonizzazione europea (prevalentemente spagnola) si è sviluppata soprattutto lungo le piane costiere e nelle vallate e riguarda piuttosto la coltura della vite che quella dei cereali. Lo sviluppo degli impianti di irrigazione assicurerà un notevole avvenire alle zone che si stendono in bassopiano. Il centro economico dell'A. Occidentale è Orano. L'A. Orientale rientra invece quasi completamente nell'ambito del clima mediterraneo, quindi con maggiori possibilità per l'agricoltura e l'insediamento; la colonizzazione è penetrata più a sud. Anche qui predomina la coltura della vite accanto a quella cerealicola e frutticola. La vita urbana, modesta al momento dell'occupazione francese (1830), ha avuto un notevole sviluppo, attestato da Bona, porto minerario e centro di una ricca regione agricola, e da Costantina, centro amministrativo e grande mercato cerealicolo con il porto di Philippeville.

Algeri fa parte a sé. Essa deve al suo passato e alla sua posizione centrale il fatto di essere divenuta la capitale politica, economica ed intellettuale di tutto il paese.

L'agricoltura continua a rappresentare il settore più cospicuo dell'economia algerina. Dai prodotti cerealicoli e vitivinicoli oltre che da quelli dell'allevamento del bestiame derivano circa i tre quarti, equamente ripartiti, del reddito agrario. Il grano, seguito dall'orzo, è il prodotto più importante per l'alimentazione interna, pur interessando anche l'esportazione. Ma è la vite che fornisce al riguardo il prodotto più cospicuo; la produzione del vino, quasi esclusivamente in mano dei coloni europei, è rivolta all'approvvigionamento del mercato francese. Agli effetti delle esportazioni sono importanti anche i prodotti frutticoli (aranci e altri agrumi, fichi, datteri e i prodotti primaticci, come ortaggi e legumi). Notevole è anche la produzione dell'olio di oliva, mentre piuttosto limitata è la coltura delle cosiddette piante industriali: barbabietola da zucchero (per la produzione dell'alcool), cotone, lino e tabacco. L'alfa, prodotto spontaneo, viene largamente esportata.

La popolazione musulmana si dedica prevalentemente all'allevamento del bestiame, specie sugli altipiani interni (capre e pecore, in minor misura bovini). Minor importanza hanno i prodotti della pesca. Il maggior prodotto della foresta è il sughero, largamente esportato.

Il piano di Costantina, enunciato nel 1958, riguarda lo sviluppo simultaneo dell'agricoltura e dell'industria, con un investimento, tra il 1959 ed il 1963, di 2.000 miliardi di franchi. Nel campo industriale esso prevede l'utilizzazione in loco della cospicua produzione mineraria: ferro, pirite (già utilizzata nella preparazione di fertilizzanti dagli stabilimenti di Algeri, Orano e Bona, che lavorano anche una parte della produzione mineraria di fosfati), zinco, piombo, antimonio e rame, oltre al petrolio. Prevede poi l'installazione di altiforni elettrici a Bona per la fusione del minerale di ferro dell'Ouénza. Il complesso industriale di Bona comprenderà inoltre una raffineria che utilizzerà il petrolio ed i gas naturali del Sahara. Il primo giacimento petrolifero sahariano venne individuato nel gennaio del 1956 nel bacino dell'Edjelé, sulla frontiera libica, poi venne la volta dei giacimenti di Hassi Messaoud a SE di Ouargla e nell'estremo sud del dipartimento di Orano. Le ricerche riguardano anche altri settori dell'attività mineraria: recente è la scoperta di giacimenti cupriferi nel massiccio di Cavallo; poiché i giacimenti fosfatiferi di Konif sono in via di esaurimento, si pensa di utilizzare quelli di Djebel Onck; un giacimento di manganese è stato scoperto nel Djebel Guettara a sud di Colomb-Béchar.

L'industria alimentare, con i suoi molini, pastifici, distillerie, oleifici, conservifici e zuccherifici, è il ramo più antico ed importante. Tlemcen è il centro tradizionale della fabbricazione dei tappeti, mentre Algeri possiede un impianto tessile moderno. L'industria metallurgica annovera un piccolo impianto a Orano e altri tre stabilimenti per la lavorazione dei metalli non ferrosi. Esiste anche un'industria meccanica adibita alla costruzione del materiale ferroviario. L'industria chimica annovera soprattutto tre fabbriche di superfosfati.

Finanze. - L'A. è dotata di autonomia finanziaria, il cui regime è regolato dal decreto del presidente del Consiglio dei ministri n. 50-1453 del 13 novembre 1950. Le finanze statali comportano due bilanci: uno ordinario, che comprende le entrate e spese correnti, e uno straordinario, in cui rientrano le spese di attrezzatura economica, sociale e culturale. Con l'indipendenza della Tunisia la Banque de l'Algérie et de la Tunisie ha rinunciato, a partire dal 1° gennaio 1959, al privilegio dell'emissione in Tunisia (che è stato trasferito alla Banque Centrale de Tunisie), riprendendo, come per il passato, il nome di Banque de l'Algérie. L'unità monetaria dell'A. è il franco algerino, il cui cambio è stato stabilito al livello di quello del franco francese, e cioè: 420 franchi per 1 dollaro degli Stati Uniti d'America fino al 28 dicembre 1958, e 493,70 dopo tale data. La massa monetaria dell'A. (calcolata fra circolazione e depositi) è risultata pari a 375 miliardi di franchi a fine 1956 e a 459 miliardi a fine 1957.

Storia. - Il nuovo statuto concesso dal governo francese all'A. il 20 settembre 1947, nel fissare che l'A. costituiva "un gruppo di dipartimenti con personalità civile, con autonomia finanziaria e con organizzazione particolare", proclamava l'uguaglianza effettiva tra tutti i cittadini francesi d'A., quale che fosse il loro statuto personale, e creava una Assemblea algerina di 120 membri (60 eletti dal primo collegio e 60 dal secondo collegio). Un buon numero di disposizioni del nuovo statuto (voto dei musulmani, soppressione dei comuni misti, indipendenza del culto musulmano, insegnamento dell'arabo, ecc.) non furono applicate o lo furono in modo incompleto. Mentre l'amministrazione francese giustificò la gradualità nell'applicazione con la situazione interna algerina, i nazionalisti algerini, che nei settori estremisti si erano dichiarati insoddisfatti delle concessioni ottenute col nuovo statuto, trassero lo spunto dalla mancata applicazione per accentuare la propaganda contro il dominio della Francia.

Dopo le elezioni del 17 giugno 1951 per la scelta dei deputati dei tre dipartimenti algerini (Algeri, Orano e Costantina) in seno all'Assemblea Nazionale, le tre correnti del nazionalismo algerino, facenti capo agli Ulema, al Movimento per il trionfo delle libertà democratiche, capeggiato da Messali Hadj, e all'Unione democratica del manifesto algerino, guidato da Ferhat Abbas, decisero di costituire insieme il Fronte algerino per la difesa e il rispetto della libertà, col programma: 1) di annullare le "pretese elezioni legislative del 17 giugno che hanno portato alla nomina da parte dell'amministrazione di uomini ai quali il popolo algerino non ha affidato nessun mandato ed ai quali nega il diritto di parlare in suo nome"; 2) di ottenere dalla Francia il rispetto dei diritti fondamentali di voto, di libertà di coscienza, di stampa, di opinione, di riunione; 3) di respingere ogni forma di oppressione e ogni ingerenza amministrativa negli affari del culto musulmano. Le manifestazioni nazionaliste si susseguirono da allora sempre più frequenti e vivaci, accompagnate talvolta da atti terroristici. L'autorità francese rispose con arresti e processi che però non ebbero altro effetto che di provocare nuovi incidenti, sabotaggi e disordini. Questi assunsero una maggiore gravità dopo che, il 16 maggio 1952, fu arrestato a Orléansville Messali Hadj e trasportato in residenza sorvegliata nei pressi di Parigi.

Il forzato allontanamento di Messali Hadj dalla politica attiva ebbe vaste ripercussioni in seno al M.T.L.D. (Movimento per il Trionfo delle Libertà Democratiche), con lo scontro tra estremisti (Moulay Merbah) e "centralisti" (Kiouane e Lahoued), sfociato nella scissione, al congresso di Liegi del 14-16 luglio 1954. Ma in genere, in tutto l'ambiente nazionalista algerino, tendette ad affermarsi la tendenza intransigente, favorevole alla ribellione a fondo contro la Francia. Di tale tendenza assunse la direzione Ben Bellah, ex sottufficiale dei tiratori algerini e già capo dell'organizzazione speciale del M.T.L.D., rifugiatosi al Cairo. Nella capitale egiziana egli promosse, insieme a nazionalisti tunisini e marocchini, tra cui Allas el-Fassi, la creazione (20 agosto 1954) d'un "Comitato di liberazione del Maghreb" e l'entrata in azione nei tre paesi nordafricani di " una armata insurrezionale detta unificata".

La ribellione armata ebbe inizio nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre 1954 con una serie di attentati nella zona orientale del dipartimento di Costantina e nella regione dell'Aurès, estendendosi subito dopo alla Cabilia, alla zona marittima di Philippeville, all'Algerino e all'Oranese. Le autorità francesi risposero immediatamente con l'arresto del segretario generale dell'ex Partito del popolo algerino e di altri esponenti politici di sinistra, con il divieto di pubblicazione al settimanale Liberté del Partito comunista algerino, con lo scioglimentodel M.T.L.D. e con l'inizio di vere e proprie operazioni militari.

Durante il 1955, la lotta dei nazionalisti assunse sempre più il carattere d'insurrezione allargandosi ad altre zone del paese, con particolare intensità nelle zone dove la natura del terreno favoriva le operazioni di guerriglia, e terrorizzando i grossi centri abitati con colpi di mano, attentati, atti di sabotaggio che ne turbavano sempre più l'ordinato svolgimento della vita politica ed economica e tenevano in continuo allarme autorità e popolazione francesi. Il governo di Parigi cercò di dominare la situazione sia con l'invio di rinforzi militari (fino a giungere a un contingente di 400.000 uomini) e con la proclamazione dello stato d'urgenza (2 aprile), che importava chiusura di locali, divieto di assembramenti, perquisizioni domiciliari e censura preventiva della stampa, sia sforzandosi di attirare a sé i nazionalisti moderati con promesse di riforme e con vasti stanziamenti a favore dell'economia algerina. Di questa politica a due direzioni fu esecutore assai attivo il nuovo governatore generale J. Soustelle (nominato il 28 gennaio), che nel giugno ne elaborò un piano particolareggiato comprendente riforme municipali (centri rurali, comuni rurali), la separazione del culto dallo stato, l'insegnamento dell'arabo e una riforma agraria. Il piano Soustelle partiva però dal presupposto dell'integrazione dell'A. nella Francia, e perciò fu respinto immediatamente dal Fronte di liberazione nazionale (F.L.N.) costituitosi nel febbraio come supremo organo di direzione della rivolta. Anche i rappresentanti musulmani nell'Assemblea nazionale, nel Consiglio della Repubblica, nell'Assemblea dell'Unione francese e nell'Assemblea algerina, riunitisi il 26 settembre sotto la presidenza di Ben Gellul, respinsero la politica di integrazione "ormai sorpassata", dichiararono che "la stragrande maggioranza della popolazione è ormai ligia all'idea nazionale algerina", e decisero di fondare un "Comitato permanente di coordinamento dell'azione degli eletti". Pochi mesi dopo, nel dicembre, lo sfaldamento degli strati moderati della popolazione musulmana, sui quali contava il governo francese, cominciò a manifestarsi con le dimissioni dei consiglieri municipali, rappresentanti il secondo collegio, nei principali centri algerini.

D'altra parte, i Francesi d'A. si opposero al piano Soustelle proclamando che le riforme dovevano essere compiute soltanto dopo il ristabilimento dell'ordine. Fu questa intransigenza dei coloni francesi a neutralizzare negli anni successivi la tendenza di alcuni ambienti governativi di Parigi, a misura che si allargava la lotta e che appariva sempre più problematica la possibilità per la Francia di ristabilire l'ordine con la forza, ad affrontare con spirito più spregiudicato il problema del nazionalismo algerino. Questo, tra il 1956 e il 1957, rafforzò la sua efficienza di lotta sia in campo militare, col rafforzamento dell'Esercito di liberazione nazionale (A.L.N.) forte di circa 90.000 uomini, sia in campo politico, con la formazione di un Comitato di coordinamento di esecuzione (C.C.E.) e con l'adesione di numerosi nazionalisti moderati, tra cui quella di Ferhat Abbas, sia internazionalmente, con l'attiva solidarietà dei paesi arabi e con un vasto movimento di opinione pubblica mondiale in suo favore. Al contrario, il governo francese si trovò ad agire in una situazione militare, politica e psicologica ognora più difficile. Il govemo a direzione socialista (Guy Mollet), costituitosi alla fine del gennaio 1956, e il residente generale R. Lacoste si irretirono in una serie di iniziative contraddittorie che accentuarono le divisioni all'interno del paese e misero in difficoltà la politica estera francese. In particolare, l'arresto dei dirigenti del F.L.N., tra cui Ben Bella e Mohamed Khidder, che si recavano a una conferenza a Tunisi al seguito del sultano del Marocco, nell'ottobre 1956, provocò le più violente reazioni da parte degli stati arabi. Con la Tunisia poi, l'11 gennaio e l'8 febbraio 1958 si verificarono due gravi incidenti per il bombardamento ad opera di aerei francesi della località tunisina di Sakhiet Sidi Youseff in cui si erano rifugiati insorti algerini.

Il varo d'un nuovo piano - la legge quadro del 5 febbraio 1958 - che riconosceva la personalità algerina e istituiva l'autonomia dei suoi diversi territorî, non riuscì, come i precedenti, a sbloccare la situazione. Sembrò che questa potesse essere sbloccata soltanto dopo che la "rivolta" del 13 maggio dei Francesi d'A. provocò il ritorno al potere del gen. Ch. De Gaulle in Francia. Per più d'un anno, però, De Gaulle non si scostò sostanzialmente dal consueto programma di integrazione dei nazionalisti francesi. La svolta nel problema si ebbe infine il 16 settembre 1959 con una dichiarazione di De Gaulle che prospettava la sua soluzione sulla base del principio di autodecisione. Le reazioni dei nazionalisti algerini, che nel frattempo avevano creato un Governo algerino in esilio (19 settembre 1958), furono favorevoli in linea di massima, ed ebbero inizio i primi contatti ufficiosi tra Parigi e il governo di Ferhat Abbas.

Se da parte di questi si ebbe il 28 settembre il rifiuto di accettare il principio della resa incondizionata, De Gaulle si assicurò ai primi di febbraio del 1960 un altro punto a suo favore con la fine della seconda "rivolta" di Algeri. Questa prova di forza consentiva l'inizio a Melun (25-29 giugno 1960) di approcci preliminari fra gli emissarî del governo provvisorio algerino e il governo francese, falliti per la volontà dei negoziatori francesi di mantenere le trattative sul piano strettamente militare (e non politico) in vista della cessazione delle operazioni; seguì quindi un nuovo irrigidimento da una parte e dall'altra, mentre la lotta armata proseguiva senza esclusione di colpi.

Bibl.: H. Isnard, L'Algérie, Parigi 1954; id., La vigne en Algérie, 2 voll., Parigi 1954; J. Despois, L'Afrique du Nord, Parigi 1958; P. Mousset, L'Algeria industriale, in Vie del Mondo, 1958. Sul problema storico-politico, v.: Le problème algérien, in Chronique de politique étrangère, n. 6 (1955); J. Blanchard, Le problème algérien: réalités et perspectives, Parigi 1955; H. Schaefer, Révolution en Algérie, Parigi 1956; R. Aron, La tragédie algérienne, Parigi 1957; R. Raniero, Il movimento nazionalista e la situazione dell'Algeria dal 1940 a oggi, in Oriente Moderno, 1954, pp. 457-470; H. Alleg, La question, Parigi 1958; M. e S. Bromberger, Les 13 complots du 13 mai, Parigi 1959. Sulle finanze: Istituto per gli Studi di economia (ISE), Gli aspetti economici del problema algerino, Roma, marzo 1956; Banque de l'Algérie et de la Tunisie, Compte rendu de l'exercice 1957, e precedenti; A. Raymond, L'Algérie et la république, Parigi 1958.

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