Algeri

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1991)

Algeri

L. Golvin

(lat. Icosium; arabo al-Jazā'ir)

Capitale della repubblica algerina. La fortuna di A. è legata soprattutto alla sua posizione geografica; è infatti situata al centro del litorale settentrionale africano, cioè in un punto ideale per le relazioni marittime con le potenze europee del Mediterraneo occidentale. È difesa dall'interno dalla catena del Giurgiura e dalle montagne della Cabilia, mentre dalla parte del mare è protetta da alcuni isolotti a poche centinaia di metri dalla costa. I Fenici e i Greci la considerarono soprattutto un luogo di scambi, mentre i Romani vi si stabilirono più solidamente. La città prese allora il nome di Icosium e in questo periodo vi furono costruiti monumenti notevoli, fra cui un teatro le cui rovine furono ammirate dal geografo arabo al-Bakrī nell'11° secolo. Per quanto riguarda l'epoca bizantina, resta il ricordo di una grande chiesa le cui vestigia servivano da qibla all'epoca di al-Bakrī. Le prime ondate dei conquistatori arabi, in cammino verso O, ignorarono Icosium perché non si trovava sulle vie che dall'Oriente conducevano all'Occidente e i combattenti preferivano piuttosto le strade degli altopiani del centro o quelle delle regioni presahariane. Per numerosi secoli A. (al-Jazā'ir) restò così una città berbera, un piccolo porto peschereccio e commerciale, uno sbocco dell'entroterra montagnoso della Cabilia. E tale era ancora al tempo di al-Bakrī che così la descrisse: "Contiene parecchi bazar e un jāmi' (moschea congregazionale) [...] il porto è ben riparato e ha una sorgente di acqua dolce; è frequentato da marinai di Ifrīqiya, di Spagna e di altri paesi".

Gli storici arabi sostengono che la città fu costruita nel sec. 10° dal figlio di Zīrī, capo berbero alleato dei Fatimidi, ma in realtà sembra che Buluggīn, figlio di Zīrī, non abbia fatto altro che restaurare la città e rafforzarne le difese. La pirateria era diventata, in quel tempo, un'importante fonte di ricchezza e non era lontano il momento in cui, secondo la pittoresca espressione di Ibn Khaldūn (al-Muqaddima), "i cristiani non avrebbero potuto mettere in mare neppure una zattera".

Ben presto la città cadde nelle mani degli Almoravidi divenuti padroni del Marocco e dell'Andalusia, segnando il limite estremo delle loro incursioni verso E. Nel 1096 essi vi fondarono una moschea, ancora esistente, utilizzando una pianta diventata classica dalla fondazione di Kairouan: una sala di preghiera a più navate (qui sono dieci) perpendicolari al muro della qibla (orientato verso la Mecca), scandite in cinque campate. La navata assiale conduce al miḥrāb ed è più larga delle laterali; i pilastri quadrati sostengono archi oltrepassati. Un piccolo cortile a N è fiancheggiato dal prolungamento delle tre navate estreme dell'oratorio; il tutto presenta una grande sobrietà di linee e di decorazione. Da notare che, contrariamente all'Ifrīqiya (Berberia orientale), qui le navate sono ricoperte di tetti di tegole semicircolari (influenza ispano-musulmana). Nel sec. 11° gli Almoravidi furono sostituiti dagli Almohadi, berberi dell'Atlante marocchino, ai quali riuscì di riunire sotto la loro potestà tutta l'Africa del Nord, dalla Spagna fino a Tripoli; A. deve loro forse la piccola moschea detta 'di Sidi Romdane', il cui minareto, elevato al di sopra del miḥrāb, ricorda quello di Tinmal. A loro volta gli Almohadi furono spodestati e dalla loro caduta si formarono tre dinastie nel Maghreb: gli Hafsidi di Tunisi, i Merinidi di Fez, gli Abdalwadidi di Tlemcen. Questi ultimi furono padroni di A. per lungo tempo e vi costruirono nel 1324 il minareto della Grande moschea, ma i loro rivali, i Merinidi, li detronizzarono a più riprese e fecero edificare ad A. una madrasa (la Bū ῾Ināniyya) destinata a scomparire quando venne costruita la moschea detta 'della Pescheria' (1660). In questo lungo periodo le tre dinastie in lotta tra loro si alternarono al governo della città; tale situazione ebbe termine con l'arrivo dei corsari barbareschi (inizi del sec. 16°). Leone Africano (1550) dà di A. una descrizione molto particolareggiata che precede il nuovo periodo di prosperità della città. Vi conta 4.000 focolari, "le mura sono splendide ed estremamente forti [...] possiede belle abitazioni e mercati ben organizzati"; la città comprendeva inoltre un grande numero di bagni caldi e di alberghi e molti giardini.

Bibliografia

Fonti:

al-Bakrī, Description de l'Afrique septentrionale, a cura di W. MacGuckin de Slane, Alger 1857-1858.

al-Idrisi, Description de l'Afrique et de l'Espagne, a cura di R. Dozy, M.J. de Goeje, Leiden 1866 (rist. anast. 1968).

G. Leone Africano, Della descrittione dell'Africa et delle cose notabili che qui vi sono, in G. B. Ramusio, Delle Navigationi et viaggi, Venezia 1550.

L. Marmo, I. Carvajal, Description general de Affrica, 3 voll., Malaga 1573-1599.

D. Haedo, Topographia e historia general de Argel, Valladolid 1612.

Venture de Paradis, Tunis et Alger au XVIIIe siècle, a cura di J. M. Cuoq, Paris 1983.

E. Lessore, W. Wyld, Voyage pittoresque dans la Régence d'Alger, Paris 1835.

Ibn Khaldūn, Discours sur l'histoire universelle (al-Muqaddima), a cura di V. Monteil, 3 voll., Beyrouth 1968.

Letteratura critica:

A. Berbrugger, Algérie pittoresque et monumentale, 3 voll., Paris 1843.

A. Devoulx, Les édifices religieux de l'ancien Alger, Revue Africaine 14, 1870, pp. 280-292.

H. de Grammont, Histoire d'Alger sous la domination turque, 1516-1830, Paris 1887.

H. Lespès, Alger, Alger 1930.

M. Marçais, L'architecture musulmane d'Occident, Paris 1954.

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